11. Sarei potuta diventare matta.

Era un qualcosa di pazzesco l'aura di positività che Rue ed Harry riuscivano a creare quando si ritrovavano insieme, da soli, sentendosi invincibili, indistruttibili, forti. Era strano come fosse tutto iniziato per caso, grazie alla strafottenza di Rue e all'animo gentile di Harry. E poi, che ci facevano loro due abbracciati sul divano? Perché quella sera Rue lo lasciò entrare senza problemi? E perché Harry voleva a tutti i costi un'anima rotta come quella di Rue accanto? Il destino, tutta colpa sua, che grande carogna. Chissà che cosa avrebbe scritto per loro nel grande librone della vita.

«Da quando hai quegli attacchi di panico, Rue?» Harry accennò con un filo di voce quella domanda che teneva dentro il suo petto da un sacco di tempo, probabilmente da quando l'aveva conosciuta. Continuava a passare le dita affusolate tra i capelli di Rue, mentre quest'ultima aveva la testa posata sulle gambe di Harry. Per una sera, i ruoli si erano invertiti.

«Come fai a sapere che io-» stava imparando a liberarsi dei suoi muri, Rue, ma alcuni erano ancora un po' difficili da abbattere. «Ovviamente, è stato Louis.» Disse a denti stretti, ma senza rabbia nel tono di voce, nemmeno un accenno. Harry rise a quell'affermazione, ricordandole che, la prima volta che la incontrò in uno dei soliti locali malmessi che frequentavano, ne ebbe uno. Rue sembrò calmarsi per un attimo, per poi irriggidirsi quello dopo. Ricordò l'ansia di quel momento, l'essere totalmente sola in una città che non conosceva, -si, era anche spaventata- il respiro mozzato e la testa che non smetteva di girare. «Avevo diciassette anni quando persi completamente il controllo di me stessa.» Rue non l'avrebbe mai chiamato attacco di panico, perché così avrebbe ammesso che in quei momenti aveva paura, ma ne aveva davvero tanta. «Il ragazzo che frequentavo all'epoca fu ucciso.» Spiegò Rue -gli occhi lucidi, ma non avrebbe pianto- , giocando con il bordo della sua maglia lunga. «Aveva dei conti in sospeso con un uomo.»

«Droga?» Chiese Harry e Rue tentennò prima di scuotere il capo in assenso. Poi le scappò «di quella pesante» in un sussurro. Sentì nuovamente il battito accellerato come quando guardava il suo ragazzo rovinarsi la vita, senza poter fare nulla.

«Lucas mi aveva detto che avrebbe semplicemente parlato con quel figlio di puttana, poi il primo leggero attacco di panico.» Il tono di voce aumentava di parola in parola, quasi come se Rue si volesse liberare di quei ricordi strazianti, come se sentisse il bisogno di urlare una volta per tutte e con Harry era stato molto più facile aprirsi. «Mi tenne strettissima fra le sue braccia, come se lo sapesse che da me non sarebbe tornato più.» Non c'era stato bisogno d'aggiungere che il secondo attacco di panico avvenne quando lo vide andarsene e non tornare a prenderla. «Non si sa ancora che fine abbia fatto il corpo.» Un'altra fitta lancinante al petto e poi rivide davanti agli occhi il terzo attacco di panico, quando la sorella di Lucas le cadde ai piedi, in lacrime, e lei a soffocare i singhiozzi che pretendevano di uscire liberi dalle sue labbra, ma non accadde. Così, Harry arrivò alla conclusione che in quel momento Rue diventò quella che in Inghilterra tutti avevano imparato a sopportare e lui ad amare. «Arrivata qui, la sera stessa in cui vi ho conosciuti, ho avuto un attacco di panico, è vero.» Harry, in tutto ciò, non bloccò il discorso di Rue nemmeno una volta e quasi aveva paura che il suo respiro la disturbasse. Era arrivato il momento per Rue d'andare avanti ma, stavolta, di farlo sul serio. Senza 'ma', senza 'se', senza 'forse', l'avrebbe fatto e basta. E questo Harry l'aveva capito. «Mi sembrava di vedere Lucas dappertutto, in ogni volto, in tutti gli abiti neri e in qualsiasi modo di camminare da finto spavaldo.»

Rue ridacchiò tra sè e sè dopo aver completato la frase, come se avesse avuto davanti Lucas, con il suo atteggiarsi da duro per dimostrarsi chi, in realtà, non era mai stato, con la giacca di pelle addosso che puntualmente posava sulle spalle della sua ragazza e la pelle chiara del collo marchiata dalla labbra piene di Rue. Segni d'appartenenza, li chiamavano i succhiotti, loro due, come a dire «appartieni a me, nessuno potrà mai e poi mai prendere il tuo posto.» E l'aveva ripetuto svariate volte Rue, fino a quando Lucas non gliel'avevano strappato via. Avrebbe voluto viverlo a pieno, avevano ancora tante cose da dirsi, posti da visitare e balli scalmanati tra la gente da fare. Lucas gliel'aveva promesso che avrebbe pagato tutto e sarebbero scappati via, insieme, per sempre. Un mese prima «questa merda se ne va a fanculo, ce ne andiamo in Australia, anzi no, Olanda, ma che dico, in Francia, so che vuoi andare lì» e il mese dopo il suo sangue fu trovato sull'asfalto. Rue avrebbe voluto baciarlo più forte, quel giorno, e magari sentire ripetutamente, fino allo sfinimento, il suo odore addosso.

«È per questo che respingi tutti?» Harry sentì il bisogno di stringere la ragazza distrutta in mille pezzi a sè, per tentare, almeno, di ricomporre i tasselli. Rue non sarebbe stata mai più la stessa ragazza spensierata di qualche anno prima, ma poteva affrontare un nuovo inizio, ne era capace, era forte abbastanza. E lui ci sarebbe stato, in ogni attimo, in ogni incubo.

Passarono attimi interminabili, prima che Rue riuscisse a ricambiare la stretta, sentendo che anche lei ne aveva un estremo bisogno. I pezzi sparsi sarebbero tornati al loro posto, in quel modo? «Non respingo più te, Harry.» Ammise, passando la mano delicata sul collo del ragazzo, le mani di quest'ultimo all'altezza dei fianchi di Rue. «La morte di Lucas ha fatto si che io perdessi la maggior parte dei pezzi, tu li stai ritrovando, come se niente fosse.» Gli occhi di Rue incrociarono quelli di Harry e lei si ritrovó a pensare, immersa in quella sfumatura di verde che dal primo momento le aveva inculcato speranza.

E se Rue, qualche giorno prima, in una situazione del genere, avrebbe pensato che lei ed Harry si fossero svegliati in letti opposti, sempre con un lato un po' più freddo, sempre con un paio d'occhi in meno da osservare, un caffè al volo e una sigaretta, in quell'istante i suoi pensieri erano altri. Lei e Lucas avevano sempre vissuto in parallelo, tra una giornata di pioggia ed una di sole, allegramente, pesantemente, ma avevano sudato quella vita che a volte abbracciavano per farla sembrare meno dura. Ma Lucas non c'era più e l'unica cosa che si era fatto promettere da Rue, l'unica che sapeva avrebbe mantenuto, era di essere felice, con o senza la sua presenza. Non aveva mantenuto la promessa data all'unica persona che aveva amato nella sua vita e capì che avrebbe dovuto rimediare. Tra fegature e arrabbiature, tra sorrisi tirati e risate fragorose, avrebbe vissuto bene nonostante la mancanza, nonostante tutto. Perché, anche se il sentimento che aveva provato per Lucas le era rimasto incollato addosso, Rue sapeva che poteva amare, di nuovo e per sempre, maledettamente tanto.

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