14. Andiamo via.

«Ho quasi finito.» Harry lavava i piatti nel lavabo della cucina e Rue fissava le sue spalle larghe, seduta sul tavolo a gambe incrociate. Sembravano una di quelle coppiette che non litigano mai, felici e senza problemi, eppure non stavano nemmeno insieme. Ancora niente di ufficiale, nessuna mano incrociata quando passeggiavano -anche se il braccio di Harry si ritrovava sempre intorno alle spalle di Rue- , nessuna foto insieme in una cornice posata sui loro comodini, nessuna canzone dedicata all'altro. Ma a loro andava più che bene così.

«Sei proprio una brava donna di casa.» Rue ridacchiò ed Harry si girò velocemente per qualche istante, per il semplice gusto di non perdersi quel momento. «Beata chi ti sposa, Styles.» Harry pensò che sarebbe stato bello se avesse potuto sposare Rue e, per una frazione di secondo, se la immaginò persino con l'abito bianco, mentre lui la aspettava all'altare, con Louis e Freddy a fare da testimoni. Poi tornò alla realtà, stava volando troppo con la fantasia. Così si asciugò le mani e si avvicinò a Rue, prendendo il suo viso tra le mani.

«Non prendermi in giro.» Disse, rubandole un bacio a fior di labbra e poi un altro e un altro ancora. Se fosse stato per Harry, avrebbe continuato per sempre. E forse quella frase non era stata detta a caso, perché Rue sapeva che non avrebbe dovuto fare del male ad Harry e quest'ultimo era a conoscenza del fatto che, se avesse sbagliato nei confronti della ragazza, l'avrebbe persa per sempre.

«Non ci starai prendendo gusto, vero?» Scherzò Rue, bloccandolo dalle spalle, quandò sentì il telefono di Harry suonare. Lo sfilò dalla tasca dei suoi pantaloni e rispose senza alcun problema. «Che vuoi, Louis?»

«Prima di tutto, ti conviene non fare la stronza con me.» Rispose Louis ironicamente, cercando di trattenere una risata sincera. «E poi volevo parlare con il mio amico.» Rue incrociò le gambe intorno al busto di Harry e quest'ultimo sorrise, prendendola come una sfida. Cominciò a lasciare dei baci umici sul collo sottile della ragazza che aveva di fronte, per poi sfiorarle il fianco scoperto a causa della maglia lunga fino all'ombelico. Rue cercò di concentrarsi sulla chiamata, ma fu del tutto inutile.

«Il tuo amico» iniziò Rue, per poi bloccarsi, trattenendo un sospiro di piacere «è occupato, -si fermò un'altra volta, alzando maggiormente la testa per lasciare più spazio ad Harry- direi molto occupato.»

«Ricordagli le precauzioni, non voglio ritrovarmi a fare da babysitter a dei poppanti.» Risero entrambi, uno più dell'altro, prima che Rue chiudesse la chiamata, posando il telefono sul tavolo. Poi fu questione di un attimo, perché Harry sollevò Rue -non che ci volesse molto-, con ancora le gambe incrociate intorno al suo busto e le braccia lungo le sue spalle. Harry aveva delle belle spalle e Rue impazziva totalmente per esse. Si sentiva una ragazzina con il primo ciclo con in mano una foto di Zac Efron al mare, quando lo vedeva a torso nudo. Harry ancora non l'aveva capito che, se Rue cercava di guardare altrove, era solo e unicamente colpa sua, perchè lei era andata sempre di fretta, non si era mai lasciata scappare l'attimo, ma con Harry stava procedendo con molta calma, per bene, non voleva rovinare nulla.

Le risate echeggiavano nel salone, erano spensierati, felici, non importava a nessuno dei due se fuori il mondo poteva crollare da un momento all'altro, se i loro amici stessero combinando qualche guaio in un locale malmesso, se le sigarette stavano per finire e se il caffè si era bruciato. C'erano solo loro due, tutto il mondo fuori. Ma quasi percepivano che qualcosa sarebbe accaduta di lì a poco, che l'aura che avevano creato per ripararsi dal resto del mondo sarebbe scoppiata e li avrebbe colpiti in pieno volto.

«Mi raccomando, non accettare caramelle dagli sconosciuti e fila dritto a casa.» Lo prese in giro Rue, tirandogli un leggero schiaffo sul braccio. Harry si finse offeso, per poi seguire la risata della ragazza, portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Buonanotte Harry.» Rue abbozzò un sorriso e socchiuse gli occhi, come se quel tocco l'avesse immediatamente tranquillizzata.

«Buonanotte Rue.» Quest'ultima lo osservò scendere le scale, fino a quando la sua vista lo permise e poi si chiuse lentamente la porta alle spalle. O almeno ci provò, dato che qualcosa la bloccò pochi attimi prima venisse chiusa completamente. Rue sobbalzò, pensando che Harry fosse tornato indietro, forse solo per guardarla un'altra volta o per rubarle un bacio -o forse si era dimenticato semplicemente qualcosa-. Così lasciò che la persona oltre la porta la aprisse da sola, con un malizioso sorriso stampato in volto e le mani sui fianchi, pronta a stuzzicarla con una delle sue battute. Pensava davvero fosse Harry, ne era proprio convinta.

«Ti ho trovata finalmente.» In quell'esatto momento, tutto quello che aveva ricomposto, la patina di felicità che non avrebbe voluto più perdere, tutto il mondo, le caddero addosso. Sbattè le palpebre un paio di volte, prima di darsi della pazza ad alta voce. Era uscita fuori di senno, non c'era altra risposta a ciò che credeva di vedere. Perché Rue lo stava immaginando, non poteva essere davvero lui, non sul serio, non dopo tutto il tempo che era passato e dopo i fiumi di lacrime che aveva versato, senza mai dirlo a nessuno. «Non dici nulla?» Fece per avvicinarsi, quando Rue fece un passo indietro, contrariata. «Hai paura di me?» Un cipiglio improvviso sul volto del ragazzo riportò immediatamente Rue a qualche anno prima. I ricordi le passarono veloci come saette davanti agli occhi.

«Tu dovresti -Rue si prese i capelli fra le mani, il labbro tremolante- essere morto.» Sentiva la sua anima andare in fiamme, ogni singolo punto toccato da quelle mani bruciare, la gola secca. «Tu sei morto -ripetè un paio di volte ad alta voce, prima di guardarlo dritto in quegli occhi così chiari, inconfondibili - ci sono voluti anni per mettermi l'anima in pace, per capire davvero che tu non ci fossi più -lacrime amare presero a rigare lentamente il suo volto, come forse non succedeva da troppo tempo - e ora sei qui, perché sei qui?» Tirò un urlo, quasi a volersi liberare di quel peso enorme che aveva tenuto per anni sul suo petto e subito dopo era tra le braccia della persona che più aveva amato nella sua vita. Aveva estremamente bisogno di quel contatto, lo stesso che le era stato negato tempo prima, quell'abbraccio che aveva sognato per notti intere, insieme alla sua morte. Era tutto così maledettamente irreale, che se Rue avesse capito di essere in un sogno avrebbe pregato per non svegliarsi. Percepiva il suo calore, il suo cuore battere proprio all'altezza della sua testa, eppure le sembrava tutto troppo surreale per essere vero.

«Mi avevano solo ferito, sono stato in fuga per anni, altrimenti mi avrebbero ucciso sul serio.» Ammise, stringendo ancora di più Rue al suo corpo. «Non potevo cercarti subito, saresti stata in pericolo.» Concluse, alzando la testa al cielo, cercando di trattenere quelle lacrime che anche lui, come Rue, aveva trattenuto dal primo attimo in cui si era separato da lei. Non poteva crollare proprio in quel momento, dopo tutto quello che aveva passato.

«Avrei preferito rimetterci le penne, piuttosto che saperti morto.» Singhiozzava Rue, sentendosi di nuovo perdutamente, follemente, completamente, rotta. Sembrava aver ritrovato la serenità, ma averlo di nuovo nella sua vita significava perderla nuovamente, come se niente fosse. In un attimo, tutti i passi avanti che aveva fatto, erano stati spazzati via, trascinando Rue al punto di partenza.

«Sono qui, piccoletta, -le sussurrò, portandole le mani sul sul viso ruvido- sono qui.» Ripetè, lasciando che le mani fredde di Rue lo accarezzassero. Non avrebbe potuto chiedere di meglio dalla vita che, a dirla tutta, di gioie gliene aveva concesse poche. La prima era stata sempre e solo Rue.

«Non posso crederci, -disse Rue, ritrovandosi con la fronte posata sul petto del ragazzo- non riesco a realizzare che tu sia di nuovo qui con me, Lucas.» Non ci credeva davvero Rue. Non riuscì a crederci quando Lucas le fece vedere la cicatrice che aveva da quel maledetto giorno e che si sarebbe portato dietro per tutta la vita, non riuscì a crederci quando lo vide seduto sul suo divano, a bere del caffè dalla sua tazza preferita e nemmeno quando la sua mano finì involontariamente, come se quel gesto non avesse mai smesso di farlo, dietro il collo di Rue, sfiorandolo con i polpastrelli. Come se quegli anni non fossero mai passati, come se loro due non avessero mai preso strade diverse.

Lucas afferrò entrambe le mani di Rue, stringendole forte alle sue. La ragazza notò che aveva ancora tutti gli anelli che portava quando aveva diciassette anni; uno di quelli gli era stato regalato da lei e il fatto che non l'avesse mai tolto la fece sorridere. «Non posso restare per molto -il sorriso di Rue fu immediatamente stravolto da un'espressione stranita, come se quella frase l'avesse trasportata di nuovo alla realtà- vieni via con me.» Rue lasciò immediatamente le mani del ragazzo e un brivido le percorse la spina dorsale. «Abbiamo l'opportunità di ricominciare una nuova vita insieme, come abbiamo sempre voluto.»

Rue aveva amato molto Lucas. L'aveva cercato, trovato, voluto, avuto ed amato così tanto che, quando l'aveva perso, di lei non era rimasto più niente. Ma era da un po' di tempo che la mattina si svegliava pensando ad un altro sorriso, ad occhi completamente diversi dai suoi, gli stessi che le trasmettevano così tanta speranza. Che diceva a se stessa che era sopravvissuta e che si sentiva un po' più la vera Rue.

L'unica cosa che doveva capire era se preferiva rimanere ancorata al passato o darsi davvero una seconda possibilità. Il suo primo pensiero, quella notte, fu Harry.

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