Capitolo 39
Premessa: questo è un capitolo sul Quidditch, e prima che io venga sommersa da commenti tipo "James era un Cercatore!" vorrei risolvere questa situazione - ho letto interviste (in particolare quella della Scholastic alla Rowling) e Wiki sia inglesi che italiane, ho controllato nei libri: James era un Cacciatore. Capisco che il ruolo di Cercatore possa sembrare più appariscente, più bello, ma ho preferito aderire quanto più possibile alle parole della Rowling e quindi, almeno per il momento, lascerò tutto così com'è. Grazie per aver letto!
~James~
— Questa sarà la nostra svolta, — esordisco soddisfatto, con le mani sui fianchi, mentre osservo i miei sottoposti (compagni di squadra, James, continuo a ripetermi, compagni di squadra) buttare il sangue sul campo da Quidditch.
L'acqua piovana che continua a riversarsi inesorabile sulle nostre teste da questa mattina mi cola dai capelli alla faccia, dando ai vetri dei miei occhiali un curioso design a pois trasparenti, ma non me ne importa assolutamente nulla.
Non m'importa se il mondo ci è avverso, non m'importa se il clima scozzese ci è avverso, e non mi importerebbe nemmeno se Silente stesso si presentasse proprio qui, con i suoi piedi benedetti su questo prato bagnato fradicio, a dirmi di fermare gli allenamenti, perché se c'è qualcosa che farò oggi sarà esattamente piegare la mia squadra a forza di corse intorno al campo e mini-partite, così che nessuno potrà mai più dire che la squadra dei Grifondoro è "deboluccia".
Nossignore. Non mentre io sono Capitano, e soprattutto non quando è il mio primo anno da Capitano.
Ascolto placidamente il suono degli stivali che calpestano veloci il fango e l'acqua, concentrandomi come se stessi cercando di raggiungere lo stato finale della pace dei sensi, mentre mi godo il vento gelido che spira tra i miei vestiti - per quanto spazio possano lasciargli per spirare, visto che sono fradici anch'essi.
Alla fine, metto una mano sul fischietto, scuotendolo da tutta l'acqua che potrebbe aver raccolto, e lo porto alla bocca. Devo soffiare un paio di volte perché finalmente si senta; quando finalmente il suono che emette non sembra una pernacchia, tutti si fermano.
— Ci ucciderai tutti un giorno, Potter, — dice Will, ansimando, mentre si trascina verso di me insieme agli altri, che sembrano altrettanto esausti, — Ci ucciderai e noi sceglieremo di essere fantasmi solo per rinfacciarti questo fino alla fine dei tuoi giorni. Anche dopo che il Ministero della Magia ti avrà buttato in una lurida cella di Azkaban.
— Aspetta, puoi scegliere? — chiede Marta, con tono sorpreso, — Pensavo che, ecco... sì, insomma, che tutti diventassero fantasmi, di base.
Will sbuffa, quasi ridendo. — Se così fosse Hogwarts sarebbe un castello stregato. No, non si diventa fantasmi di base. Me l'ha detto Nick-Quasi-Senza-Testa.
Un ghigno si allarga sul viso di Marta, e lei alza un sopracciglio. — Oh, ti sei messo anche a parlare con i fantasmi adesso?
— Okay ragazzi, basta, — li interrompo, proprio mentre, in tutta risposta, Will rivolge il dito medio a Marta, — Dobbiamo allenarci ancora e i vostri battibecchi non aiutano. Ah, e Will... ti sei guadagnato mezzo giro di campo per quello.
— Cosa? — esclama lui, scandalizzato, — Ma mi ha provocato lei!
— E allora anche per Marta un mezzo giro, — affermo, sorridendo. Pretendo di non vedere il pugno sul braccio che Marta dà a Will, e questo probabilmente mi fa guadagnare, agli occhi di Will, l'epiteto di "lurido traditore".
Amanda mi si avvicina, con viso preoccupato. — James, vuoi farci allenare ancora? È tardi, — dice, gesticolando verso il cielo che si fa sempre più scuro, — E poi ti rendi conto che sta piovendo a dirotto e la partita è domani, vero? Se qualcuno di noi si ammala è finita, perché non abbiamo riserve.
Cerco di replicare, in qualsiasi modo, perché appunto, Amanda, la partita è domani e noi facciamo schifo, ma mi rendo conto che ha ragione. Se si ammala uno dei Cacciatori va bene, perché tanto ce ne sono altri due, ma tutti insieme? O il Cercatore, soprattutto?
Sospiro, rassegnato al fatto che Amanda ha sempre ragione (dato che, insomma, oltre al ruolo di Cercatore ricopre anche quello di "unico essere dotato di neuroni funzionanti" della squadra). — Okay, rientrate. Ah, e se domani doveste ammalarvi giuro che ai prossimi allenamenti vi faccio fare dieci giri di campo.
Aspetto che tutti entrino, e proprio mentre anch'io sto per rintanarmi al relativo calduccio degli spogliatoi vedo con la coda dell'occhio la figura di ragazzo, seduto tra gli spalti. Girandomi e osservandolo meglio, la mente mi si riempie dell'immagine passata di un ragazzino alto al massimo un metro e una banana, vestito di verde-argento e con i tratti aristocratici dei Black. Poi, di nuovo, ricordo la partita di ottobre, e tutto diventa un po' più chiaro. È da un po' di tempo che non lo vedo in giro, per qualche motivo (l'ultima occasione in cui l'ho visto era stata proprio la partita, e prima di quella la partita dell'ottobre precedente), ma nonostante tutto riesco ancora a riconoscere in quella figura Regulus, il fratello di Sirius.
Stiamo così, per un paio di secondi, a fissarci intensamente nella pioggia e nel vento, come se fossimo in un uno di quei vecchi film con i cowboy che mio padre guarda sempre, o come se fossimo i partecipanti di una qualche competizione. Poi lui si alza, molto tranquillamente, e se ne va.
Sto nella pioggia ancora per un po', fissando lo sguardo sul cielo sporco di nero e grigio.
Chissà perché era lì. Magari cerca di fare da spia per i Serpeverde, così finalmente potranno batterci l'anno prossimo?
Consapevole di sembrare piuttosto stupido, mi dirigo verso l'interno degli spogliatoi, attirato dai richiami di Amanda e, in parte, anche dalle esclamazioni ostili di Will e Marta. Sorrido alla vista di Amanda con un asciugamano tra le mani, che asciuga i capelli di uno dei gemelli con un'espressione che fa capire che lo sta rimproverando. Richard (ho imparato a distinguerli, finalmente, quei due ragazzini), in tutto ciò, pur scuotendo la testa da una parte all'altra poiché diretto dalle mani di Amanda, sembra essere completamente ancorato alla panca, immobile come se lei gli avesse lanciato un Petrificus Totalus, e dal colorito del viso sembra una bomba pronta a esplodere.
Lancio un'ultima occhiata agli spalti, ghignando. Batto le mani.
— Forza, gente, dobbiamo liberare il campo per i Tassorosso! E Richard, cielo, piantala di provarci con Amanda, è del settimo anno.
— No, io non... Non stavo... James, piantala di ridere!
Hai distolto lo sguardo prima. Ho vinto io.
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Torno al dormitorio con dei lievi brividi di freddo - non portarmi dietro un cappotto asciutto non è stata esattamente una delle mie idee migliori, e me ne sto pentendo adesso, davanti alla porta della nostra stanza, mentre l'acqua sgocciola dai miei vestiti formando una pozza per terra.
Dopo un po' di tempo da quando ho bussato, sento una voce dall'altro lato della porta.
— Chi osa giungere dinanzi a questa porta? — dice, e sono assolutamente sicuro che è Sirius. Lo fa ogni volta che torno dagli allenamenti, soprattutto se torno tardi, in quanto evidentemente considera un tradimento del codice d'onore di questo dormitorio non trovarvisi dentro entro le otto di sera. Ha la voce di una vecchietta decrepita stavolta - quella della matrigna di Biancaneve, per intenderci -, e non sembra intenzionato a lasciarmi entrare molto presto.
— Apri, faccia da cane, — dico, battendo i denti per il freddo, — Sono James.
— Dileguati, viaggiatore; non accettiamo mendicanti né traditori qui, — mi risponde, allora, e giurerei di averlo sentito sorridere.
— Dai, sto gelando, — ribatto, bussando con i pugni, — Se non vuoi avere un morto come compagno di stanza apri questa dannata porta!
Finalmente, dopo un altro paio di esclamazioni aggressive e la minaccia, da parte mia, di sfondare la porta, Sirius si decide ad aprirmi.
Ha un'espressione divertita, all'inizio, che poi si trasforma in una smorfia sorpresa non appena vede in che condizioni sto.
— Sembra che hai appena fatto un bagno nel lago, — commenta, alzando un sopracciglio e spostandosi per lasciarmi passare.
Mi tolgo in fretta i vestiti fradici, buttandoli per terra. — Be', io di certo non ho deciso di farlo.
Mano a mano che mi muovo, sempre più acqua finisce per terra. Remus, seduto sul letto a leggere, osserva accigliato i miei vestiti. — Dovresti asciugare per terra, James. Non vorrei che qualcuno si facesse male stanotte per colpa tua. Peter, per esempio.
— Grazie per l'interesse, Remus, mi andrò a fare una doccia calda e starò bene, non preoccuparti, — borbotto, sarcastico. A un certo punto, però, mi accorgo che Peter non è in stanza. — Dov'è Codaliscia, a proposito?
— Oh, aveva detto di aver dimenticato una cosa in classe, — dice Sirius, con tono annoiato. Si butta sul letto, e dà un'occhiata all'orologio. — Anche se, certo, alle otto e mezza di sera...
Rido. — Si sarà ricordato di dover fare i compiti.
Sirius rimane ancora un po' sdraiato sul letto, mentre io - girando in camera in mutande, con tutta la dignità del mondo - cerco il mio pigiama nel baule. Poi fissa lo sguardo sui vestiti per terra, e ghigna. — Ehi, Jamie. Ti servono quelli?
— Di solito sì, — replico, tirando fuori alcune bacche strane dal baule. Decido che non è il caso di usarle per Pozioni, perché l'odore che emanano non dà certamente l'idea di qualcosa di fresco. Le faccio svanire con la bacchetta. — Adesso no però. Che hai in mente?
Il suo ghigno si allarga. — Li lancerò addosso a Pete.
Scuoto la testa, riuscendo finalmente a tirare fuori il mio pigiama dal baule, e mentre Remus solleva il suo disappunto nei confronti della moralità dei desideri di Sirius io sguscio in bagno, sicuro che questa serata finirà molto, molto male - Sirius, ai limiti dell'isterismo omicida, che ride come un maniaco, Remus coperto di una qualche sostanza puzzolente e vagamente appiccicosa e Peter bagnato fradicio perchè Sirius ha comunque attuato il suo piano, incurante dell'autorità che Remus ha sopra di noi in quanto Prefetto.
Stilo una lista mentale dei pro e dei contro del rimanere a dormire in bagno, cercando di lavare via il freddo che sento con l'acqua bollente.
LISTA DELLA SALVEZZA di James Potter, sesto anno
Rimanere in bagno - PRO
- Posso dormire tranquillo in quanto, grazie al cielo, questa stanza è insonorizzata;
- Se esco fuori un secondo a prendere la divisa, la mattina avrò il primo turno in bagno;
- Nè Remus, nè Sirius, nè Peter, nè nessun mago che sia nato fino ad adesso potranno darmi fastidio oggi.
Rimanere in bagno - CONTRO
- Potranno farlo domani, appena uscirò;
- Dormire per terra è scomodo;
- Sirius è drammatico, non accetta tradimenti e mi rinfaccerà ciò che ho fatto per il resto dei miei giorni;
- O almeno fino a quando non gli avrò regalato una piuma di zucchero;
- Potrebbe anche vendicarsi;
- Lasciamo perdere, esco fuori;
Mi metto il pigiama, e consapevole del fatto che l'ombra della permalosità di Sirius è troppo grande per essere debellata apro la porta, entrando immediatamente in una zona di guerra.
Sospiro.
Sirius, ai limiti dell'isterismo omicida, ride come un maniaco, Remus è coperto di una qualche sostanza puzzolente e vagamente appiccicosa e Peter è bagnato fradicio perchè Sirius ha comunque attuato il suo piano. Avevo ragione.
— DOVRESTE VEDERE LE VOSTRE FACCE! — esclama Sirius, ridendo. Mi infilo sotto il piumino, grato di avere ancora un mese e qualche giorno prima che gli elfi lo sostituiscano con una coperta più leggera.
Ho ancora freddo, penso, devo prendere una coperta nell'armadio.
Ma l'armadio è lontano, protesta la mia parte meno razionale.
Ho una partita domani, non posso ammalarmi, ribatto allora.
Ma sì, che te ne frega, non ti ammali mai.
Non ho modo di contestare questo finissimo ragionamento; la mia irrazionalità dunque vince, e il mio dibattito interiore, finalmente, si conclude.
— HO DELLA ROBA VERDE CHE NON SO COS'È ADDOSSO, FELPATO, — sento urlare da un Remus vagamente imbestialito, — NON FA RIDERE!
Decido allora di intromettermi nella conversazione: — Non farà ridere te, Lunastorta, ma a noi, — Sbadiglio, sentendo già il sonno che mi assale. — sì che fa ridere.
Loro continuano ad urlarsi addosso, con Peter che rimane semplicemente al centro della stanza, spostando il peso da una gamba all'altra, come a disagio. Una parte di me crede fermamente che il nostro dormitorio sia insonorizzato; l'altra, invece, alimentata da un senso di responsabilità che ho preso inconsciamente da Remus, sa che da un momento all'altro degli studenti assonnati arriveranno a bussare alla nostra porta con le loro lamentele.
Nonostante però i miei pensieri che sembrano prendere sempre partiti opposti tra loro, la mia vocazione da malandrino prevale su ogni cosa e decido di rimanere a letto a godermi lo spettacolo. Cerco di raggiungere un pacchetto di gommose che ho nascosto sotto il letto, per dare meglio l'idea.
Tanto il dormitorio è insonorizzato.
Qualcuno bussa alla porta.
— Dannazione, — mormoro, tirando su col naso.
No, non è insonorizzato.
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Qualcuno potrebbe ragionevolmente pensare che è impossibile avere le ossa rotte se queste non sono, appunto, rotte. Lo direbbe ogni medico, no? Ha una laurea, è l'autorità massima in questo campo. Sa quello che fa, giusto?
No che non lo sa: se io sento di avere le ossa rotte appena mi sveglio vuol dire che ho le ossa rotte, anche se riesco a muovere i miei arti senza morire dentro al minimo movimento.
Il mio unico piccolo problema è che io questa mattina ho la partita e non posso avere le ossa rotte, perchè le ossa mi servono.
— James? — mi sento chiamare da una voce assonnata, dall'altro lato della stanza. — Perchè non sei ancora in piedi? — La voce misteriosa, che mi pare essere quella di Remus, sbadiglia. — C'è ancora tempo prima della partita, ma tu di solito ti alzi alle quattro, tipo.
— Remus? — chiedo, come conferma.
— Mh?
— Ah, okay, sei tu. — Cerco di aprire gli occhi, ma è difficile. Anche le palpebre sono rotte, quindi; però le palpebre non hanno ossa. — Rem, ho le ossa rotte, non posso fare la partita.
Non sento nulla, per qualche momento; poi c'è un rumore di coperte che si spostano molto in fretta. — In che senso hai le ossa rotte? — chiede Remus, con il tono che usa di solito quando uno di noi dice qualche idiozia.
— Nel senso che ho le ossa rotte. — ribatto, sospirando. Ho un tono vagamente nasale e respiro male, ma sono sicuro che deriva dal fatto che anche il mio setto nasale è rotto (è tutto rotto, tutto). — Uno di quei primini di ieri sarà entrato dalla finestra ieri notte per bastonarci tutti, come vendetta perchè li abbiamo "svegliati". Tu hai le ossa rotte?
Riesco a percepire l'aria dubbiosa di Remus anche senza guardarlo. — No.
— Ehi, Sir, — dico, — Tu hai le ossa rotte?
Lui russa in tutta risposta.
— Sono l'unico sveglio, sono le sei e mezza, — dice Remus, sbadigliando. — Non riuscivo a dormire. È iniziato il mese.
— Ah, giusto. — Passarmi una mano sulla faccia non mi provoca dolore e nemmeno alzarmi lo è, quindi deduco che forse forse non ho nulla di rotto, ma mi sento comunque il corpo più pesante del solito e come cosa non va bene. — Okay, allarme passato, sto bene.
— Sicuro? Sei a pois rossi, — commenta lui a bassa voce, con tono vagamente inorridito. — Ti vedo a pois rossi.
Gli rivolgo un'occhiataccia. — Che hai contro i pois? Sono bellissimi.
— Ho contro i pois il fatto che una persona normalmente non dovrebbe averne la faccia coperta.
Mi alzo dal letto, emettendo i versi di un anziano con l'artrite, cercando di raggiungere uno specchio senza cadere a terra. La stanza è semibuia, ma riesco ancora per terra i resti sparsi della guerra di ieri sera: cumuli verdi non solidi, la maglia della mia divisa a destra, un mio calzino a sinistra, un cumulo di vestiti che probabilmente appartengono a Sirius e delle caramelle gommose che sono sicuro provengano dal mio pacchetto ma che non mi ricordo di aver lasciato lì. Lancio uno sguardo al letto di Peter, e vedo una busta vuota sulle coperte.
Me la pagherà.
Decido di controllare il meteo - lo fa ogni Capitano prima di ogni partita, dall'alba dei tempi -, e guardo fuori dalla finestra: riesco a vedere chiaramente l'alba, e il cielo è cosparso di piccole e rade nuvole bianche. Non pioverà oggi.
Quando arrivo allo specchio mi rendo conto che, almeno in parte, Remus aveva ragione: le mie guance sono due chiazze rosse, praticamente, e sarebbe più facile definire dove effettivamente la pelle ha mantenuto il suo colore. Con orrore - e con un mal di testa incredibile - mi avvicino a Remus mettendo una mano sulla mia fronte e l'altra sulla sua, confidando nel fatto che lui non abbia la febbre in questo momento.
— Oh cielo, Remus, — dico, — Scotti!
— No, James, tu scotti.
— Io scotto, giusto.
— Dovresti farti vedere da Madama Pomfrey, — mi spiega pazientemente, mettendomi il dorso della mano sulla fronte proprio mentre io abbasso il mio, — Hai la febbre.
Mi ritraggo di scatto, — Non sia mai! Quella donna non mi farà mai fare la partita. L'ultima volta per non farmi uscire dall'infermeria mi ha legato al letto con una cinghia, mi stava bloccando la circolazione. — Rabbrividisco. — Chissà per cosa la usa di solito.
— Forse perchè non eri nelle condizioni di giocare e non lo sei nemmeno adesso, no?— chiede Remus, gesticolando per dare più enfasi ai concetti insensati che sta esprimendo.
Decido di ignorarlo. — L'ultima volta che ti sei ammalato Madama Pomfrey ti ha dato delle pasticche, o qualcosa del genere, giusto? — chiedo, cercando con gli occhi per tutta la stanza, — Le hai ancora?
Lunastorta borbotta qualcosa sul non volersi assumere alcuna responsabilità, e qualcos'altro sul perchè della sua esistenza, poi si alza e prende un barattolo di vetro dal suo baule, pieno di pillole rosa.
Mi sento meglio dopo averne presa una, ma Remus non sembra affatto contento e continua a mugugnare.
— Ma tranquillo, — lo rassicuro, con un sorriso, mentre metto l'altra divisa che ho nell'armadio. Ne ho due, non di più, proprio per i casi in cui l'altra è sporca o è stata usata come gavettone. O entrambi. — Starò bene.
— Potresti cadere dalla scopa, nelle tue condizioni, — mi rimprovera, scontento.
— E invece no.
— Come fai a esserne sicuro?
— Perchè Madama Pomfrey sotto sotto mi ama e se scopre che sono andato a giocare con la febbre le verrà un colpo, quindi cercherò di non farlo per lei, — esordisco, afferrando infine la mia scopa recentemente lucidata e dirigendomi verso la porta, — E ho ancora un anno e mezzo di crisi di nervi da farle venire, quindi meglio tenerla viva. E tenermi vivo, soprattutto.
Remus sospira, alzandosi definitivamente. — Io sveglio tutti, per ora. Ti raggiungeremo quando la partità starà per iniziare. — Cerca di sorridere, ma probabilmente si rende conto che la sua preoccupazione ha trasformato quello che dovrebbe essere il suo sorriso rassicurante in una smorfia diabolica e rinuncia. — Buona fortuna, Ramoso. Vincete per noi.
— E per chi altro? — dico, ghignando, ed esco.
~Lily~
Dissociarsi completamente dalla realtà mentre qualcuno ti tira per i polsi per trascinarti da qualche parte contro il tuo volere è un'esperienza mistica.
Hai tempo per pensare al tuo futuro, puoi farti un esame di coscienza, dedicarti completamente alla tua persona, puoi osservare ciò che ti circonda come non hai mai fatto prima e scoprire così i misteri di generici concetti astrali.
Soprattutto, puoi scoprire di essere una compagnia migliore di uno qualsiasi dei tuoi amici, che si divertono a farti fare cose che non vuoi fare, come assistere a una partita di Quidditch quando sanno benissimo che non te ne importa assolutamente nulla né del Quidditch, né dei suoi giocatori, né delle sue regole o dei suoi punti, né tantomeno delle palle che vedi volare in giro e che vorresti far esplodere per rendere chiari a tutti il tuo stato d'animo.
Okay, certo, chiunque potrebbe dire qualcosa come "Eh, lo sapevo! Le ragazze sono tutte uguali: a nessuna piacciono gli sport!".
Buuuu. Sbagliato.
Non è che non mi piacciono gli sport perché "sono una ragazza". Non mi piacciono perché ritengo di avere molto di meglio da fare che stare a gurdare dieci povere bestie buttare letteralmente il sangue per far passare - o evitare di far passare - una palla marrone mal bilanciata attraverso un buco, mentre altre due bestie si spintonano per la supremazia su una pallina gialla troppo eccitata. Secondo me quelli che si divertono di più sono i Battitori: non fanno nulla di pericoloso, lanciano quelli che sono praticamente massi addosso ad altre persone, sfogano la loro energia distruttiva. Fantastico, no? Potrei farlo anch'io, se fossi un po' più massiccia.
In questo momento Alice e Mary stanno cercando di dirmi qualcosa, ma tutto ciò che riesco a fare è osservarle con distacco come fanno gli animali allo zoo nelle loro gabbie e continuare a farmi portare da loro verso la Sala Grande senza opporre resistenza. I pavimenti di questa scuola sono incredibilmente lisci, e credo che se decidessi di usarli come pista da pattinaggio potrei continuare a slittare all'infinito per la mancanza di attrito che sicuramente troverei.
Dovrei provarci.
— ...ily! — esclama Alice, con tono irritato, quando finalmente decido di connettermi al piano d'esistenza mortale. — Ma stai ascoltando?
— No, Alice, non stavo ascoltando, — dico, sospirando, e continuando nei miei apprezzamenti mentali nei confronti dei pavimenti di Hogwarts, — Ed è più che giusto, visto che voi non mi avete ascoltata quando vi avevo detto che non avevo intenzione di venire a vedere la partita.
Mary mi tira con più forza. — Devi uscire ogni tanto, Lils, goderti la vita! — mi dice, mentre il broncio che aveva sul viso si trasforma in un sorriso, — E poi, devo sostituire il presentatore oggi, quindi devi vedermi.
— Davvero? — dico, perplessa, e mi fermo. Nonostante tutti i loro sforzi, Mary e Alice non riescono più a trascinarmi: pur essendo alta a malapena un metro e sessanta, ho in me una quantità straordinaria di energia repressa con cui loro non potranno mai competere. — Che è successo a Oliver?
Mary fa spallucce. — Oh, nulla di che. Un tizio gli ha fatto crescere un braccio in più per sbaglio durante Trasfigurazione.
— Ah, — commento, incapace per un momento di elaborare una risposta adeguata, — Certo che quest'anno ne stanno succedendo di cose strane a chi ha qualche ruolo nel Quidditch. La prima presentatrice che è scomparsa...
— Mi hanno detto che Tina è andata in America, a studiare in una scuola locale, — ci informa Mary, cercando ancora di tirarmi verso la Sala Grande.
Annuisco. — Poi c'è anche Lucas che si è rotto la mano a inizio anno...
— Povero Lucas, non può più giocare fino all'anno prossimo perché ha avuto delle complicazioni, — mi interrompe Alice, mettendosi una mano sulla guancia, in pensiero per il cugino, — Lo vedo sempre così triste, povero angelo.
Mary ridacchia. — Già. Tutto questo sembra quasi... un mistero.
Riesco a togliere le braccia dalla loro morsa, e le incrocio. — Allora verrò a vedere la partita, — esordisco, mentre le due mi lanciano occhiate incredule e felici insieme, — Ma solo perché ci sei tu a presentare, Mary.
Lei ridacchia, contenta. — Oh, allora farò un ottimo lavoro, solo per te!
Riprendiamo a camminare, e arriviamo finalmente alla Sala Grande. Sono le otto e un quarto di questa mattina maledetta in cui io ho deciso di venire effettivamente a vedere una partita di Quidditch, ho fame e voglio fare colazione.
Il mio sguardo, diretto al tavolo dei Grifondoro, viene immediatamente catturato dai giocatori, che si distinguono in mezzo alla massa di divise nere e grigie con le loro divise rosso-oro e le loro scope. Non riesco a fare altro se non guardarli con disappunto, perché se sono sveglia a quest'ora, di domenica, è solo colpa loro.
No alle partite prima delle dieci. Aboliamo il Quidditch.
Mi siedo, tranquilla, mentre i miei timpani vengono investiti dalle risate sguaiate dei miei compagni di casa, e prendo il pane tostato da uno dei piatti davanti a me. Credo di poter almeno stare in pace, e di poter avere il lusso di parlare solo con Alice e Mary per le successive tre ore, quando all'improvviso la mia pace viene bruscamente interrotta. — Ehi, Evans, come mai sveglia a quest'ora? Verrai a vedermi?
Sospiro.
So perfettamente che io e Potter ci siamo riconciliati da poco, che dovrei essere più gentile e comprensiva, non avere crisi di nervi e bla, bla, bla.
Giuro, ci sto provando, e lo sto facendo: non lo sto insultando più da tempo, cosa che ho capito essere un gesto immaturo e alquanto superfluo, ed è già un passo avanti.
Però se qualcuno mi interrompe mentre sto cercando di fare colazione in santa pace dopo aver fatto tre ore e quarantacinque minuti di sonno, fingendo di star ancora dormendo e cercando di isolarmi dall'ambiente esterno, è inevitabile che io mi metta a lanciargli maledizioni contro, che sia questo qualcuno Potter, Mary, Alice o la beata bocca di Morgana.
Alzo la testa, pronta a sputare qualche creativa sentenza acida, quando la vista di Potter mi blocca - e non in senso buono, il senso da "Oh, lo sai, ha un bel viso, potrei farci un pensierino!".
Mi sta osservando con la sua solita espressione ammiccante, ma c'è comunque qualcosa di sfiorito nel suo atteggiamento. Ha gli occhi lucidi e lo sguardo spento, le spalle curve come se stessero sostenendo macigni, la pelle pallida.
Sbatto le palpebre, corrugando la fronte. Lo guardo per un momento, e lui guarda me, altrettanto perplesso.
— Stai bene, Potter?
— Hai dormito?
Parliamo allo stesso momento, il che rende ciò che abbiamo detto una massa confusa di parole. In qualche modo però io riesco a capire che ha detto, e anche Potter sembra essere riuscito a capire ciò che ho detto, perché risponde, chinandosi sul tavolo: — Perché pensi che io non stia bene, Evans?
— Perché sembri un morto vivente, — replico, alzando un sopracciglio, — Tu invece perché pensi che io non abbia dormito?
Lui sorride. — Perché sembri fatta, — risponde, riprendendo in parte le mie parole. Mi viene un tic all'occhio, sentendo la sua risposta, ma decido di lasciar stare l'approccio aggressivo, per il momento.
— No, non ho dormito, dovevo studiare. Adesso rispondi tu, — dico, — E dì la verità, perché si vede che c'é qualcosa che non va.
Lui sbuffa, quasi divertito. — Studiare di sabato sera? Scherzi?
— Non cambiare argomento.
— Evans, suvvia, non ho cambiato argomento, ho semplicemente reagito come reagirebbe una persona sana di mente, che non studia sapendo che il giorno dopo sarà domenica, — replica, ghignando. — In ogni caso, è un semplice raffreddore, nulla di cui preoccuparsi!
— Oh, eccome se bisogna preoccuparsi! Se da testa bacata quale sei non avessi deciso di farci allenare anche durante un acquazzone, — dice colei che riesco a identificare come Amanda, poggiata alla sua scopa, dandogli uno schiaffetto sulla nuca, — Staresti bene adesso!
Potter poggia la testa su una mano, girandosi verso la ragazza, e ghigna di nuovo. — Dai, Amanda, sei così drammatica! Cosa sarà mai un po' di naso chiuso?
Lei scuote la testa, come rassegnata.
Rimango qualche secondo a ragionare; poi, seppur io sia riluttante a esprimere preoccupazione nei confronti di Potter perchè a) mi imbarazza già mostrarmi preoccupata per qualcuno e b) stiamo parlando di Potter, ossia qualcuno con cui ho instaurato un rapporto di pseudo-amicizia solo poche settimane fa, dò ragione ad Amanda. — Lo sai che è vero, — affermo, incrociando le braccia, — Uno starnuto troppo forte potrebbe farti sbilanciare e splat, ecco una frittella.
Potter agita la mano, come a dire "Hah, idiozie!". A un certo punto però si blocca completamente, e alza lo sguardo su di me, sorridendo come qualcuno che ha appena ereditato diecimila sterline. — Aspetta un secondo. Da quand'è che ti preoccupi per me tu? — chiede, piegando la testa di lato.
Io stringo la radice del naso tra due dita, sospirando. Lo sapevo che era una cattiva idea dirlo, penso, lo sapevo, lo sapevo.
— Senti, Potter, se cadrai e morirai ci saranno un sacco di scartoffie da compilare: tempo di morte, causa, eccetera, — dico, agitando una mano, — Se qualcuno dirà che noi ti abbiamo lasciato giocare senza avvisarti delle possibili conseguenze, ci andremo di mezzo noi e le scartoffie saranno ancora di più. — Prendo un altro toast in mano, preparandomi ad alzarmi. — Sto pensando al mio benessere e a quello dei poveri lavoratori d'ufficio, non al tuo.
Mentre scendo dalla panca, lui continua, crogiolandosi nella sua convinzione: — Bugiarda. Ti stai preoccupando, dillo.
— Non mi sto preoccupando, — replico, serrando la mascella. Punto gli occhi sulla gigantesca porta di legno della sala.
Raggiungila, mi dico, incoraggiandomi, raggiungila e sarai salva.
— Dai, Evans!
Continuo a camminare.
— Non fare la codarda!
So di avere le guance spiacevolmente in fiamme. La Sala Grande sarà anche affollata e chiassosa, ma alcuni (rettifico: molti) studenti non sono impegnati in questo chiasso e ci stanno osservando.
E io mi sento incredibilmente a disagio.
— Evaaaaans! Non ignorarmi, so che stai ascoltando! Tu- AHIA!
Ripongo la bacchetta in una tasca del mio mantello, con le guance che continuano a bruciare, mostrandomi però tranquilla.
Così impara.
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Qualche ora dopo, Mary e Alice escono dal castello, e io con loro. Nonostante il tempo sia notevolmente migliorato rispetto a ieri, il freddo è insopportabile e lancerei occhiatacce al sole se solo non rischiassi di accecarmi.
— Assurdo, semplicemente assurdo! — sta urlando Alice, da circa dieci minuti, a braccia spalancate, — Quella di Divinazione si lamenta che non faccio i compiti. Come dovrei fare i compiti per la lezione successiva se lei non ce li da nemmeno? — Sbuffa, divertita. — Dovrei predirli?
Ridacchio. — Sì, con le tazzine da tè. "O superbo fogliame! Dimmi, come dovrei sprecare il mio prezioso tempo?"
— "In nessun modo, o fanciulla!" — continua Mary, con voce gutturale, — "Il mio nobile oracolo non trova risposte per te nella mente di quell'imbecille che hai come insegnante!"
Ci mettiamo a ridere, mentre continuiamo a camminare per il sentiero.
Perlopiù non c'è neve, naturalmente, perchè siamo già a metà marzo, ma alcune tracce si possono ancora vedere nelle parti più fredde della zona, come quelle vicine alla Foresta Proibita.
Nonostante il freddo, però, i fiori sono già sbocciati e riempiono di colori la vista, tanti sono, e creano un paesaggio quasi idilliaco con il prato verde che ricoprono e il cielo azzurro intenso.
Scuoto la testa. — Non so davvero cosa ci fai ancora in quella classe. Divinazione sarà anche una bella materia, ma non se viene insegnata da un soggetto come la Jones.
Alice scrolla le spalle. — Le altre materie non mi piacciono molto. Diciamo che questa... è quella più decente. Però mi sta dando dei problemi, perchè o non assegna compiti o, come punizione per non aver fatto i compiti che lei "ha assegnato", ne assegna troppi. Se va avanti così non riuscirò a partecipare a tutti i corsi di Smaterializzazione.
— Ah, beate voi che potete farli! — si lamenta Mary, sbuffando, — Io devo aspettare l'anno prossimo!
— Meglio tardi che mai, — commento, sorridendo.
Arriviamo al campo, e già gli spalti sono gremiti di gente. Metà dello stadio è occupata dai Grifondoro, urlanti, con i visi dipinti di rosso e oro e degli striscioni in mano; dall'altro lato ci sono i tifosi di Tassorosso che urlano inni a squarciagola, (persino più dei Grifondoro), che si agitano e si dimenano quasi come se fossero dei bambini.
I Tassorosso, calmi e tranquilli? Non credo proprio.
Io e Alice ci sediamo in un posto piuttosto vicino alla prima fila, schiacciate come sardine contro la folla di studenti, mentre Mary va a prendere il posto del presentatore.
Nonostante io sia a rischio imminente di venire inglobata dal tizio seduto alla mia destra (che per comodità soprannomineremo Roccia), il quale sembra divertirsi nel far arrivare briciole di cibo sui miei vestiti, cerco di non lamentarmi. D'altronde, avevo promesso a Mary che sarei rimasta per lei, e lo avrei fatto.
Però le partite sono sempre così noiose...
— BUONGIORNO, STUDENTI E PROFESSORI! — sento urlare dal microfono del commentatore, all'improvviso, e sono sicura che se il suono che è venuto dopo fosse stato più alto di solo qualche decibel le mie orecchie avrebbero iniziato a sanguinare. Tutte le persone sugli spalti si tappano le orecchie, e così anche probabilmente i giocatori negli spogliatoi. — Accidenti, devo parlare con tono più basso... in ogni caso, benvenuti alla quarta partita del Torneo del Quidditch di Hogwarts!
Intorno a me, tutti iniziano ad applaudire e urlare incoraggiamenti - anche Roccia, se è per questo, che alzandosi ha messo in pericolo la mia vita, facendomi quasi cadere addosso ad Alice.
Riesco a vedere vagamente Mary che saltella sul posto, dall'altra parte del campo. — Prevedo un incontro piuttosto intenso, oggi! Signore e signori, date il benvenuto alla squadra di... Tassorosso!
Nel campo entra, come annunciato, la squadra dei Tassorosso; man mano che avanzano, Mary snocciola i nomi dei giocatori (che io non ricorderò mai) come se facessero parte delle tabelline, e come cosa non mi sorprende. Al contrario di me, Mary è un'esperta del Quidditch - conosce il nome di ogni singolo giocatore delle squadre di tutte le case, e conosce anche molte mosse e trucchi del gioco, anche quelli più nascosti. Forse è per quello che l'hanno scelta come commentatrice per questa partita.
Fa la stessa esatta cosa con la squadra dei Grifondoro - e questo mi rende sempre più confusa sul come riesca a ricordarsi i nomi e i ruoli di quattordici persone diverse ma non i quattro nomi dei fondatori, che riesce sempre a sbagliare in qualche modo.
Osservo i giocatori rosso-oro entrare nel campo, acclamati dalle esclamazioni dei tifosi intorno. Potter, pur essendo il Capitano, è l'ultimo a entrare, ma ciò non affievolisce certo le urla: al contrario, queste si fanno sempre più forti, sempre più entusiaste. Lui passeggia in mezzo a quell'entusiasmo, spavaldo con la sua scopa sulla spalla, e sono sicura che se ci fosse la possibilità di trasformare le parole in liquido ci si farebbe il bagno in quelle urla. Non riesco più a vedere nessuna traccia di quel malessere che avevo notato su di lui poco più di un'ora fa.
Roccia mi sta ancora schiacciando e lo fa soprattutto adesso, nella sua veste di tifoso impazzito.
I Capitani si stringono le mani.
— In sella alle scope! — esordisce Madame Hooch, e percepisco il suo sguardo severo anche a metri di distanza. — Se vi azzardate a ripetere le stesse bravate della partita contro i Corvonero, vi espello uno per uno.
Tutti i giocatori sembrano annuire e così gli spettatori (mentre io continuo a non avere la minima idea di cosa sia successo, esattamente, ai poveri Corvonero), ma sono quasi sicura che siano troppo distratti dal guardarsi in modo torvo l'un l'altro per afferrare il reale significato di ciò che ha detto la professoressa.
Un fischio, e la partita inizia: non capisco molto, perché sono tutti troppo veloci, ma dal commento di Mary pare che i Grifondoro se la stiano passando bene.
— A quanto pare i Grifondoro si sono dati da fare in questi mesi! — esclama, al microfono. —Scommetto che Potter li ha fatti sgobbare, al solito - ma almeno i risultati sono evidenti, la squadra dei Grifondoro è in vantaggio di quaranta a dieci!
Osservo la partita con occhio critico, cercando di capire qualcosa da sola: il loro gioco di squadra è strabiliante, molto più sviluppato rispetto all'ultima partita, ma nemmeno i Tassorosso sono male. A loro manca però ciò che Potter deve aver integrato nei suoi allenamenti: la necessità di vincere. Il gioco dei Tassorosso sembra piuttosto lento, rilassato; al contrario, i Grifondoro giocano (anche se credo che "combattono" sia il termine più adeguato) con grinta, e si passano la palla con una velocità assurda, determinati a vincere come se la vittoria rappresentasse la salvezza da un male molto più grande della sconfitta - un male che scommetto essere proprio Potter e i suoi giri di campo bonus.
Ricordo ancora i lamenti di Frank dopo ogni allenamento.
Ironicamente, Potter è l'unica presenza nella squadra che sembra più spenta rispetto alle altre: quando gli viene passata la Pluffa sembra quasi esitare prima di lanciarsi nei passaggi, e più di una volta è sul punto di essere colpito in pieno da un Bolide.
Nonostante ciò, i Grifondoro rimangono in vantaggio, i Tassorosso continuano a sembrare gli hippie della situazione nonostante il loro punteggio e...
— Mentre da un lato del campo la partita continua, dall'altro I CERCATORI HANNO AVVISTATO IL BOCCINO! — urla Mary, estasiata. — Guardate come si muovono, come si spintonano! Sembra quasi una danza, la loro, e la cosa è comica visto che a quanto mi è stato riferito nessuno dei due sa ballare. Concentratevi, spettatori e giocatori, la partita sembra essere agli sgoccioli!
Anche osservare la partita come spettatore è comico. La velocità dei Cercatori è sorprendente, e osservare loro volare come api intorno al campo mentre i Cacciatori al centro sembrano delle lumache, a confronto, mi farebbe spezzare in due dal ridere se già non ci stesse pensando il caro buon vecchio Roccia a farlo.
È allora che noto Potter fermarsi, per un attimo, come spaesato. Il suo braccio si alza, e posa una mano sugli occhi.
I Cacciatori continuano a passarsi la Pluffa, i Portieri proteggono le porte, i Cercatori sono all'inseguimento del Boccino e i Battitori continuano a lanciare Bolidi.
All'improvviso, la nostra parte degli spalti erompe in urla festose. — JOHNSON AFFERRA IL BOCCINO, E GRIFONDORO VINCE CON UN PUNTEGGIO DI DUECENTONOVANTA A OTTANTA! — annuncia Mary con un tono così alto da far fischiare il microfono.
Proprio in quel momento, Potter alza un braccio, come se volesse partecipare ai festeggiamenti. Vedo un sorriso lieve farsi strada sul suo volto, ormai non più pallido ma rosso fuoco.
Sento il mio stomaco stringersi; so che non finirà bene.
Nonostante abbia ancora l'altro braccio a tenerlo aggrappato alla scopa, scivola comunque, finendo a testa in giù. Tutti se ne sono accorti adesso e tutto ciò che sento intorno a me non sono più urla di gioia ma urla di spavento, che si intensificano quando Potter perde definitivamente la presa e inizia a cadere.
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Cielo, è passato un (altro) anno.
Non commento questa situazione, che è già imbarazzante di suo, ma piuttosto vi porto un capitolo un po' più lungo del solito, insieme alla promessa che sì, pubblicherò ancora. Ho semplicemente perso un po' di interesse per la saga - il che credo che sia normale, visto che si cresce e gli interessi cambiano -, e mi sono bloccata allo scorso capitolo senza sapere come dovevo continuare la storia. In ogni caso, adesso ho tutta la trama pronta dal principio alla fine, e un piccolo riassuntino per ognumo così che io sappia esattamente cosa scrivere, quindi almeno adesso ho un'idea più o meno chiara di ciò che dovrei scrivere (al contrario di come facevo prima, vale a dire... improvvisare, sì).
So che ci sono ancora alcune persone che seguono questa storia, e ve ne sono immensamente grata. Tra l'altro, ho letto i commenti e voglio dirvi che mi avete scaldato il cuore - se non ho risposto, è perché mi sentivo decisamente in colpa leggendo ciò che mi avevate scritto. Vi dico grazie, grazie davvero per esserci ancora e per aver speso le vostre energie per questa storia che, devo dirlo, si è trasformata in un casino.
Intanto, comunque, continuo a scrivere. A presto!
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