𝚒 𝚊𝚖 𝚢𝚘𝚞𝚛 𝚠𝚘𝚛𝚜𝚝 𝚗𝚒𝚐𝚑𝚝𝚖𝚊𝚛𝚎

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Ho ancora gli occhi chiusi, la mente annebbiata e il corpo insonnolito, quando sento un primo rumore provenire timido dal piano di sotto.

E' una sorta di tonfo, seguito da una sequela di passi.

Analizzo brevemente la situazione, per quanto mi è possibile in questo appannato stato di dormiveglia.

Il corpo longilineo e flessuoso di Keiji è rannicchiato contro il mio braccio, il banco di sole che entra dalla porta aperta sul mio ufficio investe metà del suo viso straordinariamente pacifico, quando dorme.

Faccio mente locale e mi rendo conto che oggi è domenica, che nessuno attenta alla mia vita di domenica e non è possibile che il portiere abbia fatto entrare un attentatore di domenica, e che quindi la soluzione al mistero dei passi che sento raggiungere la mia camera è una soltanto.

- Bo, svegliati! - sento urlare dal mio migliore amico mentre spalanca la porta dell'ufficio con quello che sembra un calcio - Keiji lo ammazzerebbe se sapesse che ha calciato il legno di quercia costato un rene - e marcia fiero fino a pararsi sulla soglia della mia stanza.

Nota palesemente Keiji addormentato come un angelo al mio fianco, ma non gli interessa. Cioè, ovviamente ci sta attento perché gli vuole bene e sa che lo ammazzerei a mani nude se gli torcesse un capello, ma quando si butta a pelle d'orso sul materasso bianco, inevitabilmente sveglia anche lui.

Una testa corvina si appoggia alla mia pancia nuda, due mani grandi mi stringono il bacino e iniziano a scuoterlo selvaggiamente nel tentativo di svegliarmi.

Percepisco appena Keiji che si muove dall'altra parte del letto, per alzare il busto e strofinarsi gli occhi guardando la scena.

- Kuroo, che ci fai qui? - mormora, la mano che tasta il comodino a cercare gli occhiali.

Alzo finalmente le palpebre anche io per trovarmi di fronte la faccia affannata e sordidamente ghignante del mio stupido amico.

Fissa me, fissa Keiji e so già che ha intenzione di iniziare una delle sue plateali scenate comiche ancor prima che apra bocca.

- Bokuto Koutarou, tra noi è finita! Finita! - urla, fingendo di asciugarsi una lacrima mentre mi fissa negli occhi con aria fintamente offesa.

Questa volta deve aver deciso di mettere in piedi la sua personalissima interpretazione del "fidanzato tradito".

- Un altro uomo nel tuo letto! Io cosa sono per te? Una puttana? Una ruota di scorta? Tu, bastardo, infido, schifoso, fraudolento, meschino! - continua, e nemmeno capisco metà delle parole che dice, complice anche il mio stato di sonnolenza.

Keiji sbuffa e un rumore simile ad una risatina perviene alle mie orecchie.

- Cos'hai da dire, traditore? - conclude, la verve degna del miglior attore di Broadway e il volto in un'espressione di fiducia spezzata, mentre Akaashi si sta trattenendo dallo sbellicarsi e io non ho capito nemmeno che cosa cazzo sia successo.

Mi strofino la faccia con le mani aperte.

- Che sei un coglione. Potevi chiamarmi. Hai rovinato il mio sesso mattutino. - è tutto ciò che rispondo, e sorrido quando vedo Keiji prendere fuoco e ignorare la mia pessima battuta con la faccia viola e lo sguardo appena malizioso di chi non può negare quello che ho appena detto.

Kuroo si toglie finalmente dal letto, e torna in piedi vicino a me.

- Beh, potevi invitarmi. Kenma mi ha fatto dormire sul divano dopo che hai sparato alla vetrata. -

Esce dalla camera, prima di appoggiarsi platealmente allo stipite e buttarmi un'occhiata veloce.

- Sbrigati a scendere, dobbiamo finire di parlare della cosa di ieri. - sono le ultime parole che pronuncia, prima che io senta ancora una volta il rumore dei passi sulle scale, questa volta però nel senso opposto.

Sono frastornato, ed è dire poco. Le volte in cui le incursioni di Kuroo mi hanno svegliato sono più di quanto non voglia ammettere, ma non mi abituo mai.

Che simpatico coglione.

Mi ributto all'indietro sul letto, il cuscino sulla faccia e le braccia incrociate sopra, come se volessi auto soffocarmi e non lasciare le mie dolci e amate lenzuola mai più nella vita.

Poi il tocco leggero su una delle gambe mi distoglie dalle mie spiccate tendenze neo-suicide.

- Non fare il pigro, Kou alzati. - dice Keiji, le unghie che tracciano solchi delicati sulla mia pelle coperta dai pantaloni.

Grugnisco.

Sento le sue mani raggiungere i miei avambracci premuti sul cuscino, li circondano e li aprono delicatamente, prima che la superficie morbida del tessuto lasci la mia faccia e un paio di meravigliosi occhi color acquamarina facciano capolino nel mio campo visivo.

- Buongiorno. - mormora, e l'unica cosa a cui riesco a pensare è quanto cazzo sono fortunato.

Insomma, guardatelo.

La pelle lattiginosa scaldata dal sole, le iridi chiare, le ciglia lunghe e incurvate, i riccioli disordinati dal sonno. La mia maglietta addosso, il segno appena arrossato di una mano stretta attorno alla coscia, le labbra morbide.

E' bello in un modo che quasi non ha senso.

- Vieni qui. - mugugno, e una risata cristallina arriva alle mie orecchie quando rivolgo il mio broncio insonnolito al volto del mio ragazzo.

Affonda il viso nell'incavo del mio collo, lascia un bacio rumoroso sulla guancia e si stringe a me, mentre ancoro gambe e braccia attorno a lui e lo immobilizzo su di me.

- Non voglio alzarmi. Rimani con me a letto. Per favore? Per favorissimo? Ti prego? - mi lamento, il mio corpo troppo grosso e troppo muscoloso perché Keiji riesca a sfuggire alla mia presa.

- Vorrei davvero tantissimo rimanere a letto con te, Kou, ma c'è Kuroo di sotto, e non è educato far aspettare gli ospiti. Vestiti e scendi, e quando avrai fatto potrai tornare qui e ti farò le coccole. - mi risponde, e la proposta delude le mie aspettative presenti ma alletta quelle future.

Sospiro.

- E va bene. Però l'hai detto. Niente "Koutarou lasciami leggere il mio libro" o "Koutarou devo lavorare". Coccole e basta. - mi assicuro, lasciando a malincuore che scivoli via da me e tirandomi su da letto.

Lo vedo infilarsi sotto le coperte e rotolare dal suo al mio lato, per poi stringere fra le braccia il mio cuscino e inspirare.

- L'ho promesso. Ora vai, e sbrigati. - mi liquida, gli occhi che si chiudono un attimo dopo e il petto che assume un ritmo di respiro regolare dopo quelli che sembrano davvero secondi.

Non ci metto molto a infilarmi una maglietta, darmi una lavata veloce ai denti e coprire per bene il corpo lascivo e seminudo di Keiji, prima di scendere dalle scale per raggiungere Kuroo in cucina.

Io voglio bene a Kuroo per diversi motivi.

Uno dei principali è perché cucina in maniera sopraffina. E quando si autoinvita a casa mia, di mattina soprattutto, si mette sempre ai fornelli, come volesse farsi perdonare l'invadenza rimpinzandomi di cibo.

Non so dove abbia imparato, come, o perché, ma quando il profumo dei suoi pancakes alle gocce di cioccolato raggiunge le mie narici, ringrazio il cielo di avermi mandato questo strano uomo.

Si destreggia tra i fornelli come se fosse uno chef, il grembiule addosso e i polsini della camicia tirati su ai gomiti, mentre adagia con destrezza l'ultimo di una pila di pancake su un piatto che presumo essere il mio.

Conosce meglio lui la mia cucina di me.

- Buongiorno, stellina. Siamo riusciti a tirarci su in meno di mezz'ora, oggi, non lo trovi meraviglioso? - commenta, e ridacchio mentre mi arrampico su uno degli sgabelli davanti al piano cottura dove sta facendo saltare le sue piccole opere d'arte.

- Fanculo, ieri sono andato a dormire tardi. -

- Se potessi smettere di esibire la tua vita sessuale a qualcuno che ha dormito sul divano te ne sarei grato. -

Scoppio a ridere.

Deve essersela veramente presa Kenma, per quella vetrata.

- Mi spiace per la vetrata, bro. Spero che tu riesca a fare sesso, stanotte. - mugugno tentando di scusarmi, mentre Kuroo sbuffa e gira in aria l'ultimo pancake.

- Spero anche io, o penso che esploderò. Comunque non è della mia astinenza che voglio parlare oggi. Abbiamo una questione aperta, io e te. - risponde, e l'aria cambia di colpo.

Mi ricordo improvvisamente.

Inizio a sentire il fastidio serpeggiare nel mio corpo, lo stomaco che si stringe e il fuoco nei muscoli.

Inizio a rivedere in loop l'immagine fittizia di altre mani, altre braccia attorno al corpo sensuale di Keiji, e la gelosia esplode nel mio petto.

- Di quel figlio di puttana, dobbiamo parlare. - confermo.

Taglio un triangolo dalla pila di fronte a me e lo intingo in una ciotolina di cioccolata fusa.

- Proprio di lui. Ieri ho fatto un paio di telefonate per cercare di capire chi fosse ed è saltata fuori una cosa strana. -

Si toglie il grembiule e lo ripiega attentamente prima di sistemarlo sul bancone, poi si siede al mio fianco e un'occhiata diretta mi fa capire che quello che sta per dire mi piacerà molto, molto poco.

- Sei volte delle persone hanno reclamato di essere state drogate e costrette a fare sesso nel suo locale. Non è mai saltato fuori con chi. La cosa è passata in sordina. Ho chiesto a Yaku di informarsi meglio, e lui è riuscito a trovare in un database della polizia che non so dove abbia pescato fuori che una delle vittime aveva affermato di aver preso da bere solo dal proprietario quella sera. E' lui. Per forza. -

Il sangue mi si gela nelle vene.

Mando giù a forza il boccone che sto masticando e la gelosia dal mio petto scompare.

Sostituita dalla furia più cieca che possa mai immaginare di provare.

- Lui...lui voleva che Akaashi andasse al suo locale a bere qualcosa, no? - continua Kuroo.

Sento la mascella serrarsi.

- Lui voleva che Keiji, il mio Keiji, andasse nel suo schifosissimo pub a bere qualcosa. E voleva drogarlo. E voleva violentarlo. - dico finalmente ad alta voce, le parole scandite con calma, la rabbia che traspare da ogni lettera che pronuncio.

Kuroo manda giù.

Non è abituato a vedermi incazzato, nessuno lo è.

Taglio un altro pezzo di pancake e il rumore che fa il coltello quando affonda nella pasta soffice lo fa sobbalzare.

- Kuroo, mi faresti un favore? - chiedo poi.

- Certo. -

- Quando esci, passa dal portiere e chiedigli di chiamarmi Konoha. E se vuoi assistere ad uno spettacolo divertente passa dal locale del coglione fra un paio d'ore. -

Annuisce.

E le sensazioni che hanno preso il dominio della mia mente, finalmente, iniziano ad elaborare un piano concreto.

Io, questo stronzo, lo ammazzo.

***

Non so perché ho pensato fosse una buona idea portare Keiji con me.

Lui, che non può davvero fare mai a meno di essere incredibilmente, trascendentalmente incredibile, cammina a passi svelti al mio fianco, il cappotto scuro aperto su una camicia di viscosa trasparente e un paio di pantaloni a palazzo che cadono lisci lungo i fianchi sottili. Attira l'attenzione di tutti, mentre trotterella tranquillo in quella che distinguo a fatica da una sfilata.

Keiji è l'uomo più impegnato del mondo, di solito. Sta tutto il giorno a sistemare le mie scartoffie, le mie questioni irrisolte, le mie cazzate. Lavora il triplo di chiunque conosco e arriva al weekend completamente distrutto, ma poi, dopo una mattinata di coccole, dopo il sesso in doccia, dopo le tre ore per asciugarsi i capelli e vestirsi, sembra un'altra persona.

E ora, diamine se non sta brillando.

Fa fermare le persone per strada.

- In che locale stiamo andando? - mi chiede, la mano che cerca la mia e il tono tranquillo e spensierato.

Stringo le dita fra le sue e imbuco una traversa sulla sinistra.

Mi fermo davanti alla porta del locale.

- Siamo venuti a bere qualcosa e a farci una chiacchierata, che ne dici? - rispondo, e aggrotta le sopracciglia.

- Una chiacchierata con chi? -

Faccio schioccare le nocche fra di loro e un ghigno di superiorità appare sul mio viso mentre la mia mano raggiunge la maniglia della porta.

- Con uno stronzo. - dico, e spingo.

Il locale non fa schifo come credevo. E' carino, tutto sommato.

Ha l'aura tipica di un pub inglese, le luci elettriche che sfarfallano e il bancone di legno impregnato di alcol, ma in qualche senso ha un non so che di affascinante. Dopo aver ammazzato il proprietario credo che non lo farò radere al suolo.

Osservo Keiji entrare dopo di me e storcere il naso.

Ha vissuto parecchie esperienze poco confortevoli nella vita ma sono fiero di dire che da quando sta con me ha perso l'abitudine a luoghi come questo: rumorosi, bui, che puzzano di birra.

Gira un anello d'argento sull'anulare, segno che è nervoso, e poi il suo sguardo si fissa su una persona.

Eccolo.

Ad occhio e croce una decina d'anni più di noi, alto più di Keiji ma meno di me, nemmeno mi sta guardando. La sua bocca è una parentesi rivolta verso l'alto, una fossetta che spunta sulla guancia sinistra, gli occhi che scorrono sul corpo di Keiji.

Dio, perché l'ho portato?

Per incazzarmi ancora?

Stringo una mano sulla vita del mio ragazzo, poggio le labbra sulla sua tempia mentre le mie dita premono un'icona verde sullo schermo del cellulare che porto all'orecchio.

- Sì, è quello con la maglietta gialla. Legatelo. - dico, prima di chiudere e avvicinarmi al bancone, ancora mano nella mano con Keiji.

Il tipo finalmente si accorge della mia presenza.

Sbianca.

- Amore, perché siamo qui? - mi chiede 'Kaashi all'orecchio, prima di avvicinarci definitivamente a quello stronzo.

Mi fermo.

- Te l'ho detto ieri sera, gufetto. Perché farò saltare in aria il cervello di chiunque provi a separarmi da te. - rispondo, e le sue iridi acquamarina diventano dolci e luminose.

- C'è bisogno di ammazzarlo? -

- Sì. -

- Perché mi ha chiesto di bere qualcosa? -

- E' più grave. Te lo spiego dopo, ok? -

Finalmente annuisce e scosta uno sgabello dal bancone del pub, arrampicandovisi con eleganza e appoggiando i gomiti sul legno macchiato, la testa che si appoggia al palmo aperto.

Io invece non mi siedo, mi limito ad affiancarlo e a tenere stretta la sua vita al mio fianco con un braccio.

Il tipo, che sta visibilmente sudando freddo, si avvicina.

Akaashi sospira, e lo guarda dritto negli occhi.

- Sembra che tu non sia stato fortunato. - commenta, prima di aprirsi in un sorriso vendicativo e battersi la punta del naso un paio di volte con l'indice.

- Vorrei un Baileys. - dice poi.

L'uomo di fronte a me è pietrificato. Una statua di sale.

Non parla, non risponde. Passa con lo sguardo da me a Keiji, imbambolato.

Volo con una mano alla sua cravatta oltre il bancone, lo tiro verso di me, la fronte che batte contro la sua. Espiro lentamente, gli occhi che so essere dannatamente minacciosi, le pupille strette e le iridi dorate che scintillano di furia.

- Mi sembra che il mio ragazzo ti abbia chiesto qualcosa. - ruggisco, e lascio immediatamente andare la presa, ridacchiando quando lo vedo barcollare all'indietro.

Cerca la bottiglia con la mano che trema, riempie il bicchiere e lo passa a 'Kaashi con le pupille incollate al pavimento.

Il bordo di vetro, spesso e trasparente, getta un riflesso caldo sul legno quando si appoggia alle labbra di Keiji, e mi perdo ad osservare quel secondo dove la carne morbida si incurva contro la durezza del bicchiere che quasi non mi accorgo degli uomini vestiti di nero che entrano.

Mi passano a fianco, uno mi saluta, mi circondano.

Legano un poverino urlante ad una sedia, la gente nel locale o rimane a guardare o scappa.

Mentre io rimango qui, fisso, fulminato, quasi rapito dal movimento così impercettibilmente sensuale della glottide di Keiji che manda giù, dalla lingua che passa rapida sulla bocca, dagli occhi allungati, felini e tremendamente azzurri.

Ed è proprio per questo che sono qui. Che sto per ammazzare un idiota che pensava di poterci mettere le mani addosso.

Perché questo è tutto quello che ho, tutto quello di cui sono fiero.

Il mio Keiji. Le mie mani sottili, le mie gambe lunghe, le mie spalle strette e il mio viso da angelo, la mia voce soave, la mia mente brillante, le mie risatine abbozzate, le mie minuscole pagliuzze verdi nei miei occhi da gatto.

Il mondo gira perché c'è lui. Tutti lo guardano, tutti lo vogliono. Ma è mio.

E dovrò essere sepolto prima che qualcuno possa cambiare questa cosa.

- Koutarou, cosa vuoi fare? - gli sento dire, e mi sveglio dalla mia trance.

Scuoto la testa per cercare di riprendermi e concentrarmi di nuovo sulla situazione.

La mano di Konoha sta stringendo una corda dietro i polsi dello stronzo che urla di lasciarlo andare, gli altri sono aperti come a ventaglio ai lati, mi lasciano lo spazio di avvicinarmi.

Sto per muovere i primi passi quando la porta sbatte ancora e un urlo mi blocca.

- Bo, non ti azzardare a iniziare senza di me! -

Eccolo, è tornato.

La sagoma felina di Kuroo si fa strada al mio fianco, una mano puntata verso di me e una mazza da baseball di metallo nell'altra.

Oh, Kuroo. Come farei se non ci fossi tu.

- Sei arrivato appena in tempo, amico. - commento, e osservo con un guizzo di fastidio il mio migliore amico che fa il baciamano ad Akaashi per salutarlo.

Calma, Bokuto. Non te lo vuole rubare.

Mi si affianca e tira uno sguardo veloce al poverino.

- Tre colpi e piange. Forse meno. - mormora, e inizia ad avvicinarsi.

- Ciao! Io sono Kuroo Tetsurou! Sono il marito del boss del Nekoma, forse mi conosci! Come va? - gli dice, e scoppia a ridere.

Io sono un pazzo violento. Ma Kuroo non è da meno.

Il tipo prova a rispondere, la voce gli trema.

- Ssh, non parlare. Hai già detto abbastanza ieri. - commenta dall'altra parte della stanza Akaashi, un dito davanti alle labbra e pura violenza negli occhi.

Iniziano a prudermi le mani.

Afferro la mazza dalla mano di Kuroo prima che persino lui se ne accorga, e fletto i muscoli.

Lo sento, quell'istante di tensione assoluta prima che il colpo venga vibrato in aria e il metallo impatti con le ossa stranamente fragili di una persona.

Mi godo quel nanosecondo di pace, prima che il rumore di falangi rotte invada meravigliosamente le mie orecchie quando la mazza colpisce la sua mano legata sul bracciolo della sedia.

- Hai ragione, Kuroo, dobbiamo presentarci. Io sono Bokuto Koutarou. Sono il boss della Fukurodani. - ghigno, un mugolo di dolore che esce dalle sue labbra mentre si fissa le dita che iniziano a irrigidirsi.

- E ieri ero sulla strada di casa quando mi hanno chiamato per dirmi che un coglione ha osato chiedere al MIO ragazzo di "andare a bere qualcosa". - continuo.

La mazza oscilla in aria mentre dondolo l'estremità fra le dita.

- Oh, ma non è solo questo, Bo! Te l'ho detto stamattina! Insomma! - commenta Kuroo, le mani che sfregano fra loro come non vedesse l'ora di poter avere un po' d'azione.

- Il bastardo droga le persone e le stupra! Scommetto che voleva farlo anche con Akaashi! -

Come se me ne fossi realmente dimenticato. L'idea mi fa venire da vomitare.

Osservo Akaashi irrigidirsi.

- Che cosa? -

- Te l'avevo detto che era grave. -

Si alza di scatto, le suole degli anfibi che sbattono sul pavimento di legno mentre muove passi decisi verso la sedia.

Si china fino ad essere a pochi centimetri da lui.

- Davvero credevi che avresti appoggiato le tue schifose dita su di me? Mi fa ribrezzo solo pensarlo. - sibila, prima di voltarsi e zompettare allegramente verso di me.

Si mette sulle punte dei piedi, raggiunge la mia guancia.

Un bacio breve sulla superficie liscia della pelle rasata di fresco.

- Ammazzalo. Ammazza questo figlio di puttana per me. - sussurra al mio orecchio.

Prima che possa allontanarsi affondo una mano sulla sua vita, le dita che tastano la pelle morbida attraverso il tessuto.

Mio, tutto mio.

Poi la cosa decide di diventare movimentata.

Lo stronzo di fronte a me sa di essere un uomo morto. Lo sa benissimo, ha visto la sua fine prendere forma davanti ai suoi occhi da depravato, e non ha più nulla da perdere. Quindi decide di tentare una cosa davvero idiota.

Negare.

- Non volevo fare nulla! Non ho fatto nulla! - afferma, lo sguardo incollato ad Akaashi.

Colpisco l'altra mano con la mazza immediatamente.

- Dio, fatti un favore amico, taci! - gli grida Kuroo, sbellicandosi dalle risate.

- Tu volevi prendere le mie cose. - lo accuso.

- Non volevo niente di tuo! -

Lascio che il metallo colpisca il ginocchio.

- Tu volevi Akaashi. -

- Farci sesso, solo farci sesso. Tutti vorrebbero farci sesso! -

Altro ginocchio.

- So perfettamente com'è il mio Keiji. E' bello, e ti sembra che il suo corpo sia fatto per essere guardato. -

La mia voce si abbassa quando la rabbia raggiunge il suo apice.

- Ma è mio. E tu non puoi mettere i tuoi occhi da figlio di puttana su ciò che è mio. -

Affondo una mano nella fondina nella mia tasca.

- Non posso morire per quella troia! -

Il rumore dello sparo è breve e assordante. Il rosso che spruzza dal buco sul cranio si spande indietro, e nemmeno una goccia tocca i miei vestiti perfettamente bianchi.

Quando il rimbombo del proiettile scompare, mi sembra di non sentire nulla. Silenzio totale. Solo il mio respiro affannato e incazzato.

E il cadavere di fronte a me.

So di essere folle quando vengo investito dalla soddisfazione, dalla calma, dalla sensazione di vittoria.

Ora sono al sicuro.

- Eri troppo incazzato, Bo. L'hai fatto troppo in fretta. Volevo uno spettacolo più lungo! - commenta Kuroo, stranamente deluso dalla manifestazione non sufficientemente violenta davanti ai suoi occhi. Tira fuori una sigaretta dalla tasca e la accende, trotterellando attorno al corpo ancora attaccato alla sedia.

- Kuroo, non essere pressante e Konoha, ripulisci tutto, per favore. - dice Akaashi, mentre mi trascina da una manica lontano dal cadavere che forse sto fissando troppo intensamente.

Kuroo si scusa con 'Kaashi e inizia a studiare affascinato il modo attento in cui i miei uomini iniziano a sistemare le cose attorno a noi, e tutto inizia a farsi distante.

L'adrenalina dell'omicidio inizia a disfarsi lentamente nel mio corpo, e mi sembra di essere confuso, rincoglionito e annebbiato. E' una cosa che mi succede sempre, ma non mi abituo mai.

Un paio di braccia magre si intrecciano dietro la mia vita, e una corona di riccioli scuri si appoggia sul mio petto. Sento il respiro tranquillo di Keiji contro la pelle che sbuca dallo spazio fra i bottoni della camicia.

- Grazie. - mormora.

- Di cosa? -

- Di averlo ammazzato. Di avermi difeso. E di farmi sentire al sicuro. -

Ridacchio e sento il mio sterno tremare contro la sua testa.

- Quando vuoi. -

La sua mano cerca la mia. Intreccia le nostre dita.

Passo il polpastrello sopra la pelle chiara, liscia e morbida delle sue nocche. Le mie sono rovinate da mille cicatrici di risse e scazzottate nei vicoli quando ero un ragazzino, ma le sue sono delicate, intatte, perfette.

E farò in modo che sia così sempre.

Akaashi non dovrà mai sporcarsi le mani, finché ci sarò io.

- Keiji? -

- Dimmi. -

- Lo sai che ti amo? -

- Sì. Ti amo anch'io, Koutarou. -

- Andiamo a casa? -

- Andiamo a casa. -

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