Odio gli inizi

Io odio profondamente presentarmi.

Quando mi trovo davanti una nuova persona da conoscere, che magari sembra pure essere molto interessante, non riesco mai a far le cose come si deve: la voce sparisce, m'impappino, i palmi iniziano a sudare e non capisco mai quanto forte stringere la mano dell'altro, sembrando o un mollusco, o troppo esagerata. In poche parole, faccio confusione.
Nel mondo online non va affatto meglio.
Invidio quelli capaci di scrivere una bio interessante e mai scontata: io non ne sono capace. Qui su Wattpad, per esempio, ho inserito una citazione che trovo meravigliosa presa da Disegnare il vento - L'ultimo viaggio del Capitano Salgari, una biografia romanzata scritta da Ernesto Ferrero sulla figura di Emilio Salgari. In fondo, poi, ho aggiunto un laconico

Rebecca | Milano | Classe '97

giusto perché proprio non si capiva il mio nome.

Comunque, quando è stato proposto di riempire il primo numero con le nostre presentazioni sono andata un po' in panico: in un primo momento ho pensato che fosse un'idea grandiosa e, soprattutto, sviluppabile in tempi brevi, ma ripensandoci mi sono resa conto di non sapere assolutamente che cosa scrivere. Ogni mia bio è una citazione.

L'alternativa, però, era lanciarsi in una serie di racconti natalizi, cosa ancor più detestabile per me, poiché con il passare degli anni sono diventata una versione meno verde, ma altrettanto infastidita dalla vita, del Grinch.

Ci sono volute svariate ore di riflessione nei miei momenti di insonnia pre-esame per decidere come sviluppare questa... questa cosa.
Chiamarla presentazione fa un po' ridere.

In ogni caso, mi sono resa conto che tutto questo problema si poteva facilmente risolvere, in modo più o meno brillante, fermandomi a parlare di quelli che sono stati i libri che hanno segnato maggiormente la mia breve vita.

Siamo su un sito di scrittura, perché non farlo?

*

Come gran parte dei bambini, ho iniziato a leggere in prima elementare.

Superato il primo momento di stupore, relativo al fatto che finalmente potevo capire tutte quelle parole così diverse tra loro, ho pensato che non fosse poi una così grande conquista. Mi ricordo ancora molto bene la noia provata nel leggere il libretto che mi era stato dato come compito delle vacanze finito il primo anno scolastico: c'erano un elefante e un'apina, con altri animali che ora come ora non mi vengono in mente, che dovevano risolvere una sorta di mistero.

Noia totale.

Quell'estate, però, mi ha in realtà portato sulla strada di quelle che sono state le mie grandi letture grazie a un piccolo stratagemma, noto con il nome in codice di Il catamarano di Paperino. La rivista Topolino, infatti, come ogni estate aveva tirato fuori dal cilindro quello che sembrava il gadget del secolo (e, se devo essere sincera, è forse il più bello della mia piccola collezione): una barchetta che, se caricata a pile, scivolava sull'acqua come una meraviglia.
Ovviamente, doveva essere mia.

Ho sempre avuto questa sorta di amore per il mare, il nuoto e i pirati, e quindi sono riuscita a convincere mia madre a comprare il primo Topolino della mia vita. Il primo consapevole, almeno, visto che a casa ne avevo già altri.

Da lì è nata la mia passione per la lettura.

Se devo dir la verità, come partenza mi è anche andata molto bene: quel Topolino, infatti, presentava la settima puntata della serie Paperina di Rivondosa, sceneggiata e disegnata da quel genio che è Silvia Ziche (e chi bazzica un po' in questo mondo fumettistico, può ben capire la mia affermazione).

È scontato dire che, tornata a Milano a settembre, ho chiesto come regalo l'abbonamento e ho continuato a riceverlo per gli otto o nove anni successivi. Oltretutto, quando è uscito il volume con tutta Paperina di Rivondosa, me lo sono fatto comprare; assieme a quella storia, sono presenti all'interno anche due grandi parodie: Il Mistero dei candelabri (relativa a I Miserabili di Victor Hugo) e Paperino e il vento del Sud (ovviamente, Via col vento di Margaret Mitchell).

*

Sono state proprio le grandi parodie della Disney a portarmi tra le mani quello che considero il primo grande libro che abbia mai letto: Le tigri di Mompracem di Emilio Salgari.

La parodia (Sandopaper e la Perla di Labuan) mi aveva particolarmente entusiasmata e, quando ho trovato il libro parodiato a casa di mia nonna, in una bellissima edizione della Mursia con delle tavole a colori, ho iniziato subito a leggerlo. Avevo, oltretutto, vaghi ricordi del cartone animato di Sandokan prodotto (se non sbaglio) dalla Rai che guardavo ogni mattina da piccola prima di andare all'asilo. Era un libro che sapeva di casa.

Chi conosce bene Salgari, comunque, sa che spesso è molto crudo: combattimenti e morte sono all'ordine del giorno, descritti così com'è la realtà. Immaginate quindi quanto io, una piccola e tenera bambina di otto o nove anni che era rimasta traumatizzata da questo

(Gambadilegno che ammazza il padre di Paperino ne El Kid Pampeador, una storia che ancora oggi fatico a leggere)

mi sia spaventata nei primi capitoli. C'è questa scena, in particolare, che mi rimarrà sempre impressa: Sandokan che ordina a Patan di farsi uccidere durante il combattimento successivo perché non si era trovato al suo posto in quello precedente, causando la morte del Ragno. E prontamente Patan, nel capitolo seguente, si fa ammazzare dagli inglesi.

Eppure ho continuato, perché mi ero accorta che c'era qualcosa oltre quei massacri delle prime pagine.

Visto che, però, intuivo che leggerlo tutto d'un fiato non mi avrebbe assolutamente soddisfatto, lo lasciai a casa di mia nonna: ogni volta che andavo da lei, leggevo qualche capitolo in più. È divertente pensare che, in un certo senso, ho provato le stesse sensazioni dei primi lettori di quelle storie, che venivano pubblicate a puntate.

Ovviamente ho amato il libro (penso sia uno di quelli che ho riletto più volte) e mi sono fiondata a leggere anche gli altri, in particolare tutto il ciclo della Malesia, tutto quello dei Caraibi e due terzi (maledetta Rizzoli che ha annullato le pubblicazioni!) di quello del Far West. Nel corso degli anni, poi, mi sono buttata anche sui racconti brevi.

Comunque, grazie a Salgari ho scoperto due cose.
Prima di tutto, il piacere di immaginare e costruire mondi in cui vivere le avventure più disparate. Ho passato tantissimo tempo in compagnia di Yanez e Sandokan, vagando nella jungla indiana o veleggiando su un praho malese.
Poi, la bellezza di leggere solo perché ti piace, perché vuoi vedere come continua.
Un'estate mi sono portata in giro per la Toscana la bellezza di sei libri del ciclo della Malesia.

Da quel momento in poi ho continuato a leggere sempre più libri, innamorandomi soprattutto dei romanzi d'avventura.

*

È alla fine dell'estate che ha segnato il mio passaggio dalla prima alla seconda media che compare il prossimo libro. Nel corso di luglio e agosto avevo letto trenta libri.

Giuro.

Trenta.

Me lo ricordo perfettamente perché mia madre ha iniziato a borbottare che era impossibile che mi ricordassi la trama di ogni singolo libro (cosa che, invece, è assolutamente vera ancora oggi: se mi viene dato un input, so riassumere qualsiasi trama) e mio padre ha detto: "A settembre ti sistemo io".

Ovviamente mi è preso il panico: non voleva più farmi leggere?

In realtà, aveva pensato a un metodo che, probabilmente, nella sua testa sembrava ben più subdolo: darmi un libro di quelli grossi e complessi, nella speranza che mi dessi una calmata. Mi ha quindi consegnato una delle prime edizioni (appartenuta a mio nonno) de Il signore degli anelli, dicendo anche tutto soddisfatto che ci avrei messo almeno sei mesi a leggerlo tutto.

Ce ne ho messi due.

Chiunque ami il genere, conosce la bellezza di quel libro: Tolkien è il più grande scrittore fantasy mai esistito e ha creato un'opera che va oltre. Oltretutto, adoro il fatto che è un romanzo leggibile anche a più livelli (cosa che ho notato quando l'ho ripreso in mano un paio di anni fa).

Se devo essere sincera, quando l'ho letto la prima volta non avevo ancora visto i film: è stato bellissimo, ma complicato, ricostruire tutto nella mia testa. Andavo avanti a leggere per ore e ore, anche dopo il coprifuoco serale delle nove che mi è stato imposto per anni. C'è stata una sera, complici le miniere di Moira, che ho tirato dritto quasi fino a mezzanotte, quando ho sentito i miei che spegnevano la televisione e tiravano giù le tapparelle; disperata perché volevo andare avanti, ho chiuso il libro e mi sono fiondata sotto le coperte, facendo finta di dormire.

Comunque, è stato il romanzo che mi ha fatto apprezzare e amare quello che ora è il genere letterario che preferisco e scrivo: il fantasy.

*

Da Tolkien, oltretutto, è nata la mia passione per i libri grossi.

Se si unisce questa e un'altra grande parodia Disney (dovreste ormai aver capito che sono onnipresenti), si ottiene Guerra e Pace di Lev Tolstoj.

La storia a fumetti, che è una meraviglia, mi aveva sempre stuzzicato e, quindi, durante l'estate tra la seconda e la terza superiore mi sono buttata a leggerlo. Ci sono voluti due mesi, quasi tre, per finirlo: quando ho letto la parola epilogo (che è seguita da almeno altre duecento pagine) stavo per mettermi a piangere.
È stata un'impresa titanica, in certi punti pesantissima (le descrizioni della battaglia di Austerlitz mi hanno quasi fatto rinunciare), ma mi ha portato a scoprire quanto sia bella e diversa la letteratura russa da quella del resto dell'Europa. Grazie a quel poco che ho letto (Anna Karenina, La morte di Ivan Il'ìch, Le anime morte di Gogol' e qualcosa di Puskin), mi definisco un'amante del genere; mi manca tutto Dostoevskij, certo, ma ho intenzione di rimediare al più presto.

(Per chi teme di non riuscire a leggerlo, lo sceneggiato della BBC mandato in onda l'anno scorso è una fedelissima trasposizione)

È comunque un libro legato a tanti luoghi molto diversi tra loro. Prima di tutto il vecchio appartamento dove abitavo a Milano, in cui ho letto le prime e le ultime pagine; poi il campus di Hull, in Inghilterra, dove sono stata due settimane in viaggio studio; infine la mia casa e quella dei miei nonni in montagna, dove ho affrontato prima Austerlitz, poi anche Borodino. A un certo punto, magari quando avrò finito l'università, lo rileggerò.

*

L'ultimo e più importante libro arriva quasi immediatamente dopo Guerra e Pace.

Tornata a Milano, ho dovuto affrontare diverse cose che mi hanno destabilizzato molto. Prima di tutto il trasloco: lo so, non sono andata a vivere in una città completamente diversa, abbandonando i miei amici, ma ho perso quella che era stata la mia casa per sedici anni, spostandomi in un quartiere completamente diverso. A scuola, invece, ho fatto conoscenza con quella che è stata un'ottima professoressa di latino e letteratura italiana, ma che in un primo momento mi ha soffocato: schede infinite, versioni lunghissime, pagine e pagine della Divina Commedia da parafrasare... Solo quando mi sono abituata al suo modo di insegnare mi sono resa conto di quanto fosse una grande professoressa, ma il primo anno è stato tragico. Infine, si ha la partenza di quello che ritenevo essere un mio amico, uno di quelli importanti, e che, invece, stava per andarsene via dall'Italia senza neppure dirmelo.

Non sapevo cosa fare.

Io ho pianto per mesi.

Tornavo a quella che non era casa mia e notavo come tutto fosse così diverso da quello che conoscevo prima, e iniziavo a piangere. Mi viene quasi da farlo anche adesso, nonostante siano passati ormai quattro anni.

È in questo frangente, comunque, che compare l'ultimo romanzo di cui devo assolutamente parlare. Non dirò subito il titolo, però.

Avevo letto tantissime citazioni di quel libro sparse su internet, in particolare su Tumblr; mi avevano sempre incuriosita, ma stranamente lo continuavo a considerare come un libro da adulti, un qualcosa a cui io non dovevo avvicinarmi. È molto strano come pensiero, considerando che avevo già divorato Guerra e Pace. Alla fine, comunque, mi sono convinta: ho recuperato la meravigliosa edizione della Rizzoli che tengo ancora sul mio comodino e ho iniziato a leggere le prime pagine, intimorita da quello che avrei potuto trovarmi davanti. C'è voluto veramente poco per innamorarmi.

Ho riso e pianto tantissimo, mi sono calata completamente nella storia, sono impazzita con i personaggi e ho assaporato la vendetta, la morte e l'amore, vagando in quella piccola spiaggia davanti a una locanda immersa in un mondo lontano dal tempo e dallo spazio. Ho provato una sensazione simile solo quanto ho preso in mano Pulp, di Bukowski, e Neve, di Maxence Fermine. Forse questi due titoli hanno confuso chi aveva già intuito qualcosa, ma tiriamo avanti.

È un romanzo che adoro anche perché parte da un riferimento storico molto concreto, di cui però mi sono accorta solo quando ho studiato la storia nascosta dietro il quadro La zattera della Medusa di Géricault.

Non lo immaginavo affatto, e questo mi ha fatto apprezzare il libro ancora di più.

In ogni caso, tornando al punto di partenza, nel leggerlo ho capito perché trovavo sue citazioni praticamente ovunque: è un romanzo che si presta molto bene a essere frammentato e io stessa ho riempito la mia copia di foglietti ogni qual volta trovavo qualcosa che mi emozionava. Però non l'ho mai sottolineato: esercita quasi un timore riverenziale in certi momenti.

Una delle mie preferite è questa:

-Torna ogni sera, quel ragazzino. Si chiama Ditz. E ogni volta mi chiede se voglio sognare qualcosa. Così io l'altro ieri gli ho detto: "Voglio sognare Elisewin. Voglio sognarla quando sarà grande". Mi sono addormentato, e ti ho sognata.

- E com'ero?

- Viva.

- Viva? E poi?

- Viva. Non chiedermi altro. Eri viva.

- Viva... io?

È una delle tante.
La parte che amo di più è un'altra, ma se la copiavo occupava tutto l'articolo.

Comunque, credo che ormai chi l'ha letto dovrebbe avere capito benissimo di che romanzo si tratta: stiamo parlando di Oceano Mare, di Alessandro Baricco.

È il libro a cui penso subito quando mi chiedono qual è il mio preferito. Non apprezzo tutti i lavori di Baricco, sia chiaro: ho odiato profondamente Castelli di rabbia e trovo molte parti di City più che forzate. Sta di fatto che con Oceano Mare si è aperto davanti a me un mondo più adulto. Penso che non capirò mai perché sia stato proprio questo libro e non uno dei tanti che ho letto prima e dopo.

*

Eccoci qui, quindi, alla fine di questa presentazione sgangherata.
Ho citato tanti libri, forse troppi, ma amo profondamente leggere e scrivere, è più forte di me.

Comunque, penso e spero di essere riuscita a farvi capire un po' come sono: come ho già detto all'inizio, odio presentarmi.

Rebecca - RebyBnn

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