L'ultimo giorno di scuola
Roma, Giugno 1989
Quando l'ultimo giorno di scuola dell'ultimo anni di liceo suona la campanella dell'ultima ora di lezione, hai come la sensazione che quello sia l'ultimo secondo della tua adolescenza. Gina, la bidella, si diverte a farla suonare per un tempo che ti pare infinito. Sospeso. E tu senti il bisogno di sottolineare il momento con una frase storica tipo: "Che la forza sia con noi!" oppure "Campioni del mondo!Campioni del mondo!Campioni del mondo!". Ma, soprattutto, hai una gran voglia di far saltare quel tappo di angoscia che ti ha chiuso la bocca dello stomaco per cinque lunghissimi anni.
Oggi io, Luca Molinari, diciott'anni compiuti da poco, sono stracarico di adrenalina: mi sono finalmente levato dalle scatole cinque anni di Liceo Scientifico! Davanti a me rimane solo l'esame di maturità, l'ultimo scoglio prima del totale cazzeggio, del meritato fancazzismo che mi sono riproposto per l'estate. Vacanze. Vacanze. Vacanze. Per tre lunghi mesi. In attesa di capire cosa farò a partire dall'autunno prossimo. Fino ad allora il mio motto sarà: "Va' dove ti porta la vita". Certo l'esame mi mette ansia, ma lo vivrò come l'ultimo decisivo sforzo verso la libertà. Come il tuffo fi Papillon per evadere dall'Isola del Diavolo, come l'ultima rapida salita di Beppe Saronni nei Mondiali di ciclismo dell'82, come il rigore che non puoi sbagliare nella finale contro Liverpool!
Verso la libertà. Fuori dall'aula, nel corridoio che conosciamo a memoria, che abbiamo percorso centinaia di volte ridendo e mangiando focacce unte, e che ora rappresenta l'enfatica via di fuga verso il futuro, tutti i miei compagni di abbracciano felici. I più diligenti so danno appuntamento per prepararsi insieme all'esame. Da subito. Cazzo, proprio oggi dobbiamo cominciare? Qualcun altro, più normale, sta già organizzando una festa per stasera. Alcune ragazze riempiono di baci e abbracci Gina, complice di di tante sigarette fumate di nascosto in bagno e di tante pizze con la mortadella divorate a ricreazione. Massi, come al solito, si apposta dietro Santilli, il secchione della scuola, e, come sempre, gli assesta un terrificante "colletto", mentre Alice e Simona, più sorridenti che mai, ronzano attorno alla nostra prof di scienze. La meno severa e dunque la più tartassata negli anni. Quasi un'amica.
Io no. Io penso ad altro. Se dovessi descrivere la mia condizione in un tema, con una bella frase scolpita per far colpi sul prof di Lettere, scriverei che sono "avulso da questo contesto idilliaco". Mentre tutti gli altri miei compagni se ne vanno felici, io mi blocco e torno indietro. È arrivato il momento di togliermi un fastidioso sassolino dalla scarpa. In un attimo, senza nemmeno pensarci, mi ritrovo proprio là, sulla soglia della tenuta sala professori. Il luogo dove loro,i nostri aguzzini, hanno riso di noi e, sadicamente, hanno continuato a ripetere ai genitori la frase che per tanto anni mi ha perseguitato: "È intelligente, ma non so impegna... Può fare di più". Dietro la porta: Lui. Antonio Martinelli. Il più bastardo prof di Lettere della storia dell'umanità. Lui è capace di abbassarti il voto solo perché sbagli di un paio di giorni la data di nascita de D'Annunzio, è fissato col fatto impostate la poesie a memoria come altre elementari, e nei temi è un maniaco dell'uso corretto del punto e virgola, e delle parole che mai e poi mai useresti parlando con i tuoi amici. Come "avulso". Bellissima parola. Avulso. Martinelli ha un nome che si tramanda di classe in classe. Da quoto generazioni di studenti. Per tutti Martinelli è la Carogna. Per lui, invece, io non sono uno studente, né una persona. Sino solo un numero. E precisamente un serio meno meno.
Insomma, lui, da te anni a questa parte, è il mio peggior nemico, e io lo odio per quell'umiliante sei meno meno col quale mi ha sempre bollato. Il tatuaggio indelebile della mia condizione scolastica: Sei meno meno. Cioè" sei un meno meno". Ma pura che la mia esperienza scolastica è giunta al capolinea, sono deciso a vendicarmi. Alla grande. Voglio vomitargli in faccia tutto il mio disprezzo per il suo carattere spigoloso, per le sue freddure e per le sue terribili giacchette quadrettate sgualcite che, soprattutto nella versione grigio-verde, mettono in risalto, sulle spalle, delle agghiaccianti, schifosissime scaglie di forfora.
Lo intravedo mentre, disgustoso e trasandato come sempre, cerca di fare il pancione con la Lattanzi, una trentenne decisamente attraente, l'unica prof della scuola che tutti si farebbero. Lei gli sta dicendo: << Ti ringrazio molto per il libro Martinelli. Ci vediamo agli scrutini, per allora l'avrò letto di sicuro>>.
E lui: << Bene, cosi mi dici che ne pensi. Kundera è uno che secondo me sta avanti anni luce. In questo suo romanzo, autobiografia e intrecci sentimentali si fondono parlandoci molto di noi, della nostra insostenibile leggerezza dell'essere... Molto meglio di Eco>>.
Disgustoso. Carogna. Schifoso. Lascio che finisca la sua ignobile pantomima da intellettuale sfigato poi faccio qualche passo verso di lui, per affrontarlo.
Lui sta sistemando il registro dentro la sua logora cartella, pure lei forforosa.
Io mi piazzo davanti a lui. Respiro forte. E tolgo la sicura.
<<Professore, posso rubarle un minuto?>>
<<Solo un minuto Molinari, non vedi che vado di fretta?!>>
<<Volevo solo dirle che lei è una merda.>>
Mi sento bene. Cazzo, mi sento benissimo! Freddo e risoluto. Una macchina da guerra che punta dritta all'obbiettivo.
<<Sei venuto per dirmi questo?>> replica il prof senza scomporsi.
<<No. Volevo anche dirle che lei ha rovinato gli ultimi tre anni della mia vita facendomi persino odiare la scola; che lei è un fallito di dimensioni cosmiche; e che se la prende con gli alunni perché sono gli unici esseri umani su cui si riesce a sfogare!
Sa che mi fanno vomitare le sue giacchette anni Settanta? E la forfora che sopra... è compresa nel prezzo? E mi fa cagare la sua borsa che sa di muffa. Sappia che queste cose le pensa anche la professoressa Lattanzi. Altro che quella palla di Kundera. Una così, uno sfigato come lei, non gliela darà mai.>>
Mi sento bene, cazzo, benissimo. Peccato che non ci sia nessuno ad assistere al mio trionfo. L'ho umiliato e mi meriterei un standing ovation. Avrei voglia di girami verso il mondo e gridare a tutti: "Campioni del mondo!Campioni del mondo!Campioni del mondo!".
Ma il mio entusiasmo scema velocemente di fronte alla reazione del professor Martinelli. Non sembra particolarmente offeso, anzi: continua ad avere stampato sulla faccia il suo ghigno divertito. è davvero divertito. Perché non raccoglie i miei insulti? Perché non mi manda a quel paese?
<<Hai saputo del professor Santoro?>> mi chiede con voce melliflua.
<<No, che è successo?>>
<<Si deve operare tra pochi giorni.>>
<<Ah, non lo sapevo...>>
<<E quindi non potrà più essere il vostro membro interno agli esami.>>
Cazzo.
<<E indovina un po' chi sarà il suo sostituto?>>
Il cuore mi si ferma.
Provo a ribattere, poco convinto, con un timido <<Sta scherzando?>>, sapendo bene che in tanti anni non l'ho mai visto scherzare. Ma lui non si scompone più di tanto e, uscendo dalla stanza, senza neache guardarmi in faccia, mi pugnala con un:<<Io non scherzo mai>>. Com'è nel suo stile. Di merda!
Quando l'ultimo giorno di scuola dell'ultimo anno di liceo suona la campanella dell'ultima ora di lezione, sei sicuro che quello sia l'ultimo secondo della tua adolescenza.
Grandissima cazzata!
*se ci sono errori di distrazione avvertitemi*
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