Chapter 21
1 anno prima.
Eloise.
Io, Eloise Horton, ero appena diventata la nuova chitarrista dei Peter's machine. Io. Tra tutti. Io. Peter Andrews aveva scelto me. A lui ero piaciuta io. Non aveva minimamente esitato nel farmi entrare nel suo gruppo.
Forse Peter mi aveva notata per davvero. Non ci potevo credere. Non ci volevo credere. Potevo essere davvero all'altezza della musica dei Peter's? Non mi sembrava una cosa possibile.
Dopo un anno passato a suonare da sola, sperando un giorno di potermi far notare da loro... o meglio da lui, c'ero riuscita. Ero nei Peter's machine e a lui ero piaciuta io.
Mia sorella sarebbe morta d'invidia. Non lo diceva, ma aveva una cotta per Peter. Come darle torto? Lui era uno schianto assoluto! Almeno... così lo avrebbe definito lei... e sì, segretamente anche io avevo una cotta per lui. Come spiegare altrimenti il tremolio alle ginocchia che provavo tutte le volte che mi passava davanti? I viaggi mentali che facevo immergendomi nell'immensa oscurità dei suoi occhi? Il rossore sulle mie guance? Il cuore che batteva? A me Peter piaceva.
Ma comunque, al di là del latte alle ginocchia, io morivo dall'ansia. Non avevo mai suonato in pubblico ed essere in una band implicava obbligatoriamente suonare in pubblico.
Sarei mai stata pronta per il nostro primo ingaggio? A scuola non si parlava d'altro che della festa d'inizio anno scolastico organizzata da Cristina Johnson, la figlia del preside. Si vociferava che i Peter's avrebbero suonato lì quella sera.
Suonerò con loro? Ma sarò abbastanza pronta? Mancava una settimana al grande evento e io non sapevo cosa pensare. Probabilmente mi stavo solo fasciando la testa prima del tempo mentre mi stringevo nel mio cardigan azzurro e camminavo per le strade notturne di Portland.
In quel momento avevo problemi ben peggiori della festa di Cristina Johnson a cui pensare, ovvero il fatto che mi stavo dirigendo nella tana dei lupi: il famoso Monster's club.
Non ci ero mai stata. Nessuno mi ci aveva mai invitata. Era una birreria logora, vecchia e unta. La gente ci andava principalmente perché era l'unico posto dove davano illegalmente da bere birra ai minorenni.
Era frequentato da tutta la mia scuola, ad eccezione della sottoscritta, ovviamente.
Sapevo anche che i Peter's machine suonavano lì qualche volta e facevano musica dal vivo. D'altronde si erano fatti conoscere in tutta Portland anche grazie ai loro ingaggi al Monster's club e in altri vari locali del genere.
Quella sera i Peter's mi avevano invitato lì e questo voleva dire due cose: prima ipotesi, ero davvero entrata nella band e volevano farmi conoscere il locale e la gente che lo frequentava; seconda ipotesi, volevano fregarmi ed io ero solo la nuova sfigata di turno da prendere in giro.
Ero convinta della seconda ipotesi. Avrei potuto girare i tacchi e andarmene, ma per qualche assurda ragione masochista decisi di percorrere i pochi metri che mi separavano dall'ingresso di quella birreria da quattro soldi.
Fuori dal locale c'era un gruppetto di ragazzi un po' ubriachi che fumavano sigarette e ridevano facendo baccano. Li riconobbi: erano i giocatori della squadra di football della mia scuola. Non appena mi videro, mi squadrarono e si misero a ridere parlottando tra di loro.
Probabilmente si chiedevano cosa ci facessi io davanti al Monster's, ma io ero stata invitata e anche se con un po' di fifa spinsi la porta di legno all'ingresso e li ignorai.
Salii il gradino ed entrai nel locale. Fui subito avvolta da un fortissimo odore di alcool. Il posto era poco illuminato e colmo di ragazzi seduti ai tavoli che bevevano da enormi bicchieroni da birra di vetro.
Sulla destra rispetto all'ingresso c'era il bancone e il resto del locale si sviluppava per il lungo con vari tavoli di legno piazzati lungo le pareti. Infondo alla sala c'erano tre tavoli da biliardo e una decina di ragazzi raggruppati e concentrati a giocare di cui non riuscivo a vedere i volti.
Al bancone c'era un tipo piuttosto losco con due bicipiti tatuati ben in mostra. Era pelato e con dei baffi lunghi e poco curati. Indossava un gilet di jeans tutto logoro e aveva al collo una catenina con un piccolo crocifisso appeso: quella collanina stonava completamente con il suo aspetto, per quello mi colpì subito.
Notai che mi stava fissando mentre puliva il bancone con uno straccio. Distolsi subito lo sguardo un po' spaventata.
Cercai i Peter's in mezzo agli altri. Vidi che in molti mi stavano osservando di sottecchi e iniziavo a sentirmi a disagio. Mi strinsi nelle spalle indecisa se andarmene o provare magari a telefonare a qualcuno dei ragazzi.
Stavo per tirare fuori il telefono dalla mia borsetta quando una voce roca e storpiata dal fumo attirò la mia attenzione.
"Posso fare qualcosa per te, biondina?" Alzai lo sguardo verso il bancone. Era il tipo coi bicipiti tatuati e i baffi a parlare.
"Ss... sto... starei... starei cercando i miei amici" balbettai intimorita. Sembravo deficiente.
"E sei sicura che siano venuti in questo locale?" Mi squadrò dall'alto in basso con un sorrisetto sghembo sulla faccia. Si stava prendendo gioco di me.
"È questo il Monster's club?" Provai a chiedere, anche se sapevo perfettamente che fosse quello per mia sfortuna.
Il barista si lasciò sfuggire una risata "beh... il locale è giusto. Chi stai cercando?" Chiese alzando un sopracciglio. Notai che su quello destro aveva una piccola cicatrice. Era davvero raccapricciante quel tipo.
"Peter Andrews?" Dissi il suo nome e sembrò più una domanda che un'affermazione. Il barista scoppiò subito a ridere.
"Peter!" Si sporse dal bancone e urlò per contrastare il chiasso degli altri ragazzi presenti nel locale. La sua voce era forte abbastanza per farsi sentire tanto che chi stava lì attorno si zittì per assistere alla scena. Probabilmente erano tutti curiosi del motivo per cui una ragazza come me avesse messo piede in un locale del genere.
Io invece continuavo a chiedermi come fosse possibile che tutti gli studenti della mia scuola si fidassero di un barista del genere. Sembrava un poco di buono ed era assurdo che nessuno ci avesse mai fatto caso!
Comunque non era quello il problema. Adesso mi stavano fissando tutti e iniziai ad andare nel panico.
"Peter!" Gridò ancora. In molti si girarono verso i tavoli da biliardo infondo.
Alcuni ragazzi si scostarono da uno dei tavoli da biliardo e il volto di Peter venne illuminato dalla luce. Era piegato sul tavolo in posizione per compiere la prossima mossa e teneva agilmente la stecca tra le mani mentre mirava la palla bianca. I suoi tratti erano duri e concentrati ed era bellissimo.
Attratto dall'improvviso silenzio nel locale si sollevò e alzò gli occhi verso l'ingresso.
"C'è qui una ragazza che chiede di te!" Il barista mi indicò ancora divertito.
Iniziarono le risatine degli altri attorno a me. Qualcuno bisbigliava 'come si è conciata?!'
Che hanno contro il mio cardigan? Abbassai lo sguardo sui miei vestiti. Indossavo dei jeans e un maglioncino azzurro, e allora? Non era tanto diverso dai loro jeans e magliette. Semplicemente avevo freddo e così indossai un maglione. Problemi?
Rialzai lo sguardo su Peter, decisamente più importante dei miei abbinamenti nel vestire.
Mi stava venendo incontro. Non era né divertito, né altro, anzi, i suoi tratti si erano induriti ancora di più, tanto da sembrare arrabbiato.
È arrabbiato? Con me forse? O forse perché sta perdendo a biliardo? Forse si stava concentrando per fare la sua prossima mossa e io l'ho disturbato? Dai suoi occhi marroni non traspariva nessuna emozione. Il suo sguardo mi metteva così a disagio, esattamente come quella mattina davanti ai nostri armadietti. Era rimasto a fissarmi per un tempo che sembrava infinito e il suo sguardo mi aveva trafitto.
"Ciao..." salutai appena fu a due passi da me. Le mie ginocchia tremavano e lui non mi rispose, ma si limitò ad afferrarmi per un polso. Una scossa elettrica mi percorse il braccio al suo contatto.
"È roba tua?" Il barista rideva ancora.
"È la mia nuova chitarrista Bill" parlò Peter. Bill scoppiò a ridere. Allora era ufficiale. Ero davvero la sua nuova chitarrista. Mi lasciai sfuggire un sorrisetto mentre Peter mi stava letteralmente trascinando verso il fondo del locale. Probabilmente lì c'erano anche gli altri.
Come pensavo infatti, attorno al tavolo da biliardo notai Jack con una stecca in mano che mi fissava con quei suoi occhi di ghiaccio inquietanti e bellissimi e Sam, che beveva birra con uno sguardo assorto e annoiato dalla situazione.
Nessuno mi salutò o mi rivolse la parola. Speravo che lo facesse Peter, ma neanche lui. Sembrava ancora arrabbiato, ma non capivo perché. Si limitò a lascarmi il polso e abbandonarmi vicino all'ultimo tavolo a cui attorno erano seduti altri ragazzi della nostra scuola.
Notai che c'era anche Josh, insieme a Cristina Johnson. Non l'avevo mai vista vestita così. Aveva una camicetta ancora più scollata di quelle che metteva a scuola, mi chiedevo come suo padre le permettesse di uscire di casa conciata a quel modo.
Peter era tornato a giocare a biliardo e aveva ripreso la sua stecca in mano pronto a prendere di nuovo la mira per colpire la palla.
Tutti mi stavano ancora fissando e bisbigliavano tra di loro. Io non sapevo che fare. Mi sentivo a disagio, lì in piedi davanti a tutti e conoscendo a malapena un paio di persone.
Mi guardai attorno cercando di non concentrarmi su nessuno in particolare e fingendo disinvoltura. Magari avrei potuto guardare la partita. Alzai gli occhi sui giocatori e vidi che Jack ancora non aveva distolto il suo sguardo da me.
Mi guardava in modo strano, con uno strano sorrisetto. Provai a sostenere il suo sguardo e sentii le mie guance avvampare, mi faceva uno strano effetto: nessun ragazzo mi aveva mai guardato in quel modo.
Peter colpì la palla e per il rumore delle altre palle che si muovevano sul tavolo distolsi lo sguardo da quello di Jack e mi concentrai sulla mossa del gioco. Peter mi aveva distratto, adesso il turno era di Jack.
Anziché colpire la palla lasciò la stecca a Josh e fece un passo nella mia direzione. Arrossii di nuovo.
"Eloise?" Mi chiamò sollevando una mano con fare interrogativo.
Peter fu subito attirato dai movimenti di Jack e notai con la coda dell'occhio l'increspatura delle sue labbra: teneva la bocca serrata come se si stesse trattenendo. Non capii cosa lo avesse fatto irritare e pensai fosse stato il fatto che Jack avesse mollato la partita senza alcun motivo apparente.
"Mh?" Chiesi guardando ancora Peter, ero attratta dal suo volto: morivo dalla voglia di leggere il significato di quei suoi sguardi così incomprensibili.
"Posso offrirti da bere?" Esordì Jack.
Per un attimo il tempo si fermò. Può offrirmi da bere? Non gli rispondevo e continuavo a guardare Peter, come se dovessi avere il suo permesso, come se Jack dovesse avere il suo permesso.
Che rispondo Peter? Gli chiedevo con lo sguardo. Peter di tutta risposta, teneva la bocca serrata e non parlava, ma mi fissava dritto negli occhi.
"Cristina?" Disse poi senza distogliere gli occhi dal miei.
Lei sollevò lo sguardo verso di noi in attesa di capire chi l'avesse chiamata.
Non avevo ancora risposto a Jack e lui era lì che attendeva. Può offrirmi da bere? Peter mi fissava.
Mi fissava.
Mi fissava.
"Rendi Eloise presentabile per favore?" Disse poi.
Un meteorite della grandezza di quei tre tavoli da biliardo messi insieme mi si schiantò addosso.
Rendermi presentabile?
Cristina Johnson si alzò e venne nella mia direzione, mi si avvicinò ad un orecchio e mi sussurrò "andiamo in bagno."
Che avevo che non andava bene?
"Non ci devo andare" risposi di scatto. Non mi aveva mai parlato e non capivo cosa volesse da me.
Gli altri mi stavano ancora fissando e ridacchiavano. Era così divertente la mia presenza? Volevo andarmene.
"Ti conviene venirci, se vuoi che quest'ammasso di rincretiniti la smettano di fissarti."
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