12. «Sebastian, vai e basta!»
Sebastian
Avete presente quando vorreste una cosa, poi, quando l'avete quasi tra le mani, vi sfugge all'ultimo secondo? A me la pole oggi è sfuggita per 161 millesimi.
Quando scendo dalla macchina, tento di nascondere la delusione ed essere felice per il mio compagno di squadra, anche se in verità non sono contento di com'è andata, non lo sono per niente.
Mi sono qualificato secondo, ma sapere che c'è così poco tra me e la prima posizione di partenza di domani, fa male. Quantomeno sono felice che il mio avversario domani sarà Kimi e non Lewis. Questo significa che la Ferrari oggi è stata competitiva, anche se non oserei dire superiore alla Mercedes, come molti erroneamente dicono da tempo.
Dopo la conferenza stampa dei primi tre qualificati, torno ai box e mi guardo intorno, alla ricerca di una chioma scura.
«Kimi, sai per caso dov'è Martina?» Domando io al mio compagno di squadra, dopo essermi congratulato ancora una volta con lui. Un conto è farlo davanti alle telecamere, un conto è farlo in privato.
Kimi, a sua volta, si guarda intorno.
Possibile che sia sparita? Non l'ho vista neanche prima delle qualifiche, però mi sembra strano che se ne sia andata così, di punto in bianco. Una sgradevole sensazione inizia ad impossessarsi del mio stomaco, ma io la respingo, o almeno tento di farlo.
«Minttu, tu hai visto la Marty?» Chiede Kimi a sua moglie. Lei scuote la testa, poi indica lo schermo del suo cellulare «Ha scritto che non stava bene e che è tornata in hotel. E ora Kimi riprenditi il tuo telefono, che non sono la tua segretaria!»
Kimi sorride, prende il telefono in mano e lo appoggia sul mobiletto vicino al suo casco.
«Capito Seb? E' andata via, ecco perché non c'è più. Avevi bisogno di lei?» No Kimi, è solo tutto il giorno che cerco di avvicinarmi a Martina, ma qualcuno o qualcosa me lo impedisce sempre. Ma no guarda, non ho bisogno di lei.
Non ho bisogno di lei, continuo a ripetermi dentro di me.
Ma se non ho bisogno di lei, allora perché voglio sapere perché è andata via?
Forse perché l'hai evitata tutto oggi? Dice una voce dentro di me.
No, no, io non l'ho evitata. Ma ora devo parlarle, devo tentare di salvare almeno una delle due cose che oggi non sono andate come avrebbero dovuto.
«No, niente, fa lo stesso.» Rispondo io, ben consapevole di aver appena mentito. In verità, stavo soltanto cercando un modo per terminare questa conversazione e, a quanto pare, l'ho trovato.
Mi allontano un po' e vedo il mio ingegnere di pista, Riccardo, venirmi incontro.
«Seb, tra cinque minuti inizia il debrief, non fare tardi per favore.» Io annuisco e aspetto che se ne vada. Fantastico, adesso passerò le prossime ore a ripensare alle qualifiche. Non so bene perché me la sia presa così tanto, dopotutto sarei stato in grado di fare di più? Probabilmente no, la differenza era talmente minima che era impossibile quantificare un possibile miglioramento.
Mi fermo qualche minuto fuori.
La gente se ne sta andando e il paddock si sta svuotando. Anche io tornerei volentieri in hotel, peccato che abbia questo dannato debrief e la situazione da chiarire con Martina.
Faccio un respiro e torno dentro.
Al debrief vengono discusse le prestazioni della monoposto e analizzati in dettaglio i dati raccolti dai sensori. Sembra tutto a posto, anche se oggi pomeriggio non riesco bene a tenermi concentrato sul lavoro. Sono successe così tante cose, che questa volta non ne sono proprio in grado. Cerco di mostrarmi interessato alle strategie di gara per domani, ma a fine giornata mi accorgo di aver preso meno della metà degli appunti necessari.
Pazienza, ormai le qualifiche sono andate, devo cercare di calmarmi e non pensarci più.
Ma quando faccio per uscire dal paddock, trovo Kimi dietro di me. Sento un brivido sulla schiena, allora mi infilo la felpa. Il fresco della notte si sta iniziando a sentire.
«Dimmi in che stanza sta Martina.» Dico io a Kimi, facendola sembrare più un'imposizione, che una domanda.
Lui però non sembra sorpreso; sa che conosco il suo hotel, anche se io soggiorno in un altro.
«306.» Risponde Kimi, visibilmente divertito. Dietro di noi Minttu è al telefono, così ne approfitto per trattenermi un altro po'.
«Casuale oppure no? La tua qual'è? La 307?» A Kimi piace prenotare 'la sua stanza'. Ormai è abituato e ci ritorna tutti gli anni. Suppongo che sia stato lui a organizzare il soggiorno di Martina.
Come previsto, il mio compagno di squadra alza il pollice.
Immaginavo.
«Cosa aspetti Seb? Non starai davvero credendo che quella stia male?» Esclama Kimi con ironia, poi continua «E' fatta così lei, quando c'è qualcosa che non va, sparisce e non si fa più vedere. Quindi Sebastian, vai e basta!»
Nonostante sia ancora arrabbiato con me stesso, mi concedo una risata. Kimi certe volte tira fuori delle perle degne di essere scritte in un libro.
«A domani!» Lo saluto io, prima di andarmene. Raggiungo il parcheggio dell'autodromo e prendo la mia macchina.
Spero davvero che ci sia poco traffico per strada, perché impazzirei e inizierei a dare di matto. E questo di sicuro non sarebbe utile a migliorare la situazione.
Per fortuna non è così; per strada non c'è quasi nessuno. Forse ormai è tardi e gli spettatori che sono venuti in giornata se ne sono già andati.
Guido fino all'hotel di Kimi, poi parcheggio di fronte all'ingresso. Tutti gli altri posti sono occupati; se avranno problemi, mi verranno a cercare nella stanza 306.
Non perdo tempo nemmeno a spiegare in reception che sono qui per una visita; entro e basta, poi cerco di raggiungere il terzo piano. Ho passato tutto il pomeriggio a ripetermi che non sono stato io a fare andare via Martina. Il problema è che questo non è servito a niente. Secondo me Martina è andata via a causa mia.
Martina
Sono sul divano a guardare distrattamente un programma in tv, quando sento qualcuno bussare alla porta della mia camera.
«Kimi, ora non ho voglia di parlare, ci sentiamo più tardi!» Urlo io, nella speranza che mi senta e che soprattutto abbia voglia di recepire il messaggio. Come me, Kimi, se si fissa su una cosa, la deve fare per forza.
Sento di nuovo bussare alla porta e allora capisco che oggi non si arrenderà tanto facilmente. Che palle, penso dentro di me, ancora un po' e avrei persino potuto addormentarmi.
Apro la porta e rimango sorpresa nel vedere che non si tratta di Kimi: è il suo compagno di squadra.
«Sebastian?» Faccio due passi indietro incredula. Davvero è venuto a cercarmi?
«Come stai? Posso entrare?» Potrei scommetterci tutto quello che ho, che è stato Kimi a dirgli di venire.
Non potendogli dire di no, lo faccio entrare, poi chiudo la porta dietro di noi e rispondo «Sto bene, vieni, accomodati.» Mi siedo sul divanetto nel soggiorno della camera e Sebastian fa lo stesso, lasciando però un po' di spazio tra di noi. Mi sembra ragionevole come cosa; ho bisogno di concentrarmi e non pensare al suo bel visino.
«Martina sei sicura di star bene?» Lo guardo in viso e vedo che le sue sopracciglia sono aggrottate, come se qualcosa lo stia turbando. E, a conferma della mia ipotesi, lo vedo torturarsi le mani.
Dio, mi fa venire l'ansia.
«Io... sì, no. Ma tu? Stai bene?» Dico io, tutt'ad un fiato.
«Non sono venuto qui per parlare di me. Comunque grazie per avermelo chiesto, magari più tardi ti dirò.»
C'è una pausa in cui vorrei dire tutto e niente. Dannate visite improvvisate, non ero pronta a tutto questo!
«Da dove posso iniziare?» Domanda Sebastian, sfiorandosi il naso. Mi guarda, poi continua «Mi dispiace per oggi, è inutile che ti stia a dire quello che avrei dovuto fare, ma sai? Ogni volta che volevo avvicinarmi a te, c'era sempre qualcosa che me lo impediva. I giornalisti, i tifosi, le, le...» Sembra fermarsi, ma solo per un secondo «Martina, sono così arrabbiato con me stesso. Oggi è andato tutto storto e ci tenevo tantissimo a stare con te.»
Quest'ultima frase mi colpisce particolarmente e penso che, quasi quasi, potrei anche perdonarlo.
«Voglio essere sincero con te. Tu pensa pure che io sono uno stupido, dammi dell'idiota e io non ti contraddirò. C'è stato un momento, poco prima delle qualifiche, in cui volevo venirti a cercare. Volevo chiederti scusa, ma non l'ho fatto. Sono un codardo, lo so, ma tengo alla mia privacy. E tengo anche a te. Gli altri non devono sapere della mia vita privata.»
Io gli rivolgo un sorriso per cercare di rassicurarlo «Seb, non sei né uno stupido, né un idiota, né un codardo. Penso che tutti tengano alla propria vita privata e capisco perché l'hai fatto.»
«Grazie Mar, grazie davvero.» Mi dice lui, sorridendomi con i suoi occhi luminosi. «Oggi doveva essere una giornata dedicata a te, invece non sono stato nemmeno in grado di-» Io lo interrompo, sfiorandogli una mano. Lui poi me la afferra, attirandomi a sé, e facendomi sedere sulle sue ginocchia.
«Fammi sapere se è troppo così.» Sussurra lui un po' imbarazzato.
Io gli rispondo che così va benissimo e di non preoccuparsi, poi dico «Sebastian, tutti commettiamo degli sbagli. Io ti ho trattato malissimo in Svizzera, eppure tu sei sempre stato gentile con me, fin dall'inizio.» Lui sorride e mi abbraccia «Scuse accettate quindi?»
«Sì, e ora dimmi come stai.» Rispondo io, riprendendo le sue parole di poco fa.
«Sono deluso per non aver fatto la pole. Ci credevo così tanto, Mar, davvero tanto. Quando sono sceso dalla macchina ero furioso, ho cercato i tuoi occhi, ma tu non c'eri. Non so perché abbia sentito subito la tua mancanza... Le hai guardate le qualifiche?»
«Sì, sono andata via prima che tu rientrassi. Scusa Sebastian, mi dispiace che tu sia stato male.» Dico io, sfiorando con il viso il suo petto.
«Non ha importanza.» Afferma lui con tranquillità, poi si avvicina di più a me e io, colta di sorpresa, esclamo «Fermo ti prego! Li detesto i baci sulla fronte, mi mettono a disagio! Non ti so dire il perché, forse ho la fronte sensibile.»
Lui si mette a ridere «Niente baci sulla fronte allora!»
Sebastian mi solleva il viso per far sì che lo guardi dritto negli occhi. Non sarà in grado di leggere molto nelle mie iridi azzurre. Invece lui non è come me; dai suoi occhi si possono capire tante cose. Ora, per esempio, c'è un po' di curiosità tra quei piccoli specchi di anima.
«Bene, allora dimmi dove ti piace essere baciata.»
Io arrossisco violentemente e lui sfrutta questo attimo di confusione per portarmi le sue labbra sul collo. «Qui?» Domanda lui, prima di solleticarmi la mia pelle sensibile con la bocca.
«Rispondimi Martina.» Ripete lui, fiero di essere al comando di questo gioco. Poi ritorna sul mio collo e dalle mie labbra esce un gemito di piacere che tento di mascherare con un 'sì'.
Lui sussurra a denti stretti «Bene, ma non sembri convinta.» Il mio cuore sta battendo all'impazzata; lo sento vivo dentro di me, contro il mio petto premuto a quello di Sebastian.
Le sue labbra salgono, fino ad arrivare sulla mia guancia destra.
«Qui?» Domanda ancora lui. Io annuisco, ma poi si sposta verso sinistra e preme la sua bocca sulla mia.
Lo sento sorridere, allora interrompo il bacio «Sebastian, ti confesso che questo è il mio posto preferito.» Gli faccio sapere io, sfiorandogli il labbro inferiore con la punta delle dita. Lui sorride ancora di più, mi avvicino e appoggio il pollice sulle sue labbra, in modo da farle dischiudere un po'.
«Solo perché tu lo sappia.» Concludo io, prima di sostituire il dito con la mia bocca.
Porto la mano destra dietro al collo di Sebastian, mentre lui non permette che il bacio venga interrotto. Tra le dita stringo le punte dei suoi capelli e in questo momento si lascia andare tra le mie braccia, con gli occhi socchiusi. Intanto la sua lingua mi solletica i lati della bocca e, quando mi lascia andare, dico scherzando «Sei sensibile ai grattini dietro al collo, Vettel?» Lui non risponde, allora io continuo a giocherellare con i suoi capelli.
«Chiamami ancora così e vedi che cosa ti faccio!» Esclama lui, appoggiando il viso nell'incavo del mio collo.
«Che cosa vorresti farmi, Seb?» Il suo profumo dolciastro mi avvolge. Non so perché, ma nell'aria c'è odore di vaniglia.
E la vaniglia mi piace da impazzire.
«Meglio che non te lo dica, altrimenti-»
«Shhh, Sebastian.» Lo interrompo io, inclinando la mia testa e appoggiandomi a lui. «Rilassati, che ne hai bisogno.» Sussurro, tra una carezza e l'altra.
«Posso invitarti fuori a cena con me? Tanto devi ancora mangiare, no?» Mi domanda lui, tutt'ad un tratto.
«Va bene.» Rispondo subito io, prima di continuare con le coccole. Giuro, il mio cuore è impazzito, anche se mi sa di essere diventata anche io, un po' pazza.
Ma solo un pochino.
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