Capitolo 38
~James~
Lily Evans è una donna pericolosa e imprevedibile, e questo deve saperlo tutta la scuola. Non che abbia fatto qualcosa di violento per ora, insomma, ma è da mezz'ora che siamo nella Sala Grande a mangiare ed è dal preciso istante in cui il mio piede ha superato l'uscio del gigantesco portone di quercia della Sala che i suoi occhi sono fissi sulla mia spalla destra e non sembrano irradiare buone intenzioni. Probabilmente sta cercando un metodo per romperne le ossa. Magari, che ne so, mandandomi a sbattere contro il muro con uno Stupeficium o partendo direttamente alla babbana, a pugni oppure con un'ascia. Mi ricordo in effetti che aveva detto qualcosa a proposito di me e di un'ascia, all'inizio dell'anno.
Potrebbe anche essere un segno positivo però, no? Ama follemente questa mia parte del corpo e i suoi pensieri al riguardo sono piuttosto intensi, per questo ora mi sta trapassando l'anima con gli occhi.
Non vedo perché questa non potrebbe essere un'alternativa: tutti gli esseri viventi presenti sulla Terra mi amano, senza eccezioni. Persino il gufo di Mocciosus mi ama. Anzi, ora che ci penso può darsi che Piton sia un'eccezione. Però lui non è nemmeno un essere vivente, è da dire: è un cadavere ambulante, pallido e smunto, con due ciocche di capelli unti tipo sipario davanti alla faccia che lo fanno sembrare ancora più morto.
In ogni caso, questa cosa giova anche alla mia persona. Insomma, l'apparente cotta che ho preso per la rossa è sicuramente momentanea, quindi grazie a tutte queste attenzioni potrò, per lo meno, discendere dal turbine ormonale totalmente insensato che mi ha investito con la mia innata eleganza e nonchalance, e nessuno in questa stanza ne risentirà né verra a conoscenza di questa parte oscura della mia vita.
Piano perfetto, direi.
Il problema è che sto iniziando a sentire un bruciore nel punto che la Evans sta focalizzando e non so se è lei, che è riuscita a imparare come lanciare un Incendio senza bacchetta, o è solo la mia mente che mi sta facendo credere cose non vere. È una cosa brutta in ogni caso.
È proprio quando mi giro verso Remus per chiedergli se mi converrebbe scappare o mettermi in posa, però, che realizzo di non essere io l'oggetto delle attenzioni della ragazza, ma per l'appunto Remus, il quale si trova in effetti alla mia destra. Cosa piuttosto inconveniente, visto che lui è mancino e io destrimano.
Ma comunque.
— Lunastorta. — mormoro, cercando di ignorare il nodo allo stomaco. Lo scuoto per la spalla in modo da attirare la sua attenzione. — Lunastorta, la Evans vuole ucciderti.
Remus blocca la sua parlantina su una qualche teoria scientifica che io non capirò mai, che però non era rivolta a me ma a Peter (e siamo a due); sembra tuttavia che nemmeno lui stia capendo qualcosa di quello che Remus sta dicendo, anche se sorride e annuisce comunque per educazione, e ne sono confortato. Forse nemmeno Remus ha idea di ciò che sta dicendo.
Vedo Lunastorta confondersi giusto per mezzo secondo. Poi, razionale e pieno di assoluta comprensione e cieca fiducia come al solito - è un vero amico, lui -, si gira verso il mio lato. — James, sei sicuro che il fumo delle sigarette di Sirius non ti abbia fatto male?
Il suo viso è l'espressione di tutti i "Hai seri problemi" del mondo.
Non rispondo, perché questa domanda non può avere una vera risposta e perché sono assolutamente certo che quelle di Sirius non siano sigarette. Non lo sembrano nemmeno da lontano.
In ogni caso, evidentemente il mio silenzio è stato preso da Remus come momento di ragionamento, perché dice: — Ah, aspetta, sono tuo amico, Lily avrebbe un buon motivo per uccidermi anche solo per questo.
Mi sorride, prendendo la questione come uno scherzo. Gli lancio un occhiataccia che fulminerebbe chiunque sul posto.
— Ah-ha, molto simpatico, Rem. Ma ricordati di ciò che hai appena detto, perché da oggi in poi sei a rischio di essere sulla mia lista dei cattivi per quando sarò in cima, famoso in tutto il mondo. — dico, gonfiando il petto perché sì, in qualche modo io diventerò famoso, questo è certo: se i risultati dei miei esami non saranno sufficienti per una formazione ottimale da Auror, allora ho come piano B quello di diventare un Cacciatore di fama mondiale.
— Per quando diventerai il successore di Babbo Natale? — replica lui, con un ghigno.
— Sei decisamente sulla mia lista dei cattivi.
Sospiro, passandomi una mano tra i capelli. — In ogni caso, ti consiglierei di guardare verso la Evans. Così poi se deciderai di farti strozzare almeno io avrò fatto il mio dovere di amico avvisandoti. Ah, e non aspettarti il mio aiuto, quando accadrà.
Mi sarei aspettato di trovarla, come da cliché, con il viso già girato da un'altra parte, perché quella ragazza gode nel farmi soffrire e una mia umiliazione lo farebbe ancora di più. Ma no. Continua a rigirare la forchetta nel purè, masticando lentamente ad occhi socchiusi.
A Remus tuttavia sembra non importare, almeno superficialmente. Lo vedo sorridere, incurante, mi dice di non preoccuparmi. Però capisco che qualcosa lo turba: il suo sguardo è irrequieto, mentre rivolge brevi occhiate alla rossa.
— Perché non andiamo direttamente da lei a chiedere? — chiede infine Lunastorta, nervoso. — Sono sicuro che si è semplicemente concentrata troppo su un pensiero. Nulla di che.
Ma io so che non è "nulla di che".
Conosco la Evans da molto tempo (come lui in effetti, ma evitiamo di soffermarci sui dettagli), e conosco anche il significato di quello sguardo. Me l'ha rivolto già dalla prima volta in cui ci siamo incontrati.
Riesco a leggervi la rabbia, per ora silenziosa e mite. Il ribrezzo.
— Certo. — dico, incerto. — Andrà tutto benissimo.
Ed è in quel momento che ho capito che non sarebbe andato tutto "benissimo".
~Lily~
Questo purè fa veramente schifo.
"Perché hai preso il purè allora, se non ti piace?", chiederebbe qualcuno, ed è una giusta domanda, una domanda che una persona intelligente, una persona che possiede logica - a differenza di me - farebbe. "Non ne ho idea." risponderei io in quel caso, perché in effetti il purè di patate mi disgusta nel modo più assoluto e non ho idea del perché io lo abbia preso.
Forse sarà che guardando quelle apparentemente deliziose e soffici nuvolette color crema mi è venuta voglia di dar loro un'altra possibilità. Succede sempre. Realizzo il mio gravissimo errore solo dopo, solo quando una forchettata di nauseabondo niente mi ha già riempito il palato.
Osservo di nuovo il piatto, assottigliando gli occhi. Come può una cosa essere così bella e poi essere così ripugnante?
Metafora della vita, forse. Almeno è utile a qualcosa.
Non riesco a mangiarlo. È disgustoso. Cosa dovrei fare?
Cerco di prenderne ancora un po' con la forchetta - almeno un po' -, ma è inutile: la mia mano desiste, perché il mio corpo evidentemente mi vuole bene più di quanto me ne voglia mia sorella e cerca di non farmi morire.
Alla fin fine, poi, non ci vuole tanto per superare mia sorella in amore.
Per esempio, lo sappiamo tutti che si è fidanzata con Vernon solo per i soldi. La verità è che lei non ama nessuno. Nemmeno mamma e papà. Forse a lei il purè piace.
Per Godric Grifondoro, sto per vomitare.
Avverto uno strano formicolio sul viso, che mi fa automaticamente risvegliare dal torpore che mi aveva assalita. Alice mi sta parlando di chissà cosa, e ormai è troppo tardi per chiedere spiegazioni su qualunque pettegolezzo stia passando per la sua bocca. Potrebbe pensare che sono un essere egoista e senza cuore, cosa che preferirei evitare. Anche se forse sono, segretamente, egoista e senza cuore. Chi lo sa.
In teoria dovrebbe essere partecipe di ciò che Alice sta dicendo anche Mary, ma la ragazza è saggia e ha deciso di ignorarla mangiando.
Rivolgo dunque lo sguardo verso ciò che si trova davanti a me: Remus. Mi sta osservando. Un momento, no. Anche Potter.
Sembrano maniaci, oh cielo.
— Ho qualcosa sul viso, Potter? — chiedo con tono brusco, perché è sempre giusto rivolgersi bruscamente a Potter e sicuramente è colpa sua se anche Remus mi fissa. Anzi, Remus fa bene ad osservarmi con quello sguardo che, ora che lo noto, sembra impaurito, soprattutto dopo tutta la questione con Mary.
— Sì, hai un'espressione adorabile, mentre osservi la mia meravigliosa spalla. — risponde lui con il mento poggiato sul palmo della mano ed un sorriso che dovrebbe, nella sua piccola mente, sembrare seducente, al quale automaticamente rispondo sollevando gli occhi al cielo.
Alice forse sta parlando a sé stessa, perché non sembra far caso a questo scambio.
Non rispondo: sono infatti piuttosto confusa, non ho idea di cosa stia parlando, di cosa c'entri la sua spalla e soprattutto di come tutto questo c'entri con me.
Vorrei tanto ricominciare a punzecchiare il mio purè e far finta di non aver rivolto la parola a nessuno, ma l'immagine del mio naso al centro della fronte mi tortura la mente e vorrei tanto assicurarmi di non esser diventata uno strano unicorno.
E poi continuano ancora a fissarmi, di sottecchi.
Con lo sguardo fisso al mio piatto, mi interrogo per un secondo sulle questioni importanti della vita.
Dovrei fare qualcosa?
Okay, allora, la risposta giusta alla domanda "Dovrei fare qualcosa?" non era certamente "Sì. Urla addosso a Remus e dai un calcio a Potter, Lily. Ammazzali.", però ops, ormai l'ho fatto, troppo tardi. E poi, insomma, ho già abbastanza sensi di colpa per la mia improvvisa realizzazione del perché Remus abbia rifiutato - gentilmente, tra l'altro - Mary, e per l'aver lasciato nel piatto una splendida torta al cioccolato finita ora quasi sicuramente tra le fauci di Black.
Quella torta mi perseguiterà per tutta la vita.
— Evans, e che diamine, ci siamo appena riconciliati e già mi prendi a calci? — aveva detto Potter con la voce di qualche ottavo più alta, dopo qualche secondo di silenzio carico di astio nei confronti dell'umanità, inginocchiato per terra e evidentemente dolorante, a giudicare dallo sguardo.
Dritta nei Paesi Bassi, aveva allora sussurrato trionfante una vocina nella mia testa. Ora, a pensarci, quasi mi dispiace. Quasi.
Remus invece non sembra essersela presa tanto, per quello che ho detto. — Ho le mie ragioni. — dice calmo, mentre siamo fermi nel bel mezzo del corridorio. — Però cercherò comunque di chiarire con Mary. Non che l'abbia esattamente rifiutata, questo è da dire. Diciamo che...
— Non dirmi che sei corso via.
— Via verso il vento, come la più leggiadra delle gazzelle. — conferma Remus, annuendo, mentre Potter si rialza imprecando. La punta delle mie scarpe deve avergli fatto male.
Fanno per andarsene, e anch'io dovrei andarmene, perché la cena è finita da un bel pezzo e la mia fetta di torta sarà probabilmente sepolta da qualche parte tra i numerosi piatti presenti nelle Cucine, o se è stata tanto sfortunata si troverà probabilmente già a buon punto nel processo digestivo di Black, quando rivolgo al mio compagno Prefetto un'ultima domanda, il più a bassa voce possibile. — È per la Licantropia?
L'ho detto così a bassa voce che per un secondo ho pensato di non essere sentita, ma Remus si è girato verso di me lo stesso. Sospira, rassegnato. — E va bene. Okay, ehm, non è solo quello. È che... Mary è una carissima amica. È meraviglioso scherzare con lei, passare dal parlare di cose come "Hai visto i nuovi dolci di Mielandia?" a parlare di teorie filosofiche sulla vita praticamente inutili, visto che non avremo mai una conferma concreta anche a una sola di queste teorie se non quando passeremo a miglior vita, scambiare altre teorie riguardanti invece la vita sentimentale della McGranitt o anche solo rimanere in silenzio e godere della pace momentanea. Il problema è che, al momento, sto avendo dei problemi in questo campo.
— Ma a te Mary piaceva, mi ricordo di come la guardavi, con gli occhi a cuore. — rispondo allora, perplessa. Ed è vero ciò che ho detto. Remus non l'ha mai detto esplicitamente, ma me ne sono accorta dalle piccole cose: come si accorgeva di ogni nuovo dettaglio nell'aspetto di lei, di come chiedeva sempre di cosa faceva, di come si sentiva. Lo sguardo, poi. È lo stesso sguardo che Potter ha mentre parla di Quidditch, lo stesso che le persone rivolgono al mondo circostante dal momento in cui lui finalmente chiude il becco. Letizia pura, estasi, amore incontrastato. Un tipo di amore soffice, un amore tranquillo. Anche una certa ammirazione, direi. Capito cosa intendo?
— Hai detto bene: mi piaceva. Ma ci ho pensato tanto, veramente tanto, e ora non ne sono più così... sicuro, ecco. — dice, rivolgendo lo sguardo da un'altra parte. Si gratta il capo, a disagio, poi incrocia di nuovo il mio sguardo. — Il punto è questo: sul piano sentimentale, non sono una persona dalle convinzioni stabili. Non so com'è avere una vera cotta. Nella maggior parte dei casi, scambio il grande affetto che si può provare per un'amica per amore romantico, chiamiamolo così, e...
— Quindi hai amato anche me, Rem-Rem? — lo interrompe Potter, divertito, alzando le sopracciglia.
Remus assottiglia gli occhi, riducendoli a due lati di moneta, e rimane così per qualche secondo. — No, non te. — dice infine.
L'altro, indignato, si rifugia in un angolino a piangere, evidentemente offeso da questa mancanza di affetto nei suoi confronti.
— Comunque, non so esattamente come descriverti il tutto, ma...
— Tranquillo, ho capito. — lo interrompo, alzando una mano.
Il biondo sgrana gli occhi. — Davvero?
— Sì. Certo, non sono esperta in amore, visto che non ho fatto abbastanza esperienze, ma credo di capirti. — lo rassicuro, con un sorriso.
— Evans, se vuoi possiamo fare insieme queste "esperienze", come le chiami tu. — esclama Potter, ammiccando, seduto per terra in prossimità di una colonna. Si passa una mano tra i capelli. — Insomma, tu sei single. Io sono single. Non credi che...?
— Potter, dì anche solo un'altra parola e ti darò fuoco, riappacificazione o no.
Lui si stringe contro il muro, non particolarmente spaventato ma nemmeno tanto stupido da andarmi contro.
Mi rivolgo di nuovo a Remus. — In ogni caso, ricordati che dovrai sempre dare una spiegazione a Mary.
— Oh, uhm, certo.
— Scusarti per essere scappato.
— Naturalmente. Ovviamente, sì.
— Devo venire con te?
— Ti prego.
Siamo andati, alla fine. Mary sembra averla presa bene. Insomma, non è esattamente al settimo cielo. "Oh, sai, credevo di avere una cotta per te ma in realtà ti voglio solo un bene smisurato. Scusa se sono scappato dopo che hai trovato il coraggio di confessarmi i tuoi sentimenti, mi dispiace tantissimo, davvero. Ti va di rimanere comunque amici?" non è esattamente il genere di cosa che ci si vorrebbe sentir dire, ma Mary, pur imprecando come un camionista ubriaco, rimane pur sempre un essere dall'animo gentile e mai farebbe pesare i suoi sentimenti su qualcuno, specialmente su Remus, a cui comunque vuole bene.
E poi, il ragazzo le ha anche proposto di andare nelle cucine, più tardi, per mangiare un po' di torta alla cannella. "Soffochiamo i dispiaceri con lo zucchero!", ha detto, con un sorriso dolce come il miele.
E Mary, che rimane pur sempre un essere dall'animo gentile e mai farebbe pesare i suoi sentimenti su qualcuno, non gli ha nemmeno fatto pesare che a lei, la torta alla cannella, non piace.
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