EPILOGO

L'incontro casuale di un buon libro può cambiare il destino di un'anima.

[Marcel Prevost]


EDIZIONE DEL MATTINO DELLA GAZZETTA DEL PROFETA

31 Agosto 2018

MORTO EINAR ATHOS NOTT

La fine del primo servitore

A cura di: H.R. Wells

AZKABAN - E' morto nella notte, nella prigione di Azkaban, l'ex Mangiamorte Einar Athos Nott, capofamiglia dell'omonima stirpe Purosangue e primo servitore creato da Colui che Non Deve Essere Nominato. Nott muore alla fine di una lunga agonia data da una malattia che lo ha colpito poco dopo la sua uscita dal San Mungo nel lontano 2002, quando, lo ricordiamo, fu arrestato per il tentato omicidio dell'Auror Draco Lucius Malfoy, figlio ed ereditiere del suo rivale in affari, Lucius Abraxas Malfoy. Sarebbe stata proprio questa rivalità a causare la messa in atto di un piano ben congegnato, che ha portato al rapimento e al successivo tentato omicidio del giovane Malfoy (vedi pag.5 per tutti i dettagli sul caso), ritrovato poi vivo a distanza di nove mesi dal sequestro...

Tentato omicidio... Era questo che avevano dovuto dire ai giornalisti... Lo ricordava perfettamente. Ma Einar Nott aveva pagato per le sue reali colpe. Erano pochi a sapere la verità oltre a loro: Shacklebolt e il Wizengamot. Tutti i membri, tranne il Ministro, erano stati costretti a stringere un Voto Infrangibile, per garantire la sicurezza di Draco ed Hermione. Dovevano rimanere al sicuro, e ai giornalisti era stata raccontata una mezza balla: il corpo esaminato durante l'autopsia era un falso; il medico legale Elijah Clarke lo aveva scoperto e per questo era stato ucciso. Sospirò: andava bene così. La loro sicurezza veniva prima di tutto.

Abbassò lo sguardo, riprendendo la lettura:

Suo figlio, Theodore Einar Nott, è stato informato questa mattina, ma il Ministro ha già fatto sapere che non gli sarà consentito uscire dalla prigione di massima sicurezza, per le esequie di rito. Anche l'ereditiere dei Nott infatti, era stato arrestato e condannato insieme a Pansy Parkinson nel 2002, per complicità nel reato compiuto da suo padre e condannato a trent'anni di carcere (vedi pag. 6 per i dettagli).

Che sia quindi finalmente giunta in maniera definita la fine dell'era dei Mangiamorte?

Un nostro inviato ha provato a raggiungere Fife Road, dove da ormai molti anni, risiede l'Auror Draco Malfoy, insieme alla moglie e Auror Hermione Jean Granger, e al loro unico figlio Deimos Draco Malfoy, (vedi pag. 7 per i dettagli sul matrimonio più discusso del mondo della Magia), ma la coppia non ha voluto rilasciare dichiarazioni.


Le labbra si modellarono in un ghigno divertito mentre abbassava il giornale arrivato giusto qualche minuto prima.

"La coppia non ha voluto rilasciare dichiarazioni"

Come minimo questo significava che la Granger aveva lanciato una fattura Urticante intorno alla casa.

Il ghigno si trasformò in un sorriso.

Doveva ricordarsi di avvisare Tabit di usare il passaggio per andare a casa degli zii e creare un appunto mentale per sé quando si fosse trovato al Ministero: chissà cosa avrebbe trovato a protezione del loro ufficio.

-Perché ridi?-

Alzò lo sguardo verso la porta, dove una versione molto più giovane e scapestrata di sé stesso, se ne stava impalata a fissarlo con ancora addosso il pigiama. Suo figlio l'osservava confuso, la mano destra impigliata tra i lunghi capelli nel tentativo di domarli, la voce roca ancora impastata dal sonno.

Suo figlio.

La memoria viaggiò a ritroso di sedici anni nell'arco di un secondo.

Quanto tempo era passato?

Quasi non riusciva a rendersene conto.

Quante cose erano successe in quell'anno?

Tante.

Il ritorno di Draco.

Il processo.

La condanna.

I giornalisti maledetti.

Ma alla fine, tutto si era concluso nel migliore dei modi.

Era arrivato il suo matrimonio.

Subito dopo quello di suo fratello con la Granger.

Già.

Ne era davvero passato di tempo.

Poi c'erano loro due: Tabit e Deimos.

Le fotocopie caratteriali dei loro padri.

Deimos, nato nel 2003, biondo come Draco, ma con i ricci della Granger. Gli occhi di sua nonna Narcissa, dal colore simile all'oro, che aveva lasciato tutti senza parole.

E poi suo figlio.

Tabit.

La carnagione mulatta, i capelli lisci e neri come l'onice, lunghi fino alla spalla, che da qualche anno aveva preso l'abitudine di legare svogliatamente dietro la testa.

Gli occhi uguali a quelli di Astoria per colore e forma.

Un figlio arrivato per caso, che aveva rischiato di rimanere orfano.

Sorrise, ripensando alle sue parole il giorno del risveglio in ospedale: se quei due avessero anche solo pensato di lasciarsi, li avrebbe perseguitati per l'eternità, anche dall'aldilà se necessario e il Lux Tenebrarum gli sarebbe sembrato solo un dolce ricordo a confronto.

-Papà?-

Il suono della voce lo riscosse, e si accorse di essere rimasto a guardare Tabit con espressione da pesce lesso.

Si schiarì la voce -Buongiorno- rispose, affrettandosi a ripiegare il giornale e metterlo da parte. Poi, nel modo più naturale possibile afferrò la tazza di caffè ancora fumante e la avvicinò alle labbra.

Tabit lo guardo ancora per un attimo stranito, poi si strinse nelle spalle e si decise ad entrare in cucina.

-Buongiorno a te- gli rispose.

Amdir, il loro elfo domestico, si avvicinò al ragazzo: -Buongiorno padrone. Cosa vuole mangiare il signorino questa mattina?-

Blaise sorseggiò la bevanda con calma: sapeva che il figlio non amava le chiacchiere mattutine prima di aver messo qualcosa sotto i denti, per cui aveva ancora qualche minuto per le solite domande di rito:

"Hai finito di preparare i bagagli?"

"Sicuro di aver preso tutto? Di non aver bisogno di nulla?"

Tabit quella mattina però lo sorprese, non solo perché rifiutò l'aiuto dell'elfo, cosa che di solito non disdegnava mai, ma anche e soprattutto perché, dopo essersi avvicinato ai fornelli, prese a parlare di sua spontanea volontà: -Ieri sera ho finito di preparare il baule-

Girò la testa verso di lui e annuì: -Ti serve qualcosa? Posso passare da Diagon Alley se non hai tempo- gli propose.

Tabit rimase concentrato sull'uovo che stava afferrando dalla scatola e solo dopo averlo aperto e versato nella ciotola, riprese parola: -No, grazie papà. Ho tutto. Mancano solo gli attestati dei G.U.F.O. e la lettera, ma sono sulla mia scrivania già pronti-

G.U.F.O. che com'era ovvio pensare per uno Zabini, erano andati benissimo.

La genetica non era solo un'opinione in fondo.

Trattenne un ghigno, non consono con il momento e si limitò ad annuire, tornando al suo caffè.

Bevve un altro sorso.

-Ah, comunque, grazie per il regalo- continuò Tabit.

Blaise si accigliò: regalo?

Quale regalo?

Tornò a guardare Tabit con aria confusa: -Di che parli?- gli chiese, alzandosi dal tavolo. La tazza ormai vuota.

-Il libro che mi hai regalato. L'ho trovato poco fa-

La confusione aumentò: libro? Non aveva comprato nessun libro di recente. Forse era stata Astoria?

-Tab forse è stata tua madre- gli spiegò, avvicinandosi al lavandino -Avrei voluto comprarti qualcosa, ma ieri ho finito di lavorare tardi e...-

Tabit ridacchiò: -Papà, tranquillo! Ti stavo solo ringraziando. Pensavo fosse tuo. Ringrazierò la mamma allora-

Lui annuì.

-Comunque dovrò dirle che le hanno rubato i galeoni- continuò l'altro.

-Perché?- chiese stranito.

-Gliel'avranno venduto come libro, ed apparentemente lo è. Un po' vecchio e consumato, ma il problema è che è bianco-

Blaise si fermò, una spiacevole sensazione di freddo che risaliva la spina dorsale e metteva in allarme i sensi.

Un libro completamente bianco?

-Bianco?- chiese quindi, girando la testa verso il figlio, con ancora la tazza insaponata tra le dita.

-Si! Non è strano? Lo userò per prendere appunti in classe ovviamente, ma mi dispiace che abbia speso un sacco di soldi per qualcosa che non li vale-

Bianco, vecchio e consumato.

Tentò di tenere a freno la mente che aveva preso a lavorare in maniera frenetica.

Doveva tenere lontano quel pensiero.

Doveva chiudere a chiave quella porta nel suo subconscio.

Si trattava di una coincidenza.

Una coincidenza.

Quelli erano ormai spariti da tempo; una mattina semplicemente si era alzato e "puff": non c'erano più.

No.

Poteva stare tranquillo.

Si limitò ad annuire pur di dargli una risposta e tornò sulla tazza.

-Però devo dire che la mamma ha un ottimo gusto per l'estetica. Non avevo mai visto una copertina argentata così ben conservata! E i bordi sono verdi!- continuò Tabit, sogghignando -Forse l'ha comprato solo per quello. Perfetto per un Serpever...-

Il fragore che provocò la tazza sbattendo contro il fondo del lavandino, interruppe la frase di Tabit poco prima della conclusione, ma Blaise non udì né quello, né le proteste del figlio per lo spavento.

Sentì soltanto un fischio lungo e prolungato iniziare a trapanargli i timpani e la salivazione azzerarsi.

La strana sensazione che avvertiva esplose dentro di lui, mettendo il corpo subito in allarme.

Si allontanò dal lavandino di scatto, come bruciato e rischiò quasi di finire addosso a Tabit, che nel frattempo si era avvicinato, confuso dalla reazione del padre.

-Pap...-

-Dov'è?- lo interruppe Blaise, gli occhi sbarrati e fissi nel vuoto.

-Cosa?- gli chiese confuso il figlio.

-Il...- fece una fatica enorme a pronunciarlo -Il libro. Dov'è?- boccheggiò.

-Oh! Sulla mia scrivania. Perché? Lo vuoi vedere?-

Blaise si limitò ad annuire: se avesse parlato ancora, con molta probabilità, avrebbe perso la poca aria che gli impediva di svenire.

Il nodo allo stomaco era risalito fino in gola: si sentiva soffocare.

Era un fascio di nervi e quando Tabit si allontanò, uscendo dalla cucina per andare a recuperare il suo "regalo", dovette afferrarsi al piano da lavoro della penisola per non cadere a terra.

Quei pochi minuti che il figlio impiegò a tornare furono una lenta tortura: rivisse in un attimo tutti quei nove mesi di sedici anni prima.

E adesso... La storia era destinata a ripetersi con...

-Papà...-

La voce di Tabit era cauta e Blaise si prese tutto il tempo del mondo per tornare a guardarlo.

Sapeva che appena lo avesse fatto... avrebbe avuto la conferma che stava, con tutte le sue forze, cercando di evitare.

-Papà, stai bene?-

La preoccupazione di Tabit era evidente, ma lui non sapeva.

Non poteva sapere.

I loro figli non avevano mai saputo la verità. Avevano deciso di comune accordo di non rivelargliela almeno fin quando non avessero finito Hogwarts.

Ma adesso...

Adesso, almeno lui, non avrebbe più potuto farlo.

Sollevò quindi la testa e quando i suoi occhi incrociarono quelli preoccupati di Tabit, si sentì mancare davvero la terra sotto i piedi.

Lo vide scattare in avanti per sorreggerlo, dopo aver lasciato cadere qualcosa sul pavimento.

Stava davvero svenendo?

Lui, Blaise Zabini che si lasciava atterrare dagli avvenimenti?

Ma quello non era un semplice avvenimento. Si trattava di suo figlio!

Del suo unico figlio!

E se le cose si fossero ripetute come per Draco, ma non fosse riuscito a tornare indietro?!

Ingoiò, sentendosi ancora peggio.

-Vieni! Vieni, siediti! Papà, Cos'hai?!-

Il fiato corto gli impedì di parlare per almeno trenta secondi, ma sollevò una mano per fargli capire di dargli qualche secondo.

Suo figlio smise di parlare e si assicurò che il padre fosse stabile sulla sedia, prima di estrarre la bacchetta e appellare un bicchiere d'acqua.

Blaise la tracannò in un baleno, sentendo pian piano tornare il controllo di sé.

-Stai meglio? Che è successo?!-

Annuì velocemente: - Sto bene. Non volevo farti spaventare, perdonami-

-Forse hai lavorato troppo. Dovresti prenderti una pausa-

Ed eccolo lì: il figlio di Astoria Greengrass si stava mostrando in tutta la sua preoccupazione.

Era un perfetto incrocio di entrambi.

Cercò di sorridergli per quanto possibile, ma ciò che ne uscì fu solo una smorfia che si affrettò a far sparire: -Sto bene, non preoccuparti. Hai preso quel libro?- chiese quindi, sentendo la tensione attraversarlo ad ondate.

Lui gli scoccò un'occhiata scettica, ma poi annuì.

Si spostò, raccogliendo l'oggetto che aveva lasciato cadere per aiutarlo.

Quando tornò indietro, Blaise dovette ricorrere a tutto il suo rimanente autocontrollo per non svenire davvero.

Era davvero come aveva intuito.

La storia stava per ripetersi ancora.

Davanti ai suoi occhi, tra le sue mani, il libro Noctem.

E prima di iniziare a invocare Salazar con tutta la sua stirpe al seguito, si alzò di scatto e scappò via.

-PAPAA'! DOVE VAI?!-

Chiunque l'avesse visto in quel momento lo avrebbe scambiato per un pazzo fuggito dal San Mungo.

Uscì dalla cucina, dirigendosi in corridoio, ma quando svoltò l'angolo, cozzò contro qualcosa, o meglio qualcuno, che arrivava esattamente dalla parte opposta.

Non cadde a terra solo per un qualsiasi miracolo lanciato dal fondatore dei verde-argento, che stavolta però non riuscì a non nominare.

-SALAZAR BENEDETTO!- urlò, in preda ad un quasi attacco isterico.

Anzi no.

Quello era un vero e proprio attacco isterico, direttamente proporzionale alla grandezza del bernoccolo che si stava formando sulla sua testa.

-Zio Draco!-

Tabit aveva seguito suo padre.

Draco?

Riaprì gli occhi lacrimanti, strofinandosi la testa e sì, lo vide anche lui.

Davanti a sé c'era proprio il suo migliore amico, anch'egli intento a massaggiarsi la parte lesa tra quella marea di capelli biondi, ora un po' più lunghi rispetto a sedici anni prima.

Stava proprio seguendo le orme di "nonno" Lucius, come lo aveva ribattezzato un giorno Tabit, che per la cura dei capelli a quanto pareva, nutriva una vera e propria ossessione.

I due si fissarono per un attimo, studiando le rispettive figure e quando entrambi gli sguardi si soffermarono sull'oggetto nella mano dell'altro, le loro reazioni furono identiche:

-COS'E' QUELLO?!- si chiesero nello stesso momento, urlando, per poi, in un gesto automatico, spostare in avanti il braccio.

Ed ovviamente... cosa poteva essere l'oggetto di Draco se non...

Il libro Lumen.

Si guardarono e Blaise seppe, senza bisogno di uno specchio, che adesso l'espressione da pesce lesso l'aveva davvero.

Esattamente come Draco davanti a lui.

Per Tabit invece, suppose che probabilmente doveva avere la stessa faccia preoccupata di Deimos, arrivato alle spalle del padre da qualche secondo.

Blaise e Draco si guardarono ancora per un attimo; poi, come se davvero qualcuno li avesse connessi, si voltarono contemporaneamente verso i propri figli, che fraintesero decisamente i loro sguardi.

-E' STATO LUI!- risposero infatti all'unisono quelli, indicandosi a vicenda.

Ne avevano combinata sicuramente un'altra delle loro.

Ma del resto com'è che si dice in fondo?

Tale padre, tale figlio, no?





FINE

(E QUESTA VOLTA PER DAVVERO XD)





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Spazio Autrice:

Ed ecco a voi il finale tanto atteso ;) Vi aspetto tra stasera e domani mattina per i ringraziamenti che spero leggerete *-*

ODDIO... E' DAVVERO FINITA?!

AIUTO!

Spero che la mia scelta vi sia piaciuta ;) Secondo me era il modo migliore per chiudere una storia così lunga e di questa portata immensa, ma...

Non mi dilungo oltre.

Stay Tuned per i ringraziamenti mi raccomando :*

Iron9208 (Arlen)

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