Chapter 39

1 anno prima.
Eloise.

"Andatevene al diavolo!" Jack si voltò e se ne andò lasciandomi da sola di fronte a Peter e con gli occhi di tutti puntati contro.

Solo a quel punto notai il volto soddisfatto di Peter che mi guardava divertito nascondendo un sorriso.

Schifo. Ecco cosa mi faceva: schifo. Mi aveva umiliata ed ero letteralmente disgustata da lui. Mi sentii d'un tratto avvolta dalla rabbia che mi ribolliva nelle vene.

Fu una botta di adrenalina incredibile perché non riuscivo a spiegarmi in quale altro modo avrei potuto usare quel tono di voce con uno come Peter Andrews.

"Tu!" Gli puntai un dito contro e feci due passi nella sua direzione, ero nera.

La sua espressione mutò di colpo, probabilmente non si aspettava quel tipo di reazione aggressiva da me. Mi guardava stupito e un po' stralunato.

"Tu non hai il minimo rispetto della gente che ti sta attorno! Non rispetti me e tanto meno il tuo migliore amico!" Non mi rendevo neanche conto di quello che dicevo: le parole uscivano a raffica, alimentate solo dalla rabbia che provavo.

"Per favore! Non ne facciamo una tragedia! Sei solo la sua conquista del mese. Il prossimo andrà dietro ad un'altra... e poi lo sappiamo entrambi che a te lui non interessa sul serio" non aveva la più pallida idea di cosa stava dicendo. Non sapeva niente di me e Jack.

"Non hai alcun diritto di metterti in mezzo. Non sei nessuno per..." si mise a ridere interrompendomi.

"Io? Io non sarei nessuno? Perché tu invece pensi di essere speciale? Piccola Elle..." usò il mio soprannome scandendo le lettere e fissandomi dritto negli occhi. Si avvicinò a me e mi mise una ciocca di capelli sfuggita dietro l'orecchio. Con il pollice mi sfiorò la guancia facendomi rabbrividire.

Lo guardavo torva: tutto quello che potevo aver provato sotto il suo tocco era svanito nel nulla, mangiato dall'ira provocata dalla scenata che aveva fatto con Jack qualche istante prima.

La cosa che più mi faceva incavolare era il mio corpo che rispondeva in maniera totalmente diversa a lui, al suo tocco, alla sua mano sulla mia guancia, al suo volto così vicino al mio e al suo profumo così intenso.

"Ne hai di strada da fare..." mi sussurrò poi.

Mi faceva saltare i nervi.

"Non è quello che intendevo... non mi riferivo al tuo successo, e lo sai" gli spinsi via la mano.

"Anche io non mi riferivo a quello" mi fece un occhiolino.

"A me Jack piace" la cosa lo divertiva perché stava ancora sorridendo.

"E non voglio attirare l'attenzione di nessuno" feci un passo indietro per allontanarmi da lui.

"Questo lo vedremo" mi squadrò dall'alto in basso con il solito sorrisetto soddisfatto sul volto.

"Tu non mi piaci Peter Andrews" gli dissi cercando di sostenere il suo sguardo e di ignorare i miei sensi disinibiti.

Serrò la mascella e mi guardò scuro in volto.

"Bene allora" disse alla fine. Fece un paio di passi indietro e si voltò per andarsene.

Stava facendo il menefreghista, riuscendoci anche molto maldestramente.

"La verità è che sei solo un ragazzino viziato" sputai d'un fiato. Non avere più i suoi occhi puntati su di me mi aveva destabilizzata. Non sapevo bene neanche io dove andare a parare con quell'affermazione.

"Come scusa?" A quel punto si voltò di nuovo. In realtà volevo esattamente quello: ottenere una qualsiasi reazione da parte sua e continuare a poterlo guardare negli occhi.

"Hai capito benissimo. Sei un ragazzino viziato che vuole tutto e si arrabbia se non lo ottiene. Io non sono il tuo giocattolo" si mise a ridere ancora una volta. Mi chiedevo che cosa ci trovasse di tanto divertente.

"E sentiamo... io cosa potrei mai volere da una come te? Pensi davvero di essere così speciale?" Mi guardava con aria di sfida.

Odiavo quello che usciva dalla sua bocca. Per lui io non ero assolutamente nulla e la cosa più orribile è che io stessa mi consideravo insignificante e invisibile. Peter che me lo ricordava ogni secondo della mia esistenza era troppo.

Avrei voluto rispondergli a tono, ma la voce mi si ruppe in gola. Non riuscii a fare altro se non voltarmi senza aggiungere una parola e andarmene.

Sam, preoccupato, provò ad avvicinarsi, ma lo respinsi. Aveva assistito a tutta la scema insieme a tutti gli altri. Non mi aveva praticamente mai rivolto la parola, non avevamo mai parlato solo io e lui da soli e avevo l'impressione di stargli decisamente antipatica, quindi il suo tentativo di avvicinarsi a me, mi sembrò del tutto fuori luogo.

Volevo restare sola e volevo essere il più distante possibile da Peter e da tutti quelli che avevano a che fare con lui, quindi praticamente tutti alla festa.

Andai diretta verso l'ingresso e uscii di casa. C'era casino anche fuori: ragazzi che pomiciavano vicino all'ingresso e un tavolo accampato su cui un gruppo di studenti ubriachi stava giocando a birra-pong.

Me ne stetti lì fuori a guardare gli altri giocare e congelando dal freddo. Sapevo che non avrei dovuto mettere i pantaloncini di Cristina. Volevo andarmene a casa, ma non avevo ne un passaggio ne altro e me ne rimasi lì fuori a sbollire per la rabbia e aspettando che magari mia sorella uscisse per ritornare a casa con lei.

Peter Andrews non aveva fatto altro che umiliarmi. Quella era stata la festa peggiore di sempre, ufficialmente.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top