Corner of paradise
Il sole stava tramontando lungo l'orizzonte, con quel colore arancione che dava alla terra una sfumatura calda e accogliente. Liam porse le briglie del cavallo marrone - Blondie - a Margot che le strinse forte nella mano sinistra. Il ragazzo sistemò una piccola scaletta e l'aiutò a sedersi sulla sella, dopodichè prese Black Jack, uno stallone puro sangue, e si insellò, esortando Margot a dare al suo cavallo prima un po' di paglia che manteneva con la mano destra. Liam diede una piccola spinta con gli speroni al fianco del cavallo e si avviò verso l'ingresso della stalla, facendo un cenno del capo a Margot affinchè uscisse per prima. La ragazza aveva entrambe le gambe che sporgevano da un unico lato, con la gonna che svolazzava un po' ad ogni passo del cavallo. Quando il signor Payne chiuse la stalla, dopo aver sorriso ai ragazzi, si avviarono per il sentiero tratteggiato che li permetteva di affiancare le recinzioni del castello. Galoppavano uno accanto all'altra, con il rumore degli zoccoli che calpestavano il terreno e il vento che li soffiava addosso, con l'arrivo dell'umidità della sera. Margot aveva imparato a destreggiare bene il suo Blondie, per cui manteneva solo con una mano le briglie, mentre Liam accanto a lei era completamente steso sul collo del suo stallone nero.
«Va meglio?» le disse, guardandola con gli occhi socchiusi per la luce del sole che la colpiva in pieno con i suoi deboli raggi arancioni. Margot strinse gli occhi e annuì una sola volta, guardando fissa avanti a sè: prima di arrivare alla fine del palazzo, di fronte la recinzione, c'era ancora un certo tratto da percorrerre. Allora, guardò Liam e gli sorrise, facendo passare una gamba dall'altra parte stando attenta a non far alzare la gonna. La sistemò meglio sulle cosce e prese le briglie con entrambe le mani. «Allora? Proseguiamo un po' più velocemente?».
Non attese alcuna risposta e diede un colpo di briglie a Blondie, facendolo andare più veloce. La criniera del cavallo ondeggiava intorno alla testa, così come i capelli di Margot che le svolazzavano lunghi e flessuosi sulla schiena, mentre Liam accanto a lei cercava di far andare Black Jack alla stessa rapidità. Quando giunsero alla fine del sentiero, furono costretti a rallentare, fino a fermarsi totalmente accanto al boschetto e di fronte al cancello di metallo. Margot rimase con lo sguardo fisso avanti a lei, lunga la strada appena fuori dal castello e che portava sul fondo valle, dove c'era la sua Monaco, sua anche se non l'aveva mai vista. Rimase con lo sguardo perso nel vuoto, con la malinconia che aveva sostituito la spensieratezza di qualche momento prima, mentre Liam seguiva la traiettoria del suo sguardo, con gli stivali che urtavano contro il dorso del cavallo che si muoveva rapido come se avesse l'affanno. Gli accarezzò la criniera scura e che aveva bisogno di essere aggiustata, poi guardò alla sua destra, verso l'interno del bosco. Aguzzò la vista, e poi la riportò su Margot. «Ehi».
La ragazza si girò verso Liam con un sopracciglio alzato. «Che c'è?».
Il ragazzo si guardò dietro, dove in lontananza si vedevano le guardie, il sole ormai che si stava nascondendo lungo la linea che li separava dal cielo, mentre stavano iniziando ad apparire le prime stelle. «Ora c'è il cambio della guardia, o sbaglio?».
La ragazza si girò anch'essa verso le guardie che eseguivano la marcia del cambio. «Sì, perchè?».
«Quindi ora nessuno ci sta prestando attenzione».
«Non saprei».
Liam la guardò con un accenno di sorriso sulla bocca e le fece un cenno del capo verso destra. «Seguimi» diede un colpo al fianco del cavallo e partì, inoltrandosi verso il bosco.
«Liam, fermo!» sussurrò la ragazza per paura di essere sentita. Quando vide che nessuno accorreva in quella direzione, fece un rapido mugugno e diede un colpo al suo Blondie, facendolo avanzare lungo la direzione in cui Liam era scomparso.
Si inoltrò tra gli alberi, sentendo degli zoccoli poco più avanti, fin quando non scorse la testa rasata di Liam proprio a due passi da lei. Fece accelerare il suo cavallo e gli si affiancò. «Sei pazzo? Sai che è proibito uscire dal sentiero, andando addirittura nel bosco!».
«E' proibito per te, non per me» disse lui con aria bonaria, mentre dava dei piccoli schiaffi al collo di Black Jack, «Dai bello, vai più veloce».
Il cavallo eseguì il comando, e partì al trotto, seguito a ruota da Blondie. «Vuoi che mi puniscano?» sibilò Margot con gli occhi socchiusi nonostante ormai fosse calata la sera.
«Non lo faranno. Tu stai accanto a me, e non ti succederà niente» detto questo, proseguirono silenziosamente, girando ora a destra, ora a sinistra e inoltrandosi sempre di più in quella coltre verde e florida. Ad un certo punto, scorsero un muretto basso, fatto di mattoni, con un cancelletto arrugginito e aperto. «Ehi, ma cosa..?».
Liam le fece segno di stare in silenzio e scese dal cavallo, legando Black Jack ad un gancio di metallo incassato in alcune pietre del muretto. Poi aiutò Margot a fare altrettanto, dopodichè la prese per il polso e si avviarono per il cancelletto aperto, oltre il muretto. «Oh cielo, cosa stai facendo?» gli disse, guardandosi intorno. Liam proseguì senza guardarla, anche se iniziò a spiegare. «Devi sapere che quel muretto è basso perchè altrimenti avrebbe creato dei seri problemi per la crescita degli alberi. Ovviamente tutti se ne sono dimenticati perchè è abbastanza nascosto..».
«Abbastanza?» disse lei, con lo sguardo fisso davanti a sè. «E' praticamente alla fine del bosco».
«Comunque» terminò Liam lasciando la presa sul polso di Margot e fermandosi di fronte ad una parete di erba e foglie intricate tra loro come a voler formare una tenda. «Un po' di tempo fa, girovagavo per il bosco con Black Jack e sono arrivato fin qui. Ci vengo sempre quando voglio restare da solo e quando ho bisogno di tranquillità» si girò verso di lei, con una mano appoggiata sul manto di foglie appeso davanti a loro. «Siccome credo tu abbia bisogno di serenità, cara principessa, voglio renderti partecipe di questa piccola parte di mondo». Nel momento esatto in cui terminò la frase, con uno scatto del braccio tolse la tenda di foglie, liberando il passaggio. Margot venne investita improvvisamente da un'incredulità unica, nel vedere quello spettacolo. Si rese finalmente conto di essere uscita per la prima volta dal palazzo, libera da quelle mura che l'avevano contenuta incessantemente per 17 anni, privandola di visioni così belle. Liam si avviò per il prato, lo sguardo girato verso di lei e un'espressione sorridente dipinta in viso, mentre Margot avanzava con le mani premute sulla bocca spalancata. Davanti a loro c'era un piccolo laghetto con dei cigni che dormivano beati sulla sua superficie liscia, con il gracchiare di alcune rane che saltellavano lungo la sponda umida lambita dall'acqua e alcune ninfee che galleggiavano qua e là. Intorno a loro c'era solo il bosco, mentre dall'altra parte delle dolci colline che sembravano volessero sfiorare il cielo con le loro piccole cupole. Liam si fermò, e Margot fece altrettanto fermandosi accanto ad un'aiuola di fiori. Con le lacrime agli angoli degli occhi, si accovacciò e strappò un fiorellino viola, portandoselo al naso. Il suo profumo era dolcissimo e le pizzicò in gola. «Liam, io non.. non ho..».
«Sapevo ti sarebbe piaciuto» disse lui, togliendole le parole di bocca, mentre si sedeva in mezzo all'erba con le gambe incrociate.
Margot si strinse il labbro inferiore tra i denti e si mise il fiore nei capelli, poi allargò la gonna e si sedette al suo fianco sull'erba umida di sera. Il cielo si stava facendo sempre più scuro, con le stelle che risplendevano in quelle tenebre e che si riflettevano sulla superficie liscia del laghetto. «Non ho mai visto niente di più bello».
«Il mondo è pieno di questi posti, Margot, e ce ne sono anche di più belli, pensa un po'».
«E io non ne ho mai visto nessuno».
«A parte questo» puntualizzò Liam mentre strappava alcuni filini di erba e se li portava alla bocca. «Quando morirò, voglio essere sepolto qui» disse semplicemente, con lo sguardo puntato sui cigni addormentati.
«Fra cento anni, sì» disse lei, sorridendo e accarezzandosi la gonna color panna. Fece un profondo respiro e si sentì calma, come se tutte le preoccupazioni e la rabbia accumulata durante il giorno si fossero dissolti improvvisamente in quel piccolo angolo di paradiso. «Liam» disse, girandosi a guardarlo.
Il ragazzo le puntò il suo sguardo scuro addosso, con un angolo delle labbra sollevato verso l'alto. «Dica».
«Grazie».
«Ma ti pare? Meriti di vedere tutto questo..» si interruppe quando Margot gli si gettò addosso, stringendolo in un abbraccio forte e caloroso.
«Sei il primo che ha pensato di fare una cosa del genere». Quando si staccarono, Margot rimase con la testa appoggiata sulla sua spalla, mentre Liam aveva una mano appoggiata sulla sua schiena. «Ti voglio bene, Liam».
«Ehi, principessina, ricorda: ogni cosa che faccio, la faccio solo per vederti felice, per evitare che questa vita ti possa opprimere ancora di più».
Rimasero entrambi con lo sguardo puntato sul lago, con il cielo nero sopra di loro e i cavalli che nitrivano poco dietro di loro. «E ti sono immensamente grata per questo».
Rientrano a palazzo qualche minuto dopo, approfittando dell'assenza di guardie nei paraggi. Liam andò direttamente nelle stalle, Margot aprì il grosso portone, accorsa immediatamente da un'Amanda che stava parlando animatamente con Esteban e che si torturava le mani. Quando la videro, si fiondarono sopra di lei, perlustrandole tutto il corpo. «Grazie al cielo stai bene».
«Sei viva» disse Esteban portandosi un fazzoletto alla fronte imperlata di goccioline di sudore.
«Ehi, calma. Non è successo nulla..» disse, ma Amanda la fulminò con uno sguardo, socchiudendo gli occhi.
«Ti rendi conto che sei tornata due minuti prima della cena?».
Margot sorrise e le diede delicati colpetti sulla spalla. «Lo sapevo. Il mio tempismo è perfetto».
Esteban si dileguò per andare nelle cucine a controllare la situazione, mentre Amanda prendeva per le spalle Margot e la fece salire immediatamente al piano di sopra, per farla cambiare d'abito. Quando furono nella stanza della principessa, Amanda chiuse subito la porta alle sue spalle e si avvicinò a Margot con un dito accusatore. «Si può sapere perché il tuo vestito è sporco di verde nella parte posteriore?».
La ragazza aggrottò le sopracciglia e si guardò il sedere: era effettivamente tinto di verde. «Ehm» iniziò, cercando di trovare le parole adatte per uscire da quel casino in cui si era cacciata.
«Sei uscita con Liam, vero?».
Margot sospirò rumorosamente, accompagnandolo con un cenno di consenso. «Sì, però ti prego, ti scongiuro di non dirlo a nessuno».
«Uscire con lui non va bene» disse Amanda piegando le braccia sotto al seno, una ciocca bionda che le ricadeva sull'occhio chiaro.
«Lo so, ma mi fa stare bene! Mi sento...io, quando sto con lui».
«Ti rendi conto dei pettegolezzi che potrebbero uscire se dovessero pensare tu sia invaghita di lui?».
«Io? Invaghita di Liam?» scoppiò a ridere, cadendo sul letto dietro di lei, con le mani davanti alla bocca, mentre Amanda le ripeteva «Contegno, Altezza, contegno!».
Margot si rimise seduta, passandosi un indice sotto l'occhio per rimuovere una lacrima. «Amanda, se solo sapessero della bellissima amicizia tra me e Liam, ci invidierebbero soltanto. E poi, so purtroppo che, anche se fosse, sarebbe impossibile. Insomma, è uno stalliere..».
«La gente lì fuori però non lo sa, quindi ti chiedo per favore di evitare di incontrarti con lui frequentemente e all'aperto». Amanda trasse fuori dal grosso armadio un vestito verde e glielo fece indossare in fretta, mentre qualcuno bussava alla porta. «Promettimelo, Margot».
Margot non riuscì a risponderle - d'altra parte, non avrebbe neanche potuto promettere una cosa del genere - perché una guardia fece capolino dopo che la principessa gli ebbe dato il consenso. «Altezza, i reali la vogliono a cena».
«Oh no» sibilò, mentre Amanda le aggiustava i capelli. Margot annuì e la guardia uscì di nuovo. Quando la porta si chiuse, Amanda aveva finito di appuntarle i capelli sulla testa e le diede una rapida spolverata sulle spalle.
«Sai a cosa andrai incontro, vero?»
«Dio, lo so, e non voglio neanche pensarlo».
«Avresti dovuto agire diversamente!» le urlò Amanda mentre Margot apriva la porta e usciva dalla stanza, lasciando la sua cameriera che si siedeva sul bordo del letto, esasperata.
Margot si affrettò ad accorciare la distanza che la separava dalla sala del pranzo, poi quando due guardie la videro arrivare, le sorrisero e le aprirono la porta. Il re e la regina erano già posizionati ai loro posti su quel tavolo troppo piccolo per un salone così imponente. Le loro voci riechieggiavano per l'ambiente e Margot si sentì il peso delle sue azioni sulle spalle.
«Buonasera».
«Siediti, Margot» le intimò il padre, con le braccia appoggiate ai lati del piatto.
La ragazza annuì e si accomodò al suo posto, con una guardia che le spostò la sedia. Quando fu seduta, tutte le guardie si andarono a mettere nelle loro postazioni, lasciando la famiglia reale in quel momento prettamente famigliare.
«Devi solo vergognarti». Sua madre fece rieccheggiare quelle poche parole per tutta la stanza, accentuandone la gravità. Margot si sentì troppo piccola improvvisamente, come se il peso da sopportare fosse così grande da farla cadere a terra. «Il tuo scatto improvviso durante la conferenza è stato inopportuno, immaturo, e assolutamente non reale!» il suo tono era duro, e poco volte Margot aveva sentito sua madre usarlo, solo quando l'aveva combinata davvero grossa. Solo che la sua paura più grande non era la regina, ma quell'uomo che la guardava con le narici dilatate e la corona sul capo, seduto alla punta del tavolo rettangolare.
«Da quando sei nata che ti vengono impartite istruzioni su come una principessa deve comportarsi, e cosa fai? Ti infuri in una conferenza!?»
«Avreste potuto almeno avvertirmi che il fidanzamento fosse ufficiale!»
Sì, Margot sapeva che Harry sarebbe diventato suo marito, ma non in maniera così celere! Pensava di poterlo conoscere, capire che tipo di persona le avessero scelto i genitori, per cui non aveva neanche solo pensato che il tutto fosse stata già accordato. Almeno i suoi genitori ne avevano avuto di tempo per parlare; a lei era stato sottratto persino quello.
«E' importante assicurarci un accordo di questa portata, e poi: stiamo parlando della Scozia, uno dei tanti Stati che presenta un'ingente egomonia sul mare. Non possiamo perdere quest'opportunità ora che è davvero a due passi».
«E a me non pensate?» disse la principessa sbattendo un palmo della mano sul tavolo.
«Margot!»
«Non pensate che magari avrei voluto che passasse prima un po' di tempo?»
«Mi dispiace ribadirlo» iniziò il padre mentre un cameriere portava silenziosamente i piatti sul tavolo, «ma tu non hai voce in capitolo. Siamo noi che prendiamo le decisioni qui dentro, per ora devi limitarti a fare la principessa».
«Ah!» riprese sua madre mentre posava il tovagliolo sulle cosce. «E poi, dove sei stata dopo la tua sfuriata? Sei scomparsa nel nulla».
Il cameriere posò sul piatto di Margot una portata d'argento, con l'acqua per pulirsi le mani. «In giro..».
«E' rischioso».
«La smettete di ripeterlo in continuazione? Sto benissimo».
«Margot, il tuo è un corpotamento troppo infantile, sembri una ragazzina..» iniziò la regina Evelyne, ma Margot scattò in piedi spaventando il cameriere accanto a lei.
«Ho diciassette anni, mamma! Non sono una bambina!» fece per andarsene, spostando la sedia che stridette sul lucido pavimento, poi un tonfo richiamò la sua attenzione, immobilizzandosi sul posto.
«Margot, ti ordino di restare qui e consumare la cena».
La principessa si girò a rallentatore e vide il re Maurice guardarla negli occhi, in maniera fissa e imperturbabile. Margot non aveva paura di lui, insomma era sempre suo padre, ma la sua voce, i suoi atteggiamenti le avevano messo da sempre addosso un certo timore di vederselo contro.
Tornò piano indietro, riprendendo il posto a tavola senza l'aiuto di nessuna guardia, il silenzio che era il sovrano in quel salone gigantesco.
«Mettiamo in chiaro una cosa». Margot alzò lo sguardo su sua madre, sui suoi occhi cervoni che la guardavano, con ai lati delle piccole rughe di espressione. Quando ebbe richiamato l'attenzione della figlia, mentre il re rimaneva con gli occhi fissi sul piatto davanti a lui, la regina Evelyne continuò. «Da domani inizia una nuova settimana, nel senso letterale del termine. Da domani mattina i tuoi programmi cambieranno e saranno consecutivi, ti lasceranno solo un po' di tempo libero che passerai con la tua cameriera Amanda. Gli orari cambieranno e non potrai assentarti neanche ad un'attività: le principesse non mancano ai loro doveri, e tu devi seguire certe cose. Questa è la punizione che ti spetta per il tuo comportamento sconsiderato».
Margot rimase con la bocca aperta, non poteva crederci. «Tutta la settimana?».
«Sì, tranne il sabato pomeriggio e la domenica mattina».
La principessa abbassò lo sguardo, mortificata. Da quando aveva 3 anni la sua vita era un programma continuo: ad un orario prestabilito aveva delle attività da seguire, dalla danza al pianoforte, dalle lezioni di diritto internazionale al canto. Aveva tutte le giornate piene, ma riusciva sempre a trovarsi del tempo per sé. In quel momento, gliel'avevano tolto.
La regina sollevò un angolo della bocca nel vedere la figlia che finalmente non contrabbatteva qualsiasi cosa, poi fece un cenno al marito. «Ora, buona cena».
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