Capitolo 3 - Promettere a sé stessa

Sophie girò la chiave dell'auto, spegnendone il motore. Trovarsi in quel posteggio portò a galla alcuni ricordi lontani che le fecero battere il cuore all'impazzata.
Era lì che lui l'aveva portata una sera di sette anni fa, sfidandola in una scommessa che le si era ritorta contro. Chiuse gli occhi per un secondo, tornando con la mente a quel giorno.

Il riscaldamento della vettura aumentò la temperatura, di per sé già alta, percepita dalla ragazza. Sedeva sui sedili posteriori, alla destra di Francesco che si stava togliendo il giubbotto,restando con un maglione nero a collo largo, dal quale sbucava una camicia del medesimo colore.
Il suo profumo, intenso e virile, le stuzzicava le narici, mentre le ravvivanti note delle foglie di menta e l'aroma del tè selvatico risvegliarono i suoi sensi.
Desiderava il bruno ardentemente con ogni cellula del suo corpo.

«Allora... Domenica l'Inter gioca in casa?» La mora cercò di avviare un discorso su un terreno neutrale, sperando di far terminare quell'ora che sarebbe diventata un supplizio lunghissimo.
Il ragazzo la guardò sogghignando, alzando un sopracciglio nella sua direzione.

«Non riuscirai a distrarmi parlando di calcio, sai? Sono un tifoso, ma sono amante di ben altri sport...»
Sophie deglutì faticosamente a quella affermazione, maledendosi per la millesima volta nella sua mente per aver proposto quella stupida scommessa che non sarebbe riuscita a vincere.

«Non dirmi che ti piace la formula uno come agli anziani! O forse preferisci seguire le gare di Moto Gp? Non mi sembri un patito di ippica o di-»
Francesco interruppe il flusso di parole senza senso della sua accompagnatrice, posandole l'indice sulle labbra.

«Il tuo continuo tergiversare mi fa pensare che tu abbia paura di perdere la sfida che tu stessa mi hai posto, quando ho affermato che avremmo fatto sesso alla prima uscita. Non succederà, ma se dovessi battermi, cosa vorresti come premio?»
Ecco la domanda a cui aveva evitato di rispondere nei giorni precedenti per il timore che, sapute le sue vere intenzioni, si sarebbe ritratto e probabilmente avrebbe voluto porre fine a ogni tipo di rapporto instaurato fino a quel momento.

La ragazza si chiese se dirgli la verità, in quel momento, non avrebbe subito il medesimo effetto, ma decise di rischiare; dopo tutto erano lì e lui era così sicuro di avere la vittoria in tasca.

«Voglio una possibilità! Se questa sera ti darò prova di non essere come tutte le altre, che te la sganciano alla prima uscita, voglio che tu mi dia un'occasione per provare a farti innamorare.»
La mora si sentì terribilmente patetica a elemosinare un appuntamento da un ragazzo che aveva espresso chiaramente che le sue intenzioni erano affine al solo e puro divertimento carnale, ma a lei piaceva sul serio e avrebbe tentato il tutto per tutto pur di conquistarlo. Era certa che se le avesse dato un'opportunità per farsi conoscere, sarebbe riuscita ad abbattere i suoi muri e a penetrargli nel profondo del cuore.

Il bruno guardò profondamente negli occhi la ragazza, donandole uno sguardo tenero, ammirandone il coraggio e la testardaggine.
«Te l'ho detto, Sophie... io non mi innamoro. Non riesco a provare un sentimento più forte dell'affetto per nessuna persona al di fuori della mia famiglia. Mia madre e mia sorella sono le uniche donne che amo e sarà così sempre.»

Il ragazzo accarezzò la gota di lei, che si morse il labbro inferiore per trattenere le lacrime che sentiva pizzicarle la sclera, con un movimento dolce e delicato.
«Va bene! Ti darò questa possibilità, ma non sperarci troppo. Non voglio che tu ti intestardisca in una causa persa che potrebbe farti soffrire. Vediamo come andrà la serata e poi decideremo il da farsi.»

I suoi occhi verdi si illuminarono di una nuova luce, quella della determinazione e della gioia di non averlo fatto scappare definitivamente a quelle parole. Avrebbe dovuto resistere solamente per un'ora, sessanta minuti,tremilaseicento secondi e avrebbe ottenuto quella chance che tanto agognava.
Promise a sé stessa che avrebbe raggiunto il suo scopo!

Lui le sistemò la ciocca ribelle dietro l'orecchio, per poi appoggiare la mano sulle sue cosce, coperte solo dal tessuto leggero dei leggings di pelle. La mora, a quel contatto, percepì il calore delle sue dita che sembravano fatte di fuoco, pronte a bruciarle il corpo e l'anima.
«Allora... Mi fai vedere cosa c'è lì sotto?»

Quando Sophie riaprì gli occhi si ritrovò nuovamente nella sua Smart, in quella giornata primaverile fredda, ma soleggiata.
«Ci abbiamo messo meno del previsto, ma se resti imbambolata su quel sedile ancora per molto, possiamo dire addio al nostro panino.»
Il tono canzonatorio di Giorgia provocò una risata allegra nella mora, che teneva una mano ancora sul volante.

«Te l'ha mai detto nessuno che, quando ti metti di impegno, sei una gran rompipalle?» La ragazza schioccò la lingua dopo quella frase rivolta alla bionda, sogghignando insieme all'amica.
Entrambe aprirono la loro portiera e se la richiusero alle spalle con perfetta sincronia, come se avessero provato quei movimenti moltissime volte.

Si avviarono verso lo Starlight, una volta chiamato Terzo Cerchio, padroneggiando la loro andatura sensuale e provocante sui loro tacchi a spillo.
La mora odiava il vecchio locale da tempo immemore; lo considerava un covo di snob di basso borgo. Una volta era una cliente abituale, visto che il fidanzato di allora, Alberto, era il figlio del proprietario. Quello era il loro ritrovo, di lei, di lui e della compagnia di amici che avevano in comune. Lo fu per due anni, il periodo della loro relazione, terminata in una piovosa sera d'estate, come se il clima fosse in simbiosi con lo stato d'animo della ragazza.

Quella sera lei non doveva essere lì, perché la madre aveva organizzato una serata in pizzeria per il proprio compleanno. Pensò di fargli una sorpresa e presentarsi a cena ultimata; non avrebbe mai immaginato di trovare lui, avvinghiato a quella che un tempo per lei era come una sorella, a darsi da fare sui divanetti della terrazza coperta.

Quello spettacolo fu un fulmine a ciel sereno, uno squarcio nel petto, come se qualcuno le avesse strappato il cuore a mani nude, lasciando al suo posto solo un'enorme voragine che l'avrebbe risucchiata in un buio da cui avrebbe faticato a riemergere. Ma oltre all'infedeltà del suo fidanzato e della sua migliore amica, Soph rimase delusa dal tradimento della sua compagnia.

Tutti erano lì in quel momento e si comportavano come se fosse una cosa normalissima che quei due si stessero baciando, esplorandosi con le mani sopra ai vestiti leggeri, come se l'avessero fatto un milione di volte.
Tutti sapevano quello che succedeva alle sue spalle, ma neppure uno aveva pensato di metterla in guardia ed evitare che il suo cuore venisse calpestato.
A nessuno di loro importava davvero di lei, perché lei non era come loro!
Non era una ragazzina ricca, era entrata a far parte di quel gruppo solo perché era la fidanzata di uno di loro e così, facilmente com'era arrivata, se ne sarebbe andata.

La notizia che quel posto avesse chiuso dopo il suo declino la riempì di gioia.
Una volta scoperto che aveva riaperto i battenti con un nuovo nome e con dei nuovi proprietari, che per lo più erano clienti dello studio dove lavorava, si era ripromessa di non metterci mai piede.
Una delle tante promesse che aveva fatto a sé stessa, ma che non aveva saputo mantenere.


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