Show, don't tell!

Quando mi sono proposta di scrivere questo articolo durante il brain storming per il numero di aprile, non mi aspettavo che qualcuno saltasse su chiedendomi "Che cos'è?".

Insomma, lo show, don't tell è forse la regola fondamentale per procedere con lo scrivere un buon testo di narrativa, e quindi scoprire che qualcuno non sapesse esattamente di che cosa stavo parlando mi ha lasciato un attimo di stucco. Alla fine, però, mi sono resa conto che avevo un motivo in più per scrivere un altro articolo, no?

Tutti, immagino, concorderanno sul fatto che più le descrizioni sono concrete, più un testo risulta essere fruibile. Insomma, scrivere una cosa del tipo:

Marco venne ferito in più punti.

fa abbastanza schifo.

Ferito dove? In testa? Al costato? Sulla gamba?

Il lettore si trova davanti a una frase che non lo aiuta in alcun modo a calarsi dentro la storia, perché non riesce a visualizzare cosa sia esattamente successo al povero Marco. Ma, se si scrive qualcosa come:

Marco inciampò in una radice, cadendo con la faccia nel fango.

Tentò di alzarsi facendo leva sulle braccia, ma una freccia lo colpì alla spalla, facendogli perdere la presa. Questa volta non ebbe nemmeno il tempo di sollevare il capo che una mazza chiodata gli calò sulla testa, spaccandogliela e facendo volare frammenti ossei e di cervella.

la situazione risulta essere molto più vivida.

In ogni caso, ciao ciao, Marco. Sei stato un buon esempio.

Tornando a fare la persona seria, mi pare abbastanza ovvio che la differenza tra i due pezzi sia abissale: non dico che il secondo sia perfetto (anzi, si potrebbe scrivere qualcosa di nettamente migliore rispetto all'esempio che ho buttato giù in fretta e furia), ma mostra bene quale sia il concetto dello show, don't tell.

Quando si scrive è necessario far vedere al lettore quello che accade, non raccontarlo.

Il raccontato è noioso, non cattura il lettore e lo porta ad abbandonare quello che sta leggendo già dopo poche righe, mentre il mostrato permette che venga catturato dal fluire degli eventi, che la storia gli rimanga stampata in testa a lungo. Per questo è sempre meglio procedere con il mostrare, piuttosto che farsi sedurre dal raccontare, ben più semplice da scrivere, ma di gran lunga meno efficace.

In sintesi, lo show, don't tell è questo.

In pratica, ne abbiamo ancora tanta di roba di cui parlare.

Il grosso problema alla base di questa tecnica è capire che non tutto deve essere mostrato. Se è fondamentale che a Marco venga spaccata la testa, allora è cosa sacrosanta e giusta sforzarsi di mostrarlo; se Marco è, invece, il settantaquattresimo cavaliere che muore in battaglia, allora potrebbe non essere l'idea del secolo procedere con il descrivere la morte dei settantatré venuti prima di lui.

Infatti, è bene riuscire a dosare entrambi gli aspetti.

Altro esempio: se nella mia storia inserisco venti giorni di viaggio, e in questo periodo non accade nulla di rilevante, non ha senso prendere e descrivere minuziosamente ogni singolo filo d'erba che è stato calpestato dai piedi dei protagonisti, sia perché impazzisco io come autore, sia perché il lettore, al terzo giorno descritto, prende il libro e lo butta giù dalla finestra. Quindi, è molto meglio scrivere un semplice:

Dopo venti giorni arrivarono a x...

e poi procedere con il narrare gli avvenimenti più importanti, fondamentali per far procedere la storia al meglio.

Altro problema del mostrare, poi, è il fatto che, se descrivo una cosa, lo devo fare bene.

È facile dire:

Genoveffa evitò che l'aereo precipitasse prendendo il posto del comandante.

mentre è di gran lunga più difficile andare a descrivere cosa ha fatto esattamente per evitare la tragedia. Certo, potete ribattere che tanto quasi nessuno sa come si pilota un aereo, ma se il vostro racconto lo prende in mano un pilota di linea e si trova davanti che Genoveffa salva tutti perché ha inserito l'autopilota, questo urlerà schifato "Che cazzata" e smetterà di leggere.

Quindi, la precisione è fondamentale.

Non basta procedere a spanne, mettendo dettagli a caso e sperando che il lettore non si accorga che voi non sapete niente di un determinato argomento. Bisogna informarsi, starci dietro, rendere il tutto coerente e verosimile.

La bellezza del mostrare sta, infatti, nella possibilità di rendere un racconto il più reale possibile.

Oltretutto, se io racconto qualcosa di fondamentale, lasciandola nel vago, il rischio è che nel momento in cui devo tirarla fuori di nuovo mi ritrovi costretta a mostrarla, creando degli attriti con quello che si era immaginato il lettore. Leggendo una frase del tipo:

Il pranzo di oggi era veramente triste.

un lettore può immaginare che fosse stato servito del pollo lesso, un altro della pastina, e così via. Quando io, autrice, sottolineo invece che era della pasta riscaldata al microonde, il lettore si ritrova confuso e infastidito, perché non era quello a cui aveva pensato in prima battuta.

Ultima cosa fondamentale, poi, è cercare di non sovrapporre il mostrato e il raccontato, perché in questo modo si ottiene qualcosa di ridondante e inutile. Quando scrivo:

Rebecca innaffiò le orchidee: le prese, portandole in cucina, e le infilò nel lavello pieno d'acqua, lasciandole lì per un'oretta. Poi, le rimise nei loro vasi e le posò di nuovo sul davanzale della finestra.

sto sia raccontando (Rebecca innaffiò le orchidee), che mostrando (la spataffiata che viene dopo il due punti). Da una parte, ripeto una cosa che era già implicita nell'azione dell'innaffiare, dall'altra è come se stessi dicendo al lettore "Visto che so come si innaffiano le orchidee? Che brava, eh?". Certo, potrebbe anche derivare da un attimo di insicurezza, il classico fare più del dovuto così da parare ogni punto, ma è comunque un errore.

Naturalmente, è difficile imparare a seguire al meglio lo show, don't tell, più che altro perché è molto più semplice raccontare, ma nel momento in cui s'inizia a lavorare con il mostrare, è facile rendersi conto che le differenze di qualità tra i due mondi sono palesi.

È faticoso e porta via tempo?

Certo che sì.

Scrivere costa fatica e impegno (cosa che molti fanno finta di non capire), ma tutto questo sarà ricompensato nel momento in cui un lettore, in un commento, ti farà notare che la scena appena letta gli sembrava proprio scorrere davanti ai suoi occhi.

No?

Qualcuno potrebbe ora ribattere che è molto bello per il lettore immaginare le cose.

Per usare un francesismo, cazzate.

È bello e lecito immaginare qualcosa, nel momento in cui è giusto farlo. In più, io non compro un libro per ritrovarmi una storia infarcita di nulla, in cui tutto il lavoro deve essere fatto da me.

Per citare un pezzo di Manuali 3 – Mostrare di Gamberetta (un ottimo articolo che scava molto più a fondo questo argomento – anche se lei è più per il mostrare sempre e comunque - di cui vi lascio il link a riga):

La narrativa dovrebbe essere una catena di dettagli scelti con cura, evitando il più possibile di condensare. O, per usare una metafora sanguinolenta: la narrativa è una sega per amputazioni. Più inserite particolari concreti, più usate parole specifiche, più i denti della sega sono fitti e affilati. Quando scivolate nell'astratto o nel generico ne nascono denti spuntati, arrotondati e inutili. La buona narrativa taglia che è un piacere, neanche vi accorgete di segare le ossa! La cattiva narrativa è un macello. È un lavoro fatto a metà, una ferita purulenta, una gamba che penzola ancora attaccata con brandelli di carne. E in più vi siete insozzati da capo a piedi.

La gonna non verrà più pulita.

E a me, invece, la gonna piace tenerla pulita.

RebyBnn

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