43. Posso piangere
[otto mesi dopo.]
Martina
«Elise, Elise Vettel, amore mio, sei bellissima.» Dice Sebastian, avvicinandosi a noi. E' il nostro primo momento da soli; noi tre, in famiglia. Sebastian le dà un buffetto su una guanciotta, poi si abbassa per darmi un bacio. «Ti amo Mar, sei stata bravissima. Ti ammiro per tutto quello che hai fatto in questi mesi, non so neanche cosa dire, sono felicissimo.»
Sorrido a Sebastian, stringendo con affetto mia figlia. Non riesco a credere che sia finalmente tra le mie braccia. Solo poche ore fa era nella mia pancia; io e Sebastian abbiamo aspettato con ansia il suo arrivo.
Diciamo che è la nostra consolazione per non aver vinto il Mondiale; Sebastian ci riproverà quest'anno, mentre io probabilmente cercherò di partecipare a qualche gara a fine stagione. In questo momento Elise è più importante di qualsiasi altra cosa; voglio stare con lei il più possibile, perché so che questi attimi non me li darà indietro nessuno. Non mi sembra il caso di affidarla ad una tata 24 ore su 24. Voglio che cresca con me, non con una sconosciuta.
«Posso dare un bacio anche a lei?» Chiede Sebastian un po' titubante, riferendosi a Elise.
Mi viene da ridere, ma poi dico «E' tua figlia, certo che puoi.»
«Hai fatto così tanto, e lei mi sembra così fragile. Non sto ancora realizzando pienamente di averla qui... Ho passato così tanto tempo ad immaginare che aspetto avesse, ma adesso io... La amo.» Dice, prima di premere le labbra sulla sua guanciotta tonda.
«I suoi occhi sembrano i tuoi.» Afferma convinto, osservandola da vicino. Sono piuttosto gonfi e arrossati, ma è normale; è nata da un paio di ore.
«A me sembrano più simili ai tuoi, comunque fa lo stesso, sono azzurri; entrambi abbiamo gli occhi azzurri.» Gli faccio notare io, sorridendo spontaneamente a Elise. Ci sta guardando con i suoi due occhioni grandi, e mi chiedo che cosa stia pensando di noi. Chissà se, anche lei, pensava a come sarebbero stati i suoi genitori. Una cosa è certa; io l'ho amata fin dal primo momento, quindi il mio affetto le sarà arrivato sicuramente.
«Sebastian, mi aiuteresti? I dottori mi hanno detto che se voglio, posso andare a fare una doccia. Ho già allattato la bambina, quindi dovrebbe essere tranquilla. Potresti tenermela tu? Non mi va di farla riportare nella nursery.» Lui mi guarda confuso e mi domanda «Ti fidi di me?»
Sorrido ancora una volta e dico «Ma certo, altrimenti non te l'avrei chiesto. Mi fido di te, Seb. Sono convinta che sarai un bravissimo padre, perché sei premuroso e molto affettuoso.» Posso capire che è soddisfatto dalle mie parole, ma in fin dei conti è davvero quello che penso.
Cautamente lascio che prenda Elise tra le braccia, poi mi alzo, aiutandomi con la spalliera del letto dell'ospedale. Ho male dappertutto, soprattutto alle gambe e sì, là sotto. Elise però si mette subito a piangere, facendo spaventare Sebastian.
«Tranquillo, si abituerà a te. Abbi pazienza, ci conosce da poco; era abituata a stare al caldo e a sentire il mondo circostante attraverso di me.» Gli dico io, prima di sparire in bagno. Credo di non aver mai desiderato una doccia così tanto.
Mi tolgo il camice e mi lego meglio i capelli; non ho voglia di lavarli ora, lo farò una volta tornata a casa. E' già molto che io abbia ancora le forze per stare in piedi, quindi faccio in fretta. Non so se sia il rumore dell'acqua, ma non mi sembra di sentire Elise piangere. Sono contenta che adesso sia con Sebastian; starà bene con lui, ne sono certa. E ne ho la prova, quando, uscita dal bagno, vedo Elise dormire pacificamente sul petto di Sebastian. Mi viene da piangere di gioia, e penso sia perché ho ancora molti ormoni in corpo. Ma sì dai, alla fine in questi casi posso piangere.
Faccio piano per paura di svegliarla, ma qualcosa mi dice che stia dormendo proprio pesantemente. Prendo il telefono dal tavolino in cui ci sono tutti i miei oggetti personali e scatto un paio di foto.
«È bastato che la tenessi, e si è subito addormentata.» Sussurra Sebastian con gli occhi lucidi. Dio mio, oggi siamo entrambi due fontane. Non penso che ci sia una gioia più grande; forse il matrimonio, ma è comunque una cosa diversa.
«Le ho insegnato ad amarti, allo stesso modo in cui io amo te.» Gli dico io, prima di avvicinarmi.
«Puoi andare a fare un giro se vuoi, è tutto sotto controllo. Penso che tu te la sia meritata, una bella pausa.» Mi dice lui, prendendo la manina di Elise fra le sue dita.
«L'unico posto in cui ho il permesso di andare forse è il corridoio. Però, ad essere sincera, non mi va di sentire gli urli delle altre donne partorienti. Ne ho già avuto abbastanza. Non vedo l'ora di andare a casa.» Gli confesso, sedendomi di nuovo sul letto. Penso di avere già esaurito le poche energie che mi erano rimaste. Ho una fame, che potrei divorare benissimo una balena.
«A proposito di questo. Prima sono venuti i dottori e hanno detto che, se tu ti senti bene, possiamo tornare a casa anche subito. La bambina è sana e, a meno che non ci siano particolari esigenze, non c'è bisogno di stare qui ad occupare una stanza di ospedale.» Mi spiega Sebastian.
«Sto bene, ma non sapevo che... Potessimo andare a casa subito.» Rispondo io sorpresa.
«Mar, questa è uno dei tanti privilegi di chiamarsi Vettel.» Mi fa una specie di occhiolino, prima di continuare «Abitiamo vicino all'ospedale, se c'è qualcosa, arriveremo qui in meno di cinque minuti.»
Mi lascio convincere abbastanza velocemente, anche perché davvero, il bisogno di mangiare qualcosa che non sia cibo dell'ospedale, e di dormire nel mio letto, supera qualsiasi cosa.
Soltanto quando sono a casa e mi ritrovo a dover cambiare il mio primo pannolino da sola, rimpiango forse un po' di non avere più le infermiere con me.
«Hai bisogno di aiuto?» Mi chiede Sebastian, entrando in bagno.
«Sai che ho una pessima memoria. Anche se mi hanno fatto vedere, non sono sicura di aver fatto tutto bene. Tu ti ricordi?»
«Mi chiedo come tu faccia a ricordarti le piste.» Scherza lui, sto per dirgli un sincero vaffanculo, ma mi trattengo perché qui c'è anche Elise. Se mi abituo a parlare così in sua presenza, non mi auto-censurerò mai più.
«Comunque sì. Penso tu abbia fatto tutto bene. Non ti devi preoccupare.» Dice lui, prima di darmi un bacio sulla spalla.
«Ti ho avvertito, sono una pessima madre.» Dico io, prima di ridere nervosamente.
«Hai appena iniziato, però hai fatto tutto perfettamente, fino a qui. Non avere paura di sbagliare; non penso ci sia un modo giusto per fare il genitore.» Finisco di chiudere il pannolino, poi rimetto la tutina a Elise. Fra poco la dovrò allattare di nuovo, però prima ho bisogno di mangiare qualcosa.
«Hai fame? Vuoi che cucini?» Mi domanda Sebastian, mentre usciamo dal bagno.
«Sì, era una domanda retorica vero? Fra un po' mangio anche te.»
«Interessante.» Risponde lui, rivolgendomi un'occhiata maliziosa.
«Sebastian! Allora questo cibo lo prepariamo o no?» Lo rimprovero io, perdendo la pazienza.
Elise spaventata inizia a piangere, mentre Sebastian inizia a ridere.
«Vedi, lei mi capisce! Ha preso paura per me.» Scuoto la testa e provo a fare capire a Elise che si deve tranquillizzare. Pensavo fosse una bambina tranquilla, fino a questo momento; purtroppo ho parlato troppo presto. Piange per almeno un dieci minuti, e per farla stare zitta la devo allattare. Immagino che la prossima volta imparerò a controllare la mia rabbia.
E soprattutto il mio tono di voce.
L'unica cosa positiva in tutto questo, è che Sebastian prepara la cena. Mangio con Elise in braccio per farmi perdonare. Non volevo spaventarla; ora sta dormendo pacificamente, e riesco a cenare in tranquillità.
Dopo mangiato, Sebastian si offre di aiutarmi «Prenditi pure il tuo tempo. Fai un'altra doccia e rilassati. Al resto ci penserò io.»
«Sì ma bisogna ancora sparecchiare, e la bambina-»
«Non preoccuparti, ne hai bisogno. Vedrai che riuscirò a fare tutto.» Preferisco non chiedermi come Sebastian possa riuscire a tenere contemporaneamente la bambina e mettere a posto la cucina, perché forse è meglio così.
Gliela lascio in braccio e vado a lavarmi un'altra volta. Riempio la vasca da bagno e intanto che aspetto che sia pronta, rispondo ad un po' di messaggi che in queste ultime ore ho ignorato.
Domani verranno i colleghi di Sebastian a trovarci, e tutti gli altri amici che oggi non sono riusciti a venire. Le uniche persone che abbiamo visto oggi sono stati i miei e i suoi parenti; è già stato tanto così, considerando che, in quelle condizioni, non avevo voglia di vedere praticamente nessuno.
Quando entro nella vasca da bagno, subito mi rilasso. L'acqua è della giusta temperatura e l'odore dell'olio da bagno è proprio quello che ci vuole per farmi dimenticare la puzza di disinfettate dell'ospedale.
Sono felice che sia andato tutto bene.
Quando finisco di lavarmi anche i capelli, corro in cucina per riprendere Elise. Dovrei ammetterlo sì, mi manca già. Eravamo praticamente una cosa sola fino a sta mattina, quindi penso sia normale sentirsi così.
Le luci della cucina però sono spente. Le accendo e vedo che è tutto in ordine; invece di Sebastian e di Elise non c'è nessuna traccia. Li trovo entrambi addormentati sul letto. Non so davvero come Sebastian abbia fatto a fare entrambe le cose contemporaneamente; evidentemente l'avevo un pochino sottovalutato.
Spengo il telefono e mi sdraio sulla mia parte di letto. Sebastian apre gli occhi, ma per fortuna Elise no.
«Tutto bene?» Domanda lui piano.
«Sì.» Rispondo io con un sorriso stampato sulle labbra.
Segue un breve silenzio, in cui mi chiedo se sia meglio mettere Elise a dormire nella sua culla, oppure no, ma alla fine decido che no, è meglio che resti a dormire con noi.
È stata una lunga giornata, ma è solo l'inizio di una nuova vita.
Con Sebastian e con Elise.
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