Capitolo 8 - Figlio del sangue
La solita camminata mattutina quel giorno era stata più utile del solito.
Non solo era passato al cantiere al vecchio arsenale per controllare i lavori, ma sulla strada del ritorno c'era anche stato un incontro inatteso.
Era infatti passato, come ogni mattina, dalla solita piazza, e sui gradini dell'antica Cattedrale aveva incrociato lo sguardo con lo stesso giovane che aveva incontrato qualche giorno prima.
Javier Santos, il giovane cow boy, era di nuovo là sui gradini della chiesa a suonare la sua chitarra accompagnato dalle voci di un gruppetto di bambini.
William si era fermato qualche momento nell'ombra a osservare la scena da lontano.
L'aveva meravigliato non poco ritrovare tutti i bimbi della prima volta e, per di più, in perfetta salute a parte una fasciatura sulla gamba di uno di loro.
"Forse era giunto a conclusioni troppo affrettate" - aveva riflettuto l'uomo avviandosi di ritorno verso casa.
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Tutto era pronto: l'ennesima lettera identica alle precedenti terminata e imbustata, gli strumenti per la procedura allineati sul tavolo davanti a lui.
Avrebbe certo potuto parlare al ragazzo di persona, ma in tal modo avrebbe perso il vantaggio che l'uso del suo sangue gli avrebbe fornito.
Sollevò il temperino e lo avvicinò al proprio polso premendo infine la lama affilata contro la carne.
Immediatamente il sangue prese a zampillare vivace e l'uomo ripose il coltellino. Afferrò quindi la scodella che aveva preparato lì accanto e la posizionò direttamente sotto alla ferita.
Il profondo taglio rimase aperto per alcuni secondi durante i quali poco più di un centimetro di liquido scarlatto si raccolse nel contenitore.
Infine, rapidamente com'era comparsa, la ferita si richiuse e sparì senza lasciare la minima traccia della sua esistenza.
Il vampiro annuì soddisfatto prendendo la scodella fra le mani e inclinandola per apprezzare al meglio la quantità del contenuto.
La ciotola venne poggiata di nuovo sul tavolo e gli occhi dell'uomo si fissarono intensamente sulla superficie appena increspata.
Il sangue, che avrebbe dovuto tornare un immovile specchio scarlatto, sembrava invece agitato da disturbi invisibili.
Pareva che una minuscola tempesta si stesse scatenando all'interno del contenitore, quel piccolo mare increspato da onde e mulinelli che dalle profondità giungevano fino alla superficie.
Dopo circa un minuto di questo sobbollire il sangue parve solidificarsi sotto gli occhi di William ritraendosi dai lati del contenitore per ridursi a una sfera vibrante simile per colore e dimemsione a una piccola mela.
La ciotola venne fatta ruotare tre volte fra le mani finchè al suo interno comparve una sfera di intensa luce bianca che la occupava completamente.
Quando dopo poco la sfera di luce si fu dissolta il sangue dentro la ciotola era scomparso.
Al posto del liquido si trovava un uccello dalle piume completamemte nere ad eccezione delle ali, dove alcune sfumature scarlatte fornivano l'unico indizio sulle origini della bestiola.
La lettera sigillata venne consegnata al volatile e quest'ultimo decollò lasciando la ciotola da cui era nato perfettamente candida e immacolata.
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