A decision
La mattina dopo, alle otto, Amanda svegliò la principessa scuotendole delicatamente una spalla. Era il lunedì, per cui ciò significava solo una cosa e, ricordandosene, Margot sprofondò nella coperta. «Altezza, sveglia. Deve andare a lezione di lingua».
«A che ora è?» bisbigliò con la voce impastata dal sonno, non essendo neanche sicura di cosa uscisse dalla sua bocca.
«Tra mezz'ora» Amanda prese il vassoio appoggiato sul comodino e glielo appoggiò sulle cosce coperte dal piumone, destando la principessa. La sera prima, dopo cena, Margot era salita subito in camera sua, troppo frustrata per dedicarsi a qualsiasi cosa. Trovò un libro sulla sua scrivania e iniziò a leggerlo. Parlava di una ragazza che era stanca della sua vita, aveva bisogno di cambiare aria e l'unico modo plausibile era la fuga. Beh, la situazione calzava a pennello. Si tirò sui gomiti e iniziò a bere il caffè, con lo sguardo fisso su Amanda che vedeva quale vestito fosse il più idoneo per quella mattina. Ne tirò fuori uno color pesca, e lo appoggiò su bordo del letto, mentre Margot finiva il croissant e Amanda si scostava, dandole il tempo di finire; ovviamente non poteva prendersela comoda, e poiché le dava fastidio che una persona la guardasse insistentemente, allora spostò le coperte e buttò i piedi sul pavimento di ceramica fredda, procurandole un brivido. Andò alla toeletta e Amanda la preparò a pennello, mentre vedeva attaccato allo specchio l'orario della mattinata:
8.30 lezione di lingua
9.45 lezione di danza
11.00 lezione di portamento
12.45 pranzo reale.
«E quello del pomeriggio dov'è?».
«Lo stanno ancora stilando, cara» disse Amanda mentre le spazzolava una ciocca con un boccolo che aveva resistito fin dalla sera precedente. Margot fece uno sbadiglio, portandosi la mano alla bocca, mentre la sua cameriera la appuntava una spilla sul petto. «Sei pronta, buona giornata».
«Questa giornata non ha niente di buono, mi hanno persino tolto la merenda!» disse la principessa mentre usciva borbottando dalla sua stanza, lasciando Amanda a destreggiarsi con le coperte intricate tra loro come se un elefante ci avesse ballato in mezzo.
La stanza in cui doveva tenersi la lezione di lingua era al primo piano, accanto alla biblioteca, e il professor Di Vaio l'attendeva sull'uscio, con gli occhiali abbassati sul naso. Quando la vide, si inchinò, facendo oscillare la catenella dorata che gli manteneva gli occhiali. «Altezza».
«Salve professore» anche Margot fece una breve riverenza, poi entrò nella stanza mentre il docente chiudeva la porta alle sue spalle. Il suo professore era madrelingua italiano, e Margot gli era riconoscente, perché l'aveva aiutata ad imparare la lingua senza trovare enormi difficoltà. Le sembrò persino che l'italiano potesse essere simile al francese.
Di Vaio prese la sua cartelletta in mano mentre Margot si procurava un foglio da una plica lì accanto e gli fece un cenno del capo, sorridente. «Bene, iniziamo».
Alle 10.55 trovò come pretesto per abbandonare la sala da ballo il bisogno di andare al bagno e la sua insegnante si accomodò su un divano, attendendo che la principessa tornasse.
Margot correva per il corridoio, con i tacchi che ticchettavano sul pavimento lasciato scoperto da tappeti, mentre cercava di intravedere per i corridoi Amanda. Quando la scorse con un sacco di lenzuola sporche tra le braccia, le si avvicinò furtivamente, facendola spaventare. «Oh cielo!» esclamò la cameriera, lanciando in aria tutti i lenzuoli bianchi. «Sei impazzita!?».
«Ho bisogno che tu mandi una lettera a Liam».
Amanda chiuse gli occhi e trasse un respiro profondo, «Margot».
«Sì, lo so che non dovrei passare del tempo con lui, ma ho bisogno di parlargli un attimo».
La cameriera lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi e le fece un cenno del capo. «Dai, dimmi».
«Scrivigli di incontrarci alle 16.40, cinque minuti prima che io inizi la lezione di pianoforte».
Amanda sorrise e le fece un cenno di assenso, così Margot le si lanciò addosso e le stampò un bacio sulla guancia, cosa che la stupì un sacco. «Grazie, ti adoro» poi la principessa si allontanò saltellando, facendo di tanto in tanto delle piroette in mezzo al corridoio, mentre Amanda si toccava la guancia, sorridendo. Margot era decisamente diversa.
Alle 16.40 la ragazza uscì dalla stanza di diritto e aspettò attaccata alla porta dietro di lei, mentre girava la testa a sinistra e destra per verificare l'arrivo di qualcuno. Il silenzio era il sovrano in quel castello, non si sentiva neanche un misero rumore, e Margot sorrise istintivamente. Si tolse le scarpe con facilità e se le mantenne strette nella mano destra, alzandosi un lembo della gonna con la sinistra, attenta a non farsi udire. Quando sentì un cigolìo sulla destra poco più avanti, affrettò il passo. Lei e Liam non potevano incontrarsi all'interno del palazzo, ma quelle volte che l'avevano fatto, avevano cercato di essere discreti al massimo per evitare qualsiasi inconveniente. Quando vide un suo stivale fare capolino per una delle porte nascoste lungo la parete, sorrise a trenta due denti e corse contro di lui, ma purtroppo venne bloccata per un braccio in una morsa ferrea che la costrinse a girarsi. Una guardia era dietro di lei e alle sue spalle udì la porta segreta richiudersi, celando Liam dietro quelle mura. «Dove sta andando, Altezza?» sussurrò con la presa ben salda sull'avambraccio di Margot che lo guardava con astio.
«Le ordino di lasciarmi» disse a denti stretti, ignorando la domanda che le era stata posta pochi istanti prima.
La guardia annuì facendo oscillare il cappello piumato sulla testa, ma poi strinse le labbra. «Mi dispiace, Altezza, ma i suoi genitori mi hanno ordinato di portarla all'ingresso del salone grande al secondo piano».
Margot abbassò le spalle, dandosi un'ultima occhiata alle spalle in direzione della porta che era rimasta vagamente socchiusa. «Scusami» bisbigliò sperando che la sua voce arrivasse a Liam nascosto là dietro, mentre si accovacciava per rimettersi le scarpe e camminava avanti alla guardia ben attenta affinchè nessuno li seguisse, mentre la porta segreta si richiudeva definitivamente e Liam tornava nelle stalle, seguendo lo stretto percorso che aveva fatto per arrivare quanto prima dalla sua amica.
Il re e la regina erano seduti sul grosso divano addossato alla parete dipinta di bianco, con un imponente quadro che ne ricopriva la maggior parte della superficie, e parlavano amichevolmente con il principe Harry seduto sulla poltrona imbottita di fronte.
Quando Margot aprì la porta, la finestra della stanza si spalancò per un gioco di correnti d'aria e il fresco venticello le arrivò addosso, smuovendole i capelli lunghi dalle spalle. La guardia si congedò inchinandosi, tirandosi i manici della porta per poterla chiudere e lasciare i reali alle loro conversazioni.
«Cara,» iniziò la regina Evelyne mentre Harry si metteva in piedi e si aggiustava il collo della camicia gonfia e si rischiarava leggermente la gola, «il principe Harold è venuto a portarti i suoi saluti» dopodichè si alzò in piedi, seguita dal re che, passando accanto al ragazzo, gli strinse affettuosamente una spalla, per poi lasciare la stanza, facendo in modo che Harry e Margot rimanessero da soli. La ragazza sorrise e si strinse i due lembi della gonna, alzandoli per potersi inchinare di fronte al principe. D'altra parte, Harry mise un piede indietro e si accovacciò davanti la principessa, abbassandosi il capello sugli occhi come un contadino. «I miei omaggi, lady Margot».
«E' un piacere rivederla, Harry» disse la ragazza, raggiungendolo a piccoli passi e accomodandosi sul divano che poco prima aveva ospitato i suoi genitori. «Qual buon vento la porta qui, a trovarci?».
«Sinceramente,» disse Harry prendendo una mano di Margot per baciarla delicatamente, prima di sedersi sulla poltrona imbottita, «sono venuto per venirle a portare un dono che mi sembra giusto porle in luce del nostro fidanzamento».
Tirò fuori dalla tasca della grossa giacca verde scuro uno scatolino piccolo, che aprì con un leggero tocco delle sue dita affusolate.
Margot si portò una mano al petto di fronte a quel bellissimo anello che il principe aveva preso apposta per lei e che ora lo stava tenendo fermo tra due dita. «Posso?» disse, facendo un cenno alla mano sinistra della principessa.
Margot abbassò lo sguardo, stringendo le labbra in imbarazzo. No, no, no! Perchè Harry rendeva tutto così difficile? Non voleva porgergli la mano, per nessuna ragione al mondo. Non voleva sposarlo, perchè era così difficile da capire? Era uno sconosciuto, ma se quello fosse stato il suo futuro, allora avrebbe tanto voluto avere una maggior dimestichezza con quel ragazzo che la guardava sorridente, con gli occhi verdi e luccicanti, riflettenti la luce della stanza. Distolse lo sguardo e gli porse la mano sinistra, mentre Harry faceva scivolare l'anello all'anulare, sorridendo compiaciuto. «Le sta una meraviglia, Margot».
La ragazza si guardò il diamante brillare al dito, sorridendogli nonostante tutto. Aveva abbassato le armi, non avrebbe potuto in alcun modo contrastare il volere dei suoi genitori, per cui se avevano deciso così...lei doveva solo rispettare quel piano che le avrebbe scombussolato la vita. Harry le prese la mano, continuandola a guardare negli occhi e sorridendo con un angolo delle labbra.
«Grazie» disse lei, per porre fine a quel silenzio opprimente che era caduto improvvisamente tra di loro.
La porta si aprì di scatto, rivelando due guardie che precedevano il re e la regina, con le mani posate con grazia sopra i loro ventri. «Vogliate scusarci, ma bisogna che vi scortino fino al terrazzo».
Harry si girò verso Margot che aveva le sopracciglia aggrottate. «Perchè?».
«Cara,» disse la regina Evelyne posando gli occhi cervoni su sua figlia, «quell'anello ti sta benissimo. Vogliate seguirci.» disse, facendo dietro front, con un leggero ordine nascosto in quelle parole.
Harry prese la mano di Margot per farla alzare, e poi le porse il braccio, invitandola a stringerlo per raggiungere insieme il terrazzo. La principessa annuì, stampandosi un sorriso sulla faccia mentre faceva un cenno del capo alle guardie come l'insegnante di etichetta le aveva insegnato. Lungo il corridoio, incontrarono tutto il personale che li osservava attentamente, chi sereno, chi amareggiato.. poi Margot incontrò lo sguardo di Giselle, ma soprattutto quello di Amanda che era accanto a lei, il cui volto non dimostrava alcuna felicità. Anzi, era come se con quell'espressione avesse voluto infondere un messaggio nascosto a Margot, per prepararla a quello che avrebbe affrontato poco dopo.
Il grosso portone del terrazzo era spalancato, e da sotto si udiva un vociare continuo che si elevava alto verso di loro, trasportandoli in un'altra dimensione che Margot non aveva mai vissuto precedentemente. Quando il re e la regina si sporsero sul cornicione, un boato esplose dalla folla sottostante, acclamandoli calorosamente e applaudendo rumorosi. Harry e Margot rimasero indietro, ancora nascosti alla vista del popolo in fermento. «Buon giorno» disse il re, alzando un braccio mentre la folla urlava ancora più forte. Quando cadde il silenzio, il sovrano iniziò il suo discorso. «Come ben sapete, la principessa Margot e il principe Harold Edward Styles ieri hanno annunciato il loro fidanzamento che è stato ben accetto da tutta la popolazione di Monaco».
A quelle parole, a Margot il cuore balzò un attimo in petto. Quanto avrebbe voluto che il popolo sapesse tutto, che lei non fosse convinta, nè favorevole a tutto quello.
«Per cui, siamo lieti di annunciare che quest'oggi entrambi i ragazzi si esporranno per sancire innanzi a voi il loro amore, come un timbro indelebile che segnerà la storia di Monaco».
La folla esplose in un boato e il re si girò, allargando il braccio per far avvicinare i ragazzi al cornicione. Margot si ritrovò a stringere il braccio di Harry, improvvisamente impaurita da quella situazione. Non aveva mai visto il suo popolo così da vicino, anzi non aveva mai visto la gente su cui un giorno avrebbe regnato . Le tornò in mente un ricordo di Liam, di quando erano qualche anno più piccoli ed erano seduti su un letto di paglia, nella stalla di suo padre.
«Vedi, Marge» iniziò stringendo tra le mani un disegno in bianco e nero, sgualcito e tutta piegato. Indicò una donna che gli stringeva affettuosamente una spalla, e un uomo accanto a lui che reggeva un rastrello. «Loro sono la mia mamma e il mio papà» poi mise via l'immagine, e ne tirò fuori dalla tasca del pantalone sgualcito un'altra, che ritraeva un porto e un sacco di gente che salutava. «Vedi? Loro sono alcuni abitanti di Wolverhampton che partono per le Americhe. Qui in fondo si vede il giardino degli Stuart, i grandi proprietari terrieri della mia terra, e qui» continuò indicando un distesa d'acqua infinita alle spalle di tutta quella gente, «questo è l'oceano».
«Liam» disse Margot afferando la foto e studiandone ogni singolo dettaglio. «Sei fortunato ad aver vissuto qui, ad aver visto questo posto e tanti altri».
«Ehi, principessa, tu vedrai tutti questi posti un giorno, te lo prometto. E se vuoi, io ti aiuterò ad affrontare il viaggio».
«Te ne sarei riconoscente a vita».
Scosse la testa, sorridendo, poi Harry le diede un leggero colpetto per farle allentare la presa sul suo braccio e si avviarono verso il cornicione. In lontananza Monaco era evidente e bellissima anche a quella distanza, e sotto di loro c'era gente di ogni età e classe sociale che li acclamava, battendo le mani o mettendole vicino alle labbra per amplificare le loro voci. Il re e la regina rimasero accanto a loro, con il re che teneva la moglie vicino a lui, mentre Harry e Margot si avvicinavano di più, lei oppressa da tutta quell'attenzione. Non avrebbe mai potuto pensare che così tanta gente l'accettava, la adorava seppur non la conoscesse e si facesse vedere così raramente durante le conferenza reali. In quel momento, avrebbe tanto voluto sciogliersi dalla presa di Harry e conoscere tutta quella gente che acclamava il suo nome, gridandolo al di sopra del vento forte di quel pomeriggio. Tutta quella gente aveva lasciato il proprio lavoro per vedere lei ed Harry, i futuri sovrani di Monaco. Margot fece apparire sul suo volto un sorriso luminoso, e alzò la mano sinistra per salutare il popolo, mentre Harry lo salutava con la destra. Poco più in basso, un uomo con il binocolo - un nobile gentiluomo vestito di tutto punto - li indicava con la mano, facendo avvicinare quanto più gente possibile intorno a lui. «Guardate!» urlò in un momento brevissimo di quiete, attirando l'attenzione generale. «Sbaglio, o quello è proprio un anello?».
Tutti esplosero nuovamente, applaudendo se si può anche più forte di prima. A quel punto Harry alzò una mano e prese la parola. «Quest'oggi, quest'anello è simbolo della nostra promessa, e vi giuro che saremo degli ottimi sovrani, un giorno» detto ciò, si girò verso Margot che era diventata improvvisamente pallida. Poi il principe fece una cosa che nessuno mai si sarebbe aspettato di vedere così presto: afferò con entrambe le mani il volto delicato di Margot e appoggiò le sue labbra su quella della ragazza in un bacio lungo e leggero contemporanemente come una piuma. Odorava di menta e Margot rimase impietrita di fronte a quell'azione improvvisa, mentre la folla esplodeva letteralmente, lodando i nuovi promessi sposi. La principessa rimase con le mani a mezz'aria, mentre Harry poneva fine a quel bacio - il primo, di Margot - delicato e suadente, ma che lei non avrebbe mai voluto, seppur le fosse piaciuto.
«Perdonatemi» disse Harry in un sussurro, mentre la folla non avrebbe potuto sentirlo. «Ma ho dovuto».
Margot non aveva neanche la forza di parlare, si limitò solo ad annuire e a salutare la folla un un'ultima volta, prima che le guardie la portassero di corsa dentro il palazzo, seguita a ruota da Harry, mentre il re e la regina intrattenevano il popolo con un loro solito discorso di ringraziamento.
«Devo andare» disse Harry afferrando una mano di Margot e baciandone il dorso. «Spero di rivederla presto» poi se ne andò rapidamente, lasciando Margot circondata dalle guardie che si preoccuparono di portarla nella sua stanza.
Quando arrivò nella sua camera, si andò a sedere sul bordo del letto, con la mano sinistra appoggiata sulle labbra carnose, l'anello freddo contro la sua pelle calda. La porta si riaprì pochi minuti dopo, rivelando un'Amanda amareggiata e Liam dietro di lei che entrò sgattaiolando nell'ambiente, andandosi a nascondere dietro la tenda.
«Liam,» disse Amanda mentre richiudeva la porta, «sai che ti ha visto, vero?».
«Sì, lo so» disse lui, che riapparve solo dopo che la porta fu chiusa a chiave, «ma è meglio evitare ogni imprevisto».
Amanda annuì e spostò rapida lo sguardo su Margot, annuendo piano. «Vi lascio soli, ma vi avverto: solo dieci minuti avete a vostra disposizione» disse, fulminando Liam che si portò due mani al petto.
«Basteranno senza ombra di dubbio».
Dopodichè Amanda si dileguò, e non appena li lasciò soli, Liam si sedette accanto a Margot, appoggiandole una mano sul braccio. «Ho assistito» disse semplicemente, mentre una piccola lacrima scivolava lungo la guancia della ragazza.
«I-io..» cercò di dire lei, ma Liam prese la sua testa e se la strinse al petto.
«Ci sono io qui».
«Liam» iniziò lei, tirando su con il naso. «Io non v-voglio questo».
Il ragazzo le accarezzò i capelli mossi, cullandola tra le sue braccia.
«Mi ha baciata».
«Ho visto».
«Perchè l'ha fatto?».
Il ragazzo scosse le spalle, «Per far sembrare al popolo che ogni cosa vada bene».
Margot si staccò da lui, con gli occhi arrossati e le lacrime che le galleggiavano sulle ciglia allungate che le contornavano gli occhi leggermente allungati.
«Ma niente va bene, Liam, niente».
«Cosa posso fare per te?» le disse lui, stringendole la mano sinistra, sulla quale l'anello era visibilissimo ma che cercavano entrambi di ignorare.
«Questa vita mi fa schifo, e ho bisogno di te per fare una cosa».
Liam la guardò, il suo volto sporco di terra e i gomiti della camicia arrotolati. «Vedrò che posso fare. E' una cosa possibile?».
«Non è nemmeno ammissibile» puntualizzò lei, con un angolo della bocca sollevato verso l'alto. «E solo tu puoi aiutarmi».
«Mmmh» mugugnò lui, sorridendole. «Già mi piace, principessa».
Margot gli strinse la mano, posizionandosi meglio accanto a lui, e fece un enorme sospiro in quel piccolo frangente di tempo in cui avrebbe rivelato per la prima volta le sue vere intenzioni. «Io non voglio sposarmi con Harry».
«L'avevo capito» ammise lui, facendo un risolino e passandosi la mano libera sulla testa rasata, facendo cadere sul piumone dei fili di paglia che si preoccupò di prendere e gettare a terra, non curante.
«E non voglio più essere una principessa».
Liam la guardò negli occhi scuri, scuotendo la testa. «Sai che non puoi smettere di essere quello che sei».
«Certo che posso».
«E come dovresti fare, scusa? Mica puoi deporre la corona ed è fatta» rispose lui, accarezzando il dorso della mano di Margot.
Lei gli si avvicinò, abbassando la voce, avendo persino paura in prima persona di quello che sarebbe successo dopo. Ma era un rischio da correre, e Liam era l'unico che avrebbe potuto aiutarla, assolutamente. «Aiutami a fuggire».
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