Presentazione: Kendra
Colgo l'occasione della stesura di questo articolo per ringraziare il Club dell'Inchiostro per avermi accettata come membra e amministratrice; per me, rappresenta una nuova, stimolante attività nella mia carriera da fanwriter e fanreader. Mi chiamo Martina, ma il mio nome d'autore è Kendra. Mi sono sempre ritenuta un'assidua lettrice e da quando ho accesso alle mie finanze, ahimè, spendo fin troppo denaro in libri e letture. Cartacee, per lo più; le letture elettroniche le riservo alle fanfiction e storie online.
Mi è stato insegnato a leggere precocemente, al di fuori della mia volontà, quindi durante il terzo anno di vita ho dato il via all'approccio alla lettura di qualsiasi cosa, che è ancora forte e pressante, sebbene ora più selettivo. Ho avuto diverse fasi di ossessioni letterarie, incrociate tra loro, ribaltate, recidive, ricordate. Citare solamente un autore mi sembrerebbe di far torto ad altri che stimo e reputo quasi divinità; volendo, così di getto, provare a elencarne qualcuno su due piedi, spicca nella mia mente Pier Vittorio Tondelli, sottostimato, a torto, a torto grandissimo. Un impavido, sprezzante, abilissimo narratore, selezionatore attento di parole, osceno, indimenticabile. Cesare Pavese, il mio Cesare, che mi manca sempre, mi manca tanto, che mi sembra di non conoscere mai abbastanza, che fa lacrimare. Italo Calvino, inarrivabile, pacato, maestoso; Paul Auster, il mio amore della vita, insieme a Flaubert, Sartre, Musil, Isherwood, Proust, Dostoyevsky, l'abbraccio della sera, Grossman, con le sue maledettissime lettere e parole, D'Annunzio, cotta adolescenziale, Murakami, persino, forse, un po' scontato da citare e tantissimi altri autori giapponesi, sottili e delicati nella loro narrazione, come la carta di riso, Arthur Miller, Steinbeck, assoluto, Twain, Webb, James Joyce, che mi tormenta, Woolf, Foster Wallace, Euripide, Ovidio e i greci antichi, letti in greco, finché non sanguinano gli occhi, Catullo e il suo erotismo innamorato e malinconico, Carmelo Bene, il maestro, poliedrico, immenso, amato, le scrittrici italiane riservate e potenti, Maraini, Ginzburg, Gianini Belotti e la mia preferita, la mia Lidia Ravera, che tanto m'ha insegnato. Ultimamente, la mia pila di romanzi sul comodino, sulla scrivania e sul tavolino da caffè annovera la biografia di Alexander Hamilton di Chernow, Call Me By Your Name di Altman, che è talmente bello e temo di finirlo, di non riuscire a imprimere ogni parola, ogni dettaglio nella mente, L.A. Confidential di Ellroy, una grave mancanza da riempire, diversi saggi di Labov, che fa sempre, sempre bene e un interessante libro sulla nascita di alcune comuni indipendenti negli Stati Uniti meridionali nel corso degli anni settanta, di Kate Daloz.
Per il resto, non è di certo facile parlare di sé; ci si chiede sempre cosa possa interessare a chi ci ascolta, ma anche come evitare di presentarsi in maniera eccessivamente pomposa, ché, si sa, le lodi alla propria persona non sono mai ben viste.
Ecco, una cosa che forse mi caratterizza più di tante altre è la mia natura da piccione viaggiatore: per una serie di motivi, di studio, per lo più, ho sempre viaggiato tanto, ho vissuto in paesi diversi, sempre sola, sempre un po' impudente. Mi porto dietro un bagaglio eterogeneo e variegato, tanto che ci sono dei momenti in cui devo rammentare a me stessa che il mio passaporto è ancora stampato in italiano; be', uno dei due, per lo meno... Ora, dopo tanto girovagare sono stabile tra i ghiacci nordici, che è il mio ambiente preferito: nonostante la mia indole logorroica, tendo ad approcciarmi all'esistenza in modo un po' cupo, a tratti negativo, chiuso, brontolone, che sopperisco a colpi di ironia e umore asciutto. Non è un facile bilanciamento, difatti credo di risultare, spesso, confusa o senza un filo logico, non equilibrata. D'altronde, non è forse ciò che caratterizza un'aspirante artista? Definirmi tale mi sembra un eccesso: sono un'artista della parola, senza dubbio, ma tanto delle mie, quanto di quelle altrui. Sono laureata in Linguistica e mi si chiede spesso cosa diamine significhi: a conti fatti, la spiegazione più immediata e meno complicata è un termine ombrello che si può riassumere come l'arte, lo studio, l'osservazione del linguaggio e della lingua, in tutte le sue sfumature. Tanto amore per le lingue mi ha resa una discreta poliglotta e traduttrice, lavoro che porto avanti con entusiasmo e tanto mal di schiena. Traduco romanzi, per la maggior parte, e saggi. Tuttavia, la passione per la scrittura e la traduzione si estende anche al tempo libero, dove mi diletto a narrare, ideare e tradurre scritti miei e non nei miei diversi fandom di appartenenza. Vado a rilento e incappo, spesso, in dubbi e incertezze lungo la strada, derivati da un dannato, quanto costante, perfezionismo e senso di frustrazione per non riuscire, per la mancanza di soddisfazione. È un atteggiamento distruttivo e irresistibile che applico, involontariamente, anche quando intenta nell'altra mia grande passione, il disegno. Prediligo imbrattare fogli e tele con matite e carboncini, talvolta acquerelli. Vi assicuro che anche questo è un ottimo contributo al mal di schiena, all'insonnia e alle diottrie mancanti. Ah, la vita da bohémien!
In realtà, sono una persona alquanto mediocre, fuori dai sogni di gloria. Vivo con un compagno e un pappagallo fischiettante, mi distraggo con la cinematografia indipendente e d'autore, altresì con la sempre presente musica ambient, synth pop anni ottanta e disco anni settanta, sempre e solo in vinili, che colleziono e custodisco gelosamente.
Mi piacciono le città, gli hula hoop, il caffè lungo di mattina, il tè di pomeriggio, i racconti dell'orrore, strimpellare l'ukulele, le macchinette fotografiche analogiche, i giri in bici, i giri a piedi, i giri in testa, sognare a occhi aperti, sognare a occhi chiusi, fantasticare, perdermi sempre, perdermi troppo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top