Montecarlo

Quando giunse alla carrozza, aveva il cappuccio sceso sulla testa e goccioline di sudore che le imperlavano la fronte. Intorno a lei c'era il silenzio più cupo, si sentivano solo gli zoccoli di Blondie che risuonavano sul terreno umido e i rami che venivano calpestati. La carrozza era appena fuori il grande cancello che Liam aveva aperto, e prima di uscire, Margot si guardò alle spalle, impaurita dalla possibilità che qualcuno avrebbe potuto vederla e fermarla, però poi fece una grossa boccata d'aria fresca e uscì attraverso il cancello, lasciandosi alle spalle la prigione che l'aveva chiusa per ben 17 anni, senza averle mai dato alcuna possibilità di uscire e conoscere il mondo. Era arrivato anche il suo turno, ormai, e Margot si sentì improvvisamente pronta a voltare pagina. La carrozza era parcheggiata poco più avanti, con il cocchiere che aspettava annoiato al suo posto, con il cappello nero abbassato sugli occhi chiusi, a riposo. Quando Blondie nitrì al suo fianco, balzò sul posto, facendo impennare i cavalli per lo spavento. Si sollevò immediatamente il cappello e puntò i suoi occhi color ghiaccio su Margot che lo guardava dal basso, con le briglie del cavallo strette in mano, in piedi accanto alla carrozza.
«Oh, ecco la principessina ribelle» scese dagli scalini che aveva accanto al suo posto e quando toccò terra, Margot si rese conto di essere poco più bassa di lui. 'Era ora' disse fra sè 'fin'ora ho avuto solo a che fare con dei giganti!'.
Margot si gettò il cappuccio sulle spalle e inchinò il capo, salutando il cocchiere che prese a sventolarle una mano vicino al volto illuminato dalla luna piena. «Basta, sono solo sciocchezze queste. Dài, sbrigati a salire, non abbiamo tutto il tempo del mondo» prese dalle mani della ragazza le briglie di Blondie e gliele staccò, liberando il cavallo.
Margot osservò i suoi movimenti, «Ma..» rimase interdetta a quella vista, «lo può fare?».
«Non è arrivato il momento che questo cavallo viva libero?» le disse il cocchiere sorridendo e dando un colpetto all'animale, facendolo galoppare via, sempre più lontano. «Come lei desidera la libertà, anche gli animali dopo un po' la pretendono».
Afferrò una mano di Margot e si inchinò, togliendosi il cappello e appoggiandolo sulla pancia quando si abbassò di fronte alla ragazza. «Sono Louis Tomlinson, cocchiere reale»
«I miei omaggi.. » disse Margot sollevando un lembo della gonna. A quel gesto, il ragazzo la indicò indignato.
«Grazie al cielo avrà a che fare con delle persone che l'aiuteranno a diventare normale» continuò, rimettendosi il cappello in testa.
Margot sorrise, non sapendo se quel termine fosse un insulto o un complimento, poi si fece accompagnare sulla carrozza, sistemandosi sul sedile imbottito color rosso sangue, le tendine in tinta e l'ambiente prettamente scuro. Louis la fece accomodare e poi tirò fuori dal sedile uno scatolo. Dopo che glielo appoggiò sulle cosce, scese e richiuse lo sportellino, mettendo la sicura, e tornò al suo posto. Si affacciò da un piccolo riquadro che gli permetteva di comunicare con Margot e incontrò gli occhi della ragazza che vagavano per il piccolo ambiente, imprimendosi ogni dettaglio di quella nuova avventura. «Lì dentro, principessa, troverà quello che le serve» detto ciò, tirò una tendina rossa, isolando la ragazza che finalmente si decise ad aprire la scatola, smettendo finalmente di guardarsi indietro. Dentro trovò un pantalone di tessuto marrone scuro e una camicetta bianca sgualcita, con delle pezze che coprivano alcuni buchi e un cappello piegato nell'angolo in basso, degli stivali neri che erano messi per orizzontale sul fondo della scatola. Strinse le labbra, facendo una smorfia, poi quando sentì Louis urlare ai cavalli, spronandoli, fece un profondo sospiro e si accasciò sul sedile, addormentadosi mentre intraprendeva quel lungo viaggio.

A mezzo giorno del giorno dopo Louis dovette fermarsi per far riposare e nutrire i cavalli, il sole che batteva forte sulla terra, facendo sudare anche i sassi. Margot si svegliò piano, stiracchiandosi, con le braccia e le gambe intorpidite e lo scatolone che era caduto a terra. Si chinò per raccoglierlo, mentre Louis scostava la tendina. «Ehm, Altezza..» sussurrò per non attirare l'attenzione della gente che gli passava accanto.
«Buongiorno, dove siamo?» chiese subito lei, mentre ripiegava le robe sul sedile imbottito.
«A Monte Carlo, ma non può uscire vestita ancora così» alluse ai 'nuovi' abiti appoggiati sul sedile, sorridendo sadico. «Le do cinque minuti, altrimenti non raggiungeremo Londra nemmeno per l'anno venturo».
Margot annuì con veemenza e tirò nuovamente la tendina, sentendo Louis ridere dall'altra parte mentre scuoteva leggermente i cavalli. «Che donna ci hanno assegnato».
Margot lanciò gli occhi al cielo, e si sbottonò rapida il vestito, sciogliendo il corpetto stretto che Amanda le tirava sempre con cura ogni mattina e si liberò di tutti i gioielli che le impreziosivano le orecchie e il collo, dando solo una fugace occhiata all'anulare sinistro. Sfilò il diamante e lo guardò fisso, perdendosi in quello scintillìo che catturava qualsiasi luce, riflettandola sulle pareti dell'interno della carrozza. Lo lasciò sul fondo della scatola, riponendola sotto il sedile, riprendendo a cambiarsi d'abito. Indossò prima i pantaloni che le stavano esageratamente larghi, e poi la camicia che non le stava meglio, infilandola dentro i pantaloni. Si fece i risvolti alle maniche come aveva visto fare a Liam, poi passò a mettere gli stivali che le andavano qualche numero più piccolo. 'Al castello facevano tutto su misura' pensò, mentre finiva aggiustare il tallone nello stivale di plastica nera. Appallottolò l'abito color pesca e lo gettò sotto il sedile, seguito a ruota dal corpetto bianco; grazie al cielo, la camicia era abbastanza larga da mascherare il suo seno nudo, per cui non avrebbe avuto problemi a nasconderlo.
Quando prese in mano il cappello, lo rigirò tra le dita, per poi posarlo sul grembo e iniziando ad arrotolarsi i capelli in una coda alta, creando in men che non si dica una chignon abbastanza decente; quando Louis riaprì lo sportello, Margot scese grazie all'ausilio di tre piccoli scalini, mentre si metteva sotto il cappello una ciocca fuggita via all'acconciatura improvvisata. «Wow, che cambiamento» disse Louis, richiudendo lo sportello quando la ragazza fu scesa. Le si avvicinò e le appoggiò un braccio sulle spalle. Lei lo guardò interdetta e stava per prenderlo a brutte parole quando il cocchiere le sorrise, «Sei un ragazzo del popolo, adesso» poi si girò verso un uomo grassottello che lo stava salutando, con delle chiazze di sudore sotto le ascelle. «Comportati come se avessi sempre vissuto tra le gente».
Il sole picchiava forte e il sudore le faceva bruciare gli occhi, ma comunque Margot non si tolse il privilegio di poter vedere un simile spettacolo. Camminava spalla a spalla con Louis che spesso si fermava a salutare la gente, mentre la principessa si guardava intorno, osservando la gente che lavorava, le carrozze che si spostavano lungo le strade, i bambini che giocavano sui bordi dei marcipiedi, incuranti dei cavalli che li passavano raso i piedi. Le donne le sfilavano accanto reggendo dei cestini di vimini pieni di robe da lavare al ruscello, tutte vestite in maniera semplice e monotona, mentre talvolta le apparivano nella visuale delle nobildonne vestite di tutto punto, che non c'entravano niente in quel mondo, e che ignoravano le persone che chiedevano loro l'elemosina. Margot si fermò in mezzo all strada, guardando la gente e le varie classi sociali che le sfilavano davanti. Possibile che tra il suo mondo e quello lì ci fosse una tale differenza? Le sembrava di aver vissuto in una bugia fatta di denaro e lusso, ignara della terra che moriva di fame oltre quel cancello. Scosse la testa, rabbuiata, e si avvicinò presso un cestino della spazzatura in cui qualcuno aveva gettato il giornale di qualche giorno prima.
'Fidanzamento ufficiale nella famiglia reale' recitava il titolo, e si soffermò ad osservare la fotografia che la ritraeva, in bianco e nero, con Harry, sul cornicione del terrazzo del castello. Si sorridevano felici e rimase a fissare i loro volti. Possibile che la gente credesse che si amavano veramente e li idolavano per quello? Era troppo intenta a pensare a quelle cose per accorgersi di una bambina che si era avvicinata per vedere la foto, seguita dalla sua mamma. A giudicare da come era vestita, non avevano i soldi per prendersi un giornale locale. «Quanto è bella, mamma» disse la piccola, spronando la sua mamma con un braccio.
«Sì,» disse la donna sorridendo alla bimba «è davvero molto bella la principessa».
Margot si girò a guardarle, sorridendo e annuendo con il capo. Quanto avrebbe voluto abbracciare quelle due donne!
«Voglio essere come lei, un giorno» continuò la bambina indicandola sul giornale. «Con un bel fidanzato accanto e una corona sulla testa».
La madre annuì affranta; non sapeva nemmeno come poter aiutare la figlia a vivere quella vita. Margot si inginocchiò per terra, appoggiando il giornale accanto alle gambe e prendendo le mani della bambina.
«Ti piacerebbe vivere in un castello?».
«Tantissimo» rispose la piccola che aveva due occhi azzurri davvero simpatici.
Margot sorrise, tentando di camuffare la voce per farsi maschio, ma non ci sarebbe mai riuscita. «Sai, io non so se una principessa possa essere felice, osservando solo delle foto..».
«Perchè?» chiese la piccolina, inclinando la testa. «E' bello avere gioielli, soldi, un castello e tutti i giochi che vuoi».
«Sai, una ragazza non diventa una principessa solo avendo quelle cose, ma deve avere un cuore grande. Come ti chiami?» chiese alla bambina, che la guardava serena.
«Bianca» disse in un sussurro, facendo colorare le sue guance di un rosa delicato.
«Bianca, ognuna può diventare una principessa, se lo vuole».
«Quindi potrò diventarlo anche io?» chiese la piccola speranzosa.
«Certamente» disse Margot dandole un bacio sulla guancia. «Devi solo desiderarlo, e i sogni possono diventare realtà».
«Lo sai che sei davvero bella? Assomigli molto alla principessa Margot».
La ragazza ingoiò a vuoto, «Grazie, ma non sono come lei. Anzi, forse tu sei ancora più bella».
La piccola sorrise, e si allontanò saltellando ripetendo di diventare una reale davanti alla sua mamma che fece un cenno di saluto a Margot, ignara di avere la principessa di fronte, ma a lei andava bene così.
Margot si rialzò e gettò il giornale nel cestino, quando l'urlo di un ragazzo rieccheggiò per la via, mentre sventolava una plica di giornali per aria. «Nuovo aggiornamento, nuovo aggiornamento!» gridò, gettando giornali a destra e a manca. «La principessa di Monaco è scomparsa. La principessa è sparita!».
Tutta la gente si fiondò sui giornali, mentre Margot si ritrovò ad indietreggiare spaventata, scontrandosi contro di Louis che la stava andando a recuperare. «Dobbiamo andare, ora» la prese per le braccia e la fece andare velocemente sulla carrozza, mentre la voce della sua scomparsa si diffondeva rapidamente. Quando fu sul mezzo, prima di tirare la tendina vide la bambina di prima piangere sulla pancia della mamma, con il giornale piegato in mano.
Margot chiuse la tenda e sprofondò sul sedile, togliendosi il cappello e sciogliendosi i capelli che le riccadero in dolci boccoli sulle spalle, mentre Louis ripartiva più velocemente, diminuendo le soste per arrivare in Inghilterra quanto prima.

Stava calando la sera, Louis procedeva rapido al comando dei cavalli senza farli fermare, cercando di allontanarsi quanto prima da Monte Carlo prima che qualcuno avrebbe potuto riconoscere Margot. D'altra parte la principessa si era appisolata sul sedile imbottito, con la fronte appoggiata al finestrino e il corpo che saltellava per i fossi che la carrozza superava lungo il tragitto. Si era addormentata pensando alla città che aveva lasciato alle spalle, alla povertà che regnava tra la gente, mentre lei pochi chilometri più lontana viveva nel lusso più sfrenato. Avrebbe tanto voluto aiutare quella gente, ma era troppo egoista per fare realmente qualcosa, e di ciò si addolorava perché, benchè avesse i mezzi per risollevare la vita della gente, rimaneva comunque sulle sue, abbindolata dalle attenzioni e troppo occupata per guardare ad un palmo dal suo naso. C'era da dire che al palazzo nessuno le aveva mai proposto di fare qualcos'altro al di fuori del solito programma...ma quella era un'altra questione. La notizia della sua scomparsa era già stata messa in circolazione e i giornali ricoprivano i bordi delle strade con la gente che si fiondava sopra per restare aggiornata sugli avvenimenti. Margot sognò la piccola Bianca, che viveva al palazzò con una coroncina che le ricadeva su un lato della testa, con i suoi appartamenti ricolmi di giochi importati dall'America, all'avanguardia, e la sua mamma che si preoccupava della sua istruzione, facendola vivere nella maniera più felice e tranquilla di sempre. Ad un certo punto il sogno cambiò, e si ritrovò chiusa in una cella, con l'aria che le mancava e la luce che l'accecava; aveva addosso solo un misero straccio a mo' di vestito e le braccia ripiene di graffi e lividi, come se qualcuno l'avesse picchiata e chiusa lì dentro, senza possibilità di salvezza. La stanza della sua prigione incominciò a tremare, pezzi di muro si staccavano dal soffitto e le cadevano sopra la testa, ed era come se su tutta la terra stesse avvenendo un terremoto di magnitudo 7. Quando un grosso pezzo di muro le stava cadendo addosso, si svegliò di soprassalto, con i capelli appiccicati alle tempie e il respiro rapido. Quando si guardò intorno, però, la carrozza tremava veramente e al di fuori di questa si sentivano delle urla disumane e alcune addirittura animalesche. Scostò di poco la tendina con gli occhi sgranati, e la scena che si ritrovò davanti fu alquanto raccapricciante: il cocchiere era stato spogliato di quasi tutti i suoi vestiti, il suo ventre muscoloso che si alzava e si abbassava rapidamente sotto le percussioni di quelli che sarebbero dovuti essere i briganti delle campagne, dei contadini selvaggi che avevano perso tutto e saccheggiavano i ricchi per trarne sostentamento. La situazione però peggiorò ancora di più, nel momento in cui lo sportello della carrozza venne spalancato, e un ragazzo con la pelle scura e gli occhi marroni la fissava con la bocca schiusa. «Ecco chi trasportava, questo coglione».
Un uomo più grande di età diede un altro pugno a Louis all'altezza dello stomaco, facendolo piegare per terra, contratto dal dolore atroce. Margot venne strattonata per un braccio e venne fatta uscire con la forza della carrozza, con i capelli che le ricaddero sul viso e la camicia in parte uscita dai pantaloni larghi. «Vedi un po' questo cocchiere chi si porta a passeggio, una donzella davvero aggrazziata».
Louis tossì dopo aver ricevuto un calcio all'altezza dello sterno, con un rivolo di sangue che gli scivolava accanto alla bocca. «La-lasciate-tela» balbettò, con i denti digrignati e gli occhi chiusi.
Il ragazzo di prima avvicinò Margot al suo corpo con uno stratto del braccio, annusandole i capelli. «E perché mai? Ha così un buon odore..» sussurrò contro il suo orecchio, mentre con l'altra mano le accarezzava la schiena per poi scendere sempre più giù.
I suoi compagni iniziarono a sgignazzarre, mentre uno faceva dei gesti veramente volgari all'amico, indicando Margot che era impietrita e non osava nemmeno fiatare. Perché le stava accadendo questo? Non poteva sopportare che Louis stesse così male per lei, né voleva che le accadesse qualcosa.
«No, vi prego...» sussurrò il cocchiere con le braccia strette intorno alla pancia. «Lei è..è..».
Margot si irrigidì improvvisamente, mentre il ragazzo con la pelle scura le stringeva un gluteo sotto esortazione degli altri amici. A quel punto Margot agì d'istinto e con l'altra mano lo schiaffeggiò in pieno viso, iniziando a dimenarsi per liberarsi dalla presa ferrea del giovane brigante. Quando sentì le dita del ragazzo lasciarle il braccio, gli diede un calcio allo stinco e si gettò a terra, avvicinandosi a Louis che tremava per il freddo della sera che stava calando lentamente, come a voler chiudere quel sipario vergognoso. «Sono sua moglie!» urlò la principessa mentre tutti gli altri ragazzi li accerchiavano in mezzo alla campagna deserta, il ragazzo di prima con gli occhi ricolmi di rabbia.
Due uomini apparvero improvvisamente dietro di loro e afferrarono Louis e Margot per le braccia, allontanandoli. Il cocchiere non aveva neanche la forza di reagire, troppo esausto e dolorante, e venne trascinato via, mentre Margot cercava di rallentare l'uomo impuntando i piedi per terra, ancora scioccata per la bugia architettata e per quello che le stava accadendo.
«Ti sei comportata davvero male..» iniziò il ragazzo dalla pelle scura, scricchiolandosi le dita. «Devi pagare; sei una donna, non puoi farmi certe cose».
«Dai, Jake, dai una dimostrazione a questa puttana!» urlò un ragazzo mentre Margot veniva trattenuta a terra, con le braccia e la gambe aperte.
«No, ve ne prego!» urlava, cercando di liberarsi da quelle mani forti che non le davano alcuna possibilità di fuga, il cuore le martellava nel petto e il respiro fin troppo accelerato, con la paura che le scorreva nelle vene al posto del sangue. Poco più in là, Louis veniva legato al tronco di un albero, con la testa piegata sul davanti e il corpo pieno di segni violacei. «Per favore!» urlò, mentre quel ragazzo, Jake, le si avvicinava pericolosamente.
Poi a Margot venne un'idea. Certo, non era brillante e non era neanche sicura che sarebbe riuscita a risolvere la situazione, ma era comunque un seppur minima speranza di salvezza per sé e per Louis che si lamentava incessantemente, mentre quell'altro uomo di tanto in tanto trovava piacere a ripercuoterlo, come se già non fosse abbastanza mal ridotto.
«Ti prego, posso darti una cosa che vale davvero parecchio, potreste persino comprarvi una casetta nei paraggi».
Jake sorrise sadicamente e socchiuse gli occhi, «Certo, come no».
«Davvero!» implorò Margot mentre l'uomo che la teneva per le braccia teneva i suoi polsi premuti contro il terreno umido e fangoso. «Andate a prenderlo nella carrozza, sotto al sedile» tutti rimasero immobili, aspettando che la ragazza continuasse, mentre Margot cercava di trovare il coraggio necessario per far mantenere la sua voce ferma. «C'è uno scatolo, controllate voi stessi» disse tirando un groppo sospiro.
I minuti parvero passare al rallentatore: i briganti si guardavano vicendevolmente, mentre l'uomo che aveva legato Louis aveva un sopracciglio alzato in attesa di comprensione.
Poi, dopo un tempo infinito, Jake fece un cenno al ragazzo accanto a lui, il quale si diresse verso la carrozza, mentre Louis vedeva la scena dall'albero, con una benda sulla bocca e gli occhi spalancati. Mentre il ragazzo saliva sul mezzo, Jake tornò a guardare Margot, con un angolo delle labbra sollevato.
«Se trovate quello che vi ho indicato, lasciateci andare, per favore» disse Margot mentre le lacrime le scivolavano sulle guance. Jake si accovacciò accanto a lei e si abbassò sul suo volto, stringendole le guance umide.
«Se non dovesse trovare niente..» si avvicinò alle labbra dalla ragazza, senza baciarla, ma Margot sentì il suo alito provacarle il voltastomaco. «..sarò io a decidere cosa prendermi da te, e fidati che non penso possa piacerti».
Quando sentirono dei passi tornare a terra, Jake lasciò la presa sulle guance premute della ragazza e si avvicinò al compagno che aveva l'anello di Harry appoggiato sul palmo. «Jake..».
Tutti andarono in quella direzione, tranne l'uomo che manteneva Margot schiacciata a terra, in un momento di massima suspance in cui non si sentiva un fiato.
Jake sollevò l'anello e si perse ad ispezionare quel grosso diamente incastonato nella montatura d'argento, così luminoso anche dopo che il sole fosse calato.
Il ragazzo si voltò verso Margot, e la guardò a lungo, con le narici dilatate e gli occhi socchiusi, mentre Louis aveva il petto scosso da tremiti e lo sguardo che vagava dal gruppo alla ragazza.
Margot rimase con il occhi colmi di lacrime e cercava di sostenere lo sguardo del ragazzo come le avevano insegnato a palazzo: guardare sempre in volto il nemico.. certo, era abbastanza difficile apparire coraggiosi quando tutto quello che la principessa provava era timore, paura e ansia allo stato massimo.
Poi Jake sbuffò e fece un gesto delle mani, facendo mollare la presa su Margot che ributtò la testa all'indietro, leggermente sollevata. Si rialzò in piedi immediatamente, con le braccia allungate ai fianchi e il respiro accelerato.
«Sparite entro cinque minuti» sibilò Jake con i denti stretti e la mano chiusa intorno all'anello. «O giuro che vi faccio fare la fine peggiore di tutte» detto ciò, si allontanò per il campo, verso una capanna illuminata da una luce fioca in lontananza. Margot non aspettò che si allontanassero e corse verso di Louis, slegando il nodo che lo teneva in piedi attaccato al tronco. Quando lo liberò delle bende, Louis chiuse gli occhi e le cadde addosso, facendola cadere per terra.
«Ehi, ehi» disse Margot attenta a non toccargli le ferite sul suo corpo. Si appoggiò la sua testa sul suo grembo, spostandogli i capelli dalla fronte lucida e sporca di sangue. «Signor Louis, la prego».
«Sono solo Louis» sussurrò lui con gli occhi chiusi. «Dobbi-amo andarcene..adesso».
«Non ce la fai».
Lui sbuffò e si tirò sui gomiti, non senza una smorfia di dolore.
«Ti hanno fatto troppo male. Non muoverti».
«Hai dato l'anel-lo» balbettò, con le labbra che tremavano per il freddo. Margot si alzò e andò a recuperare il suo abito stropicciato dalla carozza, ritornando da Louis. «Io quello non lo metto».
Margot sorrise e glielo appoggiò sulle spalle, per ripararlo almeno un po'. «Dell'anello non me ne importa nulla, anche perché nemmeno lo volevo».
«Andiamo alla carrozza» disse lui, mettendosi in ginocchio, mentre con una mano si tenena due lembi della gonna a mo' di mantello. Margot lo aiutò nei movimenti e si diressero verso il mezzo, ma una volta dentro, fece accomodare Louis sul sedile imbottito, mentre lei si metteva il cappello caduto a terra, uscendo e richiudendosi lo sportello alle spalle. «Altezza!» esclamò Louis contro il vetro. «Cosa crede di fare!?».
Margot salì sul posto del cocchiere e ringraziò Dio per non aver fatto fuggire i cavalli che avevano ancora i paraocchi, poi fece un segno a Louis di fare silenzio e diede uno scrollone alle briglie dei cavalli, facendoli partire velocemente, riprendendo il viaggio interrotto, con l'adrenalina che le dava la forza sufficiente a non crollare.

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