Chapter 45
1 anno prima.
Eloise.
Entrai nella sua camera un po' intimorita. Non ero mai stata a casa sua e non mi sentivo a mio agio ad entrare in camera da letto.
Per un attimo rimasi ferma sulla porta ad osservare gli spazi. Fui subito invasa dal suo profumo, così intimo e personale che per nulla al mondo avrei confuso con qualcos'altro.
La stanza era molto grande... decisamente più della mia. C'era una gran confusione, le pareti erano ricoperte di poster di vecchie band anni novanta. L'intera camera era illuminata da una luce calda che nonostante la confusione rendeva quel posto piacevolmente accogliente.
Al centro esatto della stanza c'era un letto ad una piazza con delle lenzuola blu notte completamente arruffate. Peter non era proprio il tipo di ragazzo che si rifaceva il letto la mattina.
Sulla sinistra si imponeva una grande finestra; supponevo si affacciasse su un giardino sul retro della casa, ma ovviamente di notte non si vedeva granché.
Affianco alla finestra c'era una vecchia libreria di legno colma di libri, testi di scuola e un sacco di cd. Era tutta disordinata.
Affianco alla porta sulla sinistra invece c'era una scrivania. C'era appoggiata sopra la lampada da cui proveniva quella luce calda che illuminava tutta la stanza. Era tutto in disordine anche lì sopra: un computer era sotterrato da foglietti, post-it e quelli che sembravano degli abbozzi di canzoni e spartiti. C'erano anche delle enormi cuffie, un lettore cd, un libro di matematica praticamente intonso -evidentemente non lo studiava molto- e anche una maglietta sporca.
Accanto al letto sfatto sulla destra c'era l'armadio con le ante aperte e praticamente vuoto: i vestiti erano sparpagliati per tutta la stanza, tra la sedia della scrivania, il davanzale della finestra, il comodino e il pavimento di parquet.
Vicino all'armadio tre chitarre erano posizionate su un supporto e c'era anche la famosa chitarra blu di cui mi aveva parlato e che secondo lui era imbarazzante. Per me invece era stupenda e provai l'irrefrenabile voglia di prenderla in mano e suonare qualche accordo.
Ai piedi del letto in mezzo al casino e ai vestiti notai una sorta di agendina, aperta, abbandonata a se stessa e completamente logora. Era piena di foglietti e post-it stropicciati e spiegazzati inseriti dentro, tanto che sembrava stesse per esplodere. Avrei voluto leggere cosa ci fosse scritto.
"Elle" mugugnò dal bagno. Sulla destra c'era una piccola porta di legno che dava sul piccolo bagno che aveva in camera.
Mi voltai a guardarlo. Era accasciato accanto al water intento a vomitare ancora.
Non gli è bastato sputare l'anima prima? Pensai disgustata.
Ancora non avevo capito perché avesse insistito perché lo raggiungessi in camera sua. Io non ero in grado di fare quel genere di cose e Sam era il suo migliore amico, forse sarebbe stato meglio se ci fosse stato lui... o sua madre magari.
"Sei un idiota ad aver bevuto così tanto" lo rimproverai andando verso il bagno.
"Ma io non ho bevu..." stava per dire qualche cavolata ma si interruppe per piegarsi sul water e vomitare ancora.
"Sì... certo" dissi sarcastica e mi chinai accanto a lui. Gli misi una mano sulla fronte e lo aiutai accarezzandogli la schiena.
Incosciente. Incosciente. Incosciente. Continuavo a ripetermi nella testa.
"Mi odi" borbottò. Non risposi. Peter si era comportato veramente male, ma non lo odiavo... mi faceva solo pena.
Quando ebbe finito di vomitare ancora allungò una mano sullo scarico e schiacciò il pulsante.
Mi sporsi per guardarlo in faccia, stava riprendendo un po' di colorito, anche se era ancora bianco come un cencio.
"Non guardarmi così" mugugnò provando a farsi un po' di forza nelle braccia per sollevarsi.
Mi rialzai in piedi e lo aiutai a sorreggersi mentre si alzava anche lui.
"Così come?" Chiesi. Si appoggiò al lavandino e gli aprii il rubinetto dell'acqua per fare in modo che si sciacquasse.
"Come se ti importasse qualcosa..." borbottò.
Prese il suo spazzolino da denti e il dentifricio e si lavò i denti davanti a me. Lo guardavo attraverso lo specchio, era affascinante anche quando si lavava i denti. Aveva gli occhi persi nel vuoto mentre compiva quei gesti così ripetitivi, guardavo la sua bocca e le sue labbra da cui colavano gocce di dentifricio bianco che cadevano nel lavandino e i muscoli del suo braccio che si tendevano mentre strofinava.
Sputò il dentifricio nel lavandino e si sciacquò la bocca. D'un tratto si infilò con tutta la testa sotto al lavandino bagnandosi tutti i capelli.
"Ma che fai?!" Sbottai ma lui si era già risollevato.
"Mi sono sciacquato" disse e si arruffò i capelli con le mani schizzando acqua dappertutto.
"Sei un bambino" risposi e chiusi il rubinetto. Un asciugamano blu era appeso accanto al lavandino, lo presi e glielo porsi perché si asciugasse.
"Che ti importa?" Chiese e si mise l'asciugamano in testa, si sfregò i capelli e poi lo gettò nel lavandino.
Prese a fissarmi con quei suoi occhi che trafiggevano. Un brivido mi percosse la schiena.
Ma perché tutte le volte mi fa questo effetto?
"Mi importa" dissi con un filo di voce. Dovevo mantenere le debite distanze, ma era vero che mi importava.
Mi importava della sua incolumità. Non ero indifferente a Peter, non avevo un cuore di pietra e mi faceva incavolare il fatto che potesse essere così incosciente, ma il tutto finiva lì. Doveva finire lì.
Peter fece un passo nella mia direzione e il cuore prese a battermi a mille. Sentivo il suo respiro sulle mie guance, non poteva avvicinarsi in quel modo.
"Che... che stai facendo?" Balbettai preoccupata.
"Sei davanti alla porta" disse lui.
"Ah."
Mi spostai facendolo passare e uscire dal bagno. Che stupida... Quello che aveva detto alla festa sicuramente non era cambiato.
D'un tratto si tolse la maglietta e subito mi voltai imbarazzata.
"Potevi dirlo che stavi per spogliarti" borbottai con le guance in fiamme.
"Non credevo ti dispiacesse" ghignò lui.
"Non sei divertente" sbuffai tenendomi allo stipite della porta del bagno.
Aspettai qualche secondo mentre lo sentivo muoversi per la stanza, probabilmente stava cercando il suo pigiama in tutto quel casino.
"Puoi girarti eh" disse poi.
Mi voltai e vidi che si era sdraiato sul letto. Si stava massaggiando le meningi.
"Beh se sei apposto, io vado" feci per andare verso la porta.
"No!" Alzò la voce e mi voltai di scatto a guardarlo spaventata.
"Resta" disse poi e non so che mi prese, ma forse per la pena che provavo per lui, o per il fatto che fossi una masochista, o che i suoi occhi mi stessero trafiggendo, o che volessi aiutarlo, o che credessi di poterlo cambiare, o che volessi solo conoscere tutto di lui... restai.
Andai a sdraiarmi lì accanto a lui, sulle lenzuola tutte sgualcite. Mantenevamo entrambi le distanze, c'era tensione, la si percepiva, eppure sentivo di non essere mai stata nel posto più giusto di quello.
Lui non diceva niente, non mi guardava e non si muoveva.
Restammo così qualche istante; lui steso a guardare il soffitto di legno, io che lo guardavo di profilo stesa su un fianco.
Poco dopo si spostò e si mise su un fianco anche lui. Chiuse subito gli occhi, impedendomi di affondare in quelle pozze scure.
Restai a guardarlo addormentarsi e continuavo a percorrere con lo sguardo ogni singolo dettaglio del suo volto in penombra. Era illuminato solo dalla luce calda e lontana della scrivania. Lo guardavo mentre piano piano i muscoli del volto si rilassavano, i tratti del viso diventavano più dolci e lui si addormentava. Il suo respiro stava diventando sempre più pesante finché non si addormentò definitivamente.
Chi sei veramente Peter?
Rimasi a guardarlo dormire per altri dieci minuti buoni prima di spegnere la luce e tornare da Sam.
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