Pensieri

<<Cosa?>> chiese Cesare, non capendo a cosa si stesse riferendo la ragazza.

<<Avevi detto di voler l'intera serata a tua disposizione.>> rimarcò Camilla.

'Questa è già cotta. Ho vinto, come sempre.' pensò il ragazzo, sorridendo beffardamente dall'alto della testa della ragazza.

<<Come mai sto cambio di idea?>> le chiese lui, prendendosi gioco di Camilla. Lei riaprì gli occhi, aggrottando le sopracciglia e, in un attimo, si staccò da quell'abbraccio così intimo e dolce, ricomponendosi e tornando quella di sempre: distaccata e cinica.

<<Fai come se non t'avessi detto nulla.>> commentò la ragazza, per poi guardare il Rolex al polso.

<<Ao t'ho fatto una domanda, mica t'ho detto vai a 'fanculo. Che acida.>> s'inalberò Cesare, innervosendosi. Forse, non era proprio cotta come lui pensava.

<<Non m'interessa. Sono le undici e ti ho concesso già mezz'ora in più del tempo prestabilito. Riaccompagnami alla macchina per favore.>> disse la ragazza, spostando la gamba di Cesare per alzarsi. Ma lui, testardo come sempre, l'afferrò per un braccio e le riposò la gamba sopra.

<<Allora è un vizio non lasciar stare le persone!>> lo rimproverò Camilla, scocciata da quel gesto.

<<No, quelle che me interessano me le tengo strette.>> disse lui, con una tale calma che spiazzò la ragazza e, un po', anche se stesso.

<<Allora perché sei così?>> chiese Camilla, abbassando lo sguardo e il tono, come se non volesse davvero ricevere una risposta, come se quello fosse solo un pensiero ad alta voce. Lui la fissò e, confuso, rispose: <<Non lo so, mamma m'ha fatto così.>>

Lei alzò il capo e gli sorrise: quelle labbra rosee, incubate verso l'alto, mandarono Cesare k.o.

<<Allora vuoi restare ancora un po'?>> domandò lui con un nodo in gola. Mai si era spinto a tanto, mai aveva portato una ragazza in un posto così romantico. Ma mai nessuna era stata una scommessa e si sa, le scommesse vanno fatte bene o non vanno fatte affatto.

<<Solo se prometti di non fare più lo stupido.>> rispose Camilla, alzando la mano e allungando il mignolo. Cesare la guardò divertito e, stringendole il dito col suo decisamente più grosso, le disse: <<Manco all'asilo facevo ste promesse.>>
Entrambi scoppiarono in una sonora risata e, al termine, si fissarono a lungo negli occhi.

<<Cami', l'hai mai fatta una pazzia?>> chiese lui, di punto in bianco.

<<Certo.>> Cesare si sorprese di quella risposta: non avrebbe mai detto che quella ragazza seduta dinanzi a lui, così precisa, così diversa da lui, avesse potuto commettere pazzie.

<<E qual è?>> chiese, incuriosito.
<<Sei tu.>> ribatté lei, arrossendo visibilmente. Si stava lasciando andare con quello sconosciuto e, al pensiero, si sentì turbata. Raddrizzó la schiena e si schiarí la voce, per poi attorcigliarsi una ciocca di capelli all'indice: era il segnale che, quella situazione, la metteva a disagio.

<<Me?>> chiese Cesare, divertito dalla situazione. Poggió le mani dietro la schiena, posando sul muro gelido e si mise comodo ad ascoltare.
Camilla non voleva dargliela vinta ma sapeva che, non rispondendo, avrebbe comunque perso: doveva uscirne, ma come?

<<Beh, si dà il caso che non è saggio farsi rapire dagli sconosciuti. Quindi ecco, questa è la mia pazzia.>> rispose con aria di sufficienza: 'Non deve assolutamente pensare che m' interessi.' pensò lei.

Cesare non sopportava quel tipo di atteggiamento. Era proprio come tutte le altre parioline: altezzosa, snob, arrogante. Ma, qualcosa dentro di lui, diceva che, in fondo, lei non era così. Era convinto che la sua fosse una maschera e, giurò a sé stesso di fargliela cadere.

<<Allora concludiamola bene sta pazzia.>> disse il ragazzo, alzandosi e prendendo Camilla per un polso.

<<Cosa vuoi fare?>> domandò lei preoccupata.

<<Ora vedrai.>> rispose lui, correndo giù per la discesa che portava all'ingresso dell'ottava meraviglia del mondo.

<<Ti prego, vai piano.>> supplicò Camilla, non abituata a correre quanto Cesare.

<<E sei lenta bella mia.>> asserì lui, per poi fermarsi e prenderla in braccio. Camilla cacciò un urlo ma, una volta in spalla a Cesare, iniziò a ridere di gusto. La situazione la divertiva, lui la divertiva.

Pochi istanti dopo, però, dovette scendere.

<<Entra.>> disse lui, indicando un buco all'angolo dell'immensa inferriata.

<<Cosa? Sei pazzo? Se ci scoprono finiremo in galera.>> urlò lei, incredula per la richiesta del ragazzo.

<<Non c'arresta nessuno e, se così fosse, se famo compagnia in tuta arancione!>> sdramatizzò lui.

<<No, scordatelo.>> disse lei, incrociando le braccia, puntando i piedi a terra e fissando Cesare negli occhi con aria di sfida. Lui, in risposta, alzò gli occhi al cielo e disse: <<Ma è mai possibile? T'ho preso più volte a te in braccio stasera che chiunque altro nel resto della mia vita.>>

Neanche il tempo di realizzare che Cesare era già pronto per caricarsela di nuovo in spalle.

<<Fermo, fermo!>> disse lei, mettendo le mani avanti.
<< Entro da sola.>> continuò.
Un sorriso di vittoria si fece largo sul volto del ragazzo che, posandole una mano sulla nuca per non farle fare male, l'aiutò a passare. Lui la seguì subito e, nel pieno della notte, due sconosciuti, si ritrovarono all'interno del Colosseo.

<<Andiamo.>> disse Cesare, indicando gli spalti in alto. Tra il buio della notte e il pavimento irregolare, i due salito in cima per ammirare il mastodontico monumento dall'alto.

<<Quindi sei un ragazzo romantico.>> disse Camilla, spezzando la quiete. Cesare pensò per un po' a quell'affermazione: lui era un ragazzo romantico? Non lo sapeva. Non era mai stato innamorato o preso da qualcuna. Non aveva mai avuto una cotta, nessuna mai aveva attirato la sua attenzione a tal punto da voler dimostrarle il suo lato nascosto, quello che riserva a solo alla madre. Anzi: lui alle ragazze aveva sempre mostrato il peggio di sé eppure era proprio quello che attirava le sue conquiste.
'E allora perché se faccio lo stronzo con lei non funziona?' si chiese.

<<Non lo so.>> le rispose, sinceramente.

<<Come puoi non saperlo? Non ti conosci?>> domandò lei con tono calmo, pacato.

<<No Cami', quel lato di me non lo conosco.>> disse lui, continuando a guardare il suolo.

<<Allora una cosa in comune l'abbiamo.>> disse lei, nascondendo un sorriso dietro ai capelli lucenti. Lui, senza voltarsi, le prese la mano e rimasero alcuni minuti a godersi il panorama nella loro più totale tranquillità.

<<Ora posso sapere come ti chiami?>> domandò Camilla. Era curiosa di sapere come si chiamasse colui che l'aveva portata a compiere gesti impensabili, a divertirsi e a sentirsi libera di essere chi voleva.

<<Cesare.>>
Quel nome, accostato a quel viso, le suonò perfetto: le piaceva e, questo, fece suonare il campanellino d'allarme nella sua mente: 'Non devi più vederlo.'
Camilla si rattristí perché sapeva che quella sarebbe stata la prima e unica sera in cui avrebbe passato del tempo con quel ragazzo. Non poteva permettersi distrazioni, doveva concentrarsi per la maturità e il test d'ingresso all'università. E poi, Cesare, era così diverso da lei: i suoi genitori pretendevano un ottimo partito, un ragazzo di alto borgo che potesse donarle una vita agiata. Non un ragazzo che la rapiva e le offriva una birra per conquistarla. Ma, lui, in fondo non l' aveva mica conquistata con la birra: l'aveva fatto con un bel panorama, tante risate e un gesto dolce. Ma Camilla questo non lo sapeva ancora, non era ancora cosciente che, anche se la sua testa diceva 'no', l'avrebbe cercato ancora.

<<A che pensi?>> le chiese il ragazzo, avendo notato la tristezza nei suoi occhi.

<<Oh, nulla.>> rispose lei, forzando un sorriso.

<<Ce guardo dentro ogni giorno a un paio d'occhi come i tuoi. Non mentirmi Cami'.>>

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