Chapter 19

Eloise.

Infilai il mio soprabito e uscii dalla mia camera.

"Mamma! Sto uscendo!" Urlai. Era in cucina che preparava la cena per lei e mio padre. Secondo me era felice che io e Victoria le lasciassimo la casa per stare un po' da sola con papà. Anche a causa mia quella casa era diventata un vero manicomio negli ultimi mesi, forse gli serviva un po' di intimità.

"Non fate tardi! L'ho detto anche a tua sorella!" Mi rispose. La sentivo che spadellava.

"Ciao!" Alzai gli occhi al cielo e uscii di casa.

Andai in garage per prendere la mia auto. Avevamo abbastanza spazio per tenerci dentro due automobili: la mia e quella dei miei genitori. Mia sorella non ce l'aveva, ma sapevo che stava mettendo da parte qualche soldo per prendersela usata per quando se ne sarebbe andata al college a Seattle.

La mia auto invece era quella di Peter. Decisi di prendere la patente non appena scoprii che me l'aveva lasciata. In clinica avevo un sacco di tempo libero e quando non litigavo con le infermiere imparavo a guidare nel parcheggio della clinica.

Entrai in auto e accesi la radio. Il cruscotto era ancora pieno dei nostri vecchi cd, ma non avevo ancora mai avuto il coraggio di aprirlo. Erano rimasti tutti lì dentro a prendere polvere, ma piuttosto che ascoltarli preferivo stare a sentire le nuove hits del momento, tutte penose e poco orecchiabili, tra l'altro.

Misi in moto e guidai fino a casa di Cristina cercando di non pensare troppo a quello che di lì a poco sarebbe successo. Era da più di tre mesi che non suonavo davanti a qualcuno ed era la prima volta che lo facevo senza Peter. Per di più avrei dovuto farlo sentendo la voce di Thomas che poteva farmi esplodere in un qualsiasi momento e il mio sangue poteva riversarsi come una cascata sul parquet super costoso del nostro preside, in un qualsiasi momento. Ero terrorizzata.

Cercavo di fare esercizi di respirazione mentre guidavo. Me li avevano insegnato in clinica quando mi venivano gli attacchi di panico o gli scatti d'isteria. Cercavo di mantenere la calma. Sarebbe stata una festa come tutte le altre, solo una normale stupida festa di liceali ubriachi.

Parcheggiai sul ciglio della strada dov'erano già accostate decine di macchine. Ogni tanto mi chiedevo dove se ne andasse il preside con sua moglie quando si vedeva invadere la casa da tutti gli studenti amici della figlia. Più volte era capitato a me e gli altri di restare a casa di Cristina per aiutarla a risistemare dopo una festa per il ritorno dei genitori. Ci impiegavano tutta la giornata.

La sua casa non era molto grande. Non aveva molte stanze, giusto il necessario per una piccola famiglia come la loro: madre, padre e viziatissima figlia prediletta. Non era gigante, ma aveva un salone immenso, ci tenevano alla rappresentanza a quanto pareva, era lì che facevamo le feste.

Scesi dalla macchina e mi diressi verso la villetta. Eravamo nel quartiere residenziale appena fuori Portland. Da quelle parti era tutto molto costoso. La casa di Cristina però era piuttosto modesta... rispetto a tutte le altre almeno.

C'era già musica, la sentivo pompare a tutto volume. Bisognava solo sperare che qualche vicino non chiamasse la polizia per il troppo chiasso.

Faceva ancora caldo abbastanza per stare fuori senza congelare, ecco perché il giardino all'ingresso della villetta era gremito di gente che parlava, ballava o pomiciava.

Erano tutti troppo ubriachi per notare la mia presenza. La presenza dell'eremita Eloise Horton. A momenti però tutti gli occhi di tutte quelle persone sarebbero stati puntati su di me.

Mi diressi verso l'ingresso, la porta era aperta ed entrai cercando qualcuno dei miei.

Il salotto era già un pieno disastro. Era stato trasformato in una pista da ballo con tutti i mobili scansati contro le pareti e uno stereo con delle casse in affitto pompava musica da discoteca. I ragazzi ballavano in mezzo a fiumi di birra e si strusciavano gli uni con gli altri fradici di sudore e alcool. Mozziconi di sigarette e bicchieri mezzi vuoti erano in ogni angolo della casa e l'odore di fumo era quasi insopportabile.

Non ero più abituata a quel genere di feste.

Mi chiedevo dove potesse essere andata a cacciarsi mia sorella. Chissà come si sarebbe comportata ad una festa del genere insieme a Lucas, era la prima volta che portava uno del college a casa di Cristina.

Mi feci largo tra gli studenti per andare a lasciare il mio cappotto nella camera adibita a guardaroba per le giacche e le borse. Era infondo al corridoio oltre il salotto.

Entrai nella stanza, accesi la luce, mi tolsi il soprabito e lo gettai sul letto. Mi fermai davanti allo specchio difronte un paio di secondi per ravvivare i miei capelli e poi tornai in salotto.

Finalmente trovai Sam.

"Eloise!" Mi gridò mentre cercava di farsi spazio vicino alla batteria per piazzare l'amplificatore. Stavano iniziando a montare il tutto per suonare. La batteria era già lì, Josh l'aveva portata a casa di Cris quel pomeriggio.

"Ehi" salutai.

"Hai messo il vestito bianco" disse indicandomi.

Mi guardai un attimo. Me n'ero quasi dimenticata. Quello era il vestito incriminato.

"Già... non avevo molto altro da..." bofonchiai.

"Ti sta bene!" Mi sorrise.

Ricambiai leggermente il sorriso.

"Forza!" Mi diede una pacca sulla spalla "vieni a darci una mano con il resto, Thomas e Josh stanno scaricando la macchina" disse invitandomi a seguirlo.

Un'ora dopo era tutto pronto: microfoni, amplificatori e chitarre. Mancavamo solo noi. Prendemmo un paio di birre in cucina prima di iniziare. Thomas non mi aveva ancora rivolto la parola. Continuava a fare avanti e indietro con cavi e strumenti e qualsiasi cosa pur di rimandare il momento del nostro incontro, lo avevo incrociato giusto un paio di volte.

Avevamo messaggiato tutto il pomeriggio e mi aveva fatto piacere riuscire ad avere una conversazione normale con lui senza dover pensare continuamente ad un modo per tappargli la bocca il più velocemente possibile. Mi piaceva Thomas, mi piacevano i suoi modi di fare, di scherzare, era divertente e mi teneva su col morale.

Poi però se n'era uscito con quella sua assurda proposta e non risposi più a nessun messaggio. Non sapevo cosa scrivere. Io non ero in grado di cantare quella roba, non ce la facevo. Era troppo personale e mi dava fastidio il fatto che Thomas e Sam continuassero ad insistere, sembrava non riuscissero a capire quanto per me fosse difficile suonare in quel gruppo.

Peter era morto da soli tre mesi. Avevo bisogno di tempo.

Ero in cucina con Sam e Josh e ci stavamo riscaldando prima di iniziare a suonare. C'era anche Cristina, avvinghiata a Sam come una cozza. Avevano bevuto, certo, ma non potevo immaginare che adesso lei si facesse anche il mio migliore amico. Mancava solo lui all'appello. Eppure Sam mi era sempre sembrato uno di buon gusto con le ragazze.

Li guardai schifata per qualche istante.

"Ragazzi non vedo l'ora!" Josh si scolò l'ultimo goccio di birra rimasto nel suo bicchiere.

Thomas fece capolino in cucina dopo aver sistemato anche l'ultimo microfono. Prese una birra e mi guardò. Il suo sguardo scorse velocemente dalle mie gambe e risalì lungo i mie fianchi, lo sentivo bruciare su di me. Arrivò al mio seno, il mio collo, le mie labbra e poi incrociò i miei occhi. Sembrava volesse dirmi qualcosa, ma si trattenne e abbassò le sguardo.

"Andiamo?" Chiese Sam insistente e rompendo quel gioco di sguardi. Avevano tutti voglia di iniziare a suonare. L'unica che non voleva sentire la voce di Thomas, logicamente ero io.

Cristina si staccò da Sam e fece strada verso il salotto.

La seguimmo e andammo verso il centro della stanza, dove avevamo piazzato gli strumenti. Vidi Cristina andare a staccare lo stereo. La musica finì e si sentirono le urla da parte di tutti gli invitati che volevano ascoltare musica.

Cristina venne verso di noi e prese in mano il microfono di Thomas.

"Ragazzi!" Urlò.

Altre grida e applausi si levarono dalla sala che negli ultimi trenta secondi si era riempita ancora di più. Erano tutti entrati in casa per sentirci suonare.

"Qui ci sono dei miei amici che vorrebbero suonarvi qualcosa, vi va bene?" Gridò atteggiandosi in quel vestitino rosso che più che un vestito sembrava un tovagliolo.

"Sono i Peter's machine!" Urlò qualcuno tra gli invitati.

"Woah!" Altre urla esaltate.

"Ragazzi! Ma Eloise Horton quella!" Mi indicarono. Come avevo immaginato. Tutti gli occhi erano puntati su di me.

"Sam, ti amiamo!" Urlò qualcun altro.

Afferrai la mia chitarra elettrica e me la misi in spalla. Mi sistemai i capelli e provai un paio di scale e partii un applauso confuso che ci incitava a cominciare. Iniziarono a urlarci i titoli delle canzoni che volevano ascoltare. I nostri successi. Acqua passata.

Iniziò a salirmi il panico. No, non avremmo suonato le canzoni di Peter. Non avremmo suonato Remembering Sunday che tutti chiedevano.

Respirai a fondo e aspettai che Thomas si presentasse frantumandomi le orecchie con la sua voce dannata.

Cristina gli passò il microfono e Thomas mi lanciò un'occhiata. Ero pronta. Mezz'ora, dovevo resistere mezz'ora con la sua voce e poi basta.

"Allora ragazzi" iniziò e subito mi tremarono le ginocchia, ma cercai di non badarci "io sono Thomas Clifford e noi siamo i Peter's machine!" Gridò.

La folla si agitò e tutti iniziarono a sbattere i piedi in attesa del nostro inizio. Le pareti della casa tremavano e ormai ero pronta. Le dita mi pizzicavano e volevo suonare.

La gente urlava e io guardai Josh per dargli il segnale. Era ora. Dopo tre mesi avrei ricominciato a suonare in pubblico, davanti a qualcuno e senza Peter. Potevo farcela. Josh iniziò a contare e battere il ritmo coi tamburi.

La nostra prima cover era degli Imagine Dragons, Believer.

Thomas mi guardava in attesa che iniziassi, lui mi sarebbe venuto dietro. Inspirai e iniziai a pizzicare le corde della chitarra elettrica.

Thomas iniziò a cantare con la sua voce e chiusi gli occhi. Gli studenti riconobbero la canzone che stavamo suonando e un boato si levò dal pubblico. Mantenevano il ritmo piedi, li sentivo ballare.

Thomas era partito bene. Arrivò il primo ritornello e letteralmente si scatenò. Sentii urlare decine di ragazze. Le faceva impazzire. Era bello e trascinava anche me. Si muoveva con disinvoltura e stava dietro al ritmo. Trascinava dietro l'asta di quel microfono in un modo tutto suo e ballava e cantava ed era bravissimo.

Stavamo andando bene ed io non stavo impazzendo. Sentivo Thomas, sentivo Josh, Sam e stavo dietro a tutti e suonano ed ero felice.

Non c'era Peter, ma sapevo che era lì, che mi ascoltava. Non ero terrorizzata per Thomas, ero solo felice di suonare e fare quello che sapevo fare meglio e mi sentivo libera.

Piacevamo, eravamo belli e bravi e vedevo i ragazzi guardarmi e io ballavo mentre suonavo, guardavo Sam e anche lui era felice e sereno. Thomas era come se fosse da sempre con noi, in perfetta sintonia e non poteva andare meglio.

La fine della prima canzone era vicina e avrei voluto fare un assolo. Giusto per far sentire che ero tornata. Stavo per iniziare, quando non sentii più la chitarra. Qualcuno me l'aveva staccata dall'amplificatore. Smisi di suonare e Sam se ne accorse.

"Ma che ca..." Gridai nel microfono da corista che avevo davanti. Mi sfilai la chitarra a cercai il colpevole con lo sguardo.

Si bloccarono anche Thomas e Josh e grida di rifiuto si levarono da tutta la sala. Grida che si placarono non appena lo videro.

Mi aveva staccata dall'amplificatore.

Nel salone calò un silenzio agghiacciante. Mi si era gelato il sangue nelle vene a vederlo. Mi faceva schifo.

Tre battiti di mani sordi risuonarono e la sua voce mi trapanò le orecchie.

***

Eheh, si accettano scommesse su chi sia ad aver interrotto Eloise!

#staytuned e ci vediamo martedì!!

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