Capitolo 44 - Strage di cuori (Parte 1)
Addentarono le loro brioches con foga, gustandosi il sapore caldo della crema che fuoriusciva dal dolce lievito, mandando in estasi le loro papille gustative. Sorseggiarono il cappuccino, lasciando che quel liquido bollente e leggermente amaro contrastasse il sapore zuccherino del croissant.
Terminarono nel più assoluto silenzio la loro colazione, troppo presi dal cibo per proferir verbo, dopodiché sparecchiarono il bancone della cucina dalle tazze e si dedicarono al tavolo, ancora imbandito dalla sera prima. Caricarono la lavastoviglie e la fecero partire, andando poi a sedersi sul divano.
«Cosa ti va di fare oggi?» le domandò Francesco, stringendola a sé per poi darle un bacio sul capo, ma prima che la mora potesse rispondergli, la suoneria del suo telefono rimbombò nella stanza.
Sophie si alzò per prenderlo e nel constatare chi le stesse telefonando, un sorriso si irradiò sul suo viso.
«Buongiorno, nonnina, tutto bene?» le domandò, voltandosi verso il bruno, anch'esso sorridente al ricordo di quella simpatica vecchietta.
«Certo, tesoro, io sto sempre bene! Senti un po', hai impegni per pranzo?»
Sophie diede una rapida occhiata all'orologio appeso alla parete sopra la libreria, il quale segnava che da poco erano passate le undici.
«Dipende... che cos'hai in mente?» le pose quel quesito azionando il vivavoce, tornando a sedere vicino al suo affascinante bruno.
«Sto cucinando le seppioline al sugo con i piselli e la polenta; ho pensato che potresti venire qui a pranzo, dato che non ci vediamo da un po'!»
Francesco le fece un cenno d'assenso col capo, dopo che lei gli aveva posto una tacita domanda con lo sguardo.
«Perché no? È un problema se vengo con qualcuno?» Non si accorse di essere arrossita nel porre quella richiesta; le sue donne avevano già conosciuto Francesco, ma quel pranzo sarebbe stato diverso, perché la loro unione era mutata, diventando qualcosa di più di una semplice attrazione.
«No che non lo è; e dimmi, questo qualcuno sarebbe Fabrizio?»
Sophie scoppiò a ridere, seguita da Francesco dopo aver sentito storpiare nuovamente il suo nome.
«Nonna, si chiama Francesco, Fran-ce-sco, quante volte dobbiamo dirtelo?» chiese, continuando a sogghignare, ricevendo uno sbuffo dall'altra parte.
«Vabbè, dai, hai capito. Non ricordo il nome, ma mi è rimasto impresso il suo bel sedere! Dimmi, l'hai tastato?» La mora tolse repentinamente il viva voce, senza però riuscire a celare alle orecchie del bruno il quesito che l'anziana donna le aveva posto, portandola ad arrossire vistosamente.
Francesco le rispose con il suo solito sorriso sghembo, pronunciando in un sussurro quelle parole che riuscirono a farla imbarazzare ancora di più.
«Dille che non hai tastato solo quello, ma tutta la mercanzia!»
Sophie si ritrovò a deglutire diverse volte, dimenticandosi che dall'altra parte della cornetta ci fosse qualcuno in attesa di una risposta.
«Sophie, ci sei ancora?» Quella domanda la fece ridestare, portandola ad alzarsi e ad allontanarsi dagli occhi infuocati di quel molesto vanitoso, con cui avrebbe fatto i conti al termine della telefonata.
«Nonna, ne riparleremo un'altra volta. A che ora dobbiamo essere lì da te?» Iniziò a giocare con una ciocca dei suoi capelli, gesto che le veniva spontaneo fare quando era nervosa.
«Per le dodici e trenta va bene o vuoi fare più tardi? Magari ho interrotto qualcosa...» rispose maliziosa quell'arzilla vecchietta, lasciando la nipote senza parole.
«Nonna!» gridò dinnanzi a quella allusione poco velata, restando sorpresa dal suo atteggiamento così anticonformista e innovativo, molto diverso dalle donne della sua età.
«Ho capito, non puoi parlare! Vi aspetto più tardi allora!» chiuse la chiamata lasciandola ancora una volta sbalordita. Non si accorse neppure che Francesco si era alzato ed era giunto alle sue spalle, finché non sentì le sue mani cingerle la vita e il suo fiato caldo solleticarle il collo.
«Allora, dirai anche questa volta che siamo semplici amici?» Le morsicò il lobo, facendola ansare.
Si voltò verso di lui, portando le mani sulle sue possenti spalle, per poi guardarlo negli occhi raggiante.
«No, cretino; dirò loro che sei il mio bellissimo, saccente, scorbutico e snervante fidanzato!» Si sorrisero, avvicinando i loro visi.
«Hai dimenticato affascinante!» Le rubò un bacio, prima di allontanarsi, lasciandola interdetta.
«Ti va di accompagnarmi a cambiarmi? Non so se riuscirò a passare da casa più tardi e stasera devo aprire io lo Starlight.»
Sophie si diede della sciocca per essersi dimenticata quel particolare, così acconsentì alla sua proposta, non prima di essersi rifugiata in bagno per darsi una veloce sistemata al viso con un po' di mascara e un lieve tocco di fard.
Si chiuse la porta dell'appartamento alle spalle e seguì il suo compagno verso la macchina, posteggiata proprio accanto alla sua.
«Forse, io e Matteo, abbiamo trovato un appartamento in città!» annunciò svoltando a destra al semaforo, illuminato di un verde sgargiante. La mora restò interdetta per alcuni secondi dopo quella notizia, inconsapevole della loro ricerca.
«Non sapevo steste cercando casa insieme» pronunciò con un fil di voce, senza alzare lo sguardo dai pugni chiusi stesi sulle proprie gambe.
«Percorrere ogni giorno mezz'ora di strada sta diventando estenuante; volevamo avvicinarci al locale e alle nostre fidanzate» disse senza distogliere gli occhi dalla strada, con una tale semplicità da lasciare Sophie, ancora una volta, senza parole.
«Avevamo già pensato a questa cosa prima di conoscervi, ma per un motivo o per un altro era rimasto un progetto campato per aria; voi ci avete dato l'input per deciderci a farlo.»
Entrò in tangenziale, non prima di aver preso l'esile mano della ragazza per portarsela alle labbra, baciandogliela dolcemente.
«In che zona l'avete trovato?» gli domandò, appoggiando la testa sulla sua spalla, lasciando ricadere le ciocche d'ebano dietro la schiena.
«Ancora non è certo e per scaramanzia non vogliamo dire nulla, ma se tutto va bene saremo in un'ottima posizione tra voi e lo Starlight.»
A quella notizia, il cuore di Sophie saltò un battito e la gioia si diramò in ogni cellula del suo corpo. Si accoccolò maggiormente a lui, sorridendo felice.
«Incrociamo le dita, allora!»
Restarono in quella posizione per tutto il resto del viaggio, fino all'arrivo davanti a quella villetta singola dal tetto spiovente, su due piani e con un bel giardino che la circondava, accerchiata da molte altre case impostate diversamente, ma altrettanto signorili. I toni pastello del giallo, i quali ricoprivano l'intera abitazione, si amalgamavano perfettamente con il color pesca delle colonne e delle mattonelle dell'ingresso; a completare il tutto un'intima veranda coperta dalla tettoia, dov'erano situati divanetti e tavolino in vimini.
«Wow, che bella casa!» sussurrò flebile, chiudendo la portiera per seguire il bel Motolese davanti alla staccionata d'entrata, rivestita interamente da mattoni.
«La costruì mio padre, sai? In realtà lui ha progettato tutte le villette della zona; faceva l'architetto» le spiegò, girando la chiave nella serratura del cancellino, dandole l'accesso alla sua dimora, laddove non aveva portato mai nessuna prima.
«È stupenda! Tuo papà ci sapeva proprio fare nel suo lavoro.» Gli sorrise dolcemente, stringendogli la mano per fargli sentire la sua presenza, certa che rimembrare l'uomo scomparso gli avesse riaperto quella ferita che mai si sarebbe rimarginata. Francesco le fu grato di quel gesto così accorto, rispondendo al suo sorriso con uno altrettanto amorevole, prima di condurla nella casa vuota.
Isabella, la piccola Giada e Luca erano a pranzo dai genitori di lui, mentre la madre aveva accettato l'invito di passare alcuni giorni al mare a casa della sorella, la quale risiedeva a Pescara ormai da tempo. Quando erano bambini, passavano il mese di luglio in quella moderna cittadina costiera, trascorrendo le giornate sul litorale con la famiglia, mentre la sera si divertivano con gli amici nel centro storico. Crescendo poi, sostituirono le sale giochi con i locali notturni sempre gremiti di giovani, concludendo le serate sulla spiaggia, certe volte aspettando l'alba, altre ritagliandosi un po' di privacy con le loro conquiste.
Varcarono la soglia dell'ingresso mano nella mano; Sophie diede una rapida occhiata al soggiorno imponente e moderno, contemplando l'ottimo arredamento che lei da sempre bramava per casa sua, percependo il dolce aroma della cannella intorno a sé. Si lasciò trascinare da Francesco sulle scale in parquet, attraversando il corridoio che separava le camere da letto, sul quale erano appesi moltissimi scatti di famiglia.
Si soffermò sull'immagine di un infante spelacchiato dalle guance paffute, ritratto mentre gattonava nella sua tutina azzurra, cercando di raggiungere la sorridente sorella, una stupenda bambina dai grandi occhi verdi e i codini biondi, seduta a terra, al fianco di un uomo semi di spalle, intento ad aizzare il fuoco nel camino. Il suo cuore saltò un battito nel vedere quella fotografia, disegnando con la punta dell'indice la figura di quella piccola creatura che era diventata il suo stupendo compagno.
«Ero un bel maialino da piccolo!» affermò nel notare le attenzioni di Sophie rivolte a quel frammento della sua vita, immortalato per restare indelebile.
«Eri bellissimo... poi sei cresciuto!» lo canzonò sorniona, dandogli anche un colpo d'anca.
Francesco alzò un sopracciglio, osservandola con fare divertito, misto all'incredulità delle sue parole.
«Sì e sono diventato l'uomo dei tuoi sogni, petulante donna dalla lingua biforcuta!» La tirò a sé, facendo congiungere i loro corpi in una salda stretta, permettendo ai loro nasi di scontrarsi. Sophie si perse in quegli occhi tanto belli quanto profondi, percependo il battito accelerato del suo muscolo cardiaco.
«Vorrai dire dei miei incubi, Motolese spocchioso!» Gli sorrise, prima di legare la sua bocca con quella del bruno, succhiandogli il labbro inferiore incatenato tra i suoi denti, facendo poi incontrare le loro lingue, le quali si unirono nella loro danza infuocata.
«Eh già, sono proprio incubi nefasti!» Si allontanò dal suo viso, regalandole il solito sorriso sghembo che lei tanto amava.
«Ora lascia che mi metta qualcosa di pulito, altrimenti faremo tardi da tua nonna!» Sfiorò delicatamente la sua nuca con le labbra, prima di portarla nella propria stanza per cambiarsi.
*Spazio Autrice*
Buongiorno miei adorati lettori e buon sabato! Mi auguro che Wattpad faccia vedere il capitolo, visto che ultimamente non sta andando proprio benissimo... e io che mi auguravo che col nuovo anno ci fosse un miglioramento -.- è peggiorato, invece!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, non vedevo l'ora di scrivere ancora di Mariacarla, perché mi mette sempre di buon'umore. XD
Abbiamo scoperto che il bel Motolese e Matteo, forse, hanno trovato casa in città; siete felici?
Vorrei dedicare questo capitolo a Declody ❤
L'appuntamento è per mercoledì, con la seconda parte di questo capitolo.
Buon weekend, baci.
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