49. Tutti uguali
Martina
Sono contenta che Sebastian abbia deciso di darmi una mano con Elise. Non che debba fare molto; dopotutto ha anche bisogno di parlare con Kimi, ma avrebbe potuto anche rimanere a casa, e in quella situazione non so quanto avrei preferito andarmene.
Arrivati a casa dei nostri amici, Sebastian mi restituisce le chiavi della mia macchina — sì gliel'ho fatta guidare questa volta, perché altrimenti mi avrebbe fatto i buchi nella schiena per l'eternità — e prende Elise. Io entro un attimo per salutare il mio capo e lo trovo intento a giocare con suo figlio al simulatore. È una cosa che fa spesso, soprattutto adesso che ha iniziato con i kart.
Appena entriamo, Sebastian in modo teatrale, si piazza davanti allo schermo, mentre dietro la macchina di Formula Uno — curiosamente una Ferrari — si schianta contro alle barriere del rettilineo di una pista a me sconosciuta, probabilmente perché non fa parte del calendario attuale.
Rianna invece è con Minttu, sta indossando una mini tuta da pilota, proprio come Robin. Minttu ne approfitta di questo momento e richiama i suoi due figli per fare una foto carina.
Io guardo la scena incuriosita, poi mi avvicino a Kimi.
«Boss!» Esclamo io per scherzare. So che a lui piace quando lo chiamò così, anche se lo faccio soltanto per divertimento. Dopotutto boss è sempre meglio di qualche altro nome, ma quello dipende sempre dal contesto.
Non c'è nessuno per me che sarà più boss di Kimi. Lui è l'unico e sempre lo sarà.
«Che bello rivederti, Mar!» Mi dice lui, alzandosi dal sedile del simulatore per salutarmi. Normalmente gli avrei dato una risposta del tipo 'No, tu invece non mi sei mancato per niente', ma gli voglio bene e in questo momento glielo voglio anche dimostrare, così dico «Anche tu, Kimi!» Il suo sguardo si sofferma brevemente su Elise, e quando lui alza gli occhi, lo vedo con un sorriso stampato sulle labbra.
«Bene, ora vorrei andare a fare un piccolo allenamento. Ero spaventata di aver perso le mie capacità, dopo tutto questo tempo, ma forse è proprio perché non ho avuto alte aspettative che non sono stata delusa da me stessa.» Confesso, un po' per informare Kimi dei miei progressi, e un po' perché mi va di farlo.
Sono così felice di essere salita sulla mia moto, che ho bisogno di qualcuno con cui condividere questa gioia.
«Ho il pilota migliore, l'ho sempre detto.» Afferma Kimi, incurvando la parte destra della sua bocca all'insù. È il suo celebre sorrisetto malvagio, e io so che quando ce l'ha, è perché è soddisfatto di qualcosa.
«Sisi, hai assolutamente ragione.» Dico io, facendogli l'occhiolino.
Prima di andare, Sebastian mi informa che i suoi genitori hanno chiesto di poter vedere di nuovo la bambina. Abitando lontani, non hanno molte occasioni per farlo, quindi li capisco. Adesso però, ho voglia di stare un po' a casa con mio marito; magari più avanti ne riparleremo. Per ora gli lascio detto quello che penso.
«Sei talmente poco a casa, che non me la sento di dire di partire per la Germania. Non è lontana, ma Pasqua è vicina, se vuoi possiamo organizzare un pranzo da loro, per me e per i miei non ci sarebbero problemi.»
«Sì, Mar, hai ragione. C'è ancora un mesetto, quindi possiamo organizzare con calma. Scusa se te l'ho detto adesso, ma non volevo dimenticarmi. Ora ti lascio andare, giuro.» Mi dice lui, inclinando il viso, per poi guardarmi negli occhi e darmi un bacio «Divertiti.»
«Certamente, e voi due fate i bravi.» Dico, rivolta anche ad Elise, in braccio a Sebastian.
Mi allontano, mentre Minttu e Kimi si scambiano uno sguardo d'intesa e si dicono apposta «Che carini!»
Loro due sono carini, altro che.
Vado in garage a prendere la mia moto, sperando di iniziare una sorta di routine quotidiana. Non penso di riuscire a venire qui tutti i giorni, ma quantomeno spero di allenarmi spesso. Forse non è tutto perduto, ripeto dentro di me, prima di iniziare a vestirmi.
[...]
Purtroppo il mio stato d'animo, a fine allenamento, è molto distante da quello dell'altro ieri. Comincio a pensare che tutta quella gioia e quella speranza, venissero dall'idea che fosse passato molto tempo da quando ero salita per l'ultima volta sulla mia moto.
Perché lo devo ammettere, ora sono abbastanza avvilita. Forse non dovrei trarre queste conclusioni, ma sì, il mio stato fisico deve ancora migliorare, ma migliorare di molto. Appena ho provato a spingere un po', ho sentito che no, non era ancora il momento giusto per farlo.
È bastato che facessi due giri con un certo ritmo, a lasciarmi completamente senza fiato. Non mi era mai capitato di sentire questo senso di affaticamento; perché quando mi allenavo costantemente non ci facevo più di tanto caso.
Ma il mio corpo è cambiato, e di conseguenza anche le mie condizioni fisiche, che, ora come ora, non sono per niente ottimali. Questa potrebbe essere una delle sfide più ardue della mia carriera, ma almeno ci devo provare. Se mi arrendessi proprio adesso, mi comporterei da codarda. E questo aggettivo non mi si addice per niente.
Quantomeno adesso tornerò a casa e cenerò con Sebastian. Potrei chiedergli di uscire a mangiare qualcosa; non ho moltissima voglia di cucinare. Gli parlerò delle mie sensazioni; sì, penso che mi farebbe bene parlare con lui.
E poi c'è Elise, lei mi farà tornare il sorriso.
Percorro il breve tratto che separa la pista dalla casa di Kimi, poi mi tolgo la tuta e il casco prima di entrare. Se mi mettessi nei panni di Minttu, non sarei molto felice di trovare dei pezzi di fango sparsi per la casa.
Mi tolgo gli stivali, lasciandoli all'entrata, e butto un'occhio sulla mia macchina. Penso di aver fatto bene a prenderla; farò un po' fatica a farla passare tra i vicoli di Ferrara, ma pazienza, ci farò l'abitudine.
Apro la porta e cammino scalza per raggiungere il soggiorno. Trovo Minttu e Kimi abbracciati, intenti a guardare la televisione.
Mi avvicino di più e mi accorgo che Minttu sta tenendo Elise fra le braccia; ad un certo punto entrambi i coniugi Raikkonen si accorgono della mia presenza, io gli sorrido e con lo sguardo cerco Sebastian.
Non lo vedo da nessuna parte; sarà andato in bagno.
«Tutto bene Mar?» Domanda Kimi, scostandosi un po' da Minttu.
«Abbastanza.» Dico io, cercando di non entrare nei dettagli. Sto ancora combattendo contro me stessa per provare ad essere forte. Voglio che quello di oggi sia solo un punto di inizio, non una sconfitta alla quale arrendersi subito.
Mi avvicino per riprendere Elise — realizzando inconsciamente di essere una mamma protettiva — proprio nel momento in cui Minttu inizia a parlare.
«Hanno chiamato Seb ed è dovuto tornare a Maranello. Non abbiamo capito bene il motivo-»
«Per delle cavolate.» La interrompe Kimi, poi continua «L'ho accompagnato all'aeroporto, comunque appena arriva, ha detto che ti telefona.»
Subito ci dò poco peso; in fondo è l'ennesima volta che succede. Ma poi ci penso, proprio perché Sebastian sarebbe dovuto rimanere a casa. Era da due settimane che mancava e, per importante che fosse, avrebbe potuto chiedere di essere lasciato in pace alcuni giorni. Sono un po' delusa dal fatto che non abbia chiesto di stare a casa. Avevo bisogno di lui; chiaramente Elise non può crescere solo con me, ha bisogno anche di suo padre.
Ma lascio queste considerazioni a me e a Sebastian; ora non mi resta altro che ringraziare i miei amici e salutarli.
«Sicura che non vuoi fermarti per la cena?» Mi domanda Minttu, mentre mi sto avviando verso la porta principale.
«No, mangio a casa, anche perché Elise avrà fame.» Dico, pregando che non insista ulteriormente. Non ce la faccio ora a stare in compagnia; devo andare a casa e telefonare a Sebastian.
Sarà doloroso sapere che non ci sarà, che questa sera non potremo uscire a cena insieme, sarà doloroso non poter contare più su di lui. Perché, cosa devo fare? Se continuo ad illudermi che ci sarà, illudermi che lo avrò a casa per qualche giorno, quando so benissimo che non andrà così.
Stringo Elise tra le mie braccia, prima di allacciarla con cautela con le cinture del seggiolino, poi le sussurro «Porta pazienza El, d'ora in poi dovremmo farci bastare soltanto noi due.» Dico queste parole quasi piangendo, chiudo la portiera e mi vado a sedere nel posto guida.
Solo che non riesco a trattenere le lacrime, inizio a piangere mentre faccio manovra per tornare a casa. Se solo Sebastian si rendesse conto di quello che ho sacrificato per questa famiglia, se mi dimostrasse di non pensare solo al lavoro, sarebbe diverso.
Il problema è che non lo è.
Sebastian ora è di nuovo a Maranello e io sono a casa, impegnata ad accudire mia figlia da sola.
Di nuovo.
Non credo di potercela fare ancora, non credo di poter riuscire a convincermi ancora di aver preso la decisione giusta. Avrei dovuto essere fedele a quello che avevo giurato a me stessa.
Non avrei dovuto fidarmi dei piloti.
Jeffrey Herlings,
Sebastian Vettel.
Sono tutti uguali alla fine, pensano sempre e solo a loro stessi.
—
Questo non è un vero e proprio annuncio, vi lascio con questa foto. Stampatela e tenetela come santino; ce ne sarà bisogno per i prossimi capitoli 🤧
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