Good morning, princess

La storia prende piede nella seconda metà dell'Ottocento. Nonostante ciò, alcuni eventi storici e dettagli sono stati alterati esclusivamente per esigenze della trama.
Fatta questa premessa, buona lettura :)

Monaco, 1867

«Signorina?»

La voce arrivava ovattata dalla spessa porta di mogano della stanza, accompagnata da un bussare lieve ma insistente. «Signorina?»

Margot, ancora con gli occhi chiusi, sbuffò e si girò, seppellendo la testa nel cuscino e riprendendo a dormire.

«Signorina Margot! Deve svegliarsi, altrimenti non sarà mai pronta ad accogliere gli ospiti.» La voce proveniva ancora da dietro la porta e la ragazza si alzò sopra le orecchie la coperta spessa in piuma d'oca per non sentirla. Poi un lieve cigolio la fece girare di scatto, con tutti i capelli marroni che le ricaddero sul viso, impedendole di vedere Esteban che faceva capolino dallo spiraglio aperto. «Ah, allora è sveglia!» disse, spalancando la porta ed entrando, reggendo tra le mani un vassoio pieno di cose buone da mangiare. Richiuse la porta con una spinta delle spalle e si avviò verso il letto a baldacchino di Margot che intanto aveva ributtato la testa sul cuscino.

«Sono stanchissima!» disse con la voce impastata dal sonno, poi quando Esteban le appoggió il vassoio sulle gambe, si tirò su con i gomiti, sbadigliando rumorosamente.

«Buongiorno, signorina.»

«Salve, Esteban» disse lei, tirandosi i capelli indietro per evitare che le cadessero davanti mentre consumava la sua colazione.

«Signorina Margot, deve prepararsi in fretta, o non ce la farà ad arrivare puntuale. Sa quanto siano fiscali i suoi genitori.»

Margot alzò la testa per guardarlo, un angolo della bocca sporco di crema. «Fidati, lo so da quando sono nata.»

«La vostra cameriera verrà tra cinque minuti, per cui fareste bene a terminare la colazione quanto prima.» La ragazza annuì con la bocca piena, poi fece un vago gesto della mano ed Esteban si dileguò, lasciandola sola insieme alla sua colazione.

Stava ancora finendo di bere le ultime gocce della bevanda calda quando la porta riprese a subire dei rintocchi, e disse immediatamente «Avanti» prima che la cameriera Amanda si fiondasse dentro, con un involucro di pelle stretto tra le braccia e per ciascuna mano una trousse e un piccolo contenitore. «Buongiorno signorina» sussurró la cameriera, con una ciocca di capelli che le sfuggiva alla cuffietta nera. «Ha dormito bene?»

«Avrei voluto dormire di più» disse Margot spostando il vassoio e liberandosi dalle coperte pesanti, scendendo dal letto e andando verso la toeletta.

«Ma lei sa che non può assolutamente mancare a-».

Margot alzò una mano, interrompendola. «Lo so, Amanda, lo so. E per favore, smettila di chiamarmi 'signorina'. Quando siamo sole, le formalità lasciale perdere.»

«Okay, Margot» disse la cameriera appoggiando l'involucro su un appendi abiti. Poi scostó la sedia e le fece un cenno, sorridendole . «Iniziamo?»

Circa mezz'ora dopo, Margot si ritrovò a percorrere i lunghi corridoi del palazzo con il vestito che le strisciava sul pavimento, affiancata da Amanda e Giselle, l'altra sua cameriera più fidata. Erano entrambe più grandi di lei di una decina d'anni, e si erano sempre prese cura di lei fin da quando era in fasce, mentre sua madre era occupata nelle vicende di Stato e rapporti con gli altri Paesi. Si avviarono verso un grosso salone sullo stesso piano, imboccando prima un corridoio sulle cui pareti erano appesi quadri dei suoi parenti fin dal 1600, da quando il principato era nato. L'ultimo - nonchè il più recente - si trovava alla fine del corridoio prima di giungere nel salone, e ritraeva lei di circa 5 anni e il re e la regina che le appoggiavano delicatamente le mani sulle spalle minute. Erano passati dodici anni da quel quadro, ed era cambiato tutto quanto. Pensava che essere principessa sarebbe stato bello; insomma, tutte le bambine desideravano diventarlo e sposare il principe dei loro sogni, ma purtroppo tutto ciò non era inerente alla realtà. Margot odiava essere principessa, essere circondata dal lusso più sfrenato e dalle attenzioni di tutto il personale del palazzo. Era pressocchè all'oscuro di come fosse il mondo di fuori, a parte solo qualche disegno che le avevano mostrato le sue cameriere dei loro luoghi di provenienza. Era cresciuta sempre da sola, circondata da Esteban e Amanda che le riservavano tutte le attenzioni che i suoi genitori le avevano fatto mancare, a causa di tutti i problemi che essere sovrano comportava. Giselle le mise una ciocca di capelli nello chignon alto che avevano creato per l'occasione e la lasciarono in mezzo al corridoio, dileguandosi in stanze secondarie. Margot fece un profondo respiro, poi prima di incamminarsi nuovamente verso il salone, sentì una porta sul lato aprirsi e Liam uscire fuori, con il suo pantolone largo e la camicia con i polsini grigi. «Ehi» sussurrò, prima di chiudersi lentamente la porta alle spalle per non attirare l'attenzione di nessuno. Margot sorrise scuotendo la testa e gli si avvicinò stringendolo in un abbraccio. «Grazie per essere qui» gli disse contro il petto, troppo bassa per guardarlo negli occhi nonostante avesse i tacchi alti. Liam la scostò piano e le guardò il suo abito azzurro di seta, sorridendole. «Ehi, andrà tutto bene.»

«Sono stanca, Liam, di tutte queste mansioni. Non ho neanche la voglia di farle.»

Lui storse la bocca, guardandola negli occhi scuri. «Devi farlo per i tuoi genitori, sai quanto sia importante per loro.»

«Lo so, infatti lo faccio solo per aiutarli a salvaguardarsi il fondoschiena.»

«Margot!» esclamò Liam guardandola con gli occhi spalancati.

«Che c'è? E' vero, dopotutto.»

Liam era il suo migliore amico da quando erano entrambi piccoli, il suo papà lavorava nelle stalle del palazzo e si occupava dei cavalli, mentre il figlio poteva passare del tempo con la principessa. Era l'unico amico che Margot avesse mai avuto in diciassette anni di vita, l'unica persona con cui perdeva qualsiasi formalità e con cui poteva essere se stessa, parlando di qualsiasi cosa. Si volevano un mondo di bene, e Margot gli era infinitamente grata per quello che le permetteva di fare. Nel momento in cui Liam aveva compiuto i 18 anni, dovette affiancare il padre nel lavoro e nella cura dei cavalli, ma nonostante ciò non fece perdere alcuna possibilità a Margot di divertirsi. Spesso prendeva in prestito un cavallo e le faceva fare delle passeggiate lungo i sentieri che circondavano il palazzo, senza mai potersi allontanare veramente. Liam lo faceva per lei, perchè sapeva quanto la sua vita la opprimesse, e voleva aiutarla ad affrontare quell'incarico che la vita le aveva messo tra le mani da quando era stata messa al mondo.

Scosse la testa, «Andiamo, ti accompagno fino al salone.» La prese sottobraccio e ripresero entrambi a camminare, mentre Margot teneva una mano appoggiata al braccio di Liam, sfilando insieme in quel corridoio buio e chilometrico. Quando furono di fronte alla porta, Liam le diede una carezza e si inchinò, piegando una gamba all'indietro. «Buona fortuna, principessa.»

Margot inchinò la testa e lo salutò con una mano, mentre abbassava la maniglia del grande portone. Di fronte le si presentò un salone enorme e un rampa di scale che avrebbe dovuto portarla fino all'ingresso del palazzo, dove i suoi genitori la stavano aspettando. Un vociare sommesso proveniva dal piano più basso e, chiusa la porta, prese due lembi della gonna e si mise a scendere le scale, molto lentamente, per non inciampare nei tacchi alti. Scendeva con la testa alta, mentre tutte le persone che stavano ai piedi della scala la guardavano sorridenti. Quando mise i piedi per terra, lasciò la gonna e si strinse le mani, camminando a passo spedito, mentre il padre la accoglieva con un braccio aperto e sua madre, composta al suo fianco, le sorrideva con un angolo della bocca. Accanto ai suoi genitori, c'era un uomo panzuto, con un accenno di calvizia e gli occhi piccoli e rugosi. «Buongiorno, Altezza» disse con un accento diverso e strano, mentre si accovacciava in maniera buffa e affatticato per fare un inchino a Margot. Accanto a lui, c'era un ragazzo bellissimo che la ragazza si soffermò ad osservare: aveva i capelli ricci leggermente allungati e un vestito blu, con dei ricami dorati sul collo. Le fece un rapido sorriso con un angolo delle labbra, e si inchinò di fronte alla principessa senza distoglierle lo sguardo verde di dosso.

La regina Evelyne appoggiò una mano sulla schiena di sua figlia, in maniera affettuosa. «Margot, lui è Harold Edward Styles, il principe di Scozia, nonchè il tuo futuro marito.»

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