NOTTI ARDENTI
MAHTA: dal persiano, "raggio di luna".
YUN: dal cinese, "nato nelle nuvole".
AELIS: dal greco, "sole".
PROLOGO
C'era stato un tempo nel quale dei e spiriti avevano camminato su quelle terre.
Quel tempo sembrava tornato.
*
Il sole splendeva nella città di Emm, a nord del mondo. Il caldo irrompeva nelle case come un ospite indesiderato, e spaccava la popolazione come pietre al sole.
L'umidità stremava bambini e anziani, i raggi solari si infiltravano nella più piccola delle insenature.
Gli abitanti di Emm vivevano sotto la costante luce del sole da 167 giorni.
Una creatura dal mantello nero aveva portato con sé una lunga catena d'argento e la aveva avvolta attorno alla luna. Poi, sotto gli sguardi atterriti della gente, aveva preso l'estremo della catena e aveva portato la luna con sé, dall'altro lato delle terre estreme.
Saputo ciò, una popolazione a loro vicina, si era inaspettatamente rivoltata contro di loro e le truppe si erano sparse fino ad arrivare a Emm. Erano stati giorni duri. Giorni di fame, lotta, solitudine... giorni lunghi, estenuanti. E lo erano ancora, perchè la guerra imperversava.
Schiacciati dalla città divenuta loro nemico, Emm aveva perso, e non solo la dignità e la supremazia nelle Terre ai Capi Estremi della Terra, ma anche la loro luna.
Seppur una volta forti, nessuno degli abitanti di Emm avrebbe potuto far nulla contro una creatura in grado di trascinare la luna con le sue sole forze.
E così, da allora, Emm viveva in un pieno stato di luce. I primi tempi era stato facile trovare un lato positivo: i giovani potevano stare fuori fino a tardi, le piantagioni sembravano crescere più in fretta, la gente lavorare di più e con maggiore gioia.
Eppure...
La felicità è bella perchè evanescente.
Ed anche in questo caso, era durata poco.
I giovani che restavano fuori fino a tardi, ora non desidervano altro se non una dormita al buio; le piantagioni una volta rigogliose, ora erano secche e impossibili da recuperare; fiumi e laghi andavano via via prosciugandosi; la gente che una volta era sorridente, aveva perso ogni aspetto di gioia. Seppur riparandosi nelle case, la gente aveva iniziato a morire a causa del sole cocente.
Allora era cominciata la guerra.
PRIMA PARTE: LA BATTAGLIA
Mahta posò l'arco e sgranchì le membra. Le facevano male le spalle e le dita si erano intorpidite per quante frecce aveva scoccato durante le ultime ore. Eppure, la sua condizione era migliore di quella dei morti sul campo di battaglia. Era facile riconoscere la sua gente: era quella più deperita e con la pelle bruciata dal sole. Era la gente con le armature scintillanti perchè mai usate, le armature dei loro antenati, che che fino a qualche settimana prima venivano utilizzate come oggetti d'arredo, per simboleggiare la potenza della propria famiglia.
Prima erano un decoro, il vanto di un passato glorioso.
Ora non erano altro che un ammasso di vecchi rottami su un campo di battaglia divenuto sterile.
Mahta fissò con i suoi occhi arancioni il cielo magnifico, un tripudio di sfumature: dal giallo al rosso, con tinte di rosa e oro, poi blu scuro nel punto più alto, e un viola tenue a unire il tutto.
Quella era una zona a metà tra Emm e i nemici che li avevano inavvertitamente attaccati mesi prima. Veniva chiamata "Il Crepuscolo" perchè vi era costantemente il tramonto, da quando avevano perso il loro satellite. Non vi era né la presenza del sole, né quella della luna però, solo il cielo colorato a testimonianza della sua malleabilità.
Mahta cercò con lo sguardo facce conosciute tra la gente che era rimasta in piedi, viva o non ancora morta. Ma non vide nessuno di sua conoscenza o con cui volesse avere a che fare, perciò si diresse verso le tende dell'accampamento, l'arco ancora stretto tra le dita.
Quando giunse all'accampamento sentì su di sé gli sguardi dei suoi compaesani. Gli occhi sembravano perforarle la pelle già martoriata dalle ferite . Uno dei guaritori la prese delicatamente per un braccio, distraendola dagli sguardi omicidi degli altri, e la fece accomodare su una panca in legno, che prima doveva essere stato un baule.
"Sono solo gelosi.", fece il guaritore, le dita strette attorno alla mano color ebano di Mahta. "Resisti meglio al sole delle loro mogli, o delle loro figlie."
"È una sciocchezza. Soffro il caldo e il sole come ognuno di loro.", scrollò le spalle, "È solo che è meno evidente."
Il guaritore non rispose, ripulendo il sangue dalle ferite di Mahta e fasciandole. Mahta lo ringraziò e recuperò il suo arco. Si recò verso la tenda principale, segnandosi sul registro dei sopravvissuti alla battaglia. Farlo alle volte, era peggio della battaglia stessa.
Delle grida ruppero la quiete controllata del tendone.
"Attenzione!", un uomo entrò nel tendone. Aveva il fiato grosso, ma questo non gli impedì di parlare a gran voce. "Qualsiasi cosa voi stiate facendo, smettete ora. Il nostro Consiglio ci ha convocati nella sala grande, in città. Subito!"
"È più urgente della battaglia che c'è appena stata?", chiese un soldato, sarcastico.
"Più urgente della morte.", rispose il messaggero.
SECONDA PARTE: LA MORTE È GIUNTA A TROVARCI
Lo straniero strinse la mano sull'elsa della spada e prese un grosso respiro.
La città di Emm sembrava disabitata.
Lo straniero si mosse tra le strade deserte, sulla terra arida, tra le case che emettevano calore sotto i raggi bollenti.
Indossava un lungo mantello nero che ne ricopriva le fattezze del viso e grossi stivali, che causavano solchi profondi nelle vie secche.
Aveva camminato fin lì dal regno vicino, in solitaria, passando da un freddo gelido a un caldo asfissiante, ma alla fine era riuscito a giungere nella Città di Emm. L'edificio circolare nel quale aveva ordinato al Consiglio cittadino di riunire la città, si stagliava a pochi metri da lui. Il marmo bianco risplendeva sotto i raggi solari, come se fosse stato creato apposta.
Era finalmente giunto dove doveva essere.
Salì i bassi scalini bianchi e tolse la mano dall'elsa, per non risultare più minaccioso di quanto non sembrasse già. Dalle grandi porte di vetro sgranato, si udiva gente gridare contrariata, e altri, forse il Consiglio, ammonirli di stare in silenzio.
Mise una mano su uno dei pomelli e un brivido gli sfiorò la pelle.
C'era qualcosa, lì dentro, di inaspettato. Era inutile scorgere qualcosa dai vetri colorati, perciò si decise ad entrare.
Quando fu all'interno, la sensazione che lo aveva fatto rabbrividire, si fece più forte. Non poteva concentrarsi solo su di essa, in quel momento. Aveva una città intera con la quale parlare, vi avrebbe pensato più tardi.
Tutte le teste dei presenti si voltarono verso di lui. Non si sentì minacciato da esse, né tanto meno intimidito, ma percepì anzi una sorta di assenza, come se mancasse qualcosa.
Percorse la navata centrale che portava verso un piano rialzato sul quale, su di un grande tavolo in quercia, sedeva il Consiglio.
Una persona, tra quelle sedute sulle panche, disse: "È lui! L'essere che ha rubato la luna!"
Ci furono sospiri e improperi e svenimenti. Tutti nella sala ebbero una reazione, fecero un gesto, tremarono.
Ma lo straniero ignorò ognuno di loro, concentrandosi sulla sensazione che aveva sentito pochi istanti prima.
Continuò a camminare finché non giunse sul piano rialzato, poi si voltò verso la platea.
Fissò la marasma di gente seduta nella grande sala comune, poi abbassò il cappuccio.
***
Mahta non aveva mai visto nessuno come lui.
Le mani adornate da calli iniziarono a formicolare, e non sentiva più caldo, ma brividi dolci lungo il corpo. Sembrava che la pelle non potesse più contenere il suo essere. Sperò di non essere l'unica a provare simili sensazioni.
Lo Straniero dal lungo mantello nero, aveva capelli neri che gli arrivavano alle spalle, talmente scuri da sembrare inchiostro liquido o l'ombra della luna sulle strade. Aveva la pelle diafana, cristallina come un lago a mezzanotte. Gli occhi grigi percorrevano tutta la sala, e Mahta sperò non si posassero mai su di lei: non avrebbe saputo come nascondere il rossore.
Ma la cosa più spettacolare di tutte era che non era bello, affatto. Il viso era asimmetrico, il naso storto, gli occhi con un leggero strabismo sembravano portatori di tempeste.
Mahta, dopo mesi, sentì freddo.
Lo Straniero poi, svelava una curiosa caratteristica alla cittadina di Emm, un dettaglio che gli abitanti di quelle terre non vedevano da secoli. Un paio di orecchie a punta spuntavano fuori dai capelli scuri.
D'improvviso Mahta si ricordò che quello era lo stesso essere a causa del quale loro non possedevano più una luna. Era la causa della guerra con la città vicina. Delle ferite sul suo corpo, delle morti, della distruzione.
Poi, quando nessuno più se lo aspettava, l'essere parlò: "La luna è morta."
Era come se avesse parlato di un amico a lui caro, di una persona che aveva vissuto con lui negli anni, con la quale aveva condiviso esperienze, emozioni.
Mahta si sentì toccata, ma cercò di reprimere la sensazione.
"L'ho portata via 167 giorni fa, perché era giunto il suo momento. Voi avete scelto di dimenticare le vostre tradizioni.", indicò il Consiglio dietro di sé, "Avete permesso alle leggi di ombrare chi siete e quello che avete fatto per millenni.", fece una pausa, non un suono si udiva nella sala. "La luna è morta,", ripeté, "perché voi l'avete uccisa."
Mahta di slancio si alzò. "Che cosa intendi con il fatto che siamo stati noi ad ucciderla?", chiese furiosa. Lo Straniero aveva fascino e tutto ma non poteva permettersi di fare accuse del genere.
La ragazza vide lo Straniero irrigidirsi. Lui si portò una mano sull'elsa della spada, scoprendo la lunga catena argentata che portava appesa in vita.
Gli abitanti di Emm rabbrividirono pensando che quello era l'oggetto che aveva portato loro via la Luna.
Mahta però non si tirò indietro, ma strinse l'arco che aveva portato con sé, pronta a scoccare una freccia.
Lo Straniero lasciò cadere il braccio lungo il corpo, ignorò Mahta e parlò un'ultima volta prima di andarsene.
"Vi è qualcuno, tra di voi, che sa cosa fare. Sente di dover agire.", guardò i presenti, "Se quel qualcuno ha abbastanza coraggio dovrà seguirmi nella Terra Degli Spiriti per salvare la Luna. Ma non potrà più tornare indietro."
Lo Straniero uscì e fuori risuonò il rombo di un temporale imminente.
TERZA PARTE: IL PORTALE D'ACQUA
Quando lo Straniero se ne fu andato nella sala scoppiò un boato, ma Mahta dentro si sentiva vuota.
Tutti iniziarono a chiedere al Consiglio perché lo Straniero sostenesse che fosse colpa loro e il Consiglio non aveva saputo che rispondere. I membri avevano balbettato e parlottato tra loro e Mahta si sentì stupida e inerme.
Mahta, che si era seduta, si rialzò, spintonando la gente che era uscita per bagnarsi un po', e andò alla ricerca dello Straniero.
Decise di seguire il suo sesto senso, il suo istinto da cacciatrice, da arciere. Il legno dell'arco si inumidì, e sarebbe stato comunque inutile usarlo contro una creatura in grado di trasportare la luna o di far piovere a piacimento. Si accorse di quanto fosse stata sciocca poco prima.
Sentiva addosso la stanchezza della battaglia e il peso delle parole dello Straniero, oltre a quello dei vestiti zuppi, ma Mahta non si fermò né pensò mai di tornare indietro.
Poi un brivido le sfiorò la schiena, una volta varcate le porte della città.
"Sapevo che mi avresti seguito."
Mahta non fece in tempo a rispondere o reagire, che fu presa per un braccio e trascinata nel bosco fuori Emm.
Lo Straniero le avvolgeva il braccio con le sue dita lunghe, pallidissime a contrasto con la sua pelle d'ebano.
Mahta non provò neanche a ribellarsi.
Lo Straniero si fermò e lasciò che lei si posasse contro il tronco di un albero per non farla bagnare ulteriormente.
"Riporta la luna a Emm."
Avrebbe voluto avere il suo arco con sé, ma forse il coltello da caccia nella cintura avrebbe potuto darle un vantaggio. Anche se minimo.
Si dimenticava della forza dello Straniero.
Lui avrebbe voluto toccarla come aveva fatto prima, quando l'aveva presa per un braccio. Ma quello era permesso, era giustificabile. Quello che voleva fare ora - sfiorarle il viso, passarle le dita tra i capelli bianco ghiaccio, specchiarsi nei suoi occhi arancioni, quello era proibito.
"Non sono stato io.", rispose lui. Questo poteva dirlo. Prima o poi lo avrebbe saputo. "È stato uno dei miei fratelli a farlo."
"Fratelli?", Mahta era curiosa, ma non si lasciò distrarre. "Non mi interessa chi è stato allora. Voglio che la luna ritorni a Emm. Ne abbiamo bisogno."
"Perché?"
Non volle dirgli che per lei la luna significava più di quanto potesse sembrare. La luna era il suo rifugio.
Aveva smesso di piovere. Il sole era tornato a spaccare le pietre. Mahta iniziò a perepire l'acqua evaporare dalle piante attorno a loro. Era talmente umido che i capelli bianchi le si arricciarono contro le spalle.
Gli occhi grigi dello Straniero seguirono il movimento della sua lingua quando Mahta si umettò le labbra. Sentì un brivido bollente percorrerle la spina dorsale.
Non avendo ricevuto risposta, lo Straniero le disse di andare con lui.
"Inizierà a fare troppo caldo tra poco. Vieni con me e ti mostrerò le tradizioni che la tua gente ha dimenticato."
Mahta, che non aveva nessuno che l'aspettava per cena o qualcuno che si sarebbe preoccupato della sua assenza, lo seguì. Non aveva altra scelta, dentro di sé, non vi era altra via o modo. Aveva bisogno della luna. Tornare a Emm sarebbe stato come fare un passo indietro. Perciò seguì lo straniero.
Lui avrebbe voluto tenerla per mano e portarla al fianco del portale d'acqua, mostrarle le sue meraviglie e magie, ma non poteva. Qualcun altro avrebbe dovuto farlo al suo posto.
Lei lo seguì senza fare domande e lui la portò ai confini del bosco, dove lei non era mai stata.
Quando Mahta lo vide, inspirò con forza.
Era una parete d'acqua: non c'era una cascata o una fontana. Ma una reale parete d'acqua. Mahta sentì una luce dentro di sé espandersi, e senza volerlo sorrise allo Straniero.
"Se passerai questa porta, non potrai più tornare indietro, mai più. Non ci sarà nessuna Emm per te."
Mahta sentì la nausea prenderle lo stomaco.
"Ma in cambio potresti avere una vita migliore. E riportare la luna a Emm."
Lei lo guardò con i suoi occhi arancioni. "Mi dirai perché avete preso la nostra luna?"
Lui annuì.
Mahta sospirò e posò una mano sulla parete d'acqua, sulla luce del sole perenne che si infrangeva sulle gocce. Guardò lo Straniero, i suoi tempestosi occhi grigi, e si sentì trascinata da essi, come colpita da un fulmine uscito da quelle dita pallide.
Mahta sentì magia perduta, sopita dentro di lei, esplodere in mille colori.
"Yun.", sentì dire dallo Straniero, "Il mio nome è Yun."
Poi attraversarono il portale.
QUARTA PARTE: NEL REGNO DEGLI SPIRITI
Nonostante Yun non l'avesse sfiorata, Mahta aveva percepito la sua presenza per tutto il tempo.
Era come se gli fosse entrato sottopelle quando l'aveva presa per il braccio, quando l'aveva guardata, quando era entrato per la prima volta in quella sala, quando gli aveva sussurrato il suo nome mentre attraversavano il portale.
Mahta voleva sfiorarlo, fissare quegli occhi di tempesta, ma non voleva essere inopportuna.
Lui invece non desiderava altro, ma quello non era il suo destino.
In base al suo potere, soffrire era l'unica cosa che poteva fare.
***
Luce lattea ferì i loro occhi, una volta attraversato il portale.
Mahta mise il braccio sul viso, mentre gli occhi color tempesta di Yun si abituarono in fretta alla luce.
Davanti a lei, campi verdeggianti e rigogliosi delle più splendide nature, si estendevano a perdita d'ochio. In lontananza, su di una collina, colonne di marmo rilucevano di venature argentee e dorate.
Mahta trovò familiare le architetture del posto e si voltò verso Yun.
"Un tempo, il mio mondo e il tuo erano uniti. È da lì che nascono edifici come quello del Consigliò.", spiegò. "Ora vieni,", disse, sfiorandole il braccio, "e avrai le tue risposte."
Il calore di quelle terre non era soffocante, anzi, una leggere brezza proveniva da Ovest, e le carezzava la pelle umida. Mahta si chiese se sarebbe stato Yun a mostrarle le risposte, o se la avrebbe portata da qualche antico saggio spirito.
Yun, che voleva toccarle i capelli candidi, strinse le dita a pugno e si costrinse a proseguire senza guardarla.
Man mano che si avvicinavano alla collina, Mahta vide creature che si nascondevano tra i bassi arbusti: forse avevano paura di lei, ma poi, voltandosi verso Yun e la sua figura imponente, capì che non era lei la persona da temere.
Mahta gli si avvicinò imperccetibilmente. Yun sentì il sangue scaldarsi sotto pelle.
Giunsero davanti al colonnato dopo un tempo che le parve infinito. Racchiuso tra le colonne marmoree, vi era una fontana non funzionante. L'acqua all'interno era placida ma era come se non venisse pulita da tempo.
Yun, con i suoi abiti scuri, si sedette sul bordo della fontana e indicò a Mahta di fare lo stesso.
Lo Spirito la guardò fugacemente negli occhi, poi, mosse la mano affusolata sul pelo dell'acqua. Il liquido creò cerchi concentrici e Yun posò il dito indice nella parte più esterna. Mahta si sporse e vide l'acqua incresparsi ancora di più.
QUINTA PARTE: LA MORTE DELLA LUNA
Mahta si sentì trascinare sul fondo della fontana, e vide con occhi non suoi quel che era accaduto.
La giovane dai capelli rossi, sedeva sulla luna.
La sua pelle era pallida ed emaciata, come se fosse stata colpita più volte.
"Non mi venerano più.", disse stendendosi a pancia ingiù, le mani a sorreggere la testa. A vista d'occhio i capelli iniziarono a sfibrarsi, e cominciarono a cadere a ciocche. Sulla Terra, comete colpivano il suolo, e le notti divennero gelide. Gli umani, che avevano perso il contatto con il Regno degli Spiriti, iniziarono a lamentarsi delle notti infinite, del freddo. Iniziarono a odiare quel cerchio pallido che era la luna, desiderando che le giornate fossero più lunghe, di avere più tempo per fare le loro cose.
La giovane iniziò a indebolirsi, le mani non riuscivano più a reggere la testa divenuta troppo pesante.
La giovane pianse, e lacrime di luna si sparsero sul mondo.
Non bastava più neanche quello. I capelli rossi caddero ancora e le comete giunsero dove dovevano andare. Tranne una.
Aelis, circondato dalla sua luce sempiterna, vide le comete scivolare dal mondo degli uomini al suo.
Le comete si personificarono e strinsero le loro dita fra loro, creando un cerchio attorno ad Aelis, la loro pelle scura e rocciosa bruciava a causa del viaggio. Le comete portarono il messaggio allo Spirito dei Soli.
Aelis ricevette il messaggio, non accorgendosi però, che una mancava all'appello.
Lo Spirito del Sole, prese con sè la sua corazza e la sua spada Rifulgente e seguì le comete verso lo Spirito della Luna.
Quel che gli abitanti di Emm videro, fu solo un essere che portava via la luna con una catena.
Quel che Aelis fece, fu raccogliere il corpo martoriato della luna dai capelli rossi, e portarlo con sè.
Mahta prese un respiro profondo, come se qualcuno le avesse trattenuto la testa sotto l'acqua. Quando aprì gli occhi, Yun si era alzato in piedi, gli abiti neri ad avvolgerlo come un'ombra.
"Quel che hai visto è accaduto durante il trascorrere dei secoli. Da quando Emm ha rinunciato a venerare la luna, a ringraziarla di essere lì. Da quando Emm ha perso il contatto con la natura e le tradizioni, per abbracciare la guerra e la conquista del regni e città vicine."
Mahta abbassò lo sguardo. Provava vergogna per ciò che aveva fatto la sua gente, per quello che lei stessa aveva compiuto.
Yun sorrise e sporse la mano verso Mahta. "Vieni con me."
Al contatto con la sua pelle, Mahta rabbrividì di piacere.
I due percorsero silenziosi, i campi che si estendevano al di là della fontana, fino a giungere ad una valle occupata prevalentemente da un tempio. Il tetto aveva estremità ricurve, che sulla punta presentavano spuntoni dorati. La parte superiore era invece color avorio, così come il resto dell'edificio.
"C'è un destino lì che ti aspetta.", disse Yun, "Devi solo accoglierlo." fece dei passi indietro.
Mahta non voleva lasciargli la mano, nè voleva che lui se ne andasse. Perciò si voltò e chiese: "E l'ultima cometa? Che fine ha fatto, dove è andata?"
Yun stava per andasene, ma poi si voltò. "Ti sei mai chiesta il motivo dei tuoi occhi arancioni?"
Mahta li spalancò, e Yun scomparve sotto i raggi del sole.
Col cuore che batteva a mille, Mahta sentì la mancanza del suo arco. Ma strinse i denti e si diresse verso il tempio.
SESTA PARTE: AELIS, LO SPIRITO DEI SOLI
Yun lasciò che Mahta entrasse nel tempio di Aelis. Una morsa gli strinse il petto: tutto per colpa della sua maledizione.
Tutti gli Spiriti sono stati umani, pensò, e io ho fatto grandi errori quando ero uno di loro.
***
Mahta spinse la porta d'ingresso del tempio. L'interno non era buio come si era aspettata, ma brillante, il tetto lasciava filtrare i raggi solari all'interno.
Sul fondo del tempio, una figura dai capelli color oro fino, era di spalle.
Indossava abiti di cuoio marrone e una spada brillava, seppur infilata nel fodero. La lunga catena con la quale aveva portato via la luna, scintillava intorno ai suoi fianchi.
"Sei arrivata raggio di luna. Sono 170 giorni che ti aspetto."
Il ragazzo si voltò verso di lei. Il viso era splendido, raggiante. Gli occhi grandi e scuri, con venture dorate, erano incorniciati da ciglia folte. La bocca era sensuale e piena, il viso dalle forme morbide.
Se Yun era calmo, di una bellezza spigolosa, lui faceva il bagno in pozze di luce.
"Sono Aelis.", si presentò.
"Tu hai portato via la luna.", disse Mahta duramente.
Lui si accigliò. "Yun non ti ha mostrato la sua storia?"
Mahta annuì. "Ma tu non hai fatto nulla per fermare quello che le è accaduto, l'orrore e la guerra, l'odio. Hai solo portato via il suo corpo e hai negato a Emm la luna."
"Non potevo fare altrimenti raggio di luna. Lei era stanca e aveva bisogno di riposo. Le creature vivono e muoiono, è il ciclo della vita.", le prese le mani, "Ma tu adesso sei qui, e noi sigilleremo un nuovo patto tra la luna ed il sole. È questo il tuo destino."
Mahta fece un passo indietro. "Cosa vuol dire?"
"La luna di Emm sapeva che sarebbe morta di lì a poco, perciò ha mandato una cometa sulla terra, il giorno che nascesti. Ha fatto in modo che una parte di sè rimanesse lì e ha aspettato che tu crescessi. Fino a 170 giorni fa, quando è morta."
"167, vorrai dire."
Lui scosse la testa. "Sei nel Regno degli Spiriti già da tre giorni, Mahta. E sei qui," lui addolcì il tono, "per stare con me. La Luna sapeva che una sua possibile erede non sarebbe più sopravvissuta da sola. Sposati con me, suggelliamo un patto tra noi e tu diventerai il nuovo Spirito dell Luna di Emm." Fece apparire uno splendido arco, e lo porse a Mahta. "Questo è il mio pegno d'amore per te. Rimani con me nel Regno degli Spiriti e la luna tornerà a vegliare su Emm."
"Io-"
"Ti ho osservata per tutti questi mesi, Mahta. So chi sei, e so che insieme creeremo un mondo migliore."
Lei si sentiva sopraffatta, ma non voleva essere scortese con uno Spirito. "Mi serve del tempo..."
"Se non mi sposi non potrai salvare Emm."
SETTIMA PARTE: LA MALEDIZIONE DEL PIANTO
Mahta uscì rabbiosa da tempio: doveva vedere subito Yun.
Lui, percependo che qualcuno lo cercasse, apparve davanti a Mahta, che si spaventò ma non lo diede a vedere.
"Tu!", lo additò. "Tu mi hai mentito.", lei si accorse che non era vero, ma riformulò la frase. "Io... credevo che... noi..."
Yun sentì il cuore stringersi e, dopo secoli, arrossì. "Che cosa pensavi?", chiese dolcemente.
Mahta si sentiva sciocca. "Io pensavo che noi... che io... fossi...", specchiò gli occhi arancioni nei suoi, "...fossi qui per te."
Yun avrebbe voluto far piovere sul tempio di Aelis, ma si trattenne e portò Mahta lontano da lì.
Si ritrovarono in una pineta, l'odore del mare carezzava loro le narici. Era buio e Mahta si sentì sollevata da ciò, ma era troppo delusa per accorgersi del paesaggio. Si sedettero su tronchi caduti. Lei lasciò cadere a terra l'arco di Aelis. Yun se ne accorse e sorrise internamente.
"Io non posso." esordì lui. Vorrei, avrebbe voluto aggiungere. "Ma questo non è il mio destino. Tu sei destinata ad Aelis."
Lei voleva piangere. "Qualunque incantesimo tu mi abbia fatto, ti prego spezzalo adesso. Io... non mi è mai successo di arrivare a provare tutto questo e ti conosco da così poco tempo che..."
"Da quando sei qui ne è passato molto di più di quel che credi. Stai diventando uno Spirito e loro..."
"Mi sento sopraffatta..."
Yun sorrise. "Sì. È così."le prese le mani nelle sue, eburneo e ebano intrecciati insieme. "Ma io sono condannato a questa infelicità, mentre tu hai occasione di essere felice con Aelis. Quello che provi per me è sbagliato."
"Non può esserlo."
"Sì... sono condannato a questo. Se stessi con me non potresti salvare Emm. E con me non è possibile, solo un'alleanza con Aelis porterà la luna a Emm."
Mahta si alzò in piedi. "Prima di andare da Aelis io devo almeno trascorrere del tempo con te, un'ultima volta."
Yun deglutì, ma non ebbe tempo di fare altro, che si ritrovò Mahta tra le braccia, la bocca di lei pressata contro la sua.
Yun le cinse i fianchi con una mano mentre l'altra le accarezzava i capelli color ghiaccio. Mahta si spinse sulle punte e approfondì il bacio. Insieme caddero sull'erba, gli aghi di pino a punger loro la pelle.
La notte trascorse e Mahta sentì la magia della luna sprigionare dentro di sè.
Quando si svegliò, il mattino dopo, Yun dormiva ancora, perciò sarebbe stato meno difficile per Mahta lasciarlo. Ma c'era un'ultima cosa che doveva fare.
Mahta si ritrovò alla fontana, come da suo desiderio. Yun le aveva spiegato che col rimanere in quel Regno anche i suoi poteri sarebbero aumentati.
Si sedette sul bordo della fontana e desiderò vedere cosa era successo a Yun... sfiorò la superficie dell'acqua e fu trascinata sul fondo.
Quando era umano, Yun faceva piangere tante ragazze.
Le prendeva in giro e le usava, perchè non sapeva cos'era l'amore.
Ma un giorno incontrò uno splendido spirito d'acqua,Yun credette che avrebbe fatto piangere anche lei.
Ma lei che proteggeva le donne del villaggio, lo portò cone sè nel Regno degli Spiriti.
Yun stette lì mesi finchè non si accorse di essere diventato uno di loro.
Aelis e lo Spirito d'Acqua lo punirono per la sua cattiveria. Per il resto della sua vita, Yun era condannato a piangere le lacrime che aveva fatto versare e avrebbe sempre amato di vero amore le persone più sbagliate.
OTTAVA PARTE: L'UNIONE
Mahta indossò ilsuo vestito di luna e sole.
Era color avorio puro, con intarsi d'oro e argento con punte di stelle tessute.
Era bella, ma si sentiva triste.
Ma almeno era tutto per salvare Emm.
Aelis l'aspettava fuori dal tempio, decine di Spiriti di tutti i generi attendevano anche loro al di fuori, seduti sotto il tiepido sole.
Mahta era rincuorata dal fatto che avrebbe trascorso gran parte della sua vita lontana da Aelis, sulla sua luna a vegliare su Emm. Al fresco, con le stelle a incorniciare la sua esistenza.
Aggiustò l'abito e prese un bel respiro.
Yun e la notte che avevano trascorso insieme erano un ricordo pressante, ognipresente, ma che avrebbe dovuto cancellare.
D'un tratto sentì un brivido sulla schiena scoperta e si voltò.
Yun era nel tempio, vicino a lei.
Le mise le mani sulle spalle nude e lei chiuse gli occhi, assaporandone il tocco.
"Mi dispiace.", lui disse.
"Se tu non avessi quella maledizione..."
Avevano parlato e discusso sulla questione e provato a cercare delle soluzioni. Si erano rivolti ad altri Spiriti più antichi per cercare aiuto – ad insaputa di Aelis – ma nessuno desiderava mettersi contro di lui. Se lui non avesse avuto quella maledizione che trasformava il loro amore in sbagliato... lei avrebbe potuto salvare Emm pur stando con lui.
I sentimenti di Mahta e Yun erano diventati profondi.
Mahta strinse i denti. "Finisce qui."
"Per me non finirà mai, Mahta."
Lei gli prese le mani e le baciò. "A Emm ho trascorso 167 notti al sole, ma nessuna notte è mai stata ardente come quelle trascorse con te. Brucio d'amore per te, Yun, nonostante tu sia la fresca pioggia d'autunno e io il gelido raggio d'inverno. Ma ti amo, e questo non cambierà nonostante la maledizione che ci separa."
Lui allora pianse. Faceva parte della maledizione, lo sapeva, ma non lo aveva mai visto piangere.
Fuori suonò il rombo di un temporale e iniziò a piovere. Aelis da fuori, non potè fare nulla per impedire la pioggia, nonostante i suoi poteri.
Yun la guardò con i suoi occhi grigi, acquosi, adombrati di tempesta. La baciò un'ultima volta poi le disse che l'amava. "Ogni volta che pioverà sarà l'amore che provo per te che non riesco più a trattenere."
Mahta ricambiò il bacio e pianse anche lei. Poi si asciugò il viso e andò fuori, a sposarsi con Aelis.
***
EPILOGO
Mahta divenne lo Spirito protettore della Luna di Emm e sposa dello Spirito dei Soli.
Anche se avrebbe tanto desiderato essere amata dalla pioggia.
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