Capitolo 45 (terza parte)
Sorrido, in estasi. Mike può anche dire che il mio primo tentativo è stato buono, ma non ha idea di cosa provi quando è lui a praticarmi del sesso orale. Stringo la coperta sotto di me, inarcando la schiena. Non so come muovermi, non so cosa fare, vorrei solo sentirmi bene così in eterno.
Per sempre.
Perché gli orgasmi durano così poco?
È un'esplosione, una bomba intima, un crescendo di note che straborda in mille accordi mescolati tutti assieme. Ci sarà un modo per rendere più duraturo questo benessere. Devo trovarlo.
Mike si solleva da me.
«Potresti, ecco... continuare?» gli chiedo, avvampando. Sono sdraiata davanti a lui, completamente nuda e lui ha le labbra umide di me e del mio piacere. Due mesi fa questa situazione mi avrebbe mandata fuori di testa, non credevo che avrei mai potuto vivere un momento simile.
Ma ora è reale.
Ho sbloccato la mia paura sul sesso e ho scoperto che con Mike posso sentirmi libera.
Sorride e si rituffa tra le mie gambe a scaldarmi con il fiato e la lingua, come se io fossi davvero un cioccolatino da assaporare con piacere. Mi sciolgo nella sua bocca, mi sembra di essere aliena dal mio corpo, perché ciò che sto provando è così intenso che umanamente non è sopportabile. È troppo, e io sono piccola – minuscola – al cospetto di un uomo come lui, che sa come rendermi felice.
Mi stimola dove sa che mi piacerà di più, mi sente pulsare, mi trascina in un vortice che prima di conoscerlo mi sembrava inaccessibile. Mi puntella con la lingua, raccoglie tra le labbra la mia cioccolata fusa, di cui è ghiotto, finché non sono di nuovo sazia anch'io.
«Sei perfetto» sussurro e lui si scosta. «Così perfetto che io non mi sento all'altezza.»
Si sdraia al mio fianco. «Tu non devi essere alla mia altezza. Devi essere soltanto te stessa. E sei perfetta anche tu, comunque.»
Sorrido, incapace di reagire alle sue parole. «Chiamiamo per la cena?»
Guarda l'ora sul telefono. «È ancora presto.»
Mi mostra lo schermo. Sono le otto meno venti.
«Mi stai dicendo che siamo stati così solo dieci minuti?» esclamo, incredula.
«Quanto pensi che ci mettiamo di solito?» ride, esilarato dalla mia reazione.
«Almeno mezz'ora!»
Mi accarezza il viso. «Ti faccio perdere la cognizione del tempo.»
«Ed è un male?»
«Non credo. Tu come ti senti?»
«Felice.»
«Anch'io. Finché siamo felici, il tempo non è rilevante.»
Mi accoccolo su di lui, con la testa tra la sua spalla e il suo petto. «Pensavo che il sesso durasse di più. Invece è troppo veloce.»
«Se durasse di più sarebbe più faticoso e sfiancante di quanto sia già.»
«Per te è faticoso fare l'amore?»
«Solo quando devo rimanere duro troppo a lungo per te. Quello è faticoso, ma credo che sia normale. O forse è solo un mio problema, non lo so. Ma faccio del mio meglio.»
Essere nuda a letto con lui, non avere l'istinto di coprirmi e parlare di sesso è di quanto più assurdo avrei mai creduto. Ma è riposante. Mi sento bene, non mi sento giudicata. Sono in pace.
Mike mi accarezza la schiena, stringendomi a sé di tanto in tanto. Sento il suo calore, le sue dita che mi sfiorano mi riportano a una condizione fisica e mentale che non ho mai conosciuto. Credevo che non mi avrebbe mai trovata interessante, né che sarebbe mai stato attratto da me, perché io per prima ancora fatico a credere che sia possibile che qualcuno mi ami con la stessa forza e dolcezza con cui mi ama lui.
«Lavinia, ehm... tu non hai paura dei ragni, giusto?» mi chiede a un tratto. Ha smesso di accarezzarmi e sta fissando un punto sul muro.
«No, perché?»
«Ce n'è uno. Potresti, ecco... farlo uscire o pensarci tu?»
«Hai paura dei ragni?» rido.
Ma Mike è serio. «Sì, ho paura dei ragni. Per questo capivo Alizée quando ha detto che non voleva andare in Australia in viaggio di nozze. Per favore.»
Gli scocco un bacio sulla guancia e mi alzo in piedi. Indosso al volo il maglione e le mutandine, mentre lui continua a tenerlo d'occhio finché non mi avvicino alla parete illuminata dalla luce calda delle lampade di sale e faccio salire il ragnetto sulla mia mano. Vado in bagno e apro la finestra, oltre cui sparisce.
Torno da Mike e lui è ancora attonito a fissare il muro. Ne ha così tanta paura?
«Tuo figlio legge i fumetti di Spiderman» gli ricordo. «Quello va bene?»
«Quello è un supereroe» puntualizza, atono. «E i ragni sono solo disegnati. Non sono ragni veri. Amore, ti prego, non prendermi in giro.»
Mi siedo sul letto dal suo lato, notando il contrasto tra la sua figura nuda e la mia rivestita. Sembra surreale, eppure nessuno dei due ne è disturbato. O forse è l'espressione sul suo viso, distorto in qualcosa che non riesco a definire. Possibile che un uomo grande e grosso come lui abbia paura di creaturine piccole come dei ragnetti?
«Va tutto bene, Mike, non ti prendo in giro. Vorrei solo capire meglio.»
«Prima chiamiamo per la cena. Mentre aspettiamo ti racconto.»
Gli do un bacio sulla guancia, per fargli capire che ci penserò io. Torno nel salottino e prendo il telefono fisso per chiamare la reception. Mi dicono che posso ordinare dalla camera, così prendiamo il menù che era incluso nella nostra prenotazione. Nel frattempo, lui si è ricomposto e mi ha raggiunta nel salottino.
Si siede al tavolo e mi guarda. «Quando ero piccolo, i miei fratelli mi hanno fatto uno scherzo. Sapevano che avevo paura dei ragni... ma da bambini si hanno delle paure irrazionali, come quella del buio, no? Credevo che mi sarebbe passata, che crescendo sarei stato più coraggioso. Ma a Paul e Dylan non l'ho detto, e hanno fatto una cosa molto stupida per mettermi alla prova. Vivevamo in campagna, è stato facile per loro trovare tre o quattro ragni e portarli in casa. Li hanno messi sulle mie coperte e mi sono svegliato con uno di loro che camminava sulla mia faccia. Può sembrare stupido, ma mi ha traumatizzato.»
Gli stringo la mano, sentirlo parlare mi scuote dal profondo. Non racconta mai niente della sua infanzia o sulla sua famiglia e io non gli faccio domande, perché temo di rievocare il ricordo del padre. So quanto basta dalle interviste che ha concesso. Se vuole parlarmene, decide lui quando farlo e cosa dire.
Appena finisce il discorso, mi siedo sulle sue gambe e lo abbraccio. «Scusami, amore, non lo immaginavo.»
Nasconde il viso contro la mia spalla. Ogni suo respiro affannoso mi scalda, percepisco che è ancora stravolto.
«Tranquillo, se ci saranno altri ragni li manderò via io.»
Gli accarezzo la nuca e tengo per me che non manderò via solo i suoi ragni, ma qualsiasi paura. Lui con me è talmente bravo da farmi stare bene, vorrei restituirgli anch'io lo stesso benessere che mi trasmette ogni volta che mi guarda.
«Grazie, cioccolatino» sussurra.
Spazio autrice
Scusatemi, davvero. Fuori da qui è un periodo tosto ed è difficile ritagliarsi del tempo per rileggere tutto prima di pubblicarlo. Cercherò di esserci sempre e di postare ancora, ma siate pazienti se vedete che non pubblico. Per favore <3
In questo capitolo c'è un piccolo scorcio del contesto familiare di Mike. Parlarne è complicato, perché si tratta di una situazione difficile da rendere bene, ma spero di riuscire a trasmettervi il suo rapporto con i fratelli e la madre (lei arriverà tra un po'!).
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate <3
Baci a tutti,
Snowtulip.
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