Capitolo 1 (PARTE I)
"Perchè nei sogni entriamo in un mondo che è interamente nostro. Lasciamo che nuoti negli oceani più profondi, o che si libri oltre le nuvole più alte"
Albus Silente
Dove sono?
Ho davvero riaperto gli occhi?
O forse sto sognando?
Sognando...
Lo stomaco si annoda.
Sognare...
Qualcosa che non potrò più fare. Non potrò più sognare, ora che...
Ma lo stomaco si stringe ancora di più, quasi impedendomi di respirare e interrompendo ogni mio pensiero.
Ok, ho capito.
Non devo pensarci.
Torno quindi a concentrarmi su ciò che mi circonda, o per meglio dire, su ciò che non mi circonda.
Sollevo le mani e con sollievo mi accorgo di riuscire a vederle. Quindi io ci sono. Sono qui.
Ma... dov'è qui? E' il resto ad essere sparito?
Dove sono i muri di pietra? Le torce? La stanza?
E soprattutto... Dov'è Blaise?! Mi guardo intorno, ma niente.
Dove sono Nott Senior, Theodore e Pansy?
Niente.
Intorno a me c'è il vuoto.
E' tutto ancora bianco come... come prima.
Mi giro ancora una volta: forse è lui ad essere ancora qui! Questo è il vero aspetto del limbo dopotutto, no?
Quindi, se io sono qui, dev'esserci anche lui!
-Draco!-
Inizio a camminare in una direzione qualsiasi.
-Draco, ci sei?!- chiedo quindi speranzosa.
Fa che ci sia! Fa che ci sia ancora!
-Draco dove sei? Fatti vedere!-
Niente.
Il silenzio è totale.
Ma non mi arrendo. Dev'esserci! Deve per forza essere qui!
Gli occhi mi diventano di nuovo lucidi.
No! Non è il momento di piangere! Non devo fare la stupida sentimentale.
Non adesso!
Devo trovarlo!
-DRACO!-
La mia voce è strozzata, mentre il mio corpo ha praticamente iniziato ad agire da solo.
Ha iniziato a correre.
Solo dopo qualche minuto la mia mente realizza la dura verità: non c'è.
Ricordo perfettamente ciò che è successo prima.
Quel distacco netto che ho avvertito nel petto, proprio all'altezza del cuore.
So cos'è successo.
Lui... E' andato via.
E' passato oltre.
Mi fermo.
Sospiro e chiudo gli occhi.
E' inutile negare l'evidenza.
E' finita.
Non c'è più.
Cado in ginocchio.
Non c'è più.
E dopo quest'ultima constatazione, non mi importa più. Lascio che il mio corpo faccia ciò che vuole. Non metto più alcun freno alla mia reazione del tutto emotiva.
Non avrebbe senso in fondo.
Nessuno, a quanto pare, può vedermi.
Sono morta. Lo so.
Lo sento.
Forse è così che si sentiva anche lui.
E forse questo non è il limbo che ho sempre conosciuto. Questo è il lato opposto.
Questo è il luogo che si raggiunge dopo la morte. Il luogo che avrei voluto raggiungere insieme a lui.
Con l'unica differenza che lui non c'è: non raggiungeremo più alcun luogo insieme.
Riapro lentamente gli occhi, asciugandoli velocemente.
Mi vergogno di me stessa.
Avrei potuto fare di più.
Avrei dovuto fare di più.
-Avrei dovuto trovare un modo prima di affrontare Nott. Avrei dovuto riportarti indietro prima, e non stare con le mani in mano a sperare che le cose si risolvessero da sole-
Una folata di vento alle mie spalle mi zittisce.
Scatto in piedi, battendo le palpebre per scacciare le ultime tracce di lacrime rimaste.
Mi giro, col cuore in gola: cos'era? Com'è possibile che ci sia del vento?
Dietro di me non c'è nulla.
Il bianco continua ad avvolgermi totalmente.
Nessun dettaglio diverso.
Un'altra folata, stavolta dritta in faccia.
-Draco sei tu?- chiedo quindi.
Un'altra.
Ben presto si fanno sempre più numerose e ravvicinate, fino a trasformarsi in un vento continuo e leggero.
Rimango in silenzio.
Non so cosa stia succedendo, ma stranamente non ho paura.
Sono tranquilla, come se quest'aria che continua a colpirmi mi tranquillizzasse.
Il mio battito infatti diminuisce, il mio respiro si calma e il mio corpo si rilassa.
Batto ancora una volta le palpebre ed ecco che qualcosa inizia a cambiare.
Un piccolo puntino compare davanti a me. Un puntino bianco, ma che stranamente riesco a distinguere dal resto e che, col passare dei secondi, diventa sempre più luminoso e più grande.
Ma che...
Il vento continua a soffiare sempre alla stessa velocità ed io continuo a rimanere calma. Non riesco ad agitarmi.
Forse dovrei, no? Del resto sta succedendo qualcosa di totalmente illogico.
Ma no.
Qualcosa dentro di me, mi suggerisce che non accadrà niente di male.
Che sono al sicuro.
Sono al sicuro.
Inizio a ripetermi queste parole, mentre il puntino ha ormai assunto le dimensioni di una pallina da golf ed improvvisamente, tutto cessa.
Il vento si ferma.
Il puntino smette di crescere ed io mi raddrizzo, senza rendermi conto di essermi piegata in avanti, forse per oppormi al vento.
Ma non ho tempo di rifletterci su, perché quel puntino ricomincia a cambiare. Si frattura, dividendosi in due parti e dall'interno ne scaturisce una luce accecante, che mi costringe a socchiudere gli occhi e a portarmi una mano davanti al viso.
Che succede?
Il vento ricomincia a soffiare ed io faccio un passo indietro, mentre la luce si espande sempre più: una luce dorata che spezza finalmente tutto questo bianco candido.
Cerco di tenere gli occhi aperti, anche se è difficile e ben presto la luminosità inizia a diminuire, tornando a livelli normali.
Riabbasso il braccio ed eccolo qui.
Lo scenario è cambiato.
Davanti a me si è creata un'apertura, come uno squarcio su una tela candida, al di là del quale tutto è di un lieve giallo paglierino.
Ma cos'è?
Faccio un passo avanti, inevitabilmente incuriosita, dato che il mio corpo non sembra voler provare neanche un briciolo di timore, ma mi fermo subito dopo.
Anzi, mi blocco.
Perché dall'altra parte intravedo qualcosa.
Un movimento.
Si, ne sono certa. Quello è un movimento.
Qualcuno si sta avvicinando.
Che sia...
-Draco?- chiedo ancora una volta con un filo di voce.
Non posso fermarmi.
Devo capire.
Ricomincio a camminare, avvicinandomi ancor di più.
-Draco, sei tu?- chiedo di nuovo, a voce un po' più alta e non riuscendo a nascondere l'emozione.
Ma ancora una volta, in cambio, ricevo soltanto silenzio.
Il movimento però continua, delineando pian piano la sagoma di quella che vedo chiaramente essere una persona.
Compio l'ultimo passo, arrivando dritta davanti alla soglia dello squarcio, ma ricorrendo al buon senso, mi fermo: potrò passare?
Sollevo una mano, piano la allungo in avanti, e non appena le mie dita stanno per attraversare il confine, una scossa elettrica mi colpisce la mano.
Mi ritraggo velocemente: il mio corpo finalmente si mette in allarme, come se mi fossi appena risvegliata da uno stato catatonico, permettendomi di ritrarmi, anzi, di correre indietro, spaventata.
-Non scappare-
Lancio un grido, del tutto involontario ed inevitabile: chi è che parla?
-Non preoccuparti. Non ti farò del male, puoi credermi-
E' una donna.
Continuo a tenere gli occhi fissi su quella sagoma che continua ad avvicinarsi: che sia lei a parlare?
Mi accorgo però che in realtà la sua voce non proviene dall'esterno, non proviene da quello squarcio.
La sua voce è dentro la mia testa.
Ecco perché ho gridato.
-Chi... Chi sei? Fatti vedere!- grido per tutta risposta.
Ed è a queste mie parole che finalmente quel profilo si fa nitido: la prima cosa che incontro sono un paio di iridi azzurre, che mi lasciano senza fiato per la loro particolarità. Non è un azzurro normale, ma molto più intenso.
E' come se, dietro le sue iridi ci fossero delle luci che le illuminano, permettendo a quell'azzurro di assumere centinaia, anzi migliaia, di sfumature diverse.
E' qualcosa di impressionante.
E' qualcosa di non umano.
E' etereo.
Quelle iridi così particolari, appartengono a due occhi dal taglio orientale, i quali a sua volta si trovano su un viso olivastro; un viso di una giovane donna, circondato da lunghi capelli neri che scendono verso il basso arrivando alla vita.
Infine il suo corpo è avvolto da una lunga tunica dorata, le cui maniche arrivano oltre le mani e che la fanno quasi risultare incorporea.
O forse lo è davvero?
-Chi sei?- ripeto, ma questa volta il mio tono di voce è tutt'altro che spaventato.
Stupore è tutto ciò che riesco a far uscire.
Questo viso... questa persona... sono sicura di non averla mai vista prima d'ora... eppure... ha un'aria terribilmente familiare.
-Non devi avere paura di me. Non ti farò niente- ripete, ma stavolta non posso far altro che rimanerne scioccata.
Le sue labbra non si muovono.
La sua voce è davvero dentro la mia testa.
Sgrano gli occhi, ma la sua bocca si inarca in un tenue sorriso: -Mi chiamo Sahar- dice, o forse sarebbe meglio dire "mi trasmette"?
-Dove siamo?- chiedo quindi –Sono morta, non è così? Stai per portarmi dall'altra parte?- lascio uscire tutto d'un fiato, travolta improvvisamente da mille domande.
-Sta tranquilla. Non ti porterò da nessuna parte. Sei già dove devi essere-
-Non capisco- dico confusa.
-Conosci questo luogo. Avevi avuto la giusta intuizione Hermione- mi spiega.
-Come fai a sapere il mio nome?!- chiedo spaventata.
Non l'ho mai vista prima d'ora ne sono certa!
-Sono qui per spiegarti tutto, non devi temere- mi risponde non cambiando mai tono di voce, né espressione del viso.
-L'ultima persona che l'ha detto era un pazzo omicida!- rispondo a voce più alta, tastando subito le tasche dei miei jeans alla ricerca della bacchetta.
Ma non c'è.
Abbasso la testa immediata: dov'è finita?!
-Non voglio farti del male, dico davvero. Qui sei al sicuro. Dovresti saperlo-
Torno a guardarla, improvvisamente colta da un dubbio: -Vuoi dire che...- mi guardo intorno –Siamo nel limbo?-
Lei annuisce: -Si, è esatto. Questo è il vero aspetto di ciò che tu chiami limbo- risponde, sorridendomi come se fosse davvero lieta che io abbia capito.
-Che io chiamo limbo? Come altro dovrei chiamarlo? Cos'è in realtà?!- ribatto.
Non mi fido.
Non posso fidarmi.
Che cosa vuole da me?
-Non ha un nome specifico. Nel corso degli anni, chiunque sia stato qui, lo ha definito in tanti modi diversi. Limbo, passaggio, terra di nessuno. Quindi puoi chiamarlo come preferisci-
-Chiunque? Che significa?!- chiedo quindi, ancor più confusa.
Le sue braccia si spostano davanti al corpo, e le sue mani si giungono: -Sono qui per spiegarti ogni cosa se me lo permetterai-
Mi fermo un attimo, la mente completamente in subbuglio.
Sono sempre più confusa: credevo che il limbo fosse il posto in cui si trovasse Draco. Un luogo a metà tra il regno dei vivi e quello dei morti. Un luogo creato dal nostro legame. Quindi perché lei dice chiunque? Chi altro è stato qui?
-Dov'è Draco?!-
-Non è potuto rimanere. Se ti avesse risposto allo stesso modo sarebbe rimasto con te-
Se mi avesse risposto allo stesso modo sarebbe rimasto con me...
Se mi avesse risposto allo stesso modo...
Vuol dire... Se mi avesse detto che mi amava anche lui...
Non l'ha fatto...
Quindi... Quindi significa che...
Che non mi amava?
-Non ti credo! Stai mentendo! Dimmi dov'è!- ribatto.
-Non posso mentirti Hermione. Non posso davvero. Avrei potuto qualora io fossi stata in vita, ma non in questa forma. Non adesso. Lui non qui. Non poteva rimanere-
Se fosse stata in vita.
Quindi... è morta anche lei?
Quindi sono morta davvero.
E soprattutto... Significa davvero che lui non mi amava.
Abbasso la testa, mentre sento un peso precipitarmi sullo stomaco ed ogni ricordo di tutti questi mesi trascorsi con lui, va in pezzi.
Gli occhi mi diventano lucidi.
Non mi amava.
E' davvero così?
Io credevo che...
Lui a me ci teneva, me l'ha dimostrato attraverso i suoi ricordi e attraverso ciò che ha fatto per me.
Di questo sono sicura, ma sono stata stupida!
Ho involontariamente scambiato il suo puro e semplice interesse, il suo volermi bene, per qualcosa di più.
Me ne rendo conto soltanto adesso; adesso che sto venendo a patti con la realtà: ho scambiato il suo affetto per amore.
L'errore più grande che ognuno di noi può compiere: credere che chiunque ci dimostri dell'affetto, provi anche qualcosa di molto più profondo nei nostri confronti.
E così continuiamo ad affezionarci ed affezionarci ed affezionarci, fino a che non ci ritroviamo invischiati in quel meraviglioso e allo stesso tempo terribile, sentimento che chiamiamo amore.
Ed un bel giorno la realtà torna a bussare alla nostra porta e a presentarci il conto.
Mandandoci in frantumi.
Distruggendo quella felicità che pian piano e con molta fatica eravamo riusciti a costruire.
O nel mio caso, a ricostruire.
Come adesso.
Come sarà d'ora in avanti.
Non mi amava.
Non mi amava.
Come ho fatto a sbagliare?! Non posso di certo farne una colpa a lui! Non ne abbiamo mai parlato. Non credo lo avremmo mai fatto, anche se ne avessimo avuto la possibilità. Ma pensavo di essere stata attenta. Pensavo di essere riuscita a tenere tutto sotto controllo. Sapevo che lui non era realmente vivo. Sapevo che ciò che stavamo vivendo era effimero; che non era reale. Sapevo di essermi innamorata di lui e sapevo a cosa andavo incontro. E andava bene così.
Ma ciò che non ho saputo gestire è proprio questo: l'idea che mi ero fatta del suo sentimento.
L'errore più banale e grande che potessi commettere.
E forse, in fin dei conti, l'ho commesso proprio per questo motivo: perché banale.
Chiudo gli occhi, stringendo i pugni, mentre il peso che avverto sullo stomaco si fa sempre più pesante.
Sempre più opprimente.
Ma non devo... non devo lasciarmi andare proprio adesso.
Non adesso.
Rialzo la testa, tornando a guardarla: -Spiegami- dico decisa di punto in bianco –Spiegami tutto, per favore-
Devo capire. Voglio capire. Tutto.
Lei mi sorride ancora, piegando leggermente la testa di lato.
-Questa storia ha inizio molti millenni fa, non so dirti con esattezza quando, se non che anch'io ne ho fatto parte-
Ogni pensiero ancora latente nella mia mente viene cancellato, sostituito dalla completa attenzione verso di lei: -Ne hai fatto parte?! Chi sei?- chiedo precipitosamente.
-Tanti anni fa ero anch'io una strega. Tanti anni fa, quando ero ancora in vita- mi spiega.
Cosa c'entra con il limbo?
-Poi... il destino ha deciso in maniera diversa per me. O forse sarebbe meglio dire qualcuno e non il destino-continua, ma la sua voce rimane sempre tranquilla e imperturbabile, come se mi stesse spiegando qualcosa che esula da lei.
-Qualcuno?- chiedo incapace di trattenermi.
-Ti dirò chi è, ma devo spiegarti tutto dall'inizio, quindi lascia che ti faccia una domanda. Tu conosci Antares Electra Black, dico bene?-
Strabuzzo gli occhi: -Si certo!-
Cosa c'entra Antares?
-Figlia di Shaula Black-
Annuisco.
-Shaula è mia sorella maggiore-
Mi blocco come se un treno mi avesse appena investito: -Cosa?!-
Lei, per tutta risposta, torna a sorridermi, ma io nel frattempo batto le palpebre sempre più velocemente, avvicinandomi: ecco perché aveva un'aria familiare! Ora che la guardo meglio, somiglia davvero ad Antares e anche a Shaula! Gli occhi e i capelli, e il colore della pelle! Tutto combacia!
Shaula è sua sorella, quindi questo significa che... Antares è sua nipote.
-Siete sorelle?!- chiedo scioccata.
Lei annuisce: -Tu conosci la storia di Shaula...- dice, senza pormi una reale domanda, ma lasciando la frase in sospeso.
-Si, Antares mi ha detto che era tenuta prigioniera in Arabia Saudita da un gruppo di Mangiamorte-
-E' corretto. A quel tempo molti erano i gruppi di Mangiamorte che dall'Inghilterra si spostavano nel mondo per reclutare nuovi membri e quando ci riuscivano e il gruppo si rafforzava, accadeva spesso che, per puro divertimento, attaccassero i Babbani residenti nella zona, ma anche i maghi nati da famiglie babbane-
"I mezzosangue" penso in automatico.
-Fu proprio per questo che la mia famiglia venne attaccata, i nostri genitori uccisi, mentre io e lei fummo separate, perché io strega, lei Babbana-
Rabbrividisco.
E' terribile.
-Non ho più rivisto mia sorella da quel giorno e non credo che lei abbia mai saputo quale sia stato il mio destino-
-Antares non mi ha mai parlato di te- intervengo.
-Non so se Shaula le abbia mai raccontato della mia esistenza. Credo che per lei sia troppo doloroso parlarne-
Abbasso lo sguardo: -Mi dispiace- dico sincera.
-Non dispiacerti. Lascia che continui-
Rialzo la testa, pronta ad ascoltarla, ancor più attentamente di prima.
-So che lei è stata liberata da Alphard Black e portata via dal nostro paese poco tempo dopo. Io invece rimasi lì. Almeno fin quando non incontrai lui-
-Lui?-
-Il mio primo ed unico amore-
Rimango in silenzio.
-Devi sapere che, come il padre di Antares, anche lui era un Purosangue. Ma a differenza di Alphard, che non credeva nell'ideologia, lui era un Mangiamorte e a quel tempo ne era fermamente convinto. Almeno fin quando incontrò me. Gli fu ordinato di torturarmi molte volte e molte volte lo fece, tranne una. Lo ricordo come fosse ieri. Era stato mandato in missione ed era rientrato gravemente ferito. Fu rimesso in sesto, ma non completamente e fu per questo che quando entrò nella mia cella quel pomeriggio, poco dopo, svenne esausto. Non sapevo cosa fare. Scappare sarebbe stato impossibile, lo sapevo bene, ma allo stesso tempo, non so per quale motivo, c'era qualcosa che mi spingeva ad aiutarlo-
-Il legame?- chiedo di getto, ma lei scuote la testa –No. Il legame non c'entrava nulla. Forse fu il semplice fatto di vederlo in difficoltà. Di vederlo umano, esattamente come me. Per la prima volta vedevo il mio aguzzino cadere a terra sfinito e ancora ferito, come un qualsiasi essere umano-
Stringo leggermente le labbra: non so se l'avrei pensata allo stesso modo qualora fosse successo a me.
Non credo proprio.
-Ero giovane. Ero inesperta. Potresti pensare che sia stata sciocca, non ti biasimerei, ma in quel momento decisi di aiutarlo. Mi avvicinai a lui, assicurandomi che respirasse ancora, ma soprattutto che non fosse un tranello, e gli sfilai la bacchetta. Stavo ancora imparando le arti magiche, ma sapevo di poter fare qualcosa. Lo feci. E lui rinvenne. Quando incrociò il mio sguardo, mi guardò con stupore, per un solo istante, ma tanto mi bastò per capire che quello che stavo vedendo era davvero lui. Poi tornò ad indossare i panni del Mangiamorte. Si rialzò molto velocemente, afferrandomi da terra e sbattendomi al muro. Mi minacciò, dicendomi che non avrei mai dovuto parlarne con nessuno, né tantomeno riprendere il discorso con lui. Ero convinta mi avrebbe torturata non appena mi avesse lasciata andare, ma non lo fece. Uscì semplicemente dalla cella senza aggiungere altro-
-Non tornò più per molto tempo. Vennero altri a fare le sue veci, ma, per come mi aveva ordinato, io non raccontai a nessuno ciò che era successo. Anzi al contrario, iniziai a chiedermi che fine avesse fatto. Forse era morto. E quando lo pensai, mi stupii della mia reazione: mi resi conto che era dispiacere quello che provavo. Quello sguardo che lo aveva mostrato terribilmente umano, mi aveva colpito a tal punto da farmi provare del dispiacere per lui. Allontanai il pensiero, perfettamente consapevole che fosse sbagliato. Lui era il mio carceriere. Lui era un Mangiamorte. Ed io ero sua prigioniera. Dovevo liberarmi. Dovevo trovare mia sorella. Dovevo andarmene da lì al più presto-
-Cercai di elaborare un piano, che adesso potrei definire decisamente stupido, ma che allora mi sembrò perfetto, ma proprio il giorno in cui decisi di attuarlo, purtroppo o per fortuna, lui tornò da me. E quando lo vidi rientrare nella mia vita in quel modo, abbandonai ogni folle idea. Rimasi lì, ferma, immobile, raggomitolata in un angolo della stanza, a guardarlo. Guardarlo senza dire nulla. Mi aspettavo mi torturasse, anzi, sapevo lo avrebbe fatto, ma non mi importava più. Ero debilitata, stavo per morire, ormai era questione di giorni, lo sentivo. Se mi avesse torturata con un altro Crucio non credo avrei più sentito dolore. Le mie terminazioni nervose erano ormai bruciate, come del resto tutto il mio corpo. Ma lui non fece nulla di tutto ciò. Ricambiò il mio sguardo, senza una particolare espressione, rimanendo sempre in piedi vicino la porta della cella. Mi stava studiando. Non so quanto tempo passò, ma fui io la prima a cedere, interrompendo quel contatto visivo, abbassando la testa. E ciò che sentii subito dopo mi stupì: il rumore della porta. Rialzai la testa di scatto, ma di lui non c'era più alcuna traccia. Se n'era andato, senza fare niente-
-Non ti torturò?- chiedo stupita.
-No. Da quel momento non più. Passarono diversi giorni, ma non alzò più la bacchetta contro di me. Veniva nella mia cella, rimaneva per un quarto d'ora circa e poi andava via, senza dire una parola. Mi chiesi più volte perché, ma non riuscendo a trovare una risposta soddisfacente, alla fine decisi di chiederglielo-
Sgrano gli occhi.
-Si, glielo chiesi. Gli chiesi perché continuava a venire da me. Lui ovviamente mi ripuntò contro la bacchetta, ma sapevo che non mi avrebbe fatto del male. Lo provocai, e per come avevo pensato, non successe nulla. Andò via sbattendo la porta. Ne sorrisi, ma questo non aveva risolto il mio dubbio-
-Cosa successe dopo?-
-Tornò il giorno successivo, e quando entrò, con mio grande stupore, si sedette a terra, sempre vicino la porta. Non mi degnò di un solo sguardo, ma aveva portato con sé qualcosa. Un kit magico di pronto soccorso. Attirò subito la mia attenzione e lo osservai mentre iniziava a medicarsi il braccio sinistro. Fu quella la prima volta in cui vidi un Marchio Nero di un Mangiamorte. Ma il suo era terribile. Le linee, che dovevano essere nere, erano rosse, e rigonfie e tutto il braccio grondava sangue. C'era decisamente qualcosa che non andava. Scattai in piedi, avvicinandomi a lui, incurante del pericolo. Era uno spettacolo terribile. Sembrava che qualcuno avesse tentato di strappargli quel marchio dal braccio. Si ritrasse, puntandomi la bacchetta contro e ordinandomi di risedermi, ma lo ignorai, anzi tenni tutto il tempo gli occhi su quella ferita, chiedendogli di farmela vedere. Battibeccammo, ma alla fine cedette. Sapevo usare un kit magico, quindi lo medicai io stessa e subito dopo aver finito, tornai al mio posto, mentre lui andò via senza una parola. Il tempo continuò a passare, sempre nel solito modo. Arrivava e andava via poco dopo. Fui di nuovo io a rompere quel silenzio, chiedendogli come andasse il braccio, ma non ricevetti risposta. Dovevo aspettarmelo. Da quel momento rimasi in completo silenzio e anzi, iniziai ad ignorarlo io stessa. Quando arrivava, rimanevo distesa sul letto, dandogli le spalle. Era inutile cercare anche solo un contatto visivo, figuriamoci parlare. Ma fu proprio in uno di questi giorni che fu lui a fare qualcosa per me. Mi lasciò un po' di pane. Come puoi ben immaginare il nostro soggiorno non era dei migliori e molto spesso non ci davano neanche da mangiare. Quando tornò da me, lo ringraziai, ma lui fece finta di niente. I giorni iniziarono a susseguirsi e due o tre volte a settimana, dopo essere venuto nella mia cella continuai a trovare qualcosa da mangiare: del pane o della frutta. Alla fine decisi di rompere quel silenzio che si era ormai creato da troppo tempo e un pomeriggio mi feci trovare in piedi. Gli chiesi chi fosse e perché stesse facendo tutto quello per me. Fu restio a rispondere, ma alla fine mi disse che stava ricambiando ciò che io avevo fatto per lui. Da lì, pian piano iniziammo a parlare sempre di più, ma non seppi mai il suo nome. Almeno non a quel tempo. Gli chiesi che fine avesse fatto la mia famiglia e fu lui a dirmi che i miei genitori erano morti, mentre mia sorella, dopo un periodo di prigionia, era stata comprata come schiava da un mago Purosangue e deportata in Inghilterra. Piansi, ma lui non mi consolò. Non mi aspettavo nulla di diverso del resto. Lo cacciai e andò via senza una parola. Tornò ancora, il giorno successivo, ma ciò che portò con sé mi fece sorridere. Un pezzo di torta alla melassa. E quella volta me la diede direttamente, non la lasciò a terra come aveva fatto fino ad allora. Entrò e si avvicinò a me che ero rimasta distesa sul letto. Chiusi gli occhi, non volevo vederlo, o forse, più semplicemente, non volevo che mi vedesse in quelle condizioni, ma lui poggiò qualcosa accanto a me e andò via. Mi girai e quando vidi quel dono, il mio umore migliorò. La assaggiai, rimanendone affascinata. Non avevo mai assaggiato nulla di più buono in vita mia, ma sapevo che quella non era una specialità del mio paese. Era una torta inglese. Lui era inglese. E fu in quello stesso istante che mi resi conto che lui non era solo un Mangiamorte. Certo, come ti ho detto, l'avevo già visto in tutta la sua fragilità, ma in quel momento mi resi conto di quanto fosse effettivamente umano, nonostante tutto. Aveva cercato di consolarmi? Sapeva che stavo soffrendo? Supposi di sì. Aveva voluto farmi un regalo per tirarmi su di morale. E c'era riuscito. Quel giovane uomo inglese di bell'aspetto era riuscito a diminuire, anche solo per il frangente che ci volle a mangiare quel dolce, la mia sofferenza-
La guardo sorridendo: -Ne sono contenta, ma ho una domanda...- dico titubante. Non voglio risultare insensibile, o poco interessata. Voglio solo sapere...
-Lo so. So cosa stai per chiedermi. Vuoi sapere perché io ti stia raccontando tutto ciò. Non lo farei se non fosse importante. Non era mia abitudine essere prolissa. Ero molto decisa. Diciamo che il mio carattere era molto simile a quello di Antares. Lei ha molto in comune con me, anche se non può saperlo. Quindi se ti sto raccontando tutto questo è per un motivo ben preciso. Non è solo per il legame, ma è giusto che tu conosca tutta la storia per intero. E' giusto che tu lasci andare la rabbia ed il rancore, provando a capire tutto-
Mi acciglio: lasciare andare la rabbia e il rancore provando a capire tutto?
-Che significa?- chiedo quindi.
-Lasciami continuare e ti prometto che capirai-
Con un'espressione ancora confusa, annuisco.
-Tornò da me e lo ringraziai di nuovo, ma stavolta mi rispose. Mi disse di che tipo di torta si trattava. Non mi chiese come stavo. Non mi fece alcuna domanda inopportuna e gli fui grata per questo. Gli chiesi se fosse una specialità del suo paese e mi rispose di sì. Fu quel pomeriggio che, senza sapere come, ci ritrovammo a parlare, o meglio, ero io a parlare. Gli raccontai della mia vita al di fuori di quelle mura. E lui mi ascoltò. Iniziò ad incuriosirmi sempre di più: come poteva ascoltarmi in quel modo, e allo stesso tempo mantenere sempre la solita espressione distaccata? Eppure lo vedevo: i suoi occhi lasciavano trasparire il suo interesse nell'ascoltare i miei racconti, ma la sua espressione corporea non lasciava intendere lo stesso. Quando andò via, per la prima volta, dopo molto tempo, mi sentii felice. E da quel giorno, ogni volta che tornava, mi portò sempre qualcosa di diverso: cibi che non avevo mai assaggiato prima. Ed io in cambio, gli raccontavo qualche nuovo aneddoto su di me o sul mio paese di origine. Andammo avanti così fino all'inverno, quando un giorno venne da me, e portò con sé un altro kit di pronto soccorso. Entrò velocemente, e non fece neanche in tempo a richiudere la porta alle spalle, perché cadde a terra di nuovo.
Lo soccorsi, chiudendo la porta e trascinandolo sul letto.
All'apparenza sembrava tutto apposto: le braccia erano sane questa volta. Gli scostai i capelli dal viso e sentii la fronte. Bruciava. Aveva la febbre ed era sudato. Stava succedendo qualcosa che non capivo, ma i miei occhi vennero attratti da qualcosa sul lato sinistro del suo collo, proprio al di sotto del colletto della veste: quello era un graffio. Un graffio profondo e stava sanguinando. Aveva già iniziato a macchiare il lenzuolo sotto di lui. Abbassai il colletto, e immediatamente intesi che stavo sbagliando. Quello non era solo un graffio, era l'inizio di qualcosa di molto, molto peggiore. Quel graffio scendeva lungo il collo, attorno al quale ce n'erano degli altri e tutti insieme confluivano in una grande ferita che il tessuto dei suoi vestiti mi impediva di vedere nell'insieme. Ma quello mi bastò. Non ci pensai due volte. Afferrai il kit, e gli sganciai il mantello. Poi la veste. E ciò che vidi mi lasciò senza fiato: quella non era solo una ferita lasciata da un incantesimo. Era una ferita lasciata da una maledizione, ed era estesa, molto estesa, su quasi tutta la parte sinistra del suo torace.
Trattengo il fiato, sgranando di nuovo gli occhi: -Mi stai dicendo che...-
I suoi lineamenti hanno un guizzo, ma non risponde alla mia domanda, continuando a parlare.
-Afferrai un lembo della mia coperta e lo costrinsi a morderlo. Avrebbe fatto male, ne ero certa. Poi afferrai ancora una volta la sua bacchetta e iniziai a medicarlo. Come previsto urlò, ma il tessuto attutì le grida. Ci misi molte ore, ma alla fine, esausta riuscii a medicarlo ancora. Rimase lì sul mio letto, addormentato e non me la sentii di risvegliarlo. Posai la bacchetta, lo coprii e rimasi ad osservarlo, fin quando la stanchezza prese il sopravvento anche su di me e mi addormentai seduta a terra con la testa poggiata sul letto, accanto a lui. L'indomani mattina, quando aprii gli occhi, mi ritrovai io al suo posto, ma di lui nessuna traccia. Ad attendermi però c'era un altro pezzo di torta alla melassa. Il suo ringraziamento-
-Attesi a lungo il suo ritorno, ma ancora una volta quel giorno non si presentò. Né quello successivo, né quello dopo ancora. Iniziai a preoccuparmi. Forse qualcosa era andato storto. Pensai che forse lo avevo medicato male, che avessi commesso qualche errore e che per colpa mia fosse morto. Mi sentii terribilmente in colpa, ma proprio quando stavo per perdere le speranze, lui tornò da me. E quando lo vidi riapparire sulla soglia, mi precipitai ad abbracciarlo. Ma solo quando lo feci, mi resi conto di ciò che effettivamente stavo facendo. Mi diedi della pazza e mi affrettai ad allontanarmi, tornando sul mio letto e non osando più guardarlo. Non ebbi neanche il coraggio di chiedergli scusa. Ma lui mi sorprese. Si avvicinò e si sedette accanto a me senza dire una parola. I capelli gli oscuravano il volto, per cui non riuscivo a vedere la sua espressione, nonostante avessi provato più volte a sbirciare nella sua direzione. Il silenzio si allargò, fin quando, quella volta fu lui a romperlo. Mi chiese perché lo avevo fatto? Perché lo avevo soccorso la prima volta, la seconda e ora anche la terza. Perché quell'ultima volta avrei avuto davvero la possibilità di scappare. Tutti gli altri conoscevano portata delle sue ferite, sapevano chi era stato ad infliggergliele, quindi se fossi scappata e lo avessero trovato morto, non se ne sarebbe meravigliato nessuno. Mi avrebbero dato la caccia, ma come a qualsiasi altro mago Mezzosangue, e non come un fuggitivo che aveva osato uccidere un Mangiamorte. A quella parola rabbrividii, sentendo tutto il peso della realtà ricadermi addosso. Non potevo dimenticarlo. Non dovevo. Lui era un Mangiamorte, io una Mezzosangue-
-Gli risposi che non ero una codarda. Che non ero senza cuore. Che avrei aiutato chiunque in quella situazione, persino il mio peggior nemico. Lui si girò a guardarmi, stupito. Aveva capito ciò che volevo dirgli. Io non lo consideravo il mio nemico. Gli dissi che se avessi voluto fuggire, lo avrei fatto affrontandolo e non fuggendo come una vigliacca. La sua espressione si fece divertita e mi chiese come avrei mai potuto affrontarlo e sperare di batterlo, non avendo neanche una bacchetta. Risposi che avrei trovato un modo. Perché c'è sempre un modo ed una speranza ed io avevo ancora la speranza di poter uscire di lì. Se non mi fossi aggrappata alla speranza, allora avrei perso ogni ragione per continuare a vivere. Rimase in silenzio per un po', poi iniziò a rovistare nella sua tasca e ne estrasse qualcosa. Non era del cibo questa volta, ma un anello. L'anello di mia madre a cui era stato aggiunto un cordoncino e fatto diventare una collana. Me lo mise in mano, senza dire nulla, ma lo guardai emozionata. Gli chiesi dove lo avesse preso, se fosse tornato a casa mia per recuperarlo, ma non rispose, limitandosi semplicemente ad annuire e fu lì che lo abbracciai di nuovo, ignorando completamente qualsiasi avviso la mia mente mi avesse dato fino a quel momento. Lo ringraziai in lacrime, ma in quel momento non mi importava. Avevo appena recuperato qualcosa che apparteneva alla mia famiglia. E presa dalla gioia del momento, quasi non mi accorsi che aveva appena ricambiato l'abbraccio-
E' emozionante. Tutto ciò è molto emozionante.
-Cosa successe dopo?- chiedo quindi.
-Passarono mesi e il nostro rapporto si intensificò. Iniziò a raccontarmi sempre più spesso cosa faceva durante le sue giornate e a venire da me sempre più verso sera. Gli chiesi se gli altri Mangiamorte non si insospettissero, ma lui mi disse, senza giri di parole, che erano convinti lui venisse da me solo per trarne del piacere. Mi rabbuiai per qualche minuto, ma mi rassicurò, utilizzando le mie stesse parole. Non era un tale vigliacco da fare una cosa del genere-
Mi tornano in mente le parole di Pansy e stavolta sono io a rabbuiarmi. Non mi ha usata, ne sono certa.
Ne sono certa.
Non devo pensare una cosa del genere.
Non dovrò mai pensarla.
-Ma in tutto ciò fece un grande errore- riprende a parlare Sahar e torno, anche se con un po' di difficoltà, a prestarle ascolto.
-Mi espose al pericolo-
Fa una pausa, mentre io inizio ad immaginare ciò che potrebbe essere successo.
-Una notte qualcuno entrò nella mia cella e tentò di violentarmi-
Ancora una volta la sua voce non lascia trasparire alcuna emozione.
-Un altro Mangiamorte. Stava per farcela, ma lui arrivò appena in tempo. Lo affrontò e lo tramortì. Poi usò un Oblivion che gli cancellò i ricordi, compreso quello della spiegazione sul perché venisse nella mia cella. Cercava di apparire calmo e distaccato, ma riuscivo a vedere chiaramente l'agitazione che stava provando. La provavo anch'io. Fu molto traumatico per entrambi, ma fu quello il primo vero segnale di cambiamento nel nostro rapporto. Lui mi consolò. E dopo qualche giorno venne da me dicendomi che aveva un piano. Non aveva mai manifestato l'intenzione di liberarmi, quindi quando mi disse che aveva intenzione di comprarmi come schiava per farmi uscire di lì, ne rimasi molto sorpresa. Mi disse anche che mi avrebbe portata in Inghilterra, e lì mi avrebbe lasciata libera. Non replicai, ma ne fui immensamente felice. Avrei potuto ritrovare mia sorella-
-Partimmo dieci giorni dopo. Il viaggio fu ovviamente breve perché utilizzammo una Passaporta, raggiungendo la sua casa a Londra. Mi disse che potevo rimanere lì per il tempo necessario, fin quando avessi trovato una sistemazione tutta mia. Non mi sembrava vero. Ero davvero in Inghilterra, il paese che tanto a lungo avevo immaginato. Il paese del thè e delle torte di melassa. Il paese in cui si trovava anche Shaula e che presto avrei potuto riabbracciare. Mi sembrava un sogno ed era tutto merito suo. Ma non sapevo perché lo avesse fatto. Non riuscivo ad immaginarlo. Glielo chiesi, ma oltre ad un'occhiataccia non ricevetti altro. Quell'espressione la ricordo perfettamente. Ricordo come scoppiai in una risata la prima volta che la vidi. Mi ero innamorata di lui e ancora non lo sapevo. Lo scoprii soltanto quando mi resi conto che erano già passate tre settimane dal mio arrivo nella sua casa e che io non avevo ancora fatto nulla per trovare una sistemazione tutta mia. Mi ero abituata a vivere lì, con lui e soprattutto, mi resi conto che mi piaceva. Non che facesse qualcosa di particolare, mi piaceva semplicemente potermi prendere cura di lui. E al pensiero di dover andare via, il mio stomaco si stringeva. Non volevo. Così raccolsi il coraggio e una sera, al suo rientro, lo raggiunsi nello studio e gli dissi chiaramente che se per lui non era un problema, sarei potuta rimanere a vivere lì. Che se mi avesse dato ospitalità, io in cambio mi sarei occupata della sua casa, come già stavo facendo. E quello che vidi sul viso in quel momento, mi lasciò senza parole. Era sollievo. Lo avevo visto pensieroso e anche un po' turbato nei giorni precedenti, ma in quel momento mi dissi che non poteva essere quello il motivo. Lui non poteva tenere a me. Non in quel modo. Eppure quel sollievo era chiaro. Mi limitai a sorridergli, capendo il suo assenso e cercai di lasciare la stanza, ma lui mi fermò. Mi baciò. E quello fu l'inizio di tutto-
-E' stupendo- dico, completamente rapita.
-Si. Lo fu davvero. Fu quello l'inizio della mia nuova vita, almeno fin quando, lui non fu richiamato dall'Oscuro Signore. Sapevo perfettamente fosse stato lui ad infliggergli quella maledizione da cui ero riuscita a salvarlo, quindi avevo il timore che ricapitasse. Dopo qualche tempo, tornò a casa, sconvolto. Gli chiesi più volte cosa fosse successo, ma non volle parlarne. Gli dissi che doveva, perché volevo aiutarlo e così mi spiegò che i Mangiamorte avevano in programma di attaccare Londra. Non i Babbani, ma tutti coloro che come me, erano maghi nati da Babbani. Gli dissi che ero al sicuro. Che per tutti ero la sua schiava, di conseguenza non correvo alcun pericolo, ma lui replicò dicendomi che non era così. Che io ero la prima ad essere in pericolo, così come tutti i Mezzosangue che erano stati venduti come schiavi. E fu quello il momento in cui sentii parlare per la prima volta del "Lux Tenebrarum"-
Sgrano gli occhi: -Stai parlando del legame?- chiedo scioccata.
Se sta parlando del legame allora vuol dire che... No. No. NO!
-Esatto- risponde lei.
"Lux Tenebrarum"
"Luce delle Tenebre"
Quindi è così che si chiama.
Ma in questo momento c'è un'altra cosa che mi preme sapere.
Ed è molto più urgente.
-Mi disse che era solo una leggenda, ma che da quando mi aveva portata in Inghilterra, segretamente aveva iniziato delle ricerche per scoprirne di più a tal proposito e per recuperare almeno uno dei due libri che, si vociferava, fossero ancora in giro-
-Perché te ne parlò?- chiedo tutto d'un fiato.
-Perché cercava un modo per salvarmi, qualora mi fosse successo qualcosa. Una sorta di assicurazione sulla vita-
-Quindi mi stai dicendo che... lo conosceva? Lui conosceva quel legame?- chiedo confusa e sempre più incredula.
-Si- fa una pausa, mentre io mi ravvio i capelli nervosamente.
Lo conosceva.
Sono sempre rimasta sotto i suoi occhi e per fortuna non ha mai scoperto niente.
Rabbrividisco: -Avrebbe potuto scoprirmi?- chiedo quindi.
-Avrebbe potuto, ma per tua fortuna non l'ha fatto. Per la maggior parte del tempo è stato qualcun altro a tenerti d'occhio. E poi, non ha mai potuto scoprire fin dove il legame potesse spingersi-
-Perché?-
Lei non risponde subito, distogliendo per un attimo lo sguardo dal mio, e quando vi ritorna, intravedo una smorfia di dolore attraversarle il viso –Perché è stato lui ad uccidermi. E' stato Einar a prendere la mia vita-
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Spazio Autrice:
MA BUONASERAAAA MIEI PICCOLI SHERLOCK!
SONO TORNATAAAA! :D
Ho fatto presto questa volta, ma per ora l'ispirazione c'è e gira a 2000, quindi questo è il risultato ;) BEH, CHE NE DITE? PIACIUTO IL RISVOLTO? VE LO ASPETTAVATE?
Non sapete che fatica ho fatto a resistere nell'inserire uno spazio autrice nel Prologo, ma non volevo rovinare l'atmosfera con i miei soliti scleri, per cui ho aspettato "pazientemente" di arrivare qui :)
Ci tenevo a fare delle precisazioni che ho fatto molto velocemente nella presentazione di quest'opera. Innanzitutto, non crediate che Nox sia nato dopo Lumos. La storia è sempre stata unica. Solo che, come vi ho detto nella presentazione (o finti ringraziamenti come preferisco chiamarli xD), volevo che Lumos si concludesse con la scoperta dell'assassino e non andasse oltre. Per cui, come fare? Ed è per questo che circa un anno fa, ad agosto, ho avuto quest'idea. Perchè la storia non è ancora conclusa :) Attenzione, lo specifico come ho già fatto: questo non è un sequel, ma solo un epilogo. L'epilogo conclusivo, ecco. Motivo per il quale avrà pochi capitoli. Ne ho previsti 6, compreso prologo ed "epilogo", ma come potete vedere, già il capitolo 1 è stato diviso per evitare che diventasse troppo lungo col rischio di annoiarvi. Come al solito, il colpo di scena finale non poteva mancare ;) E come potete vedere, ancora una volta, c'è un altro intreccio appena venuto fuori xD
Detto questo, vi ringrazio davvero davvero TANTISSIMO per il sostegno che mi avete dimostrato fin qui, soprattutto dopo la fine di Lumos. Le recensioni che avete lasciato su quei due capitoli I.N.I.Z.I.O. e F.I.N.E. sono qualcosa di meraviglioso *-* Non mi aspettavo delle parole così *-* Vi adoro <3 E sappiate che mi è dispiaciuto tanto lasciarvi soffrire per meno di 24 ore quando credevate che quella fosse la fine.
Beh, non lo è: ci sono tantissime cose ancora da dire e da capire, tipo (come mi avete chiesto in tanti): che fine ha fatto Blaise? E' davvero morto?! Sono contenta per queste domande e sapete perché? Perché all'inizio ero io (oltre alla mia beta) ad essere affezionata a lui. Era il mio personaggio preferito e non immaginavo minimamente che qualcuno avrebbe fatto lo stesso: che si sarebbe affezionato a lui *-* E invece è successo *-* Vi siete affezionate tutte xD Ahahaha xD Io e la mia beta siamo scioccate sappiatelo xD Vi do solo un avvertimento: il fatto che sia il mio personaggio preferito, non presuppone che io lo abbia salvato eh. Quindi... chissà.
Poi c'è ovviamente la questione legame ;) Il "Lux Tenebrarum" :D Che adesso inizia a districarsi. Non temete: nella prossima parte capirete tutto quanto :D
Infine ci tengo di nuovo a dirvi GRAZIE per i voti, commenti e visualizzazioni al "capitolo precedente" ;) Oggi Lumos era in prima posizione nella classifica "Draco" *-* Vi adoro <3 Do il benvenuto ai nuovi lettori e il bentornato ai vecchi su questa nuova opera. Spero che ci siate tutti e non vi siate persi il passaggio da Lumos a Nox (era questo il mio timore più grande nel dividere l'epilogo dal resto). Ad ogni modo, continuate a fare passaparola mi raccomando! Lumos, vi ricordo, è iscritta ai Wattys e agli Shadow Awards 2018, quindi il vostro sostegno per me è fondamentale *-* A breve verrà iscritta anche ad un altro concorso, quindi se vi va, sarei contenta se mi aiutaste :D
Come al solito, mi sono dilungata troppo. Non ho il dono della sintesi ahimè. Quindi vi auguro una buona serata e vi ricordo di continuare a seguirmi sulla mia pagina Instagram "arlenb.owen" dove tengo sempre aggiornati tutti quanti voi sui progressi della mia storia *-*
Ci risentiamo in settimana e spero di riuscire a farvi avere prestissimo la seconda parte *-*
Mi raccomando
Stay Tuned :*
Iron9208 (Arlen)
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