Chapter 1
1 anno prima.
Peter.
"Quindi..." Cristina si sporse verso di me sfoggiando la sua canotta bianca e scollata contenente la sua quarta di seno abbondante "ci venite a suonare alla mia festa?" mi guardò con gli occhi languidi e posando una mano sul mio petto. Continuavo a pensare al freddo che poteva sentire con quell'abbigliamento leggero. Di sicuro nell'armadietto della scuola aveva un cappotto, era impossibile che girasse conciata a quel modo.
Sospirai voltandomi verso Jack, il tastierista della mia band. Lui alzò le mani scaricandomi il fardello di rispondere a quella sanguisuga. Cristina era la mia migliore amica, ma sapeva essere davvero appiccicosa.
"Cris..."
"Per favore!" Mi pregò "me lo avevi promesso!" Incrociò le braccia come una bambina capricciosa e facendo sporgere il seno. Non sapevo come fosse possibile tirarlo ancora più su di quanto già non fosse. Per un attimo rimasi incantato.
"Lo so, ma te l'ho detto..." mi voltai riprendendo a camminare nel corridoio e distogliendo lo sguardo dalle sue tette "Michael se n'è andato al college e ha mollato la band, adesso ci serve un nuovo chitarrista" le spiegai.
"Che palle" sbuffò appendendosi al mio braccio.
"Verremo alla prossima festa" dissi per convincerla.
"Va beh... io vado a lezione. Ci vediamo più tardi" mi schioccò un bacio sulla guancia con le sue labbra rosa super lucide e se ne andò sculettando.
Jack sghignazzò qualcosa, mi posò una mano sulla spalla e ci fermammo a guardare Cristina che andava via.
"Ci vediamo dopo" la imitò ridendo "che sanguisuga!" disse fissandole il fondoschiena mentre se ne andava. Sapevamo entrambi quanto a lei piacesse farsi guardare.
"Sì, ma te la faresti lo stesso" schioccai la lingua e lo guardai di sottecchi.
Cristina era il tipo di ragazza che faceva venire il capogiro a tutti, era una diciassettenne bella e avvenente. Le volevo bene come a una sorella, ma non potevo negare che fisicamente mi piaceva molto e la cosa era reciproca. Motivo per cui da qualche mese, un po' per gioco e un po' per voglia, finivamo a letto insieme.
Gli altri del gruppo penso che lo sapessero, ma Jack non si faceva comunque scrupoli a fissarla in quel modo di fronte a me. Non che a me importasse... erano entrambi liberi di fare quello che volevano.
Cristina non era di certo l'unica ragazza che vedevo.
Jack sollevò le spalle con fare menefreghista "scherzi a parte... Peter, ci serve davvero un nuovo chitarrista" mi disse riprendendo a camminare.
"Ah! Non dirmelo... credimi, non penso ad altro" lo seguii.
"Tu te la cavi a suonare la chitarra, non puoi..." propose.
"Ma per favore... lo sai meglio di me che ci serve qualcuno di veramente bravo. Michael era..."
"Micheal era un cretino che ci ha mollati! Trova qualcuno Peter" Si voltò e iniziò a camminare all'indietro "ci vediamo domani!" Mi fece un cenno con la mano e uscì dalla porta d'ingresso diretto al parcheggio.
Lo salutai anche io con un cenno e mi diressi verso la classe di musica.
A scuola c'erano due aule insonorizzate comunicanti tra di loro da una piccola porta di legno lucido: una era adibita a sala registrazione, più piccolina e quasi mai usata. Ogni tanto il preside permetteva alla mia band di andare a provare qualche pezzo lì. L'altra invece era più grande, c'erano delle sedie e dei leggii disposti ad orchestra e veniva utilizzata solo pochi pomeriggi durante le lezioni extracurricolari dalla banda del liceo.
Dopo le lezioni tra le quattro e le sei del pomeriggio, prima che la scuola chiudesse, rimanevano pochissimi studenti per studiare o per prendere ripetizioni. Le aule di musica rimanevano per la maggior parte del tempo vuote e io andavo lì per scrivere le mie canzoni.
Mi mettevo sempre nella sala di registrazione e restavo da solo con la mia musica, ma da un anno a quella parte, qualcun altro aveva preso la mia stessa abitudine.
Era una ragazzina e non sapevo come si chiamasse. Un anno prima, il primo giorno di scuola, come mia abitudine ero andato in sala registrazione e avevo iniziato a scrivere qualcosa, quando a una certa sentii qualcuno suonare.
La porta che metteva in comunicazione le due aule aveva una piccola finestrella di vetro da cui era possibile vedere cosa accadesse nell'altra stanza.
Senza farmi vedere mi sporsi dalla finestra e la guardai. Era una ragazza piccolina, bassa, con i capelli lunghi e biondi e dava l'impressione di non sapere di essere al mondo.
Mi fermai ad ascoltarla. Un giorno, un altro, una settimana, un mese, sempre.
Tutti i giorni, dopo la scuola, lei suonava e io l'ascoltavo e più l'ascoltavo e più avevo voglia di scrivere.
All'inizio faceva davvero schifo con la chitarra. Strimpellava note a caso e guardava dei video dal suo portatile di tutorial in cui insegnavano i giri di accordi più semplici. Sarei potuto entrare in aula e insegnarle qualcosa io, visto che me la cavavo con la chitarra, ma mi piaceva guardarla imparare da sola.
Col tempo però era migliorata, giorno dopo giorno era diventata sempre più brava. Suonava da sola, dopo la scuola senza nessuno spettatore, eccetto uno, segreto. Suonava solo per se stessa e questa cosa gliela invidiavo.
Io avevo fondato il gruppo solo per rimorchiare di più e poi mi ero appassionato alla musica e all'alternative rock, più per il successo che avevamo che per il resto. Quello che scrivevo non era niente di particolarmente bello, ma alla gente piacevamo.
Da quando iniziai ad ascoltare lei qualcosa nella mia musica cambiò. A quella ragazzina invidiavo quel rito che aveva solo lei con la sua chitarra. Quell'emozione che provavo nell'ascoltarla e nell'invadere di nascosto quel suo intimo momento la trascrivevo in note e la mia musica iniziò ad avere un senso.
Un senso reale, un'emozione reale. Io suonavo e scrivevo e cantavo solo per lei, grazie a lei.
Era diventata la mia musa ispiratrice e non la conoscevo nemmeno e non volevo conoscerla. Non mi serviva. Chissà cosa avrebbero pensato i miei amici se mi avessero visto andare in giro con lei, una verginella di prima superiore che indossava solo cardigan rosa. No, meglio starle alla larga... e poi non volevo rovinare il suo modo di essere, così semplice, angelica, pura. Al contrario la mia fama non era proprio quella di un bravo principe azzurro che portava a cena fuori le belle fanciulle.
Da quando avevo fondato i Peter's machine erano le ragazze a venire da me e non avevo bisogno di particolari smancerie per conquistarle. Mi bastava suonare una canzone ed era fatta. Non mi interessavano le relazioni o cose così, avevo solo diciassette anni, avevo successo con la musica, volevo fare più esperienze possibili e sognavo di sfondare con la mia band e vincere un Grammy prima dei vent'anni.
Facevamo piccoli concerti a casa di Cristina quasi ogni fine settimana, oppure suonavano al Monster's club, un locale vicino al centro di Portland e la gente aveva iniziato a riconoscerci. Erano tutte fantastiche occasioni per conoscere gente nuova e noi eravamo cinque adolescenti scemi con gli ormoni a mille e una dannata voglia di farsela con le ragazze.
Percorrevo il corridoio per raggiungere la sala di registrazione in attesa di incontrare ancora la mia musa sconosciuta. Era un'intera estate che non la vedevo e mi chiedevo se all'inizio del nuovo anno scolastico fosse migliorata.
Chissà se d'estate si è esercitata. Non pensavo ad altro.
Si era esercitata per forza, la sua costanza nel suonare quello strumento era maniacale, non poteva aver deciso volontariamente di smettere di suonare per tre mesi.
Volevo sentirla.
Entrai in sala. Lei era già nell'altra e la sentivo che stava accordando il suo strumento preferito.
Posai il mio zaino sulla sedia girevole che c'era dentro la piccola aula e mi sporsi dalla finestrella per vederla.
Rimasi talmente sorpreso che rischiai di inciampare in un leggio posto dietro di me e farmi sentire da lei.
Cavolo! Imprecai mentalmente posizionando il leggio lontano da me per evitare di inciamparci di nuovo.
La piccola musa era cresciuta.
Cresciuta molto direi.
Era diventata più alta, le sue curve erano diventate molto più evidenti se solo non le avesse tenute nascoste sotto un orribile maglioncino color panna.
Aveva tagliato i capelli, li aveva scalati e li aveva resi ondulati con qualche strano trucchetto da parrucchiera che non conoscevo, il che le conferiva un aspetto decisamente più sbarazzino.
Si era anche truccata un poco e una riga nera sotto gli occhi le incorniciava lo sguardo da cerbiatto.
Era perfetta e decisamente sexy. Cristina non sapeva essere così fine e delicata.
A vederla così mi veniva voglia di andare da lei, presentarmi, provarci con lei e... ma no, con lei no. Lei era intoccabile.
Era un angelo.
Era seduta con la testa china sulla sua chitarra e la stava accordando.
Provò un paio di scale, niente di particolare, lo faceva sempre prima di iniziare.
Ero impaziente di sentire i progressi che aveva fatto. Tirò fuori dal suo zaino un piccolo quaderno, doveva essere un pentagramma con qualche spartito dentro.
Lo posizionò su un leggio, si mise comoda e posiziono le dita per il primo accordo.
Mi misi anche io comodo seduto su una scrivania posizionata contro il muro della piccola stanza dove mi trovavo e mi appoggiai con la schiena.
Chiusi gli occhi in attesa che iniziasse.
Era partita bene, senza fare errori. Suonò un paio di brani piuttosto conosciuti che erano stati il tormentone di tutta l'estate. Mentre suonava la immaginavo ascoltare quelle canzoni nella sua stanza stesa sul suo letto al contrario con i piedi a penzoloni per aria in pigiama e con le cuffie nelle orecchie, canticchiando e magari stonando qualche nota.
Quelle note però erano perfette. Non ammetteva margine di errore. Si era esercitata per davvero. Bravissima. Suonava da poco eppure la sua tecnica era davvero impeccabile. Forse aveva preso qualche lezione.
Finito di suonare il secondo brano la sentii riaccordare la chitarra. Stava preparando qualcosa. Aspettavo di sentire la sua prossima esibizione per nessuno spettatore, eccetto uno.
Avevo gli occhi chiusi e attendevo, mentre la sentivo provare i nuovi accordi.
Poi iniziò, un primo accordo, un secondo, una melodia, una voce. Iniziò a cantare. Per la prima volta cantò, la prima volta che sentivo la sua voce.
Dopo tre parole, il calore della sua voce mi mandò completamente fuori di testa. E la musica? Cielo! La musica! Una melodia incalzante, piena e coinvolgente fino al midollo. Sentivo quelle note nella mia testa, forti, chiare, poi cadevano a picco nella pancia, rimbombavano nelle viscere e salivano in alto al cuore, lo scaldavano, lo accarezzavano e lo facevano esplodere. Pura passione usciva dalla sua bocca e dalle sue mani che suonavano.
Dovevo vederla.
Mi alzai e mi avvicinai alla porta facendo attenzione a non fare rumore e mi affacciai.
Le sue mani si muovevano sicure e le sue dita perfettamente in posizione scattavano cambiando accordo in una danza continua e martellante e il polso roteava, guidando il movimento delle dita.
Aveva gli occhi serrati, aveva chiuso il suo quaderno e la sua musica l'aveva trasportata in un'altra dimensione trascinandosi dietro anche me.
Quella musica, quella canzone, mai l'avevo sentita e lei non la stava leggendo da nessuna parte. L'aveva scritta lei.
Si sentiva, alcuni accordi erano ancora grezzi, doveva ancora migliorare, ma aveva fatto grandi progressi e per una che suonava da appena un anno scrivere una canzone del genere è assolutamente inconcepibile. Ero letteralmente rimasto stregato da lei, dalla sua bellezza, dalla sua musica.
Eccola, la mia nuova chitarrista.
***
Prossimo capitolo venerdì. Lasciate una stellina se vi piace, è molto importante per me avere un feedback. Grazie mille!
Spero comunque vi possa piacere quello che sto scrivendo!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top