29. CarrioLina
Martina
Sul volo di ritorno dalla gara in Portogallo, cerco di non addormentarmi. Non voglio che sia uno sconosciuto a svegliarmi; dormirò più tardi, nonostante sia stanchissima. Arrivata all'aeroporto di Nizza, ritiro i miei bagagli ed esco.
Fino ad adesso non sono stata fermata da nessuno, ma purtroppo ho parlato troppo presto; una ragazza sui vent'anni mi chiede di fare un foto con lei. Suppongo sia francese; il suo inglese è fluente, ma con un accento marcato.
«Certo, un attimo solo.» Dico io, poi appoggio i bagagli a terra e mi sistemo i capelli. Sento il mio telefono vibrare, ma decido di ignorarlo, perché sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti della ragazza. Lei sorride, mentre le metto un braccio dietro alla schiena, aspetto che scatti un paio di foto, poi firmo il suo biglietto aereo.
«Grazie mille, buona fortuna per le prossime gare.» Mi dice prima di andare.
'Mi servirà', penso dentro di me. Ma la ragazza non se ne va, perché, di fronte a me, si ferma una Ferrari Portofino di colore grigio scuro. Si abbassa il finestrino e vedo Sebastian farmi un sorriso grande «Potevi rispondere alla telefonata. Non riuscivo a trovarti!»
«Scusami, però c'è qualcuno qui che vorrebbe una foto con te, dico bene?» Domando io, rivolgendomi alla ragazza di poco fa. Vedo che le iniziano a tremare le mani, allora la accompagno dall'altra parte della macchina.
Sebastian apre la portiera e dice «Ciao! Piacere di conoscerti.»
La ragazza dice il suo nome — si chiama Aliénor — poi si avvicina per fare una foto. Anche Sebastian le autografa il biglietto aereo; scambiano qualche parola insieme, e io ne approfitto per mettere le valigie nel baule.
«Ciao Aliénor!» La saluto poi, mentre mi ringrazia per l'ennesima volta.
Comincio a notare già un po' di gente che sta osservando la macchina. Nonostante il colore sobrio, immagino che una Ferrari dia sempre dell'occhio. Così entro in macchina e allaccio la mia cintura. Lo sguardo mi ricade subito sulla strumentazione dell'auto. E' meravigliosa.
«Ciao Mar.» Dice Sebastian, mentre guarda i segnali che indicano l'uscita dal parcheggio dell'aeroporto. Più che un parcheggio, sembra un labirinto.
«Ciao Seb.» Rispondo io, alla disperata ricerca di un bacio. È quasi da una settimana che non ci vediamo; sono stata in Portogallo per la gara e per una piccola sessione di allenamento insieme ad altri piloti. So che Sebastian non mi può baciare adesso, ma ho bisogno di un contatto con lui, allora allungo una mano.
«Mi sei mancato.» Dico io, mentre lui me la stringe. Non sembra gli importi molto guidare solo con l'altra, nonostante debba usare le levette delle marce dietro al volante.
«Tu di più.» Afferma lui, sempre sorridente, poi prende l'autostrada in direzione di Montecarlo. Abbiamo deciso di arrivare un po' in anticipo e goderci qualche giorno al mare. A quanto pare in questo periodo in Italia piove sempre, per non parlare della Svizzera.
«Scusa se non ho risposto, ero impegnata con Aliénor.» Dico, mentre lascio andare la sua mano. Però mi accorgo subito di aver fatto la cosa sbagliata; ho ancora bisogno di sentire la sua mano sulla mia, allora la appoggio sulla sua coscia destra.
Credo di non sentirmi tanto bene.
«Ho capito, non preoccuparti.» Mi dice lui, per tranquillizzarmi «Allora, com'è andata la gara?» Domanda poi. So che l'ha seguita; c'è il tablet ancora sul cruscotto della macchina, ma penso che voglia sapere qualcosa di più da me.
«Sono così stanca che vorrei andare in letargo, ma è andata. Ho vinto.»
Sebastian capisce che non ho voglia di parlare della gara, allora passa ad altro «Sono stato in fabbrica, in questi giorni. Non sono ancora riusciti a sistemare la macchina, e per questo Gran Premio non ci sono altissime aspettative.»
Appoggio la testa al sedile e guardo fuori dal finestrino «So come tu ti possa sentire in questo momento. Lo so perché quando si lavora duramente, il minimo che si possa ottenere sono i frutti dell'impegno speso. Ma Seb, sappiamo entrambi che quel giorno arriverà. Presto o tardi sarai di nuovo sul podio. Sul gradino più alto, con la tua Ferrari.» Dico io, sperando di consolarlo un po'. So benissimo di non essere per niente brava a farlo; in ogni caso io ci provo, nascondendo il fatto di aver bisogno di consolazioni, in questo esatto momento. Ma Sebastian è più importante di me.
«Basta nominare quella carretta! Voglio bene alla mia Lina, ma non fa altro che darmi delusioni, quest'anno. Per questo la chiamo affettuosamente Lina la carrioLina.» Scherza lui, poi finalmente svolta a destra per uscire dall'autostrada.
«Se ti sentisse, sono convinta che ti lascerebbe a piedi per le strade del Principato.» Affermo io, sempre guardando fuori dal finestrino. La strada si affaccia direttamente sul mare azzurro. È così bello...
A causa di un paio di strade chiuse, arriviamo in hotel venti minuti dopo l'orario che avevamo prefissato. Non che faccia molta differenza, in fondo quel che conta è arrivare.
Sebastian prende tutti i bagagli e chiede subito la chiave della stanza.
«Vai in camera, penso io al check-in.»
Non me lo faccio ripetere due volte; prendo l'ascensore e premo il numero quattro. La nostra stanza è la 404. Apro la porta e mi dirigo subito verso il letto, ma poi vedo la terrazza con la vista sul mare, e decido di cambiare meta. Il mare è sempre stato il mio debole.
Apro la terrazza e subito sento l'aria salmastra tipica di un ambiente marino. Chiudo gli occhi, rilassandomi completamente e lasciandomi andare su uno sdraio in vimini. Sento il vento accarezzarmi i capelli e la pelle; le onde in lontananza e i gabbiani impegnati nella loro pesca quotidiana.
Riapro gli occhi; sono pieni di lacrime.
Ecco, l'ho fatto, mi sono lasciata andare.
È bastato così poco, in realtà, perché io lo facessi.
Vorrei smettere di piangere, per non dare ulteriori preoccupazioni a Sebastian, ma non ci riesco. Da sola, di fronte al mare, non riesco più ad occupare la mia mente in altri modi. Sento Sebastian chiamare il mio nome; vorrei tanto aprire la bocca e rispondere, ma non ci riesco, perché quando lo faccio, non esce nessun suono.
Sento un gusto salato in bocca e allora mi dico di smetterla di piangere. Non c'è nessun motivo per cui io debba farlo.
Piangere è stupido.
«Amore, sei qui!» Sento Sebastian dire alle mie spalle. Si abbassa alla mia altezza e nota le mie lacrime «Ehi Mar, che succede?»
Mi asciugo le lacrime e scuoto la testa «È soltanto una cosa stupida, non ti preoccupare.» Ma Sebastian, chiaramente allarmato, si avvicina e mi abbraccia «Ti ho vista piangere soltanto una volta, da quando ti conosco. Lo sai che è lecito farlo, ogni tanto?»
A dire il vero non so se sia davvero una volta soltanto, ma continuo a non dire niente, allora lui continua «Anche la tigre più forte, a volte può essere ferita. Ma questo non significa che debba tenere tutto per sé. Perché, in ogni caso, si tratterà pur sempre di una tigre. Una tigre non si potrà mai trasformare in un agnellino.»
Segue un silenzio, poi riesco a trovare qualche parola «Ho paura Sebastian. Ho paura di non essere all'altezza di quello che sto facendo. Oggi non avrei vinto se Tony non fosse caduto, lasciandomi la prima posizione su un piatto d'argento. Tra qualche gara Jeffrey Herlings tornerà dal suo infortunio e non mi potrò più accontentare di un secondo posto, perché so già che lui non mi concederà niente. Forse avrei dovuto rimanere nella mia categoria, avrei vinto mondiali combattendo ad armi pari. Forse è così che avrei dovuto fare.»
Sebastian mi solleva e mi appoggia sopra di sé, sullo sdraio «Cosa stai dicendo, Mar? Fino ad ora hai quasi sempre vinto. Sei arrivata prima, non ti devi preoccupare di questo. Se hai scelto questa strada, vuol dire che ti sei ritenuta all'altezza. E tu lo sei, Mar. Sei capace di fare il culo a tutti quanti, Herlings compreso. Lo sai che quel bastardo deve soffrire.» Sebastian mi fa sorridere. Ce l'ha ancora con Jeffrey per quello che mi ha fatto.
Amo tanto Sebastian.
«Deve morire lentamente.» Aggiungo io, poi Sebastian mi scompiglia i capelli «Sei tornata la Martina di sempre.»
Mi asciugo le ultime lacrime e nascondo il viso nel suo petto «Certe volte la pressione su di me è così tanta che fatico a tenerla a bada. Non so come fai a sopportare il peso dell'Italia intera, Seb.»
Lui mi guarda come per dirmi 'mi tocca', poi afferma «Non sono solo. Ho te, Charles, la mia famiglia. E come ultima cosa, ma non la meno importante, la mia Lina carrioLina.»
Scoppiamo a ridere insieme; suppongo che la mia crisi sia superata.
È difficile che metta in dubbio le mie abilità, ma certe volte succede, soprattutto nei momenti di stanchezza o di rabbia. La mia ricerca di perfezione mi spinge a dubitare di me stessa. E non dovrei farlo, perché me lo sono già detta: non piangerò mai più per Jeffrey Herlings.
Lo affronterò, quando tornerà, sarò pronta ad affrontarlo.
«Sebastian, voglio andare al mare.» Sussurro io, contro il suo petto. Il suo profumo mi dà sicurezza.
«È tardi ora, c'è troppo freddo.» Mi fa notare lui, guardando le mie braccia scoperte con la pelle d'oca.
«Ci andremo domani però, staremo tutto il giorno se vorrai.» Mi lascio convincere, perché lo ritengo un buon compromesso, poi io e Sebastian torniamo dentro.
«Vai a fare una doccia, ti sentirai meglio.» Mi dice Sebastian, mentre sono sdraiata sul letto.
«Ma io voglio dormire!» Protesto.
«Fortuna che volevi andare al mare; cambi idea facilmente!» Metto la testa sotto al cuscino, poi esclamo «Ok, dai vado a fare una doccia.»
Quando mi alzo dal letto, vedo Sebastian con gli occhi fissi su di me. Suppongo che stia aspettando un invito, ma ho a malapena le forze per lavare me stessa, quindi questa volta passerò.
«Fai con calma. Più tardi Charles ci ha invitati a mangiare a casa della sua ragazza, Giada. Ha origini napoletane, quindi si mangerà benissimo. Ci andiamo?»
Prima di sparire dietro alla porta del bagno, accenno a un 'E che domande!', poi dico «Certo. Digli che ci andremo con molto piacere.»
—
Buonasera!
Come va? Spero bene. Questo capitolo è dedicato alla nostra amatissima carrioLina. Ti vogliamo bene, crediamo in te💓
Oggi è il settimo anniversario del terremoto in Emilia. Non riesco a credere che siano già passati sette anni. In sette anni sono cambiate molte cose, ma quel ricordo non si cancellerà mai dalla nostra memoria.
Molte cose si sono rotte e ci sono voluti molti anni prima che potessero tornare come prima. E non intendo cose materiali; quelle per fortuna erano tutte intere. Intendo più che altro alcune cose importantissime come la sicurezza e la fiducia nelle persone {e nelle cose}.
Perché non si può dormire la notte in un posto in cui non ci si sente sicuri.
Ma non potevo lasciare la mia terra, la mia casa. E' tutto ancora qui, tutto {o quasi} è tornato al suo posto. 🏡
Buonanotte allora, a presto 💓
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