47. Il mio destino

Martina

«Papà ha vinto, ha vinto la prima gara della stagione! Hai visto Elise?» Dico io, avvicinando il mio viso al suo, per poterle baciare la guancia.

Non siamo potute andare in Australia, perciò abbiamo seguito la gara in televisione.

«È stato tanto bravo.» Continuo a dire, mentre lei mi fissa con il suo sorrisino adorabile. Ha gli occhi azzurrissimi, proprio come quelli di Sebastian. Quanto lo vorrei abbracciare in questo momento! Tra una cosa e l'altra, è da due settimane che non ci vediamo. Non solo mi manca fisicamente, ma, oltre a questo, la sua presenza mi aiuterebbe un po' con la bambina. Per quanto possa essere brava, ha ancora i suoi ritmi e devo svegliarmi spesso per allattarla e, di conseguenza, sono distrutta.

Ma oggi sono a casa di Kimi e non sono sola qui; sul divano, di fianco a me, c'è Minttu. Per fortuna che c'è lei a darmi una mano. È davvero un'amica, perché quantomeno mi offre il supporto morale di cui ho bisogno. Insomma, i suoi figli stanno crescendo, quindi non è più impegnata, rispetto ad un anno fa. Vorrei tanto essere come lei e sentire la mancanza di Sebastian di meno; ma il fatto è che ho davvero bisogno di lui. Per fortuna tornerà a casa domani. Non avendo scelto di fare affidamento su una tata, devo fare tutto io e, quando c'è Sebastian, almeno ho un po' di tempo per me stessa.

Io e Minttu guardiamo attentamente anche le interviste del retro-podio; io speranzosa perché quest'anno la macchina sembra molto competitiva, Minttu altrettanto felice perché suo marito è riuscito a piazzarsi nei primi dieci e a portare a casa i primi punti della stagione.

«Dovresti davvero farlo. Ora che ne hai la possibilità, dovresti farlo.» Mi dice Minttu, riferendosi al nostro discorso di questa mattina. Avevo pensato di riprendere ad andare in moto, visto che è da prima di restare incinta che non la uso. Quasi subito dopo il parto ho incominciato ad allenarmi in palestra per ritornare in forma. Ho seguito i consigli del mio preparatore alla perfezione e quindi ora sarei pronta per farmi un giro. Dopotutto non è che comporti chissà che; si tratta solo di sedersi in sella e accelerare.

Tutto qui.

«Non so se Sebastian sarebbe d'accordo; è vero, ho già partorito, però devo ancora fare la mamma. Se poi si fa male la mamma, chi la tiene la figlia?» Domando io, prima di rimettere Elise a dormire. Ha un po' sonnecchiato durante il Gran Premio, ma è pomeriggio e non ha ancora riposato abbastanza.

«Da quando hai paura? Avanti, l'hai sempre fatto, devi riprendere! Sfrutta l'occasione, starò io in casa. Se avrai bisogno, sarò da te in cinque minuti.» Mi assicura Minttu, per provare a convincermi.

Effettivamente non so perché io mi stia facendo tutti questi problemi. Non mi è mai successo niente — a parte quando Jeffrey Herlings mi ha fatta cadere di proposito — ma in quel caso è stato lui a fare lo stupido.

«Dai, va bene!» Dico io finalmente. In fin dei conti, quando sarò nella nostra casa in Svizzera o in Italia dubito che avrò altre occasioni.

Lascio la sala, diretta verso il garage di Kimi. Noto con sorpresa che dall'ultima volta ci sono moto nuove, ma la mia rimane sempre lì, nel suo solito posto. Il finlandese mi aveva detto che non mi avrebbe sostituita e che avrebbe puntato su un solo pilota quest'anno, considerandolo un 'periodo di transizione'. Ma vedere che, dopo tutto questo tempo, le cose non sono ancora cambiate, mi rende felice.

Non ho chiesto una cosa semplice a Kimi. Gli ho di fatto impedito di vincere un mondiale e di partecipare ad una nuova stagione, ma chi avrebbe guidato al posto mio? Probabilmente era una domanda che si è fatto anche lui; ero io quella in lotta per un mondiale e sinceramente non so chi altro ci sarebbe riuscito, guidando la mia moto.

Il mio stato di euforia, misto ad un sentimento smisurato di anticipazione, non fa altro che aumentare quando scopro di rientrare perfettamente dentro alla mia vecchia tuta. Infatti avevo accumulato all'incirca dieci chili, ma poi sono riuscita a smaltirli velocemente.

Mi infilo gli stivali, ripensando a tutte quelle volte in cui ho pianto perché non potevo usare la mia moto. È stato assolutamente il sacrificio più estremo della mia vita, e adesso quasi non mi sembra reale. Dopo più di nove mesi, ritornerò in sella.

Allaccio il casco, tralasciando i riccioli che spuntano un po' dai lati. Ho voglia di sporcarmi; di riempirmi di fango quasi fino sopra il collo, e vedere la tuta con gli sponsor oscurati dalla polvere del terreno. Questo è il mio mondo, e non c'è nulla che mi possa fare cambiare idea.

Sono destinata a scendere dalla moto e slacciarmi la cerniera, con i pezzi di terra che cadono sul pavimento. Di solito, quando questo succede, vuol dire che l'allenamento è stato efficace. Ma oggi non intendo riprendere subito con l'allenamento; prima devo iniziare con qualcosa di poco stancante, giusto per abituarmi di nuovo alla mia moto.

Così salgo sulla mia moto, la accendo e parto. Credo di avere la pelle d'oca, dal tanto che mi è mancata questa sensazione. Percorro i primi metri come se stessi per prendere il volo; non vado forte però, dopo essere stata per tanto tempo ferma, mi sembra quasi di aver accelerato l'intero moto terrestre. Mi è mancata davvero questa sensazione; di sicuro farò in modo di tornare sulla mia moto il prima possibile.

Intraprendo un sentiero boscoso fino ad arrivare alla pista di allenamento. Preferirei di gran lunga fare un percorso in mezzo al bosco, ma per oggi è meglio che io mi mantenga lontana dai guai.

Ripenso a quello che ha detto Minttu. Non sono d'accordo; non ho mai avuto paura del mio sport, perché, se l'avessi fatto, sarebbe stata una tortura. Ma forse, la parte di verità sta nel timore di lasciare solo qualcuno che potrebbe avere bisogno di me in futuro. E quindi non si tratta soltanto di Sebastian; si tratta soprattutto di Elise.

Con queste considerazioni in mente, faccio un paio di giri del tracciato, finché le gambe non mi iniziano a tremare. Per oggi può bastare così; di certo non è il momento più adatto per andare oltre i miei limiti.

Imbocco il vialetto della casa di Kimi, mantenendomi sull'erba per non lasciare pezzi di fango sulla parte lastricata.

Al mio ritorno, scopro di essere stata fuori più del previsto; quasi due ore e mezza, ma ci voleva. Spero che Elise non abbia dato problemi a Minttu.

Per fortuna, quando rientro, trovo la mia amica intenta a sistemarsi le sopracciglia. A quanto pare mia figlia è stata tranquilla.

«Sta ancora dormendo.» Mi dice lei con un sorriso. Vado a controllare, e mi accorgo effettivamente che sì, sta ancora riposando. Allora ringrazio Minttu e mi vado a fare una doccia veloce. Dopo questo sarò pronta per tornare ad essere una mamma operativa. Ed infatti è così; appena finisco di asciugarmi i capelli, mi dedico ad Elise.

Per cena rimango a mangiare una pizza in compagnia, poi decido di tornare a casa; a casa mia. Quando non c'è Sebastian, la sua casa è così vuota quasi da far paura, perciò, dato che ho ancora la mia, qui in Svizzera, torno là.

Anche casa mia è piuttosto vuota, ma è un ambiente più famigliare, quindi posso farmi coraggio. Prima di dormire, provo a chiamare Sebastian. Non l'ho ancora sentito in tutto oggi; i tempi sono cambiati, adesso lascio che finisca le interviste, prima di provare a contattarlo. Tanto ormai lo sa; qualunque risultato ottenga, sarò sempre fiera di lui.

Non ho idea di che ore siano dalle sue parti, so solo che quando chiamo, lui non risponde. Gli lascio un messaggio e gli dico di richiamarmi appena può, tranquillizzandolo che sta andando tutto bene. Poi mi addormendo, pregando che Sebastian ritorni presto.

Non vedo l'ora di raccontargli di oggi. È stato davvero bello; spero vivamente di tornare presto in moto. Così facendo, potrei recuperare i ritmi di gara — e forse fare anche qualche tappa del mondiale — come mi aveva consigliato di fare Kimi, che ha deciso di iscrivermi lo stesso al campionato, in modo da darmi tutte le possibilità del caso.

Spero che Sebastian sia felice, quando sentirà che sono tornata a guidare. Lui ha riposto la sua fiducia in me, e io non vedo l'ora di ripagarlo.

Buonasera!

Fino a qui ho vissuto una settimana abbastanza intensa, ma non per questo meno bella. Lunedì è venuto a parlarci un ingegnere che era capo dell'aerodinamica in Sauber, anche se ha lavorato anche in Ferrari e in Benetton. Ci ha raccontato anche degli aneddoti su Charles, Kimi, Giovinazzi e Schumi. È stato davvero molto interessante, inoltre, nonostante avesse tenuto la lezione interamente in inglese, è riuscito a trasmetterci tutta la sua passione per il suo lavoro.

Spero che facciano altri eventi del genere, perché sono davvero molto stimolanti.

L'altro ieri sono andata al cinema a vedere C'era una volta a Hollywood. È stato un film molto particolare, e ho detto tutto.

Buona fine settimana 💓

* Poesia nel banner di Bertolt Brecht Morgens und Abends zu lesen [Da leggere il mattino e la sera]

Traduzione:

Quello che amo mi ha detto
che ha bisogno di me
Per questo
ho cura di me stessa
guardo dove cammino e
temo che ogni goccia di pioggia
mi possa uccidere.

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