Chapter 32

Fanciulli buongiorno!
Bene, mi rendo conto che questo capitolo è molto molto molto molto breve. Però visto che siete in tanti che me lo chiedete, ho pensato di accorciare un po' i capitoli, così da riuscire a pubblicare un po' più spesso!

Quindi godetevi la lettura e presto (forse anche oggi pomeriggio) pubblicherò il prossimo capitolo!!

***

1 anno prima.
Eloise.

Bene. Quella sera c'era la festa a casa di Cristina. Bene.

C'era solo un piccolo stupido ed insignificante dettaglio: non lo avevo detto ai miei genitori.

Non sapevo come fare. Era la prima volta che mi capitava di andare ad una festa, per di più dovevo anche suonare a quella festa.

Ero appena tornata a casa dopo scuola e stavo cercando le chiavi nel mio zaino. Le trovai nel taschino esterno e aprii la porta.

"Mamma!" Urlai "sono a casa!" Dissi facendo capolino in salotto e gettando lo zaino ai piedi della poltrona.

Victoria era comodamente sdraiata sul divano a mangiare patatine e a leggere una rivista scientifica, probabilmente per darsi l'aria di una intelligente. Alzai gli occhi al cielo non appena la vidi intenta ad ammirare le fotografie sulla rivista. Probabilmente leggere l'articolo era troppo per lei.

"Mamma sta stirando" disse annoiata.

"Come mai sei già a casa?" Chiesi sedendomi sul divano accanto a lei e rubandole una patatina dal pacchetto.

"Avevo l'ultima ora libera" sospirò annoiata sfogliando qualche pagina.

"Oh tesoro! Sei tornata" mia madre entrò in salotto e si avvicinò a me lasciandomi un bacio sulla guancia.

"Ciao mamma" la salutai.

"Com'è andata a scuola?" Mi chiese.

Pensai subito 'via il dente, via il dolore'.

"Bene... al proposito... devo chiederti una cosa. Stasera è sabato sera e..." non sapevo neanche da dove cominciare per chiederle una cosa simile.

"E...?" Mia madre mi incitò a parlare sedendosi sulla poltrona accanto al divano "Victoria, togli i piedi dal tavolo, ho spolverato prima" mia madre la guardò esasperata.

Mia sorella fece un verso di lamento e alzando gli occhi al cielo incrociò le gambe ignorando completamente il fatto che stessi tremando come una foglia.

Non sapevo come chiedere a mia madre di andare ad una stupida festa.

"Che c'è Eloise?" Mi guardava in attesa che parlassi.

"Qualcosa non va?" Mi chiese con voce piatta.

"No! Volevo solo chiederti se stasera posso andare ad una festa" sputai tutto d'un fiato.

"Di chi?" Mi sorella chiuse subito la rivista interessata "chi è lo sfigato del secondo anno che organizza una festa?"

"Veramente è del terzo... la festa di Cristina Johnson" la guardai fiera.

Lei scoppiò subito in una risata fragorosa.

"Tu... alla festa di Johnson!" E rise ancora.

"Victoria, ci vai anche tu, no? Me l'hai chiesto la settimana scorsa! Per me potete andarci entrambe tranquillamente, a patto che rispettiate il coprifuoco"

"Mamma!" Mia sorella la guardò stupefatta "non ho intenzione di farle da babysitter".

"Sono più che sicura che tua sorella sappia cavarsela da sola! Torno a stirare" si alzò e lasciò me e mia sorella in salotto.

"Ma quanto sei sfigata! Se vuoi venire alla festa, fa pure! Ma non venire a piagnucolare da me o i miei amici quando te ne starai da sola in disparte. Guarda che non c'è nessuno del secondo anno che conosci" Victoria era terribilmente territoriale con i suoi amici, come se a me potesse importare qualcosa di quei manichini so-tutto-io che si portava sempre appresso.

"Per tua informazione alla festa ci vengo con qualcuno!" Victoria non sapeva ancora che facevo parte della band. Nessuno lo sapeva. Non era un segreto, ma non era ancora stato reso ufficiale a tutti gli studenti e non so perché, ma a Victoria non avevo voluto dirlo: volevo che fosse una sorpresa, volevo farle capire che non ero più la sfigata di turno. Forse volevo dimostrarlo più a me stessa che a lei.

"Ah sì? E con chi? Sentiamo!" Mi incitò a parlare voltandosi a guardarmi fissa negli occhi.

"Peter Andrews" scandì fiera il suo nome. Tecnicamente alla festa ci andavo con tutti i Peter's machine, ma sapevo che lei aveva una cotta platonica per lui, niente di serio ovviamente... lo idolatrava più che altro. Adorava la sua musica, ma come biasimarla? Volevo solo farle avere un po' di amaro in bocca.

Distolse lo sguardo dal mio e riaprì la rivista tornando ad ignorarmi.

"Figurati... questa sì che è una balla bella e buona" ridacchiò tra sé e sé.

Io mi alzai e recuperai il mio zaino vicino alla poltrona.

Ride bene che ride ultimo, sorella.

Girai i tacchi e salii le scale per andare in camera mia. A quel punto però avevo un problema bello e buono: io suonavo con Peter, ma lui di certo non era il mio accompagnatore per quella festa.

Dovevo trovare il coraggio di alzare il telefono e provare a chiedere a Peter di venire a prendermi.

Mi sentivo in imbarazzo a pensare a Peter. Specialmente dopo quello che era successo il pomeriggio prima, dopo aver suonato quella canzone insieme. Al solo pensiero mi tremavano le ginocchia.

Non era successo niente di particolare, eppure a pensarci mi venivano i brividi. Forse per lui era stata solo una canzone e l'imbarazzo lo provavo solo io. Forse era tutta un para mentale che mi stavo facendo da sola. Speravo fosse così. Speravo che in quella sala musica non fosse successo nulla.

Continuavo davanti allo specchio da venti minuti a provare a dire quello che avrei detto al telefono.

'Ciao Peter, non è che per caso stasera...'

'Ciao Peter, ti disturbo?'

'Ciao Peter, lo so che è una telefonata inaspettata ma...'

'Peter! È ancora valido il passaggio che mi avevi offerto?' Sembravo una perfetta idiota.

Alla fine lo chiamai presa da un attacco di impulsività senza ancora avere la più pallida idea di cosa gli avrei detto al telefono.

Al secondo squillo presa dal panico chiusi la telefonata e cominciai a camminare freneticamente per tutta la stanza.

Il silenzio venne interrotto di colpo dalla suoneria del mio telefono.

Era Peter. Peter... Peter!

Passai i cinque secondi più lunghi della mia vita, in ansia perché non sapevo se rispondere o meno.

Alla fine optai per la risposta.

"P-Pronto..." balbettai come una cretina e mi sedetti sul letto rannicchiandomi.

"Elle! Dimmi tutto, ho visto la tua chiamata!" Sembrava sereno, come se la mia telefonata fosse qualcosa di del tutto normale.

"Mi chiedevo se... io stasera non so come... sì insomma... non so come arrivare alla festa e volevo sapere se tu..." non riuscivo a mettere una parola dietro l'altra.

"Ti serve un passaggio? Nessun problema, passo da te alle otto, va bene?" Parlò lui al mio posto e ci misi mezzo minuto per capire che si era offerto di venire a prendermi.

"Elle? Ci sei?" Mi chiese "ah forse è caduta la linea..." lo sentii borbottare.

"No no, ci sono. Alle otto va benissimo, grazie" dissi ancora in stato di trans.

"Perfetto, scusami adesso devo scappare... sono un po' incasinato, a dopo!" Mi salutò velocemente e riattaccò.

Bene. Peter Andrews mi accompagnava alla festa. Bene.

Cercai di mantenere la calma e di passare il resto del pomeriggio a fare i compiti e non pensare troppo a quello che sarebbe successo di sera: sarei rimasta in macchina da sola con Peter per ben venti minuti buoni.

In tutto ciò però... un pensiero mi martellava nel cervello: Jack.

Mi aveva chiesto di uscire il giorno prima e logicamente avrei potuto chiedere a lui di venire a prendermi in macchina... ma per qualche assurda ragione... nonostante l'imbarazzo che provavo nei suoi confronti, avevo deciso di telefonare a Peter senza neanche rifletterci.

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