35. Gatta
Martina
Attraverso le mura della mia città soltanto al calare del sole del giorno successivo. Durante lo scalo a Dubai, ho dovuto aspettare quasi tre ore in più per un improvviso ritardo del volo. Qualche guasto ha fermato l'aereo che avrebbe dovuto portarmi in Italia, quindi hanno dovuto dirottarmi su un altro volo. Ho passato il tempo a girovagare per i negozi dell'aeroporto, anche se l'odore dei profumi, unito ad altre svariate fragranze, mi ha quasi fatto tornare la nausea.
Mi sono allontanata giusto in tempo. Devo ancora dare un po' di tempo al mio organismo per riprendersi del tutto. Almeno sono sicura di non essere incinta, perché da sabato non sono più stata male.
Ma il caldo è soffocante; in aeroporto c'era l'aria condizionata che non funziona e ora non vedo l'ora di farmi una doccia gelata.
Letteralmente gelata.
Non mi interessa se mi si informicoleranno le gambe per via della vasocostrizione; evidentemente non è bastata la temperatura polare sul volo di poco fa ad abbassare la temperatura del mio corpo. Oppure se un po' è scesa, è subito risalita. Ho dovuto affrontare il traffico di Milano, seguito da altre tre ore di autostrada per tornare a casa.
Ma Ferrara è così bella.
Percorrerei il globo terrestre infinite volte pur di vederla ancora. E' un delle poche città che ha quasi completamente intatte le sue mura perimetrali. Di notte, tutte illuminate, sono fantastiche. Dovrei portarci Sebastian una di queste sere. Penso che gli potrebbero piacere.
Osservo la mia città, un po' stordita dal caldo, vivere i suoi ultimi attimi di vita prima di ritirarsi silenziosamente verso un'altra notte tranquilla. Eppure è viva; nelle case ci sono ancora tutte le luci accese, anche se presto spariranno.
Lunedì è una giornata dura per tutti.
Ancora poco e sarò a casa; intanto osservo attorno a me i palazzi cinquecenteschi ai lati della via principale, poi il Castello Estense e altri palazzi, diventati ormai gli unici edifici ospitanti negozi di grandi marche di lusso.
Ho tanto tempo per assaporare di nuovo quello che si prova a rivedere una cosa da me così amata; ogni duecento metri c'è un semaforo rosso. Verrà il Diluvio Universale il giorno in cui decideranno di sincronizzarli come si deve. A questo punto penso mai, dato che quello c'è già stato.
Ma Ferrara è anche questo; dopotutto, quello che conta davvero qui, sono le biciclette.
Passo davanti al vecchio ospedale Sant'Anna, faccio la rotonda ed esco alla prima uscita. Da lì è soltanto un districarsi tra le piccole e strette vie del centro, ma le conosco così bene, che arrivo davanti a casa mia soltanto cinque minuti dopo. Ci sono cresciuta io, qui. Non potrei fare altrimenti.
Quando il portone del garage si apre, noto che non è vuoto; c'è la macchina di Sebastian. Parcheggio di fianco alla sua Stelvio, poi esco e prendo i miei bagagli. Mi sembra che siano pesantissimi, anche se non lo sono. E' colpa del caldo che rende tutto più difficile. Sembra di stare all'interno di un forno non ventilato, proprio quando raggiunge la temperatura più alta.
E pensare che l'ultima volta, quando sono stata qui, indossavo il piumino.
Esco dal garage, poi faccio qualche passo. Da qui posso già vedere le luci accese in casa mia. Sono soffuse, ma si notano distintamente, nel buio della sera appena inoltrata.
Sento le mie gambe sorreggermi a fatica, a causa dal caldo, ma per fortuna entro in casa e sento subito che c'è l'aria condizionata accesa.
Grazie Sebastian, ti amo proprio davvero tanto. Penso dentro di me, sicura di non aver fatto un errore grammaticale nella mia testa. Quel 'proprio davvero tanto' è solo un mio modo per superare un superlativo assoluto. Sorrido tra me e me, poi salgo le scale per raggiungere il mio appartamento.
«Sono a casa!» Esclamo, aprendo la porta d'ingresso. Ma non sento nessuna risposta. Mi guardo intorno incuriosita da quelle luci accese, anche se in cucina e in sala non c'è nessuno. Respiro l'odore di casa, ma non c'è solo questo. Sento l'odore di Sebastian e anche del mio bagnoschiuma. Ha fatto la doccia, posso capirlo da qui.
Chissà se sarà vestito o svestito; nel dubbio, mi aggiro all'interno della mia stessa casa, sentendomi quasi una straniera. Ma non c'è molto da scoprire; l'ultima stanza che mi rimane da vedere è la mia camera da letto. Sebastian sarà di sicuro lì.
Noto che la porta è aperta, le luci sono tutte spente, a parte quella del comodino dal lato destro del letto.
Rimango sorpresa quando incontro non due, ma quattro occhi. Ma sono tranquilla, perché due non sono umani.
«Sebastian.» Dico io senza fiato. Un po' per via del caldo, un po' per via della vista che ho di fronte.
Sebastian è disteso sul letto, con in mano una specie di agenda e una penna. Sul suo petto è distesa una delle due gatte dei miei genitori, Dafne. La sento miagolare, poi dico «Non rubarmi Sebastian, gatta, vai via di qui!»
Faccio un gesto con la mano, ma lei non se ne va. Sebastian appoggia la sua agenda sul letto richiudendo la penna, poi allunga una mano per accarezzare la gatta.
Maledetta gatta. E' sempre tra i piedi.
E per la cronaca, sì, sono gelosa della gatta dei miei genitori. Già mi stava poco simpatica per via del suo carattere scontroso, adesso la vorrei proprio cacciare. Devo ammettere però che Sebastian è davvero bello con quella gatta sul petto. Lo è senza, figuriamoci con.
Sento la gatta fare le fusa. Le farei anche io, se fossi al suo posto.
Sebastian nota che i miei occhi si sono soffermati più volte sul suo corpo quasi nudo — a parte l'asciugamano che ha intorno alla vita — e sul suo petto profanato da quella gatta.
La odio con tutta me stessa.
«Sei gelosa, Rossi?» Ha trovato il modo di ripagarmi con la mia stessa moneta.
«Solo io posso chiamarti Vettel.» Dico scherzando. Lui continua ad accarezzare Dafne sotto il muso e le fusa della gatta sono sempre più forti.
Ma lo fa apposta?
Suppongo di sì.
«Ma non ti ho chiamata Vettel, ti ho chiamata Rossi. E' il tuo cognome, non ho fatto nulla di male.»
Frustrata, alzo gli occhi al cielo. «C'è posto anche per me, sul letto, oppure solo per la gatta?» Domando poi io. Sebastian mi afferra il polso e mi avvicina a sé. La gatta è obbligata ad andarsene. Finalmente.
«Mhmmm Martina.» Mi dice lui, attirandomi a sé. Mi dà un bacio sulle labbra, poi mi sposta i capelli e fa scendere le sue labbra sul mio collo.
«Sei troppo vestita. Devo rimediare.» Dice, prima di sfilarmi la maglia. Nel fare ciò, si apre l'asciugamano che ha in vita.
Potrei essere stata io a farlo cadere.
«Sono meglio di quella gatta?» Domando, mentre lui continua a svestirmi.
Dafne è sparita. Meglio così; mi sentirei a disagio se avessi gli occhi di quella gatta infernale addosso. Perché lei e Cloe non rimangono a casa dei miei e vengono sempre qui? Sono sicura che comprendano l'odio che ho nei loro confronti.
Sebastian non risponde e mi bacia, premendo le sue mani sulla mia nuca, in modo da avvicinarmi a lui il più possibile.
«Sai Mar? Ricordo quando una sera, in questa stanza, mi hai detto che odiavi i baci sulla testa. La mia domanda è... Li odi ancora?»
Io sorrido e rispondo «Certo, li odio fino alla morte.»
«Neanche se sono miei, i baci?»
Scuoto la testa e dico «So perché te lo ricordi. Quello stupido gioco ti è rimasto nella testa!» Poi inizio a ridere, felice di poter sentire il suo petto contro il mio. La sensazione pelle contro pelle è sempre la migliore.
«Ricordo ogni attimo di noi. Da quando mi urlavi in faccia, da quando mi hai chiuso la parta di casa in faccia, a quando ho scoperto i tuoi sogni, il tuo corpo, il tuo amore. E sì, ricordo quel gioco. Ti va di rifarlo? Avrebbe poco senso però, tanto conosco già i tuoi punti deboli.» Dice lui, prima di darmi un paio di baci a piena bocca sul collo, premendo il suo bacino contro il mio.
«Hai appena detto 'punti deboli', Vettel? Te ne potresti pentire.»
Lui però ritorna sulle mie labbra e inizia a sorridere, poi solleva il corpo e lo abbassa, togliendomi in respiro, facendomi sentire come se stessi guardando una strada dal centesimo piano, con la paura che qualcuno mi possa dare una spinta da dietro per farmi cadere. Questa volta però, abbiamo saltato i formalismi.
E i fantasmi non esistono più. Non sono mai esistiti, in verità.
Meglio così.
Tanto sappiamo già che cosa vogliamo.
—
Eh eh, fa caldo qui, cosa dite? 🔥
Io dico che fa molto caldo.
Martina allora non è incinta. Free Practice? 🤔
Nel dubbio, facciamo questi #tb riportando ai vecchi splendori certi giochi poco innocenti 😜
E Dafne la gatta? Sebastian si è divertito a istigare la Mar, però c'è da dire che alla fine ha ottenuto il risultato sperato.
Bravo Sebastian, ora che abbiamo scoperto che è anche uno scrittore a tempo perso, che scrive con una gatta accoccolata sul petto, la mia vita è completa.
Marstian o Dafstian?
A voi la scelta 😘
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