53. Il tuo Posto

Sebastian

Aspetto Martina con ansia. Non faccio altro che camminare avanti e indietro, senza volermi dare pace. È possibile che io sia così spaventato, pur sapendo di dover parlare con lei, con la donna che amo? Probabilmente no, ma proprio non riesco a calmarmi.

All'improvviso sento dei rumori indistinti provenire dall'esterno e, ancora prima che io faccia in tempo a realizzarlo, Martina è subito davanti a me. Ha la tuta della moto sporca di fango e con la mano destra sta reggendo il suo casco. Elise invece, che mi è in braccio, riconosce subito Martina e si protende verso di lei.

«Mi sei mancata.» Dico io, prima di lasciare l'occasione di dire qualcosa. Lei sorride e dà un buffetto ad Elise dicendo «Anche tu mi sei mancato. Vado a darmi una sistemata e poi ci sono.»

Poi mi sorride ancora e mi sento di nuovo a mio agio. È bastato così poco: appena due parole per calmarmi. Beh, dire che sono calmo forse è un po' troppo, ma almeno per adesso sta andando tutto bene. È un buon inizio, no?

Mi accomodo con Elise sul divano del grande salotto di Kimi. Mi guardo attorno per passarmi un po' il tempo; ormai conosco questo posto a memoria: le foto della famiglia di Kimi disseminate un po' per tutti i mobili, alcuni cimeli e regali a cui lui si sente legato.

Riflettendoci bene, è quasi come se fosse di nuovo tutto al suo posto, anche se c'è ancora qualcosa che non va; penso di dover parlare prima con Martina.

Quasi mi avesse ascoltato, poco dopo Martina è di ritorno dal bagno. Il suo profumo è così gradevole, che se non mi trattenessi, potrei tranquillamente saltarle addosso. È così delicato, dolce, ma così avvolgente da non volermi fare pensare ad altro.

La amo con tutto me stesso.

Ma purtroppo è già ora di cena, e con Kimi e Minttu non c'è nessuna speranza di avere un momento da soli. Insomma, siamo venuti qui apposta per stare in compagnia, non sarebbe carino isolarsi.

Così mangiamo, mentre ci scambiamo qualche battuta. Io sono di fronte a Martina, e immagino abbia anche già allattato Elise, perché la bambina non c'è. Io e mia moglie ci scambiamo qualche sguardo, e poi terminiamo la nostra cena. Non so se lo senta anche lei, ma immagino di sì: fra di noi ci sono delle frasi che dovrebbero essere dette, ma non ce n'è l'occasione.

«Seb, sei davvero fortunato che Martina non sia un pilota di Formula Uno, insomma... lei ha talmente tanta grinta e determinazione, che sarebbe benissimo capace di farti il culo nel tuo stesso sport!» Io ridacchio imbarazzato; conosco il carattere della mia donna e si, non mi resta altro che confermare l'affermazione del mio amico finlandese.

«La conosciamo tutti ormai! Mi fa il fondoschiena anche se non gareggia nel mio sport. Ad essere onesto lei mi fa il fondoschiena tutti i giorni. È straordinaria.» Dico io, guardandola negli occhi.

Lei mi fa l'occhiolino, facendo un'espressione del tipo 'tanto so che sono straordinaria', e a me non resta altro che alzare gli occhi al cielo.

Ero sicuro che avrebbe reagito così.

«Non ti stai facendo perdonare qualcosa, vero Seb?» Mi domanda Kimi, osservandoci divertiti.

Io e Martina ci scambiamo uno sguardo complice e io scuoto la testa «No, non proprio.»

Minttu scoppia a ridere e ci consiglia di risolvere la questione più tardi. Così, quasi al termine della serata, ci apprestiamo a tornare a casa. Mi sento di nuovo ansioso e tutto quello che voglio fare è parlare con Martina. Salutiamo Kimi e sua moglie e li ringraziamo dell'ospitalità. Nonostante tutto, è stata una bella serata.

Mi avvio verso la macchina, ma Martina mi prende la manica della giacca e mi trascina con sé. Non mi dice niente, ma continua a camminare verso il bosco, dalla parte opposta rispetto alla casa di Kimi.

Elise, che le sta in braccio, sta dormendo. Di solito dopo mangiato fa un piccolo pisolino, quindi per ora sarà meglio non svegliarla.

Martina si ferma in un punto preciso, in corrispondenza di alcuni tronchi e rami spezzati di alberi.

«Quanti ricordi...» Fa una pausa, poi si siede su un tronco ricoperto di muschio, lasciando vagare il suo sguardo un po' ovunque, tranne che su di me.

«Quella sera, quando mi sei venuto a cercare qui, in mezzo agli alberi, ed io ero appena caduta e avevo sbattuto la caviglia; non importava quanto io ti volessi respingere. Volevo allontanarti da me, ma non ci sono riuscita, perché tu non me l'hai permesso; non mi hai lasciata andare.» Dice lei tutt'ad un fiato.

Io non posso fare altro che annuire, voglio prima aspettare che finisca di parlare.

«Mi dispiace di aver detto quelle cose, non te le meritavi. Stavo attraversando un periodo di crisi e ho reagito istintivamente. Lo so che sei impegnato con il tuo lavoro, non dovrei pretendere così tanto da te, siamo una famiglia e ci dobbiamo aiutare a vicenda.» Aggiunge lei, prima che io mi avvicini e le dica, parlando piano «Se ho sempre cercato di riportarti da me, è perché sentivo che tu non avessi altro posto dove andare. Il tuo posto sono io, Mar, e non importa davvero quello che succederà, perché tu ritornerai sempre qui, fra le mie braccia.» Le dico, prima di stringerla a me.

«Il mio posto sei tu.» Mi ripete lei, prima di lasciarsi andare tra le mie braccia. Fra noi Elise dorme pacificamente. C'è così tanto silenzio qui, che si riesce a sentire persino il battito del suo cuoricino; e il suo respiro lieve, contro la guancia di Martina.

«Vi amo con tutto me stesso, e forse potrebbe sembrare un po' stupido fare una promessa adesso, visto che fino ad ora non sono stato molto di parola, ma sì, prometto che vi dedicherò tutto il mio tempo libero; non importa quanto io sia stanco, voi sarete sempre la mia priorità.» Concludo io, guardando ancora una volta le mie due donne. Non c'è altro, in questo Mondo, che valga più di loro.

Rimaniamo così ancora qualche istante, poi ci alziamo perché qui fuori fa abbastanza freddo. In questo instante mi ritornano alla mente tutti i flashback che poco fa Martina mi ha ricordato. Mi travolgono come un'onda altissima, non lasciandomi via di scampo. Io però affogo con piacere in questi ricordi, perché rappresentano la nostra storia, e non c'è nulla che vorrei cambiare.

Rientriamo in macchina e, alla fine, quando parcheggio davanti a casa nostra, chiedo a Martina di prendere la bambina. Dato che non ricevo nessuna risposta, mi volto e le trovo entrambe addormentate, strette in un abbraccio.

Guardo Elise incredulo.

Certe volte non realizzo ancora che sia mia figlia, che sia successo davvero, che io possa dire finalmente di avere due persone da poter chiamare la mia 'famiglia'.

Apro la mia portiera, poi mi avvicino verso l'ingresso. Infilo la chiave nella serratura e la sblocco, poi applico una lieve pressione e apro la porta. Accendo le luci, poi finalmente torno fuori. Prendo in braccio Martina e di conseguenza anche Elise; sono così belle che le riempirei di baci. Ma ora non posso, quindi le porto in casa, cercando di non svegliarle.

Sono quasi riuscito nel mio intento: arrivato in camera da letto, le appoggio al letto, ma Martina apre gli occhi un po' spaesata e io non posso fare altro che aspettare un attimo, il tempo necessario affinché si renda conto della sorpresa che le ho preparato.


Martina

Mi sveglio di soprassalto, appena sento qualcosa di morbido sotto di me. Apro gli occhi e capisco subito di essere nella nostra camera da letto; le mie braccia stringono ancora Elise, ma quando volto la faccia, mi accorgo di avere qualcosa tra i capelli.

Qualcosa nella stanza non va; non riesco a capire che cosa però, ma qualcosa di strano c'è.

Le mie guance entrano in contatto con qualcosa di morbido, appena affondo il viso sul materasso, sento un odore dolciastro e li vedo: piccoli puntini gialli sparsi sulle coperte. Li guardo meglio e mi accorgo che sono petali, petali di fiore.

Del mio colore preferito.

Colta di sorpresa, mi sollevo e mi accorgo che tutt'intorno a me ci sono petali gialli, e poi finalmente incontro il viso sorridente di Sebastian, che sembra abbastanza compiaciuto della sua opera.

«Ecco perché mi volevi fuori casa.» Dico io scherzando, ma non voglio rovinare l'atmosfera, quindi mi affretto a dire «Sono senza parole, sono bellissimi.» Dico io, guardandomi ancora una volta intorno.

Sebastian si avvicina piano, poi, stando attento a non toccare Elise, mi sfiora le labbra in un bacio e mi dice «Non avrai certo pensato che quei fiori fossero abbastanza per farmi perdonare? In verità nessun fiore potrebbe mai comprare il perdono, però io te lo chiedo sinceramente e con il cuore in mano. Non potrei vivere senza di voi; i miei giorni non avrebbero più uno scopo e tutto sarebbe buio, privo di senso.»

Io annuisco quasi con le lacrime agli occhi. Ho già perdonato Sebastian da un po' e non voglio che soffra. È sempre così dolce e premuroso con me, che non potrei mai e poi mai volere un altro uomo.

«Non potrei vivere senza di te, Vettel.» Gli dico, discostando la bocca dalla sua per potergli fare la linguaccia. Lui però mi bacia subito dopo, in piena bocca, impedendomi di fare altro.

«Non imparerai mai a chiamarmi Seb, vero?»

«Ci ho provato, ma se non lo volessi imparare? Se mi piacesse dire sempre Vettel? Certe volte è proprio più forte di me!» Mi giustifico io, stando al gioco. Dopo tutto questo tempo, lui non lo ha ancora digerito.

«Mar, sei fortunata che ti amo così tanto, che potrei anche permetterti di chiamarmi così per sempre, dopotutto è il mio cognome, anche se tu ne fai un uso illecito!» Afferma lui prima di fare l'occhiolino e prendere il suo cellulare.

Lo sblocca e poi mi mostra una foto «La camera era così, prima che tu occupassi il letto con il tuo culo ingombrante.»

«ATTENTO-» Ma Sebastian mi tappa la bocca prima che io possa dire altro. Ho alzato la voce e per poco Elise non si svegliava.

«Attento a come parli, Vettel!» Lo ammonisco io, sbuffando.

«Ma lo sai che ti amo, e se ti dico che ti amo vuol dire che amo an-»

«Anche il mio culo si.» Termino la frase io, anticipandolo.

Ritorno seria per un momento e cambio discorso «Non mi interessa più niente del Mondiale.»

Sebastian mi guarda con gli occhi sbarrati e domanda «Cosa?»

«Ho detto che non mi interessa più vincerlo. Ho già tutto quello che desidero, e sinceramente non me ne farei nulla di un paio di coppe in più. Non è poi che un titolo mondiale mi possa restituire questi momenti insieme.» Concludo io, affondando il viso nel collo di Sebastian. Era da un po' che ci pensavo, e sono convinta di essere giunta alle giuste considerazioni.

«Riflettici bene Mar, era il tuo sogno fino a poco fa, puoi farcela, credo in te.» Queste parole mi scaldano come farebbe una vampata di fuoco alimentata dal vento, in pieno inverno. Sebastian crede in me, ha sempre creduto in me.

«Non c'è nulla che mi possa rendere più felice di voi.» Ribadisco, tirando sù la testa per poter guardare Sebastian negli occhi.

«Lo so, ma non fare qualcosa di cui poi ti potrai pentire. Provaci lo stesso, io comunque ti sosterrò sempre.» Mi dice lui sinceramente.

«Grazie Seb.» Gli dico prima di dargli un rapido bacio «Vedrò se sarà una cosa fattibile. Non voglio avere fretta, e se poi non sarò al cento per cento, rinuncerò. Credimi, è questo quello che ho sempre voluto; essere felice con quello che ho, non affannarmi per quello che mi manca.»

Sebastian mi rivolge uno sguardo dolce, poi mi abbraccia e va a mettere a letto Elise.

Rimango sola in camera da letto, a fissare i petali gialli intorno a me. Ne prendo una manciata e li sfioro. Sono così morbidi al tatto e lisci, molto lisci.

Mentre sono intenta ad osservare le varie sfumature dei petali, sento due mani calde circondarmi la vita e attirarmi verso di sé.

Io, ancora con i petali in mano, chiudo le mani a pugno per tenerli stretti, mentre Sebastian mi bacia con passione. Mi sfila i vestiti e con le dita mi sfiora le braccia, fino ad arrivare alle mie mani. Prosegue e apre le mie dita, prendendo i petali dalle mie mani, come se fossero un tesoro prezioso.

Guardo Sebastian e noto che ha un sorriso bellissimo sul viso, mentre lascia i petali sulla pelle nuda del mio ventre, componendo una specie di cuore «Sei il mio posto Martina, e nulla cambierà tutto ciò.»


FINE.

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IMPORTANTE! Leggete la prossima parte 💕

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