Capitolo 44 - Strage di cuori (Parte 2)
Giunti davanti al portone d'ingresso di casa della nonna, Sophie iniziò a sudare, strofinandosi così le mani sui propri jeans neri. Teneva gli occhi puntati sulle sue Converse bianche, evitando così il contatto visivo di lui.
«Sei nervosa?» Francesco si appoggiò con la schiena alla ringhiera in acciaio color verde bottiglia, incrociando le braccia al petto, osservando il cipiglio che le si era disegnato sul volto, mentre arricciava le labbra.
«Cosa? No, perché dovrei?» chiese, alzando finalmente lo sguardo per incontrare il suo, iniziando poi a ridere concitatamente.
Il bruno alzò il sopracciglio nel scorgere quella reazione, dubitando della veridicità delle sue parole.
Si avvicinò lentamente a lei, con la stessa agilità ed eleganza di un felino, le prese le mani, interrompendo i continui sfregamenti, e le fece intrecciare alle sue, prima di allacciargliele alla propria schiena in modo che lo abbracciasse.
Aspirò il profumo fruttato di quei capelli neri come il buio della sua anima prima del loro incontro, dopodiché portò le dita sotto al suo mento per farglielo alzare, permettendo ai loro occhi di incatenarsi tra loro.
«Siamo qui da alcuni minuti e non hai ancora citofonato!» Si dipinse il suo sorrisetto sghembo, beccandosi un'occhiataccia di rimando e una pacca sul petto.
«Che Motolese simpatico!» Gli fece una smorfia e dopo averlo spostato si piantò davanti al citofono, soffermandosi sulla targhetta che segnalava i cognomi delle due donne. Emise un profondo respiro, per poi avvicinare il dito tremulo al campanello, premendolo lievemente.
Il rumore meccanico dello sbloccaggio arrivò dopo pochi secondi, aumentando la tensione di Sophie. Fece strada al giovane, ma prima che potesse richiudersi il portone alle spalle sentì il cigolio di una porta aprirsi e si augurò mentalmente che non fosse lei.
«Oh, ciao Sophie, è da tempo che non ci si vede!» La voce aspra della donna le provocò dei brividi lungo la schiena. Alzò gli occhi al cielo e, nella sua testa, contò fino a dieci, prima di voltarsi e fingere un sorriso gentile che, in quel momento, non le apparteneva.
«Buongiorno, signora Pagani, come sta?» La vecchia e ingobbita signora, tenendo saldo il suo immancabile bastone in legno, si avvicinò alla coppia, osservando prima da capo a piedi il bel bruno, riservando un'occhiata torva alla ragazza.
«Non c'è male. Ma chi è questo baldo giovane? Un nuovo amico?» Gli occhietti da topo, quasi nascosti dalle palpebre cadenti, la puntarono con disapprovazione. Il suo volto era segnato dall'avanzare del tempo, viste le molteplici rughe e la pelle flaccida del viso. I capelli le scendevano fino alle spalle, sembrando flebile fieno che lasciava intravedere il rosino pallido della testa.
Nel corso degli anni, l'acida donna aveva sempre ficcanasato nella vita di Sophie; quando lei rientrava a casa, in un orario insolito, puntualmente l'anziana giungeva sulle scale più impicciona che mai, inventandosi assurde scuse come "dare da bere alle piante alle due di notte". Non approvava lo stile di vita della ragazza, la considerava troppo emancipata per i suoi gusti e non si preoccupava a celare la propria indignazione con frecciatine acide al solo scopo di mortificare la povera Sophie, la quale non si sentiva di rispondere con impertinenza a una donna di una certa età.
Si era placata solamente dopo un anno di relazione con Daniele; nel vederla con lo stesso uomo aveva moderato il suo animo, ma non la sua insana curiosità che la portava ad affacciarsi ogni qualvolta sentisse entrare qualcuno in quel piccolo condominio con soli quattro appartamenti.
Francesco, nel notare lo sguardo malevolo rivolto alla sua Khaleesi, si posizionò tra le due, bloccandone il contatto visivo, sfoderando un ghigno.
«No, signora, sono il fidanzato!» L'anziana, incredula dinnanzi a quella caparbietà, emise una risatina, spostandosi di lato per puntare nuovamente la sua preda preferita.
«E il povero Daniele, dove lo hai lasciato? L'ultima volta che l'ho visto era a marzo, quando mi ha aiutata a portare in cantina alcuni scatoloni.» Nel notare il sussulto fatto da Sophie, la donna sogghignò arcigna, prima di lanciarle l'ultima stoccata.
«Certo che hai fatto presto a rimpiazzarlo; meglio così per lui, voi ragazze di oggi non sapete più cosa sono i valori!»
Gli occhi verdi di Sophie si inumidirono, non aveva mai capito perché quella donna fosse così maligna nei suoi confronti, ma non si era mai spinta a tanto. Si morse il labbro inferiore per trattenere quelle stille salate che le stavano già pizzicando la sclera, obbligandosi ad alzare gli occhi verso il soffitto per non mostrale la sua fragilità.
Francesco, furente come poche volte lo era stato nella vita, tornò a sovrapporsi fra le due, con i pugni serrati vicino alle proprie gambe. Guardò la donna malevolmente, corrugando la fronte così da formare altre rughette, mettendole non poca agitazione.
«Ma come si permette di parlare in questa maniera alla mia fidanzata? Si faccia gli affari suoi e pensi alla sua vita triste, invece di preoccuparsi di quella di Sophie!»
Non aspettò una controbattuta, le diede le spalle e, prendendo per mano la sua compagna, salirono le scale che li portarono al primo piano. Sul pianerottolo si trovarono difronte Mariacarla, la quale aveva udito stralci di quella conversazione, adirandosi anch'essa con la vicina per le parole poco garbate rivolte alla sua adorabile nipote.
«Giuliana, non ti azzardare mai più a parlare così alla mia bambina o la prossima volta faremo i conti io e te. Ah, e dimenticati le serate a guardare "Il paradiso delle signore", perché me lo guaderò da sola!» urlò aggrappandosi alla ringhiera bianca, dopodiché spinse i ragazzi, i quali avevano ritrovato il sorriso, dentro casa.
«Mi dispiace, nonna; non volevo che il vostro rapporto si incrinasse!» Sophie, mortificata, abbassò lo sguardo sospirando. Mariacarla aveva poche amicizie nella zona, essendosi trasferita da soli quattro anni in quell'appartamento che condivideva con la figlia, e una di quelle era proprio la Signora Pagani del piano inferiore.
«È lei che dovrebbe dispiacersi, mica tu. A esser sincere, non è che mi sia mai stata molto simpatica e poi la sua casa odora di vecchio!» Quella esclamazione portò ilarità in tutti e tre, sciogliendo ogni nervosismo. L'anziana signora notò le dita intrecciate dei due ragazzi e le nacque spontaneo un sorriso. Sophie, nel notare le attenzioni della donna, sciolse la stretta di mani, arrossendo.
«Dov'è la mamma?» chiese a nessuno in particolare, allontanandosi dalla sala per avvicinarsi alla piccola cucina e cercarla. Samanta si trovava davanti ai fornelli a mescolare le seppie nella pentola, controllando che la polenta non si attaccasse troppo. Nel notare la figlia gli occhi le si illuminarono e lasciò cadere il mestolo nel tegame per abbracciarla.
«Ciao, tesoro mio, è bello vederti! Stai bene?» domandò posandole un bacio sulla guancia, liberandola dalla sua stretta.
Sophie osservò la madre, la quale negli ultimi tempi le sembrava più raggiante del solito, e ricambiò la gioia che si poteva evincere dai loro occhi del medesimo colore e della stessa lucentezza.
«Sì, sto bene, ma sto morendo di fame! Quando si mangia?» Il profumino del cibo le riempì le narici, facendole brontolare lo stomaco e provocando una risata da parte della donna.
«Vai a sederti, tra due minuti è pronto! Dillo anche al tuo amico!» Samanta le fece l'occhiolino, marcando l'ultima parola con una cadenza lenta e accentuata, così da farle capire che immaginava quale fosse il vero rapporto che la legava al bel bruno. Come al solito Sophie si ritrovò ad arrossire a quell'allusione, sentendosi braccata tra due fuochi.
Nell'avvicinarsi al salotto poté udire l'omerica risata del suo uomo e percepì il suo cuore palpitare a un ritmo più sferzante, mentre nello stomaco uno stormo di farfalle si liberò, dandole quella sensazione di leggerezza e calore che solo lui era in grado di farle provare.
Si avvicinò a Francesco e Mariacarla, i quali le davano le spalle, impegnati a osservare qualcosa che lei non riusciva a intravedere.
«Che avete da ridere, voi due?» Si fece spazio e osservò l'oggetto incriminante, il quale aveva provocato la loro ilarità: una sua foto alla scuola materna.
La prese subito e cercò di nasconderla, ma il danno era già stato fatto; lui l'aveva vista.
Sua nonna non poteva scegliere foto peggiore da mostrargli. Portava il classico grembiulino rosso a quadretti ed era circondata da giocattoli, ma non era quello che la imbarazzava; in quell'immagine teneva i capelli legati con dei codini, portava degli occhiali tondi, grandi quasi come il suo viso, e sorrideva felice mostrando la dentatura... peccato le mancasse l'incisivo superiore.
Francesco le sorrise, cercando di trattenere una risata.
«Gli stavo raccontando di quanto amassi andare alla scuola materna, tanto che a due anni piangevi per entrare insieme agli altri bambini. Le maestre ci facevano entrare alla fine delle lezioni così che tu potessi dare un'occhiata e tornare a casa felice.»
Sophie si mise a ridere, rimembrando la prima volta che la nonna le raccontò questo aneddoto e i dettagli degli anni dopo.
«Quando poi hai iniziato a frequentarla, ti eri fatta ben volere da tutti quanti, bambini e insegnanti. Avevi anche un fidanzatino di nome Fabio che stravedeva per te; chissà che fine avrà fatto...»
Mariacarla si portò una mano al mento, ripensando a quel bimbo, mentre la nipote osservò la reazione divertita del ragazzo con la coda dell'occhio.
«Facevi strage di cuori anche da piccola, eh!» Senza farsi notare dall'anziana signora, Francesco pizzicò la coscia di Sophie, facendola sussultare e ricevendo così un'occhiata torva.
«Sedetevi tutti, il pranzo è pronto!»
Erano quasi le diciotto e Francesco, a malincuore, dovette accompagnare a casa Sophie. Aveva trascorso un piacevole pomeriggio in compagnia della sua famiglia, conoscendo nuovi aspetti della sua donna. Avevano guardato le sue foto da bambina e i vecchi filmati, si era soffermato a studiare il volto dell'uomo che l'aveva abbandonata in quelle rare foto che lo ritraevano, notando la somiglianza con la figlia solo nel naso alla francese e nella carnosità delle labbra.
«Domani sera pizza e maratona come gli ultimi lunedì?» gli domandò speranzosa, appoggiando il capo al sedile dell'auto, mentre lo guardava. Si voltò verso di lei e le spostò la solita ciocca di capelli dietro l'orecchio, prima di avvicinare il viso al suo.
«Potrei chiedere di meglio?» domandò strofinando il naso contro quello di lei.
«Beh, potresti chiedere qualcosa di più piccante...» Sophie gli allacciò le braccia al collo e si avvicinò alla sua bocca, lasciando che le loro labbra si sfiorassero e i loro respiri si amalgamassero.
«Quello non si chiede, si fa e basta!» Francesco distrusse quella misera distanza che li separava e si unì a lei in un bacio ricco di passione. Portò la mano tra i capelli di Sophie e ne percepì la piacevole morbidezza e setosità, stringendoli tra le proprie dita.
«Resterei qui molto volenti, ma purtroppo il dovere mi chiama, amore. Ci vediamo domani?»
Sophie rimase interdetta per alcuni secondi, sbarrando gli occhi incredula sentendo pronunciare quel vezzeggiativo così emozionante se proferito da lui.
«Che c'è?» le domandò con estrema naturalezza, notando la bizzarra reazione alla sua richiesta. Non si era accorto di come l'aveva chiamata, gli era uscito spontaneo.
«Nie-niente! A domani allora, mio dolce Motolese!» Stampò un fugace bacio a stampo prima di scendere dalla macchina e avviarsi verso il suo appartamento con un sorriso radioso, percependo nel petto le capriole del proprio cuore.
*Spazio Autrice*
Buongiorno a tutti, miei adorati lettori.
Abbiamo conosciuto la "dolcissima" vecchietta del piano di sotto, carina e coccolosa come una iena. XD
Il primo "amore" è stato pronunciato, vi sareste aspettati che sarebbe stato Francesco o era più quotata Sophie?
Nel prossimo capitolo scopriremo se i nostri ragazzoni avranno il loro appartamento in città, quindi vi aspetto sabato!
Dedico questo capitolo a Koaluch, una scrittrice che crea storie FANTASTICHE!
Baci, Sara
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