First Date

Lo schiaffo arriva sulla sua guancia forte e veloce.

-Mai più.- mormoro a capo chino, senza guardarlo.
Anche così però so come avrà reagito.
Lo sguardo stupito, la bocca leggermente aperta e la mano sulla parte lesa. -Non dire mai più una cosa del genere.- ringhio con voce roca, non osando alzare lo sguardo per incontrare il suo, certamente deluso.

-Sa...- con la mano ancora sospesa a mezz'aria sgrano gli occhi. La sua voce è serena, quasi commossa. Alzo lentamente il capo, incontrando immediatamente i suoi occhi verde smeraldo brillare di gioia e un sorriso che fa capolino sulle sue labbra. -Quella volta, al supermercato...- la sua bellissima bocca, con le sue labbra fini e rosee. -Quando mi ha dato quello schiaffo...- quanto vorrei assaporare le sue labbra con le mie, quanto vorrei venire a conoscenza del loro vero sapore, del misterioso sapore che esse nascondono. -Cavoli se mi ha fatto male però... Insomma, era uno schiaffo che mi ha dato non perché sono quello che sono ma per me. Sì, cioè, l'ha fatto perche ho detto una cazzata. Come poco fa.- parla decisamente troppo, non lo sto nemmeno ascoltando, è peggio della quattrocchi. Dovrei zittirlo, ed essere il primo a poggiare le labbra sulle sue. Ma non lo sarò, qualcuno lo ha già fatto.
La rabbia monta dentro di me e non posso fare a meno di avvicinarmi a lui, alle sue labbra. -È stato nel momento in cui l'ho capito che- da seduto mi metto in ginocchio, afferrandogli il viso con le mani.

-Sta un po' zitto moccioso.- mormorò sulle sue labbra, prima di posarci le mie nel nostro primo bacio.

Apre leggermente la bocca, stupito, ma subito la richiude, ricambiando quel dolce bacio. Mi porta le mano alla nuca, iniziando ad accarezzarmi i capelli.

Sa di cioccolata.

Deciso ad andare più a fondo socchiudo le labbra ed inizio a picchiettare la lingua sulle sue, in una muta richiesta d'accesso.

Subito però si scosta, mormorando un "no" soffocato.

Dopo un momento di confusione con le mani ancora protese verso di lui capisco quello che ho fatto.

Sono un idiota.

Subito lo abbraccio, racchiudendo il suo fragile corpicino fra le mie braccia.

-Scusa piccolo.-

Gli lascio un bacio sulla nuca mentre lui stringe la mia maglietta.

-...è...- mormora, riprendendo il discorso di poco fa. -è stato in quel momento che ho capito di essermi innamorato di te.-

Il mio cuore manca un battito.

Gli prendo il viso tra le mano e lo porto davanti al mio.
È completamente rosso ma tiene lo sguardo fisso nel mio.

-Ripetilo.- sussurro, felice come mai lo sono stato.

-Ti amo, Levi.-

Racchiudo nuovamente le sue labbra in una bacio veloce.

-Ti amo, Eren.-

Gli lascio una scia di baci lungo il viso, stringendolo a me.

-Hanji se ne è accorta prima di me.- ridacchia lui, allacciandomi le braccia al collo. -Quando me lo ha detto ero talmente sconvolto che me ne sono andato. Non sono neanche più venuto a scuola per paura di incontrarti. I miei genitori sono omofobi. Se scoprissero che sono gay mi ammazzerebbero e al diavolo il farmi soffrire.-

-Allora sarà meglio non...-

-Levi.- mi interrompe, allontanandomi. -No. Io voglio frequentarti. Ti amo e sei l'unica cosa bella che mi sia mai capitata in tutti questi anni. Sei la cosa più bella che potessi ricevere. Non ho intenzione di rifugiarmi nella mia paura, voglio uscire allo scoperto. Voglio che tu sia il mio fidanzato, Levi.-

-Ma Eren...-

-Niente ma. Potrebbero comunque uccidermi da un giorno all'altro. Preferirei comunque vivere i miei ultimi giorni, sempre che non ti dispiaccia, nella felicità. Ci stai?-

Mi porge la mano con il mignolo alzato, come quando gli avevo promesso di guardarci tutti i film di Harry Potter.

-Va bene.- rispondo, alzando la mano.

-È una promessa.- mi sorride, stringendo il mio mignolo col suo.

-È una promessa.-

-Ora devo andare, i miei mi lasciano uscire solo per un tot di ore al giorno. Se non rispetto gli orari o iniziano a seguirmi o solo Dio sa cosa.- si alza in piedi, seguito a ruota da me. Si passa una mano sul retro dei pantaloni e non posso fare a meno di pensare alla mia mano su quei pantaloni.

Scuoto la testa, non è il caso. Solo quando lo vorrà lui.

-Ci vediamo domani a lezione.- mormora, chinandosi per raggiungere le mie labbra. -L'hai notato? Amore e professore fanno rima.- ridacchia lui. -Amore e scuola no però.-

-Stupido. Vai ora.- gli lascio un ultimo breve bacio e lo spingo via. Lui inizia ad incamminarsi, ridendo. Il mio sguardo va a posarsi sul suo sedere e l'avrei guardato muoversi fino a che Eren non fosse stato fuori dalla mia visuale se lui non si fosse girato all'improvviso, facendo finire il mio sguardo su un altro punto dei suoi pantaloni.

Non ho ancora ringraziato Madre Natura per avermi dato il dono di non arrossire.

-Ci hai mai pensato?-

-A cosa?-

-A chi non ha mai sorriso in un cimitero.-

-Sempre meglio del Tartaro.-

-Ciao ciao Annabeth.-

-Testa d'Alghe.-

-Però io scippo Percy con Nico non con...-

-Eren!- lui ride ancora e finalmente se ne va.

Sorrido e mi volto verso le due lapidi.

Sospiro, sarà una cosa imbarazzante.

Mi inginocchio a terra e prendo un respiro profondo prima di parlare.

-Zeke, Mikasa, sono Levi, il... fidanzato di vostro fratello. Io... So che è una cosa che di solito si chiede ai genitori ma non credo che quelli lo siano quindi... Chiedo la vostra benedizione.- mormoro a capo chino, in senso di rispetto.

Come se già umiliarsi così non fosse abbastanza, tsk.

Mi alzo in piedi e me ne vado da un cimitero che da oggi ricorderà per sempre il calore di un sorriso.

***

Tamburello con le dita sulla cattedra, nervoso.

Gli alunni mi guardano curiosi, mai ho mostrato i miei sentimenti a questi marmocchi.

Gli unici che sembrano realmente preoccupati sono Eren e Jean. Probabilmente gli avrà detto tutto di noi due.

Mi viene da sorridere al pensiero ma mi trattengo. Non davanti ai miei alunni.

La campanella suona dopo quella che sembra essere stata un'eternità.

Chiedo a Sasha Braus, la mangiatrice di patate, di raccogliere le verifiche e portarmele.

Spero che il moccioso non si sia accorto accorto che questa verifica era molto più facile della prima.

Braus mi consegna i fogli con le risposte ai test e li metto nella mia borsa mentre gli alunni escono, salutandomi quando passano davanti a me.

Rimangono i due alunni addetti alle pulizie e con loro Jean ed Eren, che mi guarda quasi indeciso.

Non appena nota che sto ricambiando il suo sguardo si volta a destra e a manca per poi farmi un cenno con la testa verso la porta dell'aula.

Scuotendo la testa raccatto la mia roba ed esco, aspettandolo fuori. Lui mi raggiunge poco dopo, con Jean.

-No, non posso venire da te oggi.- sta dicendo Eren, ignorandomi. -Devo andare vicino al parco Sina a sbrigare una commissione.- poggia una mano sulla sua spalla e se ne va, salutandolo.

Jean si volta verso di me, facendomi l'occhiolino.

Se ne va anche lui, purtroppo troppo in fretta per notare la mia occhiataccia.

Non c'era bisogno di compiere quel gesto, ho capito.

Mi dirigo a passo svelto al di fuori della scuola, indirizzadomi verso il parco che, per fortuna, non è lontano da dove mi trovo ora.

Ci metto infatti poco ad arrivare e subito vedo il moccioso sotto un albero di ciliegio.

Mi fissa con gli occhi che brillano, sorridendo.

Lo raggiungo a passo svelto e gli lascio un leggero bacio sulle labbra.

-E tu vorresti invitarmi fuori vestito così?- butto l'occhio sulla divisa scolastica composta da pantaloni lunghi blu, come il golfino da cui si intravede la camicia bianca e sul quale spunta un cravattino nero.
Ho sempre amato le divise.
Gli alunno sono costretti a tenerle pulite ed in ordine.

-Anche tu non sei proprio adattissimo ad un primo appuntamento se è per questo. Ma non è quello l'importante, no?-

-Primo appuntamento?-

Lui annuisce vigorosamente, porgendomi il braccio.

-Madame.- scherza abbassandosi leggermente con il busto.

-L'unica donna qui sei tu.- ribatto io, non rifiutando tuttavia il suo invito.

-Pfff. È il più basso a dover essere la donna.- dice lui incamminandosi.

Mi trattengo dal buttarlo sotto la prima auto che passa e cerco di calmarmi.

-Se non la smetti me ne va-

-No no, amore non andare via.- dice in falsetto aggrappandosi con finta disperazione al mio braccio.

Mi scappa una risata e gli lascio una carezza tra i capelli morbidi.

-Perdonato.-

Lui sorride raggiante, prendendomi per mano.

Ricambio la stretta, non pensando a niente se non a noi due.

-Dove mi porti di bello?-

La pace che si era cresta si rompe con quella domanda e lentamente mi giro verso di lui.

-Vuoi dirmi che mi hai invitato ad un appuntamento e non hai organizzato niente?- mormoro con calma fermandomi nel bel mezzo del marciapiede.

-Sei tu l'uomo, a queste cose ci devi pensare tu.-

Passano diversi secondi in cui assimilo tutto ciò che mi ha detto.

Mi ha ingannato alla grande, 'sto stronzo babbano.

-Vaffanculo.-

-Awwww, sei proprio Nico! Io allora sono Percy!-

-Non avevo dubbi guarda.-

-Perche abbiamo entrambi gli occhi verdi?-

-Non hai notato che lui è talmente perfetto che persino il suo tallone d'Achille è un pregio?-

-È per questo che lo amo.-

-Cosa?-

-Cosa.-

-Eren ripeti.-

-Ehm... Sì cioè... Di che parlavamo?-

Sospiro.

-Ecco. Entrambi troppo perfetti e sicuramente troppo stupidi.-

-Non insultarmi Percy ne!-

-Preferisci Percy a me?-

-Dove mi porti quindi?- ridacchio, che moccioso.

-Al parco, così puoi giocare con tutti gli altro marmocchi come te.-

-Mentre mamma Levi mi controllerà.-

-Mentre mamma Levi ti con... Cosa?!-

Lui scoppia a ridere scappando via.

È lento e lo raggiungo in poco tempo. Lo blocco per un braccio ed inizio a fargli il solletico sulla pancia, mentre lui si contorce in preda agli spasmi.

Continuo così per un paio di minuti, fino a quando vedo che non riesce più a prendere fiato. Lo lascio andare e lo aiuto a non cadere.

-Levi...-

-Dimmi moccioso.-

-Grazie... Di tutto.-

-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_

-Ehi, Eren... Oggi sono due anni. Tra poco sarà il tuo diciottesimo compleanno e allora potremo stare insieme, per sempre. Ti amo.-

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Verde menta, verde smeraldo, verde speranza.

Una speranza vana, una speranza morta.

Una morte dello spirito ma attesa dal corpo.

Un corpo violentato e percosso infinite volte.

Un corpo che non ricorda più il suono di una carezza o la poesia di un abbraccio. Che non ricorda più il dolce sapore di un bacio.

Grigio tristezza, grigio diamante, grigio tempesta.

Una tempesta di emozioni che lottano tra di loro per decidere se ridare a quel corpo il ricordo del dolce sapore di un bacio.

Qualcosa che le zittisce tutte urlando un forte "SI" e qualcuno che ubbidisce, docile, al comando.

E bacia quel corpo senza vita.

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Ignorate l'obbrobrio finale, bravi :3

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