Capitolo 26 - L'unica fra tante

Dopo aver parcheggiato l'auto, Matteo si apprestò ad aprire la portiera alla sua bellissima accompagnatrice, osservandone la figura slanciata su quelle decolté nere. Indossava dei jeggins blu scuri e un maglioncino rosso che ne esaltava le forme sinuose, rendendola terribilmente sexy agli occhi di lui.

Giorgia restò colpita dal gesto galante mai ricevuto prima, arrossendo vistosamente quando il biondo le allungò la mano per farla scendere. Si sentì la protagonista di un film d'amore, dove il sexy pretendente riempiva di attenzioni la donna che voleva conquistare, la quale però, il più delle volte, non si accorgeva di quanto il suo corteggiatore fosse innamorato perso, dimostrandosi una completa idiota. Lei invece non avrebbe di certo ignorato i segnali che il ragazzo le lanciava; desiderava ardentemente conoscere ogni segreto di quel adone.

Strinse la sua mano e si avvicinò a Matteo, prendendolo a braccetto e facendosi guidare verso l'entrata del ristorante, dove ad attenderli, con un caldo sorriso, c'era un uomo brizzolato sulla cinquantina, vestito con una camicia bianca e dei pantaloni eleganti blu navi.

«Buongiorno, ho prenotato un tavolo per due a nome Giannone» comunicò il biondo, mentre la ragazza al suo fianco si guardò in giro, osservando il soffitto insolito della sala di fronte all'entrata, dov'erano appesi travi e tubi in acciaio ben in vista. Una scelta azzardata, ma sicuramente voluta dal proprietario visto lo stile della stanza, dove molti quadri contemporanei ricoprivano ogni parete e i tavoli in legno erano accompagnati da sedute in plastica colorata molto semplice.

«Prego, signori, da questa parte.» Il cameriere regalò alla coppia un altro sorriso, prima di accompagnarli nella stanza alla loro sinistra, quella ricavata da una cappella. Nell'entrare, il profumo inebriante dell'incenso li travolse, contrastando con il forte aroma di sandalo percepito all'ingresso.

Il pavimento era in legno scuro semplice e dello stesso colore e stile erano tavoli e sedie. La particolarità di quell'ambiente erano gli affreschi delle pareti e la maestosa struttura del soffitto a volta, di color crema. Era molto alto seppur stretto in larghezza: la curva del tetto era ricamata da decorazioni floreali di stile classico, con minuscole nicchie a media altezza che incorniciavano delle piccole finestre, il cui compito era illuminare quello spettacolo artistico. Il tutto era completato da diversi lampadari "a goccia", che scendevano delicatamente, rendendo l'atmosfera magica con il loro scintillio e facendo sembrare il soffitto ancora più alto.

Il volto di lei si illuminò, mentre osservava quella sala con aria sognante, attenta a ogni peculiarità di quel ristorante così singolare. Si accomodarono nella parte sinistra, mentre l'uomo di mezza età accese la candela bianca posizionata sul loro tavolo, rendendo lo scenario ancor più romantica.

I due piccioncini si guardarono negli occhi, iridi azzurre contro verdi, il cielo che incontrava un enorme e luminoso campo in erba e formava un binomio unico e perfetto.
Si sorrisero, entrambi felici di trovarsi insieme in quel momento, mentre si stringevano la mano accanto alle loro posate.

«Che ne dici di un gnocco fritto, salumi e un misto di formaggi?» domando Matteo, distogliendo lo sguardo dal viso di Giorgia per posarlo sul menù. Lei fece lo stesso, passando in rassegna ogni pietanza elencata, soffermandosi su una che trovò alquanto bizzarra.

«Orecchie di elefante con pomodorini, olive taggiasche e aceto balsamico... non saranno le orecchie del povero Dumbo, vero?» chiese preoccupata la bionda, portandosi la mano libera alla bocca dopo quella sconvolgente lettura.

Il ragazzo cercò di trattenere il più possibile quella risata che gli era nata spontanea dopo quel assurdo quesito, ma purtroppo non ci riuscì; scoppiò a ridere a crepapelle, portando gli altri clienti a voltarsi verso l'autore di quel suono così acuto, che echeggiò data la struttura della sala.
Giorgia si sentì sprofondare per l'imbarazzo, mentre le risate di lui, invece che diminuire, si accentuarono, accompagnate da copiose lacrime.

«Matteo» sussurrò lei, guardando gli ospiti curiosi, «ci stanno osservando tutti. Contieniti!»
Si portò la carta davanti al viso, cercando di nascondersi il più possibile, mentre il ragazzo, ormai in preda ai crampi, cercò di bloccare le risa e di tornare a respirare in maniera normale.

Per Francesco, tutti quei numeri e conti erano incomprensibili. Doveva calcolare l'iva avendo sott'occhio il fatturato in entrata e in uscita dello Starlight, ma nei dieci minuti seguenti all'incarico si era limitato solamente a osservare lo schermo con aria confusa.

Per questione di privacy, Sophie non poteva mostrare le informazioni sensibili dei propri clienti a qualcuno estraneo allo studio, quindi gli diede i conteggi del suo bar, sicura che non avrebbe cavato un ragno dal buco. Era impensabile che il proprietario di un locale, diplomato in ragioneria, affidasse ogni genere di documentazione contabile a un commercialista, pagandone un lauto compenso oltretutto; era certa che gli avesse mentito sul suo indirizzo di studi, così decise di metterlo alla prova.

«Se ti avvicini ancora un po' allo schermo, ci finirai contro» lo canzonò lei, osservando il ragazzo col volto corrucciato per l'impossibilità di quel compito.

«Simpatica! Tu lo sapevi che non ci avrei capito niente di queste cose, non è così?» chiese mesto lui, voltandosi per osservare quella villana, che si era divertita a prenderlo in giro, ridere di gusto.
Adorava come gli zigomi le si sollevavano quando la sua bocca si stendeva e il suono cristallino della sua risata pareva un canto melodioso.

«Confesso; sono colpevole di questo crimine e non me ne pento, vostro onore!» Schioccò la lingua dopo aver risposto al bruno, il quale le sorrise sghembo, avvicinandosi a lei, trascinandosi lentamente sulla sua sedia con le ruote.

«Ah sì?» domandò senza perdere quel sorrisetto sfacciato, mentre le loro ginocchia si toccarono e i loro volti furono a pochi centimetri di distanza.
«Vuoi vedere che ti faccio passare io la voglia di prendermi in giro?» Il suo respiro caldo le solleticò la pelle del viso, aumentando notevolmente i battiti del cuore di Sophie, la quale si trovò a deglutire a fatica, mentre i suoi smeraldi si erano puntati sulle labbra di lui, tanto vicine da poterne percepire il calore, ma allo stesso tempo così distanti da farla star male per la bramosia che si era impossessata del suo corpo.

Non seppe come riuscì a pronunciare quelle parole con apparente fermezza, nonostante il suo cervello fosse momentaneamente in standby.
«Ti devo ricordare che l'ultima volta che hai scommesso con la sottoscritta ti ho lasciato in mutande?» Abbassò per un secondo gli occhi verso il cavallo dei jeans di lui, ripuntandoli subito dopo nei suoi pozzi chiaroscuri.
«In tutti i sensi!» sorrise insolente, mostrando una sicurezza che non le apparteneva.

Francesco impazziva per quel suo lato così sfrontato; quella sua lingua biforcuta che voleva sempre avere l'ultima parola lo avrebbe mandato al manicomio, ma sapeva che prima di quel capolinea ci sarebbe stata una lunga tratta in Paradiso.

«Oh, tesoro, me lo ricordo bene; devo rammentarti che non fui l'unico a essere rimasto senza pantaloni?» Il ragazzo si fece passare la lingua sul labbro, rimembrando la passione di quella sera lontana, ma indelebile nella sua mente. L'unica che non aveva ceduto, l'unica fra tante.

Sophie osservò quel movimento sensuale, desiderando che fosse la sua la lingua che percorreva il contorno di quella bocca impudica, ubriacandosi del suo sapore e del suo calore.
Il bruno si avvicinò ancora di più a lei, che restò immobile come una statua, non sapendo a quale dei suoi sensi dare ascolto; se alla ragione o al cuore.

Le mani di Francesco si andarono a posare sui fianchi della ragazza, per poi intraprendere quella che sarebbe stata la sua punizione: il solletico.
Sophie, presa alla sprovvista, sussultò, scoppiando a ridere subito dopo, cercando inutilmente di liberarsi da quella tortura; lui non aveva certo intenzione di perdere quella nuova sfida.

«Allora, sei pentita di esserti presa gioco di me, un innocente e aitante ragazzo, il cui unico scopo era solamente quello di aiutarti a dimezzare il lavoro?» domandò ironico, senza arrestare quel tormento che le stava infliggendo. La mora non riusciva a respirare dalle troppe risa; era ormai seduta a terra con la testa appoggiata alla sedia e il corpo famelico di lui troppo vicino.

«Sì, me ne pento. Franci, ti prego, ora basta!» supplicò lei, senza accorgersi di aver usato un tono confidenziale, abbassando così quel muro fatto di freddezza con cui lo aveva tenuto distante in quei giorni. Lui però aveva notato questo cambiamento e se ne rallegrò, speranzoso che la strada per riconquistarla sarebbe stata in discesa.

Si guardarono a lungo in silenzio, con le mani di lei sopra le sue, le quali stringevano i fianchi della ragazza in una presa salda, percependo il calore della sua pelle nonostante lo strato di cotone della camicia rosa confetto che li divideva. Francesco, ancora inginocchiato di fronte a lei, accorciò le distanze, avvicinandosi lentamente fino a sfiorarsi con la punta dei nasi. A ogni centimetro valicato, il cuore di Sophie palpitava a una velocità inusuale, come se fosse pronto a saltarle fuori dal petto.

Più il respiro di lui si faceva vicino, più il formicolio nel basso ventre si intensificava.
Con la mente avrebbe voluto fermare la sua avanzata, perché inconsciamente sapeva che sarebbe stato un casino, ma il cuore le bloccò ogni movimento.

Ringraziò la divina provvidenza che aveva fatto arrivare la sua collega insieme al suo cavaliere, in quel preciso momento.

*Spazio Autrice*

Alcune di voi mi malediranno per l'interruzione, quelle del Team del povero Mr. Cecio cornuto e mazziato invece mi insulteranno per quello che stava per succedere... a ogni modo mi sa che gli insulti me li becco comunque. XD
Quindi cambiamo argomento e guardiamo le foto de I Monaci sotto le stelle:

Se ce la faccio pubblicherò sabato il prossimo capitolo, a cui dovrete prestare attenzione, specialmente a una frase a fine capitolo...
Vorrei ringraziare koreleven, per l'aiuto che mi ha dato nella descrizione del soffitto della cappella; se non fosse stato per lei avrei scritto solo affreschi. XD

Baci, Sara

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