Capitolo 36
~James~
Ho commesso un grosso errore, in questo momento?
Forse. E quindi? Tanto posso sempre andare a buttarmi nel Lago Nero e aspettare di morire o per opera della Piovra Gigante o per ipotermia.
Una persona che sa leggere nel pensiero può anche dire "Ma ha un cervello sano questo qui?", leggendo i miei in questo istante, e posso capire. La mia mente è piuttosto confusionaria, così come la mia parte di dormitorio. Il fatto è che, forse forse, mi sono avvicinato a Lily, vedendola seduta tutta tranquilla su un muretto. E, forse forse, mi sono seduto anch'io lì.
Cosa dovevo fare? Correre via, di nuovo?
No, grazie mille. Non intendo continuare questo stupido bisticcio. Anzi, dipende da come si comporterà Lily. Non voglio massacrare la mia dignità - già poca, sempre grazie a lei -, strisciandole ancora attorno come un cagnolino.
Ho una personalità.
E poi ci sono tantissime altre belle ragazze che farebbero la fila per potermi anche solo parlare per un po', quindi non che io abbia tanto bisogno di Lily.
Mentre inizia ad agitarsi, porto lo sguardo verso l'orizzonte, osservando i fiocchi di neve cadere dal cielo. Non nevica pesantemente, certo, ma è comunque una precipitazione consistente. Ad un certo punto sento un suono soffocato alla mia sinistra, e con la coda dell'occhio vedo la rossa tapparsi la bocca con entrambe le mani e diventare dello stesso colore dei suoi capelli. Rossa in tutti i sensi.
La analizzo pigramente. Si è data una calmata quasi subito, e sta seduta in modo rigido, anche se le sue guance sono ancora rosate. I capelli ondeggiano al vento, come una piccola fiamma. Sono cresciuti tanto, da quando li ha tagliati: ora le arrivano sotto le spalle, anche se solo di pochi centimetri. Ricordo ancora la mia espressione quando, l'anno scorso, era arrivato il giorno dei saluti prima di partire verso casa, e la vidi con i capelli a caschetto. Era stato un trauma, ma la trovavo comunque molto carina.
Come conseguenza a questo ricordo, l'immagine di Lily che scappa dopo che Piton l'ha insultata mi attraversa veloce la mente, e sento una piccola fitta all'altezza del cuore. Anche se Piton l'avrebbe comunque detto, un giorno, anche se disprezzavo e disprezzo tutt'ora quella feccia nerastra, so perfettamente che è colpa mia se è successo quel che è successo. Se fossi stato zitto, se non avessi bullizzato Piton quel giorno, l'amicizia tra lui e Lily sarebbe potuta durare almeno un po' di più. Forse lei sarebbe riuscita a fargli cambiare idea. Forse lui sarebbe diventato buono. Forse sarebbero potuti stare insieme, avere un futuro come...
Oh, no. Ho capito, non mi serve pensarci ancora. Sento già la gelosia risalirmi lungo la gola.
Devo esserci io accanto a Lily, sento dire una piccola parte di me. Che vada a quel paese il destino, ci sarò comunque io accanto a lei.
Scuoto la testa, rimettendo i piedi a terra.
Restiamo entrambi in silenzio e mi rendo conto che, anche se siamo seduti vicini, è come se ci fosse una distanza di chilometri e chilometri tra noi. Mi sento a disagio accanto a lei, così come mi sono sempre sentito: infatti, tutto ciò che facevo in passato per darle tormento era fatto davanti a tutti, ma da soli era un'altra cosa. L'ansia mi ha sempre consumato in queste situazioni.
Dopo un po', la sento parlare, ed è come rispolverare un vecchio ricordo. — Sei venuto ad ammirare il panorama?
— Già. — dico, ridendo freddamente. — Bel panorama. Tizi che si sbaciucchiano. Tu, invece? Che ci fai qui?
— Io-, ecco... mi stavo rilassando.
Poi sei arrivato tu, vorresti aggiungere, vero cara Evans?
Sento saltare i nervi al solo pensiero di questa frase. Negli ultimi tempi, in effetti, questo genere diatteggiamento mi ha continuamente infastidito. Saranno stati i sentimenti che cambiavano? Chi lo sa. Il mio cervello è così inarrivabile e pieno di informazioni (inutili) che nemmeno io lo capisco - forse è per questo che la maggior parte delle volte agisco d'impulso.
Sospiro di esasperazione. Dobbiamo finirla con questa idiozia.
— Ebbene, Evans... — dico, passandomi inconsapevolmente una mano tra i capelli. — Sai che abbiamo certe cose di cui dobbiamo parlare, vero? Tipo i problemi che ci affliggono l'esistenza.
La vedo sorridere, anche se in un modo che fa sembrare quel sorriso una smorfia di dolore.
— Sì, lo so. — sospira lei, guardando verso terra. — Ed è proprio quello che ho cercato di evitare in questi giorni.
— Anch'io, sai?
Dopo un po', Lily riprende nuovamente la conversazione. — Sono stata un'idiota.
— Ma davvero? — chiedo, sarcastico. Possiamo anche riderci su, ma questa faccenda mi brucia ancora.
— Non rendere tutto più difficile.
— È quello che tu hai fatto nel corso degli anni, Evans, perché io non dovrei?
Lily si zittisce, mordendosi il labbro.
Okay, qualcuno può anche pensare che tutto questo sia ridicolo. "Wow, la rossa ha pestato una torta per errore! Che c'è da imbronciarsi per due settimane?".
Ebbene, non è stato il fatto che lei abbia pestato quella torta ad offendermi. È stato il fatto che, anche quando l'ho difesa, si è scagliata contro di me come se le avessi appena ucciso il gatto.
Quel dolce è stato semplicemente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ecco tutto.
— Per tutti questi anni, — dico, iniziando a scaldarmi. — l'unica cosa che hai mai fatto è stata urlarmi addosso. E quando ti ho difeso, hai fatto lo stesso! Per te questo non è rendere ogni tentativo di approccio difficile, se non impossibile?
— Va bene, hai ragione. — risponde Lily, pacata. — Ma ascoltami un secondo.
Annuisco, indifferente, girando la testa.
— Come ho detto, mi sono comportata da idiota, okay? L'ho detto. — continua. Ridicola. Perché la sto ancora ascoltando, poi? Ho cambiato idea, vada a buttarsi giù da una rupe l'amicizia. — Ma, ti prego, credimi se ti dico che mi dispiace. Ci ho pensato per giorni; ho pensato a come ti fossi sentito tu, a come mi sono sentita io, a come sia incasinato tutto questo e...
Prende un respiro. — Diciamo che l'ho fatto perché ero arrabbiata; ero furiosa, anzi. Ero furiosa perché era il mio compleanno, e Severus era venuto di nuovo a chiedermi scusa e-
— Dopo tutto quello che ti ha fatto ancora lo chiami per nome? — ringhio, a tono basso.
— Ti prego, non iniziare. — mi chiede, con gli occhi lucidi. Decido di starmene zitto. — Dicevo, c'era lui, che era venuto a cercare di chiedermi scusa ancora, rovinandomi la giornata, e poi sei venuto tu, quindi ho scaricato tutte le mie emozioni negative su di te.
Una lacrima le scorre sulla guancia, e a questo sento la mia rabbia bruciante lasciare il posto al solito tepore familiare che provo quando le parlo, anche se sinceramente non so cosa mi sia appena successo. Prima ero tutto un "Ehm, no, lasciami stare Evans" e ora improvvisamente "Perdono" diventa il mio secondo nome.
Cari testa e cuore, quando deciderete cosa farne della mia esistenza fatemi un fischio, mi raccomando.
— Il fatto è che, a volte, queste mie emozioni mi offuscano la mente, e quando finalmente capisco qualcosa di quello che mi succede attorno mi rendo conto di aver fatto del male a qualcuno. — Altre lacrime iniziano a cadere, mentre gesticola. — Ti chiedo scusa, di nuovo e di nuovo. Quello che mi succede dentro è solo un mio fardello, e non dovevo scaricartelo addosso. Mi dispiace per tutte le volte in cui ti ho fatto del male, per tutte le volte in cui ti ho urlato addosso, per tutto ciò che ho fatto e che ti ha portato ad essere arrabbiato con me.
Per ogni lacrima che esce dai suoi occhi il solco che sento nel petto diventa sempre più profondo.
Evidentemente, oltre a far del male a me ha fatto del male anche a se stessa.
— So che magari le cose che ti sto dicendo non significano niente per te, e lo capisco, ma oltre quello... ti propongo di ricominciare, se mai ci sarà un futuro in cui vorrai far pace con me. Se mai ci sarà un futuro.
Si asciuga una guancia, ridacchiando nervosamente.
— Non... ecco, certamente non ti costringo a dirmi adesso ciò che pensi riguardo a quello che ti ho detto! — dice, fissandomi mentre gesticola come se non ci fosse un domani. — Insomma, non posso pretendere nulla in effetti. Dopo tutto quello che ti ho fatt-
Senza preavviso, la abbraccio.
Spero solo che non mi tiri una mazza in testa dopo questo.
— Ti rendi conto che non potrà mai esserci anche solo una volta in cui non accetterò delle scuse da parte tua, vero? — mormoro, con un sorriso. — Anche perché, sai, credo che per quanto una persona possa essere buona dentro, ci sarà sempre qualche volta in cui ti ferirà, e tu non potrai fare altro che perdonarla.
Nonostante il fatto che ci sarà sempre una piccola parte di me in cui si annideranno tutti i sentimenti negativi legati ai nostri litigi.
Prima sento Lily tremare, ma solo lievemente; successivamente inizia anche a singhiozzare, attaccandosi alla manica della mia giacca.
E dai, eppure le riviste dicevano che alle ragazze gli abbracci piacciono.
Le carezzo la testa, cercando allo stesso tempo un modo per tirarla su di morale.
— Per Godric, Evans, stai tentando di strapparmi il braccio? — chiedo ad un certo punto, fintamente sorpreso, proprio quando la sua stretta si fa più forte. — Ti prego, fallo con il sinistro, so usare solo la mano destra.
Ridacchia.
— No... — le sento dire, con voce nasale e soffocata.
— Allora hai fame. — ipotizzo. — Insomma, il cannibalismo esiste. Me lo puoi anche dire: non ti giudicherò, ma ti dirò comunque che non è una pratica molto salutare. Stesso discorso di prima: non danneggiare il destro, ti prego.
— Non sono cannibale! — esclama, staccandosi e ridendo sul serio, mentre un macigno di dieci chili mi si solleva dal cuore. Rido anch'io, con lei, mentre l'aria invernale si infittisce e noi continuiamo a dire idiozie senza fine.
Io dico idiozie senza fine, più che altro.
Che senso dell'umorismo finissimo che ho. No, dico sul serio: sono divertentissimo, basta vedere come ride la rossa.
Ad un certo punto, comunque, mi rendo conto che forse è l'ora di rientrare, sia perché inizia a fare più freddo e sia perché quell'ora e mezza libera che avevamo a disposizione è quasi scaduta.
Mentre attraversiamo quel poco di tragitto che ci separa dal castello, me la sento di chiedere a Lily una cosa. — Quindi ora abbiamo fatto pace, no?
Lei mi guarda, sorridendo. — Sì, credo.
Un ghigno mi si dipinge sulle labbra.
— Allora ci esci con me ad Hogsmeade? — chiedo, avvicinandomi pericolosamente a lei.
— Ma certo che no. — risponde, respingendomi con una mano mentre ride.
— Perché no? — esclamo, fermandomi. — Dai, abbiamo appena ristabilito i rapporti!
— Diciamo che ci penserò, allora! — replica, guardandomi divertita. Si gira e inizia a correre, mentre io socchiudo gli occhi.
— Non è vero che ci penserai, non è così? — le urlo dietro. — Scommetto che continuerai comunque a fare l'acida, Evans!
Lei ride, in risposta, e io mi metto a inseguirla, anch'io allegro nonostante tutto.
Non appena entro nella scuola, tuttavia, sento Sirius chiamarmi dallo specchio che ho in tasca. A quanto vedo dalla sua espressione, non porta esattamente buone notizie.
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