13. Un bisogno impellente di te.
N.B. Mi scuso anticipatamente per il linguaggio usato nei dialoghi, ma era necessario per far apparire tutto più reale, visto che gli argomenti trattati in questo capitolo riguardano maggiormente i giovani e si sa, quale ragazzo, mentre discute con un amico si mantiene dal dire parolacce?
La droga ormai era parte integrante e fondamentale delle sue giornate, perchè per Louis era magnifico non pensare ai problemi che lo torturavano, anche soltanto per pochi attimi. «Ti sei tirato una bomba apocalittica, stronzo.» Louis a volte piangeva, mentre pensava che da solo stava meglio, che la droga era l'unica compagna di vita che aveva. E quante bugie, quanto mentiva a sè stesso, nei rari momenti in cui non la assumeva, la droga.
Louis era bello e sapeva che i suoi occhi erano di un azzurro indescrivibile, che perdevano quella bellezza quando era fatto, quando diventavano più cupi e bassi. Ma anche quando dormiva e i suoi occhi erano chiusi, erano belli. Le persone li immaginavano roteare per rincorrere i suoi sogni più nascosti e speravano di esserci anche loro, lì dentro. Ma Louis ormai non sognava più, non immaginava un futuro roseo e brillante, non sperava o credeva in niente. Una volta era bello farlo, era stupendo sfoggiare un gran sorriso e affrontare il mondo a testa alta. «Si può sapere a che stai pensando?» Era quasi ironica quella situazione, perchè aveva appena tirato tutta la bianca e Theo gli stava rollando uno spinello, a condizione di non fumarlo tutto. Louis aveva accettato solo per non perdere tempo, anche se sapeva benissimo che non avrebbe rispettato il patto. Infondo, anche Theo lo sapeva, ma ci sperava.
«Non fare domande da puttanella isterica.» Il tono ironico di Louis e una smorfia in faccia lo avrebbero sempre contraddistinto, verso tutto e tutti, contro il mondo intero. «E non farla cadere, che costa troppo per essere sprecata.» Disse, indicando la Amnesia haze* tra le mani di Theo, mentre quest'ultimo sbruffava, arricciando il naso. Le pareti, le tende, le lenzuola, i mobili, tutto in quell'appartamento aveva l'odore nauseante che la droga ti lascia addosso e Theo avrebbe voluto semplicemente non metterci più piede lì dentro. Ma avrebbe preferito passare l'eternità in quella casa, piuttosto che lasciare Louis da solo; Bessie non era più accanto a tutti loro, Shyla e Freddy la droga non la volevano vedere nemmeno con il cannocchiale ed Harry e Rue stavano vivendo un guaio tutto loro, cercando di unire tutti i pezzi della loro disastrata vita.
«Ora vuoi dirmi che ti passa per questa testa di cazzo che ti ritrovi?» Theo aveva la testa alta e la mascella marcata più del solito, mentre passava la canna a Louis. Quest'ultimo rise quando il suo amico aggiunse «e non dirmi che sono una puttanella isterica, drogato», perché effettivamente aveva ragione su tutto il campo, ma Louis non l'avrebbe mai ammesso. Pensò involontariamente a Rue e a come, per certi versi, fossero così simili; una volta Harry aveva confessato a Louis che la ragazza, secondo lui, fosse la sua versione femminile, così come il contrario e poi si era smentito immediatamente, dicendo che voleva semplicemente osservare la sua reazione nel sentire quelle parole. Come biasimare la gelosia di quel ragazzo innamorato, infondo. Louis provava un grande affetto per entrambi, forse verso Rue un po' di più, perchè il bene che non era riuscito a dare a sè stesso voleva cederlo a qualcun altro, così magari avrebbe pareggiato i conti con la sua coscienza salvando qualcuno che era ancora in tempo. E chissà perchè faceva questi ragionamenti solo quando non era pienamente nelle sue facoltà, perchè si ritrovava a formulare concetti con un senso, come se avesse ritrovato la sua vera anima solo nella droga.
«A volte ci penso, sai?» Theo era completamente ignaro di quello che Louis pensasse, perchè effettivamente non aveva mai parlato a nessuno dei suoi problemi -forse solo a Rue, si ritrovò a pensare automaticamente- «A come sarebbe ora la mia vita se non avessi mai provato questa favola.» Lo delucidò Louis, mentre Theo non faceva altro che pensare a quanto le sue parole fossero completamente una contraddizione. «Io sto bene.» Louis, intanto, si era anche dimenticato della presenza dell'amico, ma continuava a farneticare senza sosta, senza darsi una calmata e negli occhi di Theo, per la prima volta, si poteva facilmente intravedere una paura estrema. «Sono sballato così tanto da farmi schifo, ma sto bene.» Louis gesticolava senza sosta, la fronte sudata e le pupille dilatate. Sospirava, un piccolo accenno di affanno. «Mio padre mi manda i soldi per l'università e mia madre pensa che ci vada.»
Fu qui che Theo cominciò a parlare, lasciandosi scappare qualcosa di ironico, del tutto quasi involontario. «Tu all'università?» Sapeva che Louis, per quanto in quel momento potesse apparire serio, non se la sarebbe presa. «Ma se ti hanno promosso alle superiori solo per toglierti dalle palle!» Disse esagerando, anche se alla fine non aveva tutti i torti.
«Diventerò un avvocato di successo e mi trasferirò in una villa da ricconi snob come mio padre e quella puttana con cui l'ha tradita, secondo lei.» Louis scrollò le spalle, per poi incrociare le braccia dietro la sua testa e mettere i piedi sul tavolino, a mo' di ubriacone fallito.
«Tuo padre ha tradito tua madre?» Theo non lo sapeva, apparentemente era a conoscenza del minimo indispensabile della vita del suo amico. Ciò che Louis non aveva mai detto, Theo non aveva chiesto. Non era una questione di menefreghismo, era qualcosa che deve venirti spontaneo dire, da affrontare con le persone a cui tieni. Ma era davvero arrivato il momento di togliere quelle parole dalla bocca di Louis, semplicemente per farlo stare meglio, niente di più e niente di meno.
Louis annuì un paio di volte prima di rispondere. «Passava un sacco di tempo in ufficio e noi eravamo fieri di lui perché lavorava sempre, anche durante i nostri compleanni, solo per non farci mancare nulla.» Un sorriso amaro incorniciava il volto magro di Louis. «Accettò un caso di separazione, fin qui tutto normale» aggiunse, stavolta con un strana smorfia «un giorno portò anche quella poveretta insieme a quel coglione del figlio a casa nostra, perché diceva che erano in una brutta situazione, sai.» Levò un braccio da dietro la testa per gesticolare, per poi stringere un lembo del suo jeans largo con la mano. «Quella stronza era diventata anche amica di mia madre, andavano a fare insieme tutte quelle cazzate che fanno le donne, tipo andare a comprare assorbenti e tacchi.» Louis alzò gli occhi al cielo, accompagnato da una smorfia strana, una di quelle che solo lui sapeva fare. «Avevo ragione a pensare che mio padre se la scopasse sulla scrivania del suo ufficio, ero un tipo sveglio.» Un sospiro lasciò le sue labbra socchiuse mentre spegneva lo spinello nel posacenere. Theo lo osservava attentamente mentre si distendeva sul divano e poggiava la testa sul bracciolo, cauto per non far capire a Louis che era davvero preoccupato per lui. Infondo, aveva gli occhi chiusi, magari -pensò Theo- stava già dormendo. «Toglimi gli occhi di dosso, cazzone.» E, anche quella notte, terminò 1-0 per Louis.
Quando Bessie capì che nessuno, proprio nessuno, credeva più in lei, pensò che le bastasse la fiducia che riponeva nella sua persona. Ma credere in se stessa non bastava, perchè ciò che voleva era l'appoggio dalle persone che lei riteneva importanti. Bessie stava osservando tutti i suoi sogni infrangersi e non trovava una ragione valida che la spingesse ancora a lottare. E allora si era lasciata andare, aveva lasciato che il tempo scorresse inesorabile, perché tanto non aveva più niente da perdere. Quella sera sapeva solo di aver bevuto troppo e che il taxista era stato davvero gentile a guidare piano per non farla vomitare.
«Cosa c'è che non va in te?» Sembrò quasi una predica materna quella che sentì Bessie alle sue spalle, nell'esatto momento in cui cercò di infilare le chiavi nella serratura della sua porta, con scarsi risultati. Così si voltò, scosse il capo e sfoggiò uno di quei sorrisi che, in realtà, erano più finti di qualunque altra bugia avesse mai detto.
«Mi segui, per caso?» Sussurrò Bessie, avvicinandosi alla persona che inaspettatamente si era trovata di fronte, per poi scoppiare a ridere così forte da far tremare anche i vetri. Una risata sguaiata, fastidiosa, da ubriaca.
«Stai zitta, altrimenti sveglierai tutti!» Il ragazzo si precipitò a tapparle la bocca con la mano e le strappò le chiavi dalle mani tremolanti. «Puzzi di tequila.»
Attimi dopo si trovavano entrambi nel bagno in camera di Bessie, con quest'ultima seduta sulla lavatrice e le gambe nude a penzoloni. Aveva smesso di ridere solo sotto minaccia, mentre continuava a togliersi i pantaloni camminando. A Dylan sarebbe anche potuta piacere la situazione, se solo quella piccola parte di coscienza che gli era rimasta non fosse saltata fuori proprio in quel momento. «Se io puzzo di tequila, tu puzzi di birra.» Sussurrò Bessie, incrociando le braccia sotto al seno, fingendo di essersi offesa.
«Cos'è, rispondi anche a scatto ritardato ora?» Dylan era di spalle, così Bessie non riuscì a vedere la sua espressione, quindi non capiva se era divertito, offeso, arrabbiato o addirittura stranito dalla situazione. Dal tono di voce non trapelava nulla, o forse era lei troppo ubriaca da non riuscire a capire. «Ti ho riempito la vasca per il bagno, scendi.» Dylan allungò la mano verso Bessie e lei la afferrò prontamente, scendendo dall'elettrodomestico. Si guardarono per qualche istante, con ancora la mano di uno in quella dell'altra, ma poi Dylan la lasciò scivolare lungo il suo corpo, facendo un cenno con la testa a Bessie.
«Non mi faccio il bagno se mi guardi mentre mi spoglio.» Bessie interruppe il silenzio, puntando il dito contro il petto del ragazzo.
Dylan la osservò tra lo stranito e il perplesso. «Ti ho già vista nuda, Bessie.» Poi scrollò semplicemente le spalle e si voltò. Non voleva litigare con una persona ubriaca, era semplicemente una causa persa in partenza. Dylan continuava ad immaginare ogni singolo movimento di Bessie, sperando che si levasse ancora la maglia in quel modo strano, che legasse i suoi capelli in un modo del tutto scomposto per non farli bagnare e che lanciasse sempre il reggiseno in qualunque punto del pavimento per infilarsi velocemente nella vasca. Dylan si era reso conto di aver imparato a memoria ogni abitudine di Bessie, dalla più sciocca e irrilevante, alla più significativa. Era tutto impresso nella sua mente, come se avesse vissuto davvero Bessie in ogni attimo che gli era stato concesso. Così colse la palla al balzo, si girò e si mise in ginocchio davanti la vasca, poggiando le mani sul bordo.
«Che stai facendo?» Sobbalzò Bessie, coperta fino alle spalle dalla schiuma. Era ancora così bella, che a Dylan parve di perdersi dentro i suoi occhi.
«Ho bisogno di sentirti mia un'ultima volta.» Quelle parole uscirono come un sussurro dalle labbra piene di Dylan. «E poi prometto di lasciarti in pace per sempre.» A malincuore aggiunse ciò che non avrebbe mai voluto dire, ma se era ciò che Bessie voleva, avrebbe acconsentito.
Quella notte le loro mani si intrecciarono un'altra volta, il cuore di Dylan riuscì a battere più forte del solito e i loro corpi furono così tanto in sincronia che fu strano persino per loro due. Bessie non capiva ciò che sentiva, Dylan invece lo sapeva fin troppo bene. Furono passione e malinconia, sospiri pesanti e parole sconnesse, ma l'unica cosa a cui riuscivano a pensare era che la loro storia non era mai iniziata, eppure era già giunta al termine. Strano per due come loro che si erano voluti davvero così poco e appartenuti così tanto.
*Amnesia haze: tipo di droga (erba) molto forte e, come si intuisce dal nome, a volte l'effetto dopo una sessione è quello di spegnere completamente il cervello.
Okay, mi fa parecchio strano scrivere uno spazio autrice, ma stavolta è proprio necessario. Non aggiorno da mesi e mesi, troppi probabilmente, e non so nemmeno se sarete qui a leggere questo nuovo capitolo, ma vi devo qualche spiegazione. Ho avuto dei problemi personali molto più grandi di me (non è una giustificazione) e non me la sentivo proprio di entrare su wattpad e scrivere qualcosa che non valeva la pena di leggere. Non vi avrei dato ciò che meritate, ciò che questa storia merita, perché non ho mai voluto scrivere niente di superficiale o inutile. Spero possiate capirmi in qualche modo, perché ve ne sarei grata. Come vi sono grata per avermi lasciato vari commenti, essere state presenti comunque, anche se io ero totalmente assente. E so anche che mi sarei dovuta far perdonare inserendo Harry e Rue nel capitolo, ma presto avrete loro notizie, promesso ahaha.
Fatemi sapere, mi farebbe piacere.
A presto, sempre vostra, Elettra.
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