31. Debolezze
Sebastian
«Ciao Lewis! Non mi aspettavo di vederti qui e no, non mi sento fuori posto; sono solo uscito per prendere un po' d'aria.» Rispondo io, vedendolo camminare avanti e indietro con le mani in tasca.
Segue un momento di silenzio, poi lui si siede su un muretto, lasciando le gambe a penzoloni. Sembra stranamente irrequieto.
«Stavo passeggiando dietro casa, quando sono finito qui. Ovviamente non mi volevo aggregare alla festa, mi sarei sentito fuori posto...» Spiega lui, mentre io sono indeciso sul da farsi. Dovrei sedermi vicino a lui, oppure augurargli semplicemente di passare una bella serata e tornare dentro? Qualcosa mi dice che, se Lewis ha cercato di fare conversazione con me, c'è un motivo valido affinché io non me ne vada.
«Puoi venire se vuoi, ci sono anche Daniel e Kimi, non penso sia un grande problema.» Rispondo io, facendo un salto per sistemarmi sul muretto. Non sto guardando Lewis, nemmeno lui lo sta facendo con me, o almeno è quello che credo.
«Penso che lo sia, dal momento che io sono un pilota della Mercedes e la festa è organizzata dalla Ferrari.» Rimarca lui in tono un po' seccato.
Non so cosa dire, e onestamente non ho voglia di dare inutilmente aria alla mia bocca. Dopo aver invitato Lewis alla festa, non so che altro potrei fare per fare andare avanti questa conversazione. In fin dei conti, non capita molte volte che noi due ci confrontiamo all'infuori di una gara.
«Solo perché sei un avversario, non vuol dire che tu non debba venire.» Continuo io, nonostante abbia la sensazione di non stare andando da nessuna parte.
«Non è questo il punto, Seb. Non mi interessa venire alla festa.» Ripete lui, quasi sull'orlo di avere una crisi di nervi. Respira affannosamente, come per trattenere un urlo o della rabbia repressa, mentre io sono sempre più confuso. Che cosa gli sta succedendo? Non penso di essere la causa di tutto ciò, e tra l'altro non riesco a capire perché lui abbia voluto rendermi partecipe del suo sfogo.
«E allora qual'è il punto, Lewis? Se non vuoi venire alla festa, perché non torni a casa? Va bene che Monte-Carlo non è tanto grande, ma ci sono tanti posti in cui avresti potuto andare a fare una passeggiata serale!»
«Stai cercando di fare il mio psicanalista, Vettel? A quanto pare ti sto proprio così antipatico...» Oddio no, ancora quel modo di chiamarmi. Spero che Lewis non si sia messo d'accordo con Martina.
«Non mi stai antipatico Lewis, stavo solo cercando di aiutarti. E scusami se ho invaso la tua privacy, dopo che tu mi hai chiamato. Torno dentro ora, così non ti disturbo più.» Dico, prima di saltare giù dal muretto.
Ma cinque parole mi impediscono di fare qualsiasi altro movimento «Non voglio che tu vada.» Dice Lewis con un filo di voce. Stupefatto, alzo lo sguardo per guardarlo in faccia, ma tutto quello che riesco a vedere è la luce dei lampioni e quella più lontana della luna. Il suo volto, in controluce, è impossibile da decifrare.
«Sei sempre stata una persona da ammirare, Sebastian. Ho sempre avuto il massimo rispetto nei tuoi confronti e non voglio darti impressioni sbagliate. Sai che in me puoi trovare un amico. E' solo... è solo che...» Si interrompe, lasciando la frase a metà.
Si porta una mano sul volto e si copre gli occhi.
Si tratta di Niki, penso dentro di me. Ho avuto modo di conoscere Lewis e so che dietro al suo forte carattere si nasconde qualche debolezza. Tutti abbiamo delle debolezze; c'è chi riesce a nasconderle come lui, e c'è chi è un po' meno bravo a farlo.
Ma tutti abbiamo le nostre debolezze.
«Ho perso una persona importante, Seb. E io... comincio ad essere stanco delle persone che se ne vanno dalla mia vita. Abbiamo quasi la stessa età, eppure tu hai una splendida donna al tuo fianco, tanti tifosi a casa che ti supportano anche quando non vinci. Amici, parenti, affetto... Io invece non faccio altro che allontanare le persone; distruggo tutto quello che ho, con le mie stesse mani. Perfino quelli che vogliono stare con me, pian piano, se ne vanno.» Dice Lewis con una voce così frammentata, così rotta dal pianto, che mi viene spontaneo avvicinarmi e abbracciarlo «Sono sicuro che se Niki avesse potuto, sarebbe rimasto con noi. Non ha scelto lui di andarsene, Lewis.» Gli dico io, mantenendo un tono calmo di voce. Benché io sia toccato soltanto in parte da questa storia, vedere Lewis così mi rende molto triste.
«Invece ci sono tante persone che hanno scelto di andarsene, Seb. L'hanno scelto perché non gli andavo più bene. Pensano che io sia un oggetto da usare soltanto per la mia celebrità. Ma io non lo sono; sono una persona fragile. Voglio essere trattato con cura e non prendere soltanto schiaffi in faccia.» In questo momento desidererei essere la mamma di Lewis per riuscire a dargli i giusti consigli. Non so che rapporti abbia con i sui genitori o con la gente che gli sta attorno, ma suppongo che, dato che si è rivolto a me, questa sera, non siano proprio dei migliori.
«E, come se la perdita di Niki non fosse bastata, questa sera ho rivisto Lindsey. E' stato come ricevere una secchiata di acqua gelida, perché avevo già superato la fine della nostra storia; è già passato parecchio tempo, ormai. Eppure continua a farmi male: è bastato rivederla, perché mi tornasse in mente tutto il dolore che mi ha causato. Stavo per chiederle la mano, sai? Quella sera le avrei chiesto di sposarmi, se non mi avesse invitato nel ristorante più snob di Londra, solo per dirmi che aveva bisogno di concentrarsi sul suo sport e che non voleva distrazioni. Praticamente aveva confessato che per lei non valevo nulla.»
Martina seriamente, dove sei? C'è bisogno di qualche consiglio femminile qui; sono la persona meno indicata in assoluto, penso dentro di me.
Allora non c'era solo Niki a rendere triste Lewis, c'era anche il ritorno della sciatrice Lindsey Vonn, sua vecchia fiamma! Quante cose sto scoprendo su Lewis, questa sera! Penso qualche istante a quello che potrei dirgli, ben sapendo di essere molto fortunato ad avere Kimi tra i miei amici. Sto facendo questo soltanto perché, un giorno, potrei trovarmi nella stessa situazione di Lewis. E lui non ha un ex compagno di squadra che lo indirizzi sulla giusta strada come il mio.
«Le strade sono due: o te ne vai e la eviti, o la affronti e le vai a parlare. Dipende da quello che vuoi fare; non penso di essere esattamente nella posizione giusta per dirti quello che devi fare. Ma se questa è una cosa che ti fa soffrire, devi cercare di trovare un rimedio. Più stai qui a pensarci, e più ti sentirai male.» Affermo io, vedendo alcune persone passeggiare nel giardino circostante.
«Ho paura che se andassi là, starei più male di adesso.» Mi confessa Lewis, passandosi una mano sopra i capelli intrecciati.
«Secondo me dovresti affrontare la tua vita come affronti le gare. Dico davvero Lewis, perché se passassi il tempo a pensare a quello che potrebbe essere il sorpasso, senza esattamente farlo, alla fine della gara ti troveresti sempre nella stessa posizione, ma più deluso di prima per quello che avresti potuto fare.» Alle mie parole Lewis si lascia cadere dal muretto e tocca terra con i piedi.
«Cinque mondiali io, quattro tu. Ti considero alla pari soltanto per la tua abilità di parlare e trovare buone parole per tutti.» Fa una pausa, ma poi continua «Scherzo dai, ovviamente anche per il tuo modo di guidare!» Mi metto a ridere e anche lui accenna ad un sorriso, poi sento due braccia chiudersi attorno al mio bacino e il profumo di Martina invadere i miei sensi.
«Ti lascio per un po' e ti ritrovo in compagnia del tuo avversario numero uno. Pazzesco cosa possa fare l'alcool.» Mi dice lei, rimanendo con le braccia chiuse attorno a me.
«In verità stavamo discutendo sulle strategie di gara per il weekend.» Si intromette Lewis, salvandomi la reputazione. Poi, tutti e tre, torniamo verso il Casinò.
«Dov'è Minttu? Perché eri qui fuori da sola?» Domando io, mentre Lewis ci sta seguendo a qualche passo di distanza. Mi chiedo che cos'abbia intenzione di fare. Vuole davvero andare a parlare con la sua ex? Non so se questo sia un bene o un male, comunque spero di avergli detto le giuste parole.
«Ti stavamo cercando, ma poi abbiamo abbiamo visto Kimi e ci ha detto che eri qui fuori. Sono venuta solo io, dal momento in cui lui e sua moglie se ne sono andati. Sono scappata da Antonio Giovinazzi; mi voleva offrire da bere.» Dice Martina ridendo, mentre apro la porta per entrare nel Casinò.
Aspetto che entri anche Lewis che mi passa davanti e mi dà una pacca sulla spalla «Grazie di tutto amico, ti farò sapere.» Dice lui, prima di addentrarsi tra la folla, resa poco nitida dal fumo.
«Perché #Blessed è diventato il tuo best buddy?» Mi domanda Martina, una volta che Lewis se n'è andato. Rido per il soprannome che ha usato, poi dico «Siamo sempre stati amici, Mar. Certo, non che parlassimo molto spesso, infatti penso che abbiamo parlato più ora, che in tutte le altre volte messe insieme; ma, al di fuori della rivalità, con lui è piacevole fare quattro chiacchiere.»
«Scusami Seb, pensavo invece che lo odiassi a morte.» Mi dice Martina imbarazzata. Decido di ignorare la cosa di Giovinazzi. E' talmente insignificante, che non credo possa avere spazio in questo momento. Mi accorgo che è ancora piuttosto presto, così io e Martina decidiamo di fermarci ancora un po'. Giochiamo a biliardo, senza seguire la maggior parte delle regole. Quel che conta è divertirsi.
A tarda serata usciamo dal Casinò entrambi sorridenti. Per quanto riguarda Lewis, non mi è parso di vederlo; non l'ho visto neanche una volta. Spero che sia andato tutto bene con Lindsey, che lei abbia capito che quel suo bisogno di vederla era nato dalla scomparsa del suo grande amico Niki. Il pilota austriaco manca tanto anche a me, ma ovviamente non nello stesso modo in cui manca a Lewis. Credo infatti che se questa sera fosse stato presente alla festa, lui non si sarebbe sentito così solo.
Ma tutti noi impariamo ad amare un eroe per le sue debolezze. Se vincesse sempre, che divertimento ci sarebbe?
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