Marge

(Wattpad fa gli scherzetti e cancella i capitoli)

I giorni trascorsero, la guerra continuò senza fruttare alcun tipo di conclusione e la corte di Monaco si riempì sempre di più gente. Alcuni ambasciatori erano stati mandati nelle zone limitrofe per controllare i comportamenti dei tedeschi - ancora fermi - poco dopo Villa Franca. Margot sfilò lungo il corridoio, fermandosi a parlare con la gente che implorava una minima conversazione. Incontrò il volto di una ragazza completamente stravolto dalle lacrime, chiazze rosse le cospargevano la pelle delle guance. Margot si inginocchiò avanti a lei, prendendole una mano. "Cosa è successo?" chiese, ma la ragazza si liberò dalla presa della regina, stringendosi la mano con l'altra. Lo sguardo che rivolse a Margot era carico di rabbia e tristezza.
"Cosa è successo?" ripetè ironica la ragazza. "Vostra Maestà, tutto è successo. Non ho più una casa, i miei genitori vivono lontano e ho perso il mio ragazzo." Scoppiò di nuovo a piangere, stringendosi le mani al petto. "E' morto la scorsa notte mentre prestava servizio."
Margot abbassò lo sguardo in un tacito dispiacere che non disse ad alta voce. Aveva imparato che la compassione non servisse a niente, se non ad aggravare il peso sul petto e la consapevolezza della mancanza appena incontrata. Senza pensarci due volte, si sporse sulla ragazza e la abbracciò. Era una sua coetanea, senza alcun appiglio a cui tenersi. Strinse gli occhi e poi sentì le mani della ragazza tenersi strette alla schiena della regina, senza ritegno.
Margot la tenne ferma e chiusa tra le sue braccia, immobili. Solo la schiena della ragazza si alzava e abbassava a causa dei singhiozzi. Il sole stava tramontando e le truppe sicuramente stavano facendo ritorno per la notte. Il rumore dei cannoni non era più udibile e gli spari si erano affievoliti. Le porte del castello si aprirono ed un gruppo di gente entrò nel castello, tutti stretti tra loro come impauriti. Avanti c'erano tre donne che si guardavano intorno, tutte sporche di cenere e i piedi scalzi, i vestiti erano strappati nella parte bassa come se avessero corso e si fossero impigliati in qualche radice scoperta. I medici di corte si avvicinarono a loro, esaminandoli rapidamente e scortandoli nelle zone più libere del palazzo. Margot girata com'era incontrò solo lo sguardo di una donna che aveva dei luminosi occhi verdi, capelli biondi tenuti in alto da uno chignon sfatto e le labbra carnose, ma poi la giovane donna scomparve, portata in un'altra stanza. La regina sentì la schiena della ragazza tornare a sollevarsi in maniera regolare, così si staccò leggermente, guardandola negli occhi scuri. "Ti prometto che ci saranno momenti migliori."
"Voi non sapete cosa significhi.." sussurrò la ragazza con voce rotta dal pianto. Margot le prese una mano, ingoiando a vuoto.
"Invece so benissimo come tu possa sentirti. Anche io ho perso delle persone molte care e all'epoca credevo che la tristezza e il dolore mi avrebbero indebolita e annientata. Pensavo che non mi sarei mai ripresa. Ma non potevo permetterlo."
"Perché siete una regina" disse la ragazza, annuendo triste.
Ma Margot scosse il capo. "Non solo. Prima di essere una regina, sono una ragazza di quasi ventidue anni che ha trovato la forza di superare il dolore e diventare migliore e più forte. Ti  assicuro che ce la farai. Com'è che ti chiami?"
"Geneviève" rispose la ragazza.
Margot annuì. "Ce la farai, Geneviève" terminò, lasciandole la mano e mettendosi in piedi. Ricominciò a sfilare lungo il corridoio, fermando con un braccio una serva che procedeva rapidamente. "Fa' fare un bagno a quella ragazza laggiù" disse, indicando Geneviève, "e servite la cena. La gente ha fame."
Fortunatamente la Svizzera era stata puntuale nella consegna delle scorte e i focolari di rivolte contadine erano stati estirpati. Per il momento Margot aveva evitato la carestia immanente che Leonard aveva cercato di far scoppiare nel suo regno per indebolire il suo potere. La regina aspettò nell'ingresso fino a quando Alessandro e Pierre non avessero fatto ritorno. Il re italiano era visibilmente stanco, mentre Pierre sembrava di nuovo essere in possesso di tutte le sue forze. "Leonard non si fa vedere da giorni, ormai" esordì Alessandro, lasciando tra le mani di una serva la sua spada nel fodero.  "E la dinamite tarda ad arrivare. Dovremmo approfittare di tale assenza, ma il tuo amico inglese non si fa vivo."
Margot incrociò le braccia al petto. "Sta facendo del suo meglio. Quello che sta eseguendo per noi è rischiosissimo, considerando anche che la sua Nazione non sia in guerra con noi e che quindi minerebbe la neutralità se fosse colto sul fatto."
Pierre appoggiò una mano sulla spalla di Alessandro. "Se Margot si fida di lui, anche noi dovremmo" disse, guardando poi la regina. Ovviamente il suo atteggiamento infantile era stato messo prontamente da parte, scusandosi con Margot appena qualche giorno prima. "Ho paura di perderti, se fai le cose di testa tua" aveva detto. La regina gli credeva, eppure non poteva lasciargli effettuare alcun potere su di sé. Non poteva permettere che la guerra nel suo regno fosse gestita e controllata da qualcuno che non fosse lei.
Alessandro annuì. "Speriamo bene", poi se ne andò, lasciando Pierre e Margot da soli. La regina gli scostò una parte della divisa, scoprendo la fasciatura che gli teneva uniti i lembi di pelle scalfita dal proiettile.
"Non affaticare troppo il braccio o la ferità si aprirà di nuovo."
Pierre le prese la mano e ne baciò il dorso. "Tranquilla." Si sfilò la spada dalla vita e la tenne in mano. "Vado in camera" disse, avvicinandosi la fronte di Margot con un gesto e lasciandole un bacio in fronte. Lei annuì, sorridendo appena, poi lo vide incamminarsi lungo il corridoio.
Seguì il suo esempio e si andò a chiudere nelle sue stanze, stendendosi sul letto a baldacchino e guardando il tettuccio. Rimase a contemplare il silenzio della camera fin quando non sentì gli occhi pesanti. Subito si sporse a prendere l'unguento che Pierre le aveva fatto mandare da Parigi e se lo spalmò sulle tempie e alla base del collo, sentendo il profumo di erbe arrivarle alle narici. Si adagiò sui cuscini, girandosi sul lato della finestra da dove si scorgeva il cielo blu della notte. Il giorno si era fatto più corto, la temperatura iniziava a calare ed il tepore di Monaco andava affievolendosi giorno dopo giorno.
Chiuse gli occhi, sperando che  - ancora una volta - Harry non tornasse da lei.

Era nel boschetto sul retro del palazzo, il sole alto nel cielo e gli alberi verdeggianti. L'erba era stata tagliata, il sentiero rinvigorito e gli uccellini saltavano di albero in albero. Procedeva lungo il manto d'erba a piedi nudi, sentendo la freschezza inumidirle le piante delicate.
Aveva un vestito bianco addosso, come una camicia da notte, e i capelli le fluttuavano sulla schiena in dolci boccoli. Sotto un albero avanti al laghetto increspato dalla brezza leggera c'era Liam, con i capelli tagliati corti, una camicia bianca infilata nei pantaloni e i piedi scalzi.

Lo sguardo color cioccolato era puntato su Margot e le sorrideva calorosamente. La regina sentì gli occhi inumidirsi e corse da lui a braccia spalancate. Atterrò sul suo petto, aggrappandosi alla sua camicia bianca e odorando il suo profumo di paglia e freschezza.
"Ehi, come stringi!" disse Liam scherzosamente, stringendo la ragazza a sè. Margot tirò su con il naso, staccandosi dal petto del giovane e sollevando la testa per vederlo in viso. Aveva la barba ad accarezzargli il mento, il colletto della camicia a sfiorargli la piccola voglia sul collo e gli occhi leggermente strizzati a causa del sorriso tirato sul volto.
"Stai bene" disse lei con voce spezzata. Liam le accarezzò la testa, annuendo.
"Assolutamente sì."
Margot gli appoggiò una mano all'altezza dello stomaco, meravigliandosi nel non sentire alcuna apertura o perdita di sangue. Liam le prese la mano, allontanandola. "Sto bene davvero, Marge."
La regina sorrise, guardandosi intorno e facendo vagare lo sguardo nel loro angolo di paradiso. "E' tutto così...bello, qui."
Liam si staccò dalla ragazza, indietreggiando a tal punto da essere coperto dall'ombra dell'albero. Incrociò le gambe e si mise seduto. Margot vide tutti i suoi movimenti e lo imitò.
Liam annuì. "Sì, è il nostro luogo."
La regina abbassò lo sguardo sull'erba verde e tirò qualche filo, giocandoci con le dita. "Mi manchi, Liam. Tantissimo."
Il ragazzo si sporse su di lei, accarezzandole la guancia e togliendole scherzosamente i fili dalle mani. Se ne infilò uno in bocca, lasciandolo penzolare sulle sue labbra rosee. Sembrava così...pieno di vita. "Sono sempre qui, Marge. Non ti lascerò mai."
"Ma non ti vedo, non ti parlo, non ti tocco.." disse allungando una mano verso di lui per poter stringere quella del ragazzo. Harry era stato l'unico, in quegli anni, a farle visita la notte nei suoi incubi. Il suo migliore amico non le aveva mai fatto visita, era come se l'avesse abbandonata per sempre dopo il suo sacrificio. Liam si lasciò sfiorare da Margot, lasciando cadere il filo d'erba dalle labbra. "Mi manca averti al mio fianco ogni singolo giorno della mia vita" continuò la regina, ingoiando a vuoto. Il ragazzo sorrise triste, accarezzando il dorso della mano di Margot con il pollice. "E mi sento sempre male perchè so che è stata tutta colpa mia."
Liam strinse la presa, indurendo la mascella. "Smettila di dirlo." I suoi occhi erano così scuri che Margot si perse nel loro colore così caldo e accogliente. "Ti incolpi da troppo tempo e non è giusto."
Margot lasciò la presa del ragazzo. "Perché non ti ho quasi mai sognato? Perché non ti ho più visto?"
Avrebbe tanto voluto che qualcuno le desse una risposta, una giusticazione, ma sapeva non sarebbe mai arrivata. Non c'era alcun tipo di spiegazione per i sogni, era qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto controllare.
Liam alzò le spalle. "Sono solo un'immagine della tua coscienza e sai bene che non puoi averne alcun controllo."
Margot guardò il laghetto avanti a sè, il sole che si rifletteva sulla superficie e le ninfee a ridosso della riva. Si girò poi a vedere il suo palazzo stranamente deserto. Chiuse gli occhi, prendendo un grosso respiro. "Perché niente è più come prima? Perché è precipitato tutto in questo modo?"
Liam strinse le labbra e sollevò le spalle, guardandosi le mani lisce e prive dei calli che aveva quando era ancora in vita. "Tornerà la pace, Marge."
"Ma quando?" chiese lei, esasperata. "E' quasi un mese che tutto procede così, senza alcun miglioramento o una minima luce alla fine del tunnel. Continuo a ripetermi che tutto andrà bene, ma non so per quanto ancora potrò convincermene."
Liam era seduto di fronte a lei e le prese entrambe le mani, tenendole strette nelle proprie. Chiuse gli occhi e sollevò la testa verso la fronda dell'albero, in contemplazione. Subentrò il silenzio, solo il vento fischiava nelle loro orecchie. Una raffica improvvisa smosse i capelli lunghi della regina, scompigliandoglieli. La pelle le si riempì di brividi. Liam sorrise, poi abbassò il capo e riaprì gli occhi, puntandoli in quelli scuri di Margot.  "Non demordere, mia regina e amica. Sei forte, sei coraggiosa. Riuscirai ad affrontare tutto. Ti aspettano grandi cose."
La presa di Liam si fece più lieve, come se stesse scomparendo. Il mondo iniziò a sfumare e Margot tentò disperatamente di aggrapparsi al suo migliore amico. "No, no! Non andare via, rimani ancora un altro po' qui con me, ti prego!"
Liam si sporse su di lei, regalandole un breve bacio sulla guancia. "Ti voglio bene" sussurrò, e la sua voce si scontrò con l'orecchio di Margot come se fosse stato un soffio di vento. Liam sbiadì di botto e Margot scattò seduta sul suo letto, guardandosi disperatamente attorno e aggrappandosi alle coperte - che non sapeva di aver attorcigliato intorno al suo corpo - come a voler riafferrare Liam. Quando i suoi occhi si abituarono all'oscurità della stanza e la visione del sogno scomparve definitivamente, lasciandosi dietro una scia di silenzio e solitudine, fece penzolare i piedi al di fuori del letto e guardò oltre la finestra. Il cielo era ancora blu e non aveva idea se sarebbe riuscita a dormire di nuovo. Allora si mise in piedi, si circondò il corpo con una vestaglia pesante e aprì la porta. Le guardie la lasciarono passare e Margot iniziò a camminare a vuoto, senza alcuna meta precisa. Imboccò diversi corridoi, guardando alcune donne sedute contro il muro e la testa lasciata penzoloni sul collo, dormienti. Strinse le labbra, poi sentì un pianto di un neonato provenire al di là di una porta alla sua destra. Bussò delicatamente ed entrò, senza aspettare risposta. Una donna percorreva a grandi falcate il pavimento della stanza, con diversi letti addossati ai muri su cui la gente riposava. La signora cullava tra le braccia il suo bambino, sibilandogli di stare in silenzio per non svegliare nessuno. Quando scorse Margot, si inchinò e si rimise in piedi, tentando di far calmare il piccolo. Margot le si avvicinò cautemente dopo aver richiuso la porta della camera. Guardò gli occhi assonnati della donna e le si avvicinò. "Perchè piange?"
"Non lo so, eppure l'ho fatto mangiare, ma niente, Maestà, non ne vuole sapere. Se è stato la causa del vostro risveglio, sono tremendamente mortificata."
La regina scosse il capo. "Certo che no" disse, allungando le mani verso il bambino. "Posso tenerlo?" chiese. La donna guardò la regina e poi annuì, porgendole il bambino.
"Metta una mano dietro la testa" la avvisò, dopodiché glielo lasciò prendere con delicatezza. Margot se lo portò al petto ed iniziò a cullarlo dolcemente, camminando piano intorno alla stanza. Il piccolo continuava a piangere, nonostante i secchi movimenti del braccio. Così Margot si andò a sedere sul bordo del letto della donna, sollevando il braccio per sussurrare all'orecchio del piccolo. "Ssh, piccolino, stai calmo" disse a bassa voce, continuando comunque a cullarlo. Gli lasciò un bacio sul lato della piccola testolina, poi lo allontanò dal suo volto, avvicinando un indice al suo piccolo viso.
Aveva le labbra a cuoricino, gli occhi chiusi per il pianto e un nasino all'insù. Gli lasciò circondare l'indice con il pugnetto chiuso e iniziò a muoverlo piano, tentando di farlo giocare.
Non aveva mai preso un bambino così piccolo in braccio, nè ne aveva mai avuto modo.
Era così piccolo rispetto al suo corpo, così innocente in un mondo disastroso. Quel bambino non poteva vivere circondato dalle atrocità che Monaco stava vivendo. Avrebbe dovuto vivere in pace, vivere la pienezza della stessa vita, non circondato da una morte continua. Avvicinò l'indice alla piccole labbra, sfiorandole appena, poi gli accrezzò la tempia, il nasino e infine il mento. Sorrise impercettibilmente e si era tanto persa nei suoi pensieri da non rendersi conto che avesse smesso di piangere. La madre del piccolo le si sedette accanto, allungando le braccia. "Me lo vuole ridare?"
"Ancora qualche secondo" disse Margot, giocando con il piccolo che le regalò un minuscolo e appena accennato sorriso. La madre annuì, guardando la regina giocare con il suo figlioletto.
Margot lo sentì ridere, facendogli un leggero solletico sulla pancia, lasciandogli poi un bacio in fronte. Sentì dentro di lei un calore mai provato, un affetto nei confronti di quella piccola creatura che non avrebbe mai pensato di sentire. Si avvicinò al suo orecchio. "La tua vita sarà piena di gioia e spensieratezza. Te lo prometto." Poi lasciò che la madre se lo prendesse in braccio.
"Grazie, Maestà."
Margot annuì e si mise in piedi. "E' stato un piacere." Continuò a vedere il piccolo attorcigliare una ciocca di capelli intorno al pugnetto chiuso. "Come si chiama?"
"André" disse la donna. "E ha cinque mesi."
La regina annuì. "Cresce bene, vedo."
La madre del bambino fece di sì con la testa. "Spero continui così, Vostra Grazia. Di questi tempi, niente è sicuro."
Margot si leccò le labbra, abbassando il capo. "Sì, lo so bene. Buonanotte" disse, poi si girò, tornando nelle sue stanze.

N/A
Scrivere di Margot e Liam mi fa sempre un certo effetto.
Mi mancano molto.

In ogni caso, CIAAAAO a tutti.
Come va?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto tanto quanto è piaciuto a me scriverlo.
Non manca molto prima che la guerra subisca una svolta.
La situazione cambierà, sappiatelo. E non saprei dirvi se in bene o male (bugia lo so ma non lo dico)

Vi prego di lasciarmi un commento, almeno per sapere cosa ve ne pare e anche perché voi mi diciate cosa vi aspettate da questa storia, cosa sperate accada ecc ecc

Intanto, voglio spendere qualche riga per ringraziare profondamente 1)le lettrici che stanno aggiungendo The War nei loro elenchi di lettura (leggendo prima Nothing is like it used to be - sì, vedo voi, i vostri voti in tarda notte sotto i capitoli e vi adoro molto), 2) chiunque mi abbia scritto fin'ora, anche un insulto a Leonard Styles o un apprezzamento su Pierre e sulla comparsa del nome di Niall (Kaspercoffee, tu sei un caso a parte, un'altra categoria proprio, ma tvb comunque) e sappiate che è sempre un piacere aggiornare sapendo che ci siete voi a ritagliarvi un po' di tempo per leggere questa storia.
Vvb
Non c'è mai sufficientemente spazio per ringraziare l'importanza e l'attesa che riservate a questa storia.

A sabato prossimo🌸💜

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