Chapter 51
Ciao amici!!!
È un po' che non vi rompo più le balle con gli "spazio autrice" e la cosa mi mancava ahahaha
Come procede la lettura? Cosa ne pensate di Peter e di tuuutto questo mistero che gira attorno a questo fatidico "gioco"?
Tenete i denti stretti perché stiamo arrivando al momento delle grandi rivelazioni!
***
1 anno prima.
Peter.
Il giorno del Ringraziamento in casa Andrews è stato assolutamente esilarante. Da sganasciarsi dalle risate. Davvero.
Era da qualche notte che dormivo male. Continuavo a pensare ad Eloise e Jack, a quanto mi fossi comportato da perfetto idiota.
Per di più avevo ancora dei mal di testa che mi facevano impazzire nonostante continuassi a prendere inutili pillole. Mia madre cominciava a preoccuparsi seriamente, ma ritenevo fosse solo super apprensiva.
Credo che il mio problema di fondo fosse Eloise, continuavo a rimuginare sulla situazione, su lei e Jack e su quello che avevo combinato e questo mi stava facendo diventare pazzo. Dovevo ammetterlo, ero geloso di lei, ormai la cosa nella mia testa era palese. Sicuramente però io e lei come coppia non avremmo mai funzionato, l'avrei solo ferita e illusa.
Jack funzionava esattamente come me ed era questo quello che mi preoccupava, ci tenevo ad Eloise e lui l'avrebbe fatta stare male. Non se lo meritava.
Stranamente di quella sbronza a casa di Cristina mi ricordavo tutto, mi sentivo perfettamente lucido eppure non ero in me, il mio cervello viaggiava alla velocità della luce e pensava solo a scemenze, mi sentivo un fuori di testa e ricordavo perfettamente gli occhi azzurri di Eloise che mi guardava con pena mentre mi reggeva la testa mentre vomitavo. Eppure non avevo bevuto molto, ne ero assolutamente convinto. Ricordo il mal di testa allucinante.
Eloise era stata gentile con me, nonostante non lo meritassi, l'avevo trattata malissimo eppure lei rimase lì con me, mi mise addirittura a letto, neanche Sam mi metteva più a letto quando mi sbronzavo. Non ero felice che mi avesse visto in quelle condizioni, per niente, però era come se quell'episodio mi avesse irrimediabilmente legato a lei. Mi aveva visto in situazioni tali dove solo il mio migliore amico aveva avuto la forza di volontà e la voglia di rimanere. Mi era stata accanto nel momento in cui meno lo meritavo. Le dovevo delle scuse.
Tutto cominciò alla mattina, mi svegliai con il solito mal di testa e mi infilai sotto il getto dell'acqua calda in doccia.
Sentivo il profumo del tacchino fino in camera mia, mia madre stava cucinando dal giorno prima. Era nostra tradizione fare un grande pranzo del Ringraziamento invitando tutti gli amici fricchettoni di mia madre, i suoi colleghi di lavoro a scuola e una marea di bambini, figli degli invitati, che scorrazzavano per il nostro giardino giocando a nascondino e chissà cos'altro. Si andava avanti a festeggiare fino a sera e c'era sempre bella musica.
Quando mi ero svegliato lo stereo era già acceso e Iggy Pop risuonava per tutta la casa.
Finita la doccia, mi lavai i denti e mi vestii. Misi dei jeans e un maglione bordeaux che era il preferito di mia mamma.
Dovevano già essere arrivati i primi ospiti a fare un aperitivo. Sentivo schiamazzi provenire dal giardino sul retro e dalla cucina.
Presi il mio cellulare e raggiunsi mia mamma.
"Oh sei sveglio" mia madre disse sorridente. Stava tagliando delle carote sul bancone della cucina. Mi incantai per un attimo sullo stipite della porta a guardarla, mia madre era sempre radiosa e meravigliosamente bella. Indossava quella camicetta viola che tanto le piaceva e aveva i capelli legati in uno chignon un po' arruffato.
"Ehi Bill! Peter è sveglio!" Urlò chiamando il suo amico sul retro.
"Perché mi guardi così?" Mi chiese poi lanciandomi un'occhiata. Sollevai le spalle e mi avvicinai a lei, le stampai un bacio sulle guance e rubai una delle carote che stava tagliando.
"Ciao giovanotto!" Bill entrò dalla porta sul retro con in mano un bicchiere di vino che subito mi porse.
"Mi sono appena svegliato e già mi fate ubriacare?" Alzai un sopracciglio.
"È mezzogiorno passato, ormai sei un fannullone, ci manca poco a farti diventare anche ubriacone" mi porse ancora il vino e stavolta accettai il bicchiere molto volentieri.
"Buon Ringraziamento" dissi bevendo un sorso.
"Auguri!" Rispose una donna entrando anche lei in cucina. Era una collega di mia madre di cui non ricordavo mai il nome, però era molto simpatica. Era sulla cinquantina ma aveva un'aria estremamente giovanile. Indossava una maglietta nera e una gonna rossa che le fasciava le gambe fin sotto il ginocchio. Si era tinta i capelli di viola, li aveva tagliati corti corti, erano sparati tutti per aria con del gel: sembrava le fosse esploso un petardo in testa. Aveva una sigaretta in bocca e un rossetto scurissimo sulle labbra.
"Peter, come stai? Dormito bene?" Mi chiese tirandosi via la sigaretta dalle labbra.
"A meraviglia" risposi sorridente. Mi divertiva molto quella donna.
"Tira fuori l'hummus dal frigo e vallo a mettere sul tavolo in giardino" mi disse mia madre.
Feci come mi aveva chiesto e uscii sul retro con la ciotola in mano. C'erano i due figli della collega di mia mamma che stavano giocando a pallone sul prato e qualche altro ospite seduto a tavola che chiacchierava e beveva vino.
"Peter!" Mi urlò un uomo. Aveva i capelli brizzolati, la carnagione scura e un sorriso smagliante.
"Tutto bene? Tua madre ci ha raccontato che suoni!" Mi disse cercando di essere cordiale. Tutti gli amici di mia madre erano sempre delle belle persone, con cui poter intrattenere delle belle conversazioni. Lui non l'avevo mai visto, in realtà molti di loro non li avevo mai visti. C'era sempre gente nuova a quei pranzi pseudo feste che organizzava lei.
"Sì, suono in un gruppo musicale, ti farò sentire qualche pezzo più tardi" dissi. Mi presi la facoltà di dargli del tu, la cosa bella di quelle persone era che mi facevano sentire un loro pari tutte le volte. Non mi trattavano come il figlioletto della signora Andrews, ma come un semplice ragazzo più giovane con cui intrattenere una normale conversazione.
"Con molto piacere!" Sorrise e riprese a chiacchierare con la signora che aveva accanto. Ritornai in cucina e presi il telefono fisso per provare a telefonare ad Eloise. Volevo scusarmi con lei e fargli gli auguri per il Ringraziamento.
Me ne andai in soggiorno dove c'era un po' più di tranquillità.
"Dove vai?" Mi chiese mia madre.
"A fare una telefonata" risposi.
"È diventato viola... non starà mica andando a chiamare la biondina?" chiese Bill.
"Ti ho sentito!" Gli urlai dal soggiorno e mi sdraiai sul divano. Sentii Bill ridere e composi il suo numero.
Aspettai un paio di squilli.
"Pronto?" Rispose una voce maschile, doveva essere suo padre.
"Salve signor Horton" risposi.
"Sì, chi parla?" Mi chiese.
"Sono Peter Andrews, sono un compagno di scuola di Eloise, potrei parlarle qualche secondo?"
"Certamente" rispose lui cordiale.
"Grazie signore, felice Ringraziamento!" dissi in attesa che mi passasse Eloise.
"Pronto?" Sentii la sua voce. Era tre giorni che non la sentivo, lei mi calmava. Continuavo a sognare la sua voce nella testa da giorni e sentirla in quel momento era come una medicina per il mio martellante mal di testa. Qualcosa che fino a quel momento era solo un ricordo che il mio cervello riproduceva in continuazione. Quella nella mia testa era solo una copia meno bella della sua voce che adesso risuonava leggermente metallica nella cornetta del telefono.
"Elle... sono Peter" risposi.
"Peter? Ciao... ehm... che... che succede?" La sentivo agitarsi. Era strano anche per lei che la telefonassi.
"Senti... io ci tenevo a scusarmi con te per come mi sono comportato, per la sbronza e tutto il resto... e volevo ringraziarti per non essertene andata quella sera" spiegai. Volevo fare una cosa gentile telefonandole, magari avrebbe capito che non ero solo un deficiente.
"Tu le pensi quelle cose che hai detto su di me?" Mi chiese spiazzandomi. Questa non me l'aspettavo.
"Vuoi davvero sapere quello che penso?"
"Sì" le tremava la voce.
"Penso che tu sia una grandissima musicista, penso che hai molto da dare alla band e penso che Jack non sia la persona adatta a tirare fuori queste tue potenzialità" sputai il nome di Jack che mi stava in gola da giorni. Doveva smetterla di provarci col mio diamante grezzo.
"Lascia decidere a me chi sia la persona adatta" ghignò. L'avevo fatta arrabbiare. Mi pentii subito della frase che avevo detto, ero stato incauto.
"Io conosco Jack e so quello che ti farà" ormai avevo sganciato la bomba, tanto valeva dirle tutto.
"Sì ma tu non conosci me" rispose a tono. Touché.
Non ne sarei venuto a capo tanto facilmente.
"Senti, ti ho chiamato per scusami... per il resto, abbiamo idee differenti. Io ti ho solo avvertito" risposi secco.
"Bene, accetto le scuse" rispose fredda "felice giorno del Ringraziamento" mi disse poi per salutarmi.
"Anche a te Elle" dissi e lei riattaccò.
Rimasi qualche istante a pensare a quello che ci eravamo appena detti. Era stata una conversazione strana, veloce, troppo. Non ero riuscito a percepire le sue emozioni, il suo sguardo. Ero confuso, era arrabbiata... non dovevo tirare in ballo Jack. Non riuscivo a capire quanto effettivamente l'avessi fatta grossa. A lei Jack piaceva così tanto? Ma che ci trovava in lui?
Il mal di testa riprese e più forte di prima, mi ronzavano in testa mille pensieri e quando mi alzai ebbi un giramento.
"Peter! A tavola!" Mi urlò mia madre dalla cucina.
Strizzai un paio di volte gli occhi e raggiunsi mia mamma.
"Prendi il tacchino" mi indicò l'enorme piatto da portata col pennuto farcito sul bancone della cucina.
Lei prese il suo bicchiere, dei tovaglioli in più e uscì sul retro seguita da Bill che portava a tavola le ciotole con le salse.
Io presi con entrambe le mani il grande piatto di ceramica. Pesava. Seguii gli altri in giardino. Erano già tutti seduti: una tavolata di una dozzina di persone. Stavo per mettere il tacchino sul tavolo... una vampata di calore mi colse all'improvviso, vidi tutto nero e sentii solo il rumore della ceramica del piatto frantumarsi di fronte ai miei occhi. Persi i sensi e caddi.
L'ultima cosa che ricordo era mia madre in preda al panico che urlava il mio nome.
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