Escape

«Non posso credere che tu mi stia dicendo questo» disse Liam sciogliendo la presa sulle mani di Margot e alzandosi in piedi, incominciando a fare avanti e indietro di fronte al letto della principessa. Come avrebbe potuto aiutarla a fare una cosa del genere? Era fin troppo rischioso, ed era solo un suo capriccio momentaneo. «Non posso farlo».
«Certo che puoi!» disse Margot balzando in piedi, rimanendo ferma ai piedi del suo letto a baldacchino. Poi abbassò lo sguardo: se avesse perso Liam, non avrebbe avuto alcuna opportunità di scappare e farsi una nuova vita. «Sei l'unico che può darmi una mano, non voltarmi le spalle» sussurrò infine, stringendosi nelle spalle. Liam si bloccò rimanendo con le gambe divaricate.
«Fino a prova contraria, forse io sono stato l'unico a non averti mai lasciato».
«A maggior ragione, non farlo questa volta» disse lei con tono supplichevole, mentre nella stanza cadeva il silenzio in seguito alle sue parole. Liam rimase con lo sguardo puntato sopra di lei, le mani intrecciate dietro la schiena e le spalle leggermente ricurve. Era visibilmente stanco, e lo si vedeva anche dalle ombre sotto agli occhi e dalle sopracciglia aggrottate che lo rendevano scontroso, un carattere che non gli apparteneva realmente. «Liam» disse, prendendo fiato, con le braccia allungate ai fianchi che sfioravano il tessuto delicato della sua gonna color pesca, «vuoi davvero che io viva in questo modo?».
«Non sono stato io a decidere dove tu saresti dovuta nascere, non puoi dirmi certe cose» disse lui, sedendosi a terra con le gambe incrociate, la testa stretta tra le due mani sporche di terra.
«Tu sei l'unico che può aiutarmi a fuggire al mio destino. Il mio futuro lo decido io, e sento di non essere pronta a questa vita. Aiutami ad iniziarne una totalmente nuova».
«Tu non sai quanto mi costerebbe quest'azione scellerata. Pensa un attimo a me: ti rendi conto delle ripercussioni che tutto questo potrebbe portarmi?».
Margot sospirò esausta, con il mal di testa che le martellava contro le tempie e la spossatezza che le rendeva impossibile ogni singolo movimento. Certo che non aveva pensato a lui, essendo egoista al massimo. Avrebbe dovuto ragionare bene sulle conseguenze, prima che gliene parlasse con quel tono. Liam avrebbe potuto subire cose brutte, e solo per soddisfare un suo stupido desiderio. Ma che principessa era?
«Hai ragione, scusami» disse mortificata, prendendosi due pugni per strofinarsi gli occhi assonnati. Il sole stava tramontando lungo l'orizzonte, e in quella stanza si stava sentendo una morsa alla gola, bisognava cambiare assolutamente aria. La porta bussò due volte, prima che si potesse aprire, rivelando un'Amanda che faceva alzare Liam. «Mi dispiace interrompervi, ma il tempo è scaduto».
Il ragazzo si avvicinò alla porta, girandosi a vedere Margot un'ultima volta, facendo una breve riverenza. «Perdonatemi» disse solamente, assumendo il suo tono formale che acquisiva quando nei paraggi ci poteva essere qualcuno che avrebbe sospettato qualcosa, anche se a Margot non importava nulla. Gli fece un leggero cenno del capo, stendendosi sul letto mentre Amanda aspettava che Liam uscisse per chiudersi la porta alle spalle.
«Che cosa è successo?» chiese a bassa voce, togliendo una ciocca di capelli dal volto ombroso della principessa.
«Ti prego, Amanda, lasciami sola».
La cameriera abbassò il capo, facendosi piccola piccola mentre iniziava ad indietreggiare per la stanza, abbandonandola e lasciando la principessa da sola.
Margot si mise su un fianco, con una mano piegata sotto la sua guancia e un brivido di freddo che le percosse il braccio scoperto, rizzando tutti i peli, mentre manteneva lo sguardo fuori dalla finestra, con il cielo che si scuriva.
«Altezza» disse Esteban entrando furtivamente nella stanza, in silenzio, dopo che a Margot sembrò fosse passata un'ora soffermandosi a guardare il vetro appannato della vetrata, «la signorina Smith la sta aspettando per la lezione di etichetta».
«Non ne ho voglia» disse, continuando a dare le spalle al suo cameriere più fidato, dopo Amanda, ovvio.
«Mi spiace, ma il re e la regina mi hanno ordinato di controllare che prendesse parte ad ogni attività dell'elenco. E' l'ultima della giornata, faccia uno sforzo» le disse con tono amichevole come a volerla spronare. Purtroppo Margot fu costretta ad alzarsi, sbuffando rumorosamente e avvicinandosi alla porta, dove Esteban la stava aspettando. «Questa è la mia ragazza» disse, facendola avviare lungo il corridoio buio. Giunta nella nuova stanza, l'insegnante Smith la stava aspettando, seduta con le gambe parallele alla poltrona nell'angolo di quella stanza relativamente piccola.
«Altezza» sussurrò inclinando in avanti il capo per salutare la principessa appena entrata.
«Salve, signorina Smith» salutò Margot, avviandosi verso la donna. «Possiamo iniziare subito? Non mi sento molto in forma e vorrei finire quanto prima».
«Certamente, Altezza» disse la donna, facendo accomodare la principessa accanto a lei per iniziare la lezione, anche se Margot non aveva la testa sulle spalle, ripensava al rifiuto di Liam di andarle in aiuto. Lo odiava un po', ma d'altra parte non sarebbe finita bene se lui le avesse dato un mano. Chiuse gli occhi e sospirò, per poi iniziare a seguire i consigli e gli insegnamenti della Smith che le sorrideva come se avesse appena trascorso una bella giornata, quando invece Margot non vedeva l'ora che finisse.

La mattina dopo la andò a chiamare nella stanza Giselle, facendosi trovare già pronta e stupendola un po'. «Ma come mai h-».
«Non preoccuparti, Giselle, mi sono alzata prima e ti ho risparmiato un bel po' di lavoro» disse Margot sorridendo e abbandonando la stanza, dirigendosi verso l'ora di economia delle 8.30.
Il corridoio era in silenzio, nonostante tutto il personale fosse già in movimento, e mentre percorreva il tragitto, Margot si ritrovò a guardare tutte le porte segrete lungo le mura, sperando magari che qualcuna di esse si aprisse. Ma nessuna si mosse, nessun cigolìo le riavvivò la speranza nel cuore, per cui entrò nella stanza di economia con un senso di colpa che le pesava sulla nuca, facendola sentire superficiale.
Il professore Voltaire le sorrideva radioso mentre le mostrava i grafici segnati sulla lavagna e Margot li ricopiava sul suo quaderno rilegato degli appunti, e stava per iniziare un nuovo argomento - prettamente sul bilancio economico tra i vari Stati europei - quando la porta si aprì, lentamente.
Entrambi si girarono in quella direzione, e il professor Voltaire fece cadere il gesso per terra mentre si inchinava con fin troppa enfasi di fronte ad Harry.
Il ragazzo gli fece un ringraziamento e gli chiese di lasciarlo da solo con Margot, la quale si alzò in piedi facendo una breve riverenza, sentendo il peso dell'anello nella mano sinistra, segno di una promessa che lei non avrebbe mai potuto mantenere.
«Salve, Harry».
«Scusate l'irruzione, so che siete molto impegnata in questo momento..».
«Figuratevi» disse lei, mentre gli rimaneva di fronte, il labbro inferiore stretto tra i denti per l'agitazione, al ricordo delle labbra di Harry sulle sue il giorno prima. Il ragazzo le si avvicinò improvvisamente, prendendole le mani e baciandole. «Perdonatemi se ieri sono stato fin troppo invadente, ma bisognava per forza dare una dimostrazione al popolo».
«E' la mia preoccupazione minore» sibilò lei, mentendo alla grande. «Pensavo fosse già ripartito in Scozia».
«Partirò tra due ore, e prima di andarmene volevo salutarla come si deve» disse, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra.
«I miei migliori auguri per un buon viaggio, allora, principe Harry» sussurrò con il ragazzo fin troppo vicino che non le toglieva lo sguardo di dosso.
Poi Harry fece proprio quello che Margot avrebbe tanto voluto che non ripetesse: le portò una mano alla vita e se l'avvicinò, facendo scontrare i loro petti e le loro labbra, il sapore del principe che le riempì le narici e il cuore che batteva nel petto, con delle piccole lacrime che le scivolavano lente lungo le guance bollenti. Harry approfondì il bacio, stringendosela più a sè, mentre Margot - con gli occhi chiusi - lasciava che le lacrime le scivolassero, impossibilitata ad asciugarle. Quando si staccarono, avevano entrambi il fiatone ed Harry si accorse subito delle sue gote umide. «Non pianga, Margot, tornerò presto, prima di quanto possa pensare» disse, non potendo mai pensare che quelle lacrime non fossero per la sua partenza. Margot non se ne fregava nulla, piangeva perchè ormai era chiaro che il suo futuro era stato scritto, ed Harry non aveva fatto altro che completare il contratto, apportando la sua firma. Le stava sorridendo con un angolo della bocca, poi le lasciò un altro bacio a fior di labbra proprio mentre la porta si apriva, rivelando Liam con il fiatone. Entrambi i reali si girarono verso di lui, e a Margot sembrò che il mondo si fosse fermato di botto: oh no, pensò, mentre vedeva Harry aggrottare la fronte.
«Che ci fa lo stalliere a palazzo?» disse, con i denti stretti.
Liam lo guardò, spostando lo sguardo da lui alla principessa, ingoiando a disagio. «Ehm..» cosa avrebbe potuto dire? Era vietato entrare a palazzo in quel modo, soprattutto nel suo caso!
«Mi dica, signor Liam..» disse Margot, cercando di aiutarlo ad uscire da quel casino che aveva combinato. «E' pronto il cavallo?».
Liam si soffermò sul suo volto arrossato, aggrottando le sopracciglia. 'Cosa succede?' era la sua domanda nascosta, ma Margot non avrebbe potuto rispondergli. «Sì» disse lui, mettendosi dritto e inchinandosi. «Scusate l'intrusione» disse, chiudendosi la porta alle spalle, mentre Harry afferrava la mano sinistra di Margot e le baciava l'anello. «Ora devo proprio andare. Ci rivedremo presto, Altezza» le disse, asciugandole una piccola lacrima sulla guancia.
Margot si inchinò sollevando due lembi della gonna, «A presto, principe Harry».
E così anche Harry uscì dalla stanza, lasciandola sola per un momento, prima che il professore Voltaire rientrasse, ma ormai l'ora era scaduta e lei non vedeva l'ora di poter tornare nella sua camera per i suoi dieci minuti di pausa, per riprendersi anche da tutto quello che le stava accadendo.

Al termine di tutte le lezioni, prima della cena, Margot attendeva in camera sua per riunirsi con i genitori, quando Amanda fece capolino nella stanza. «Scusatemi, Margot, ma..» poi la sua piccola figura venne smossa da un'altra persona, e Liam entrò nella stanza, facendo un cenno del capo ad Amanda che si riuchiuse la porta alle spalle, sbuffando e lanciando gli occhi al cielo.
«Liam!» esclamò Margot mettendosi in piedi, mentre Liam le andava incontro.
«Ti aiuterò» disse semplicemente, destabilizzando la principessa, e anche parecchio.
«Cosa?» chiese infatti, non potendo credere che lui le stesse dicendo proprio quello in cui aveva sperato fino a quel momento.
«Ti darò una mano ad uscire» disse Liam tutto d'un fiato, abbassando la voce. «Ma devi collaborare anche tu».
«Oddio!» squittì Margot gettandosi su di lui e stringendolo in un abbraccio. «Perchè hai cambiato idea, si può sapere? E non hai paura di quello che potrebbe succederti?».
Liam le parlò all'orecchio, il corpo della ragazza ancora appeso intorno al suo collo. «Quando ti ho vista con il principe Harold...beh, quella è stata la goccia che ha fatto troboccare il vaso. Insomma» disse, mentre Margot scioglieva la presa e continuava a guardarlo negli occhi, i suoi trasudanti adrenalina ed emozione. «Ti ho vista in frantumi quando lui - penso - ti abbia baciata. Hai ragione, non meriti questa vita, anche se non sono la persona migliore a dirti certe cose» prese una piccola pausa, sedendosi entrambi sul comodo materasso del letto. «Ora come ora, non ho idea di quello che potrebbe succedermi quando te ne andrai, ma d'altronde non penso di essere il primo da cui verrebbero».
«Ma sei sciocco? Ovvio che alcuni verrebbero da te, e non posso accettarlo».
«Nessuno sa di noi, Margot, nessuno. Solo Amanda e Esteban sanno che talvolta ci incontriamo..».
«Anche Harry ti ha visto».
«Ma ora lui è in viaggio, non tornerebbe molto velocemente, pur volendo. Ehi» disse sollevando la testa di Margot mantenendola per il mento. «Troverò il modo di cavarmela» le diede un bacio in fronte, delicato e rapido. «Ricordi quando ti dissi che ti avrei aiutato a compiere il viaggio, principessa?».
Margot annuì, sorridendogli calorosamente.
«Bene».
Amanda aprì la porta, facendo un cenno a Liam di abbandonare la stanza. «La cena è pronta, Altezza» disse in tono piatto, mentre Liam si sollevava dal letto tirandosi dietro Margot, tenendola per entrambe la mani.
«Vediamoci dopo cena, intorno alle 23.15, alla porta segreta del secondo piano, sul primo corridoio alla destra, nell'ala Ovest del castello» detto ciò, la lasciò sgattaiolando fuori dalla stanza, mentre Amanda gli dava un leggero schiaffo alla nuca.
«Andiamo, signorina» disse, «anche se tu e lui non me la raccontate giusta».
Margot si gettò con potenza fuori dalla stanza, volendo consumare la cena quanto prima.
I genitori non fecero altro che chiederle come stesse procedendo il programma, se Harry le sembrasse un buon sovrano per Monaco e cose varie, domande a cui Margot rispondeva con il sorriso stampato sul volto pallido.
Dopo cena, si chiuse nella sua stanza, facendo entrare solo Amanda per qualche minuto, il tempo di abbracciarla. «Perchè state facendo questo?» le aveva chiesto, stringendola a sua volta.
«Amanda, prenditi cura di tutti loro, sempre».
«Altezza ma cosa sta dicendo?» le aveva chiesto guardandola subito negli occhi.
«Ora vai» le aveva detto Margot baciandole una guancia, «e a presto».
La spinse fuori dalla stanza e appoggiò l'orecchio sul legno della porta, sentendo i passi trascinati della cameriera che si allontanava interrogativa.
Quando l'orologio segnò l'ora, Margot spense tutte le luci della stanza, aprendo la porta con la massima accortezza. Si diresse lentamente verso la porta indicata e trovò Liam semi nascosto nella parete che si guardava furtivamente intorno, e quando la vide le fece un cenno della mano per farla avvicinare. Se la tirò dentro la parete e richiuse la porta con il minimo rumore.
«Allora» iniziò, dandole un sacchettino chiuso a forma di caramella e un mantello nero con il cappuccio. «Ti ho aperto il cancelletto sul retro» disse sibilando, mentre le allacciava il mantello scuro all'altezza del collo, «dopodichè, devi seguire il sentiero e ci sarà Blondie legato ad un ramo che ti porterò vicino al cancello principale, da cui prenderai la carrozza che ho sapientemente preparato e partirai, inoltrandoti verso Monaco e oltre».
«Ci sono le guard-» ma Margot venne interrotta, con Liam che le poggiava un dito sulle labbra.
«Le ho fatte addormentare, una volta sveglie non ricorderanno nulla. Vai, tutto potrebbe andare bene».
«Potrebbe?».
«Basta domande» le rispose sorridendo, mentre si inoltravano per il corridoio buio che Liam aveva percorso tante volte. Scivolarono in spazi angusti, con l'adrenalina che le pompava nelle vene e gli occhi tanto aperti che sembravano due fari nella notte. Ad un certo punto, Liam si bloccò, facendo scattare una serratura e aprendo una minuscola porticina da cui sarebbero potuti passare solo accovacciati. Una volta fuori, si trovarono in un piccolo boschetto sul retro, entro cui Margot avrebbe trovato Blondie ad attenderla. Liam le prese il polso e l'accompagnò, facendo in modo che i piedi non facessero scricchiolare le foglie sparse per terra. Margot tirava profonde boccate d'aria, beandosi di quella situazione di libertà, con la presa ferrea di Liam che la scortava. Non avrebbe saputo come fare se lui non le fosse stato accanto in tutti quegli anni, spronandola ad andare avanti e a non mollare mai la presa. Era la persona migliore che le sarebbe potuta capitare nella vita, ed era felicissima che in quel momento la stessa aiutando a fuggire, a dare inizio alla sua nuova vita, ben cosciente di tutte le conseguenze.
«Ecco» disse lui, una volta giunti accanto a Blondie che mangiava beatamente un cumolo di paglia addossato sulle radici esposte della quercia su cui era legato. «Ti aiuterà a proseguire» continuò, facendole prendere le briglie del cavallo.
Margot si buttò sopra di lui, stringendolo forte.
«Non so come ringraziarti».
«Ora va', non tardare ancora, il cocchiere potrebbe fare la spia».
«Ti fidi di lui?» sussurrò lei contro l'orecchio di Liam che la stringeva a sua volta, il volto nascosto tra i capelli della principessa.
«Sì, ma...».
«Allora lo faccio anche io» Margot gli diede un bacio sulla guancia. «Abbi cura di te».
«Prenditi cura di te stessa» le rispose lui, rimanendo ancora avvinghiati.
«Stai attento, per favore» sibilò lei, con la paura ora che la spinse a stringerlo più forte contro il suo corpo, non volendolo lasciare da solo. «Vieni con me».
«Sai che non posso» sussurrò lui, accarezzandole la schiena coperta dal mantello scuro. Poi le diede un bacio in fronte delicato come una carezza e si staccò, portandole il cappuccio sopra la testa, nascondendo la sua chioma scura e ordinata.
«Liam, mi mancherai».
«Ci rivedremo, te lo prometto» disse lui, mantenendole la testa con entrambe le mani. «Fai un buon viaggio e, se possibile, dammi tue notizie» le bisbigliò, facendo toccare le loro fronti, con i respiri che si fondevano e condensavano tra loro.
«Ti prego, Liam, riguardati. Fallo per me».
«Tutto quello che sto facendo è per te, Marge» le diede un piccolo buffetto sulla guancia e la aiutò a sedersi sulla sella di Blondie che aveva finito di ruminare la paglia che lui gli aveva preparato.
«Ti voglio bene» disse Margot mentre si attorcigliava le briglie intorno ai polsi e Liam dava dei colpetti al dorso del cavallo.
«Ti voglio bene anche io» detto questo, fece partire il cavallo e tutto quello che riuscì a vedere fu il mantello di Margot che svolazzava alle sua spalle, mentre Blondie la portava via, sempre più lontano, e la sua figura che spariva in quella coltre di alberi.

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