15. ''Portala a casa''

Martina 

Dopo aver fatto colazione mi sento molto meglio.

Passeggio per il centro di Monza, con l'intento di ingannare il tempo. È troppo presto per raggiungere l'autodromo, la gara non inizierà prima delle 15:10. Ho già visitato il paddock ieri, e sinceramente, con quello che è successo sta mattina, farò il possibile per stare alla larga da Sebastian.

Mi squilla il cellulare e, vedendo che si tratta di Kimi, rispondo.

«Buongiorno rompicoglioni!» Dico io, anche se è un po' atipico che lui mi chiami a quest'ora. Di solito rimane a letto fino a pochi minuti prima di prepararsi per arrivare in pista.

«Martina, sono io.» Sentendo la voce di Sebastian, ho quasi voglia di riattaccargli in faccia. Ma non voglio essere maleducata; possono dire tutto di me, ma non questo. Così sto a sentire quelle che prevedo saranno delle stupide scuse. Fanno tutti così: prima si comportano male, poi si mettono in ginocchio nell'attesa che tu creda alle cavolate che raccontano.

Ma per favore, non ci credo neanche se mi paga.

«Sbrigati, ho da fare.» Dico io, nonostante non sia assolutamente vero. Voglio solo che questa storia finisca in fretta, sono già stata presa in giro abbastanza.

«Martina, dove sei? Vieni nel box Ferrari che voglio chiarire con te. Dimmi che non te ne sei andata...»

Io sbuffo, me ne sono andata, ma non del tutto.

«Non mi interessa Sebastian, dovevi pensarci prima. Non voglio essere la tua bambola, sono una donna, sì, ma ho dei sentimenti. Non mi puoi tenere con te solo a volte; soprattutto, mandarmi via così è stato un po' brutto. Ma di cosa ti sto parlando? Guarda, meglio che finiamo questa telefonata prima che-»

«Aspetta Mar, ti voglio spiegare. Ho sbagliato, ma fammi rimediare. Vieni qui e ti spiegherò tutto.»

Io scuoto la testa «Dovevi pensarci prima Sebastian. Se hai avuto l'intelligenza di usare il telefono di Kimi, perché tanto sapevi benissimo che non ti avrei risposto, avresti avuto l'intelligenza anche di non farmi andare da sola. Le ragazze non sono come i tuoi caschi, che cambi come se fossero fottute mutande. E ricordartelo la prossima volta, prima che tu ferisca un'altra donna.»

E poi metto giù, sinceramente non ho altro da aggiungere.


Sebastian

Due ore dopo.

«Seb, la smetti di girare avanti, indietro per questo corridoio come un matto? Ti ho già prestato il mio telefono, non so che altro fare!» Esclama Kimi, sistemandosi la tuta. Sono quasi sicuro che tra poco entrerà nell'abitacolo della sua macchina.

«Non so più cosa fare, Kimi! Non vuole neanche venire qui e la gara è tra poco, non sono così sicuro di riuscire a resettare tutto prima della partenza.» Rispondo io sconsolato. Che le mie paure siano dannate, per questo Mondo bisognerebbe essere sempre e solo felici e coraggiosi. Il problema è che certe volte io sono anche triste e timido, e anche un po' stupido forse, comunque non è questo il punto.

Il punto è che devo riuscire a trovare un modo per parlare con Martina. Non voglio che lei pensi quelle cose di me, perché io non sono così, ci tengo a lei e glielo voglio dimostrare.

«Britta, vieni qui, ho bisogno di te!» Dico io, vedendo di sfuggita la sua chioma bionda.

«Eccomi, che cosa stai facendo Sebastian? Perché sembri depresso?» Mi chiede Britta, inarcando le sopracciglia.

«Non ho tempo per spiegare. Ho bisogno del tuo aiuto. Devi trovarmi Martina, sai... Quella ragazza mora che ieri probabilmente hai visto qui?» Domando io, cercando di farle capire a chi mi stia riferendo.

«Sì, ma come faccio a sapere dov'è? E poi fra poco c'è la Drivers Parade, devi prepararti Seb!» Alzo gli occhi al cielo perché so che devo fare in fretta, ma devo vedere Martina prima che inizi la gara, devo farlo assolutamente.

«Proverò a vedere che cosa riesco a fare, ma non ti garantisco nulla. Ma è per lei che sei così giù di morale? Devi essere carico per la gara, Seb! Oggi puoi vincere! Ti immagini come sarebbe bello poter salire sul gradino più alto di quel podio?» Esclama Britta con entusiasmo. Già, dovrei pensare alla gara, ma non ci riesco.

Sono un idiota, avrei dovuto arrivare con Martina e non preoccuparmi di nulla. Invece ho fatto l'opposto e ora me ne pento.

Ma dove sei Mar? Mi domando dentro di me. Spero che Britta riesca a trovarla.

I miei pensieri vengono interrotti da una voce.

«Seb, mi sembra che i dieci minuti che ti avevo concesso siano terminati da un bel pezzo! E ora porta qui il tuo culetto pigro e vieni a fare gli esercizi in preparazione della gara!»

Antti.

Mi stavo dimenticando di andare da lui.

«Arrivo, arrivo!» Esclamo io un po' seccato. Non sono per niente nel race mood adatto, infatti, dopo aver finito gli ultimi esercizi, prendo le mie cuffie per ascoltare la musica. Vediamo se così riesco a darmi una svegliata, penso io, poco prima che mi chiamino per la Drivers Parade.

Rimango deluso quando vedo Britta tornare da sola.

«Non l'ho trovata, mi dispiace Seb.» Sembra che sia triste per me, allora le faccio un sorriso per cercare di tranquillizzarla. Non è colpa sua se Martina non è qui.

Mi fermo a fare un po' di autografi ai bambini ospiti della Formula Uno e salgo sulla macchina per la Drivers Parade.

Qualche giornalista riesce ad intervistarmi prima della mia partenza, ma, quando mi lasciano solo, mi trovo davanti al pubblico di Monza.

Lo so che ci sei, da qualche parte, Mar. Non sei andata a casa, io lo so.

E ne sono sempre più convinto ad ogni secondo che passa. Martina deve per forza essere da qualche parte.

Penso a lei anche quando mi chiedono di parlare in italiano. Ho la mente talmente affollata dai pensieri che, subito, non so cosa dire. Metto insieme qualche frase per ringraziare i tifosi; qualsiasi cosa accada, loro saranno sempre lì con il loro cuore rosso. Certe volte, quando tutto sembra andare male, penso a loro. Loro che, nonostante tutto, rimangono sempre.

Non ho intenzione di deluderli oggi. L'ho già fatto con Martina, anche se spero di poter rimediare, in un qualche modo.

Quando salgo sulla mia monoposto, tengo la visiera mezza abbassata. Ho bisogno di sentire un po' di aria fresca, almeno per il giro di formazione. Ho le pulsazioni del cuore a mille, ma è giusto che sia così, perché la tensione mi aiuta ad esprimere il massimo di me stesso.

Le prime fasi di gara sono talmente concitate, che, terminato il quinto giro, quando riesco a sorpassare Kimi, tiro un sospiro di sollievo.

«Era ora cazzo, era ora!» Urlo io nel casco, dopo essermi assicurato che la radio fosse spenta.

Dopo due giri la riaccendo e Riccardo, un po' arrabbiato, mi dice di 'portarla a casa'. Poi mi aggiorna con le informazioni che prima non mi ha potuto dare. Per fortuna nulla di importante.

-

E alla fine riesco a 'portarla a casa', questa vittoria. Quando scendo dalla mia Loria, ancora non ci credo. Kimi, arrivato secondo, viene a congratularsi con me, poi è la volta di Vallteri. Sono felice che sul podio non ci sia anche Lewis; oggi si è ritirato per colpa di un problema di affidabilità. Probabilmente qualcosa legato alla Power Unit. Troppi cavalli non vanno bene, dopo si rischia di fare un bell'arrosto. Penso che sia successo questo al motore di Lewis, ma non saprei. L'importante è che io sia arrivato sul gradino più alto del podio, al resto ci penseremo più avanti.

Assisto alla cerimonia di premiazione come se non fossi io, quello ad avere la mano sul cuore. È strano, mi sembra di essere qui, e allo stesso tempo di non esserci.

Chiudo gli occhi un secondo, poi li riapro e sento la folla urlare il mio nome.

Dico due parole in italiano, poi mi porto la bottiglia dello Champagne ancora piena per tre quarti, il cappellino del vincitore e il trofeo con me.

Io e Kimi andiamo ad appoggiare nella sala briefing i preziosi cimeli che ci siamo guadagnati oggi e ci dirigiamo nella sala delle interviste. Di Martina nessuna traccia, anche se ho avuto poco tempo per cercarla.

Non può essersene andata, no.

Kimi è riuscito a malapena a salutare sua moglie. Già, penso che ci riterremo fortunati se ci lasceranno un po' di aria da respirare.

-

Terminate le interviste, io e Kimi ritorniamo al box Ferrari. I nostri meccanici stanno ancora facendo delle foto con il trofeo della squadra, anche se quello rimarrà a loro.

Ad un certo punto vedo una donna con un vestitino rosso avvicinarsi a Kimi a abbracciarlo «Grande boss!»

Kimi la stringe e le dà un bacio sulla guancia «Cominciavo a chiedermi dove fossi finita. Dov'eri Mar?»

Lei alza gli occhi e sono quasi sicuro che mi abbia vista, ma subito dopo abbassa lo sguardo. «In tribuna, là ci si diverte di più!»

Kimi le fa un sorriso e la lascia andare «Ti avrei fatto fare il doppio degli allenamenti, se ti fossi persa questa doppietta!»

Lei gli fa il dito medio, allora ne approfitto e mi avvicino piano. Le tocco appena un fianco, in modo che si accorga di me, anche se, ad essere sincero, penso che sappia già che sono qui. Sta solo cercando di evitarmi.

Martina si gira verso di me e allora io le dico piano, in modo che non ci senta nessun altro «Vorrei parlare con te, ho delle cose da spiegare.»

Cerco le sue mani e le prendo fra le mie, perché sembra confusa dai miei gesti. Ma questo non fa altro che confonderla ancora di più.

«Vieni con me.» Dico, facendole una carezza sulle maniche di tulle che le lasciano intravedere la pelle.

«Ma come? Tu non avevi detto che-» Mi domanda lei, mentre entriamo in una stanza del retro box.

«Ti spiego, ora ti spiego.» Ripeto io, chiudendo la porta alle nostre spalle.

— 

Buon pomeriggio! 

Vi scrivo dalla biblioteca della mia università. Ora torno a fare analisi, anche se ho staccato per poco, dato che avevo il capitolo già pronto 😇

Per chi non l'avesse letta, ho pubblicato una piccola One Shot trash che si chiama Luigi alle Poste.

Colgo l'occasione per ringraziarvi di tutto il supporto che mi state dando. Mi fa sempre piacere sapere che la storia sia di vostro gradimento e scusate se ogni tanto lo ripeto, ma a me piace ricordarlo.

A presto  💘

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