Capitolo 35
~Lily~
Non sono una fanatica di San Valentino, va bene? Anzi, l'ho sempre considerata come la fonte dei problemi mondiali.
Trasformando qualsiasi ambiente in una gabbia di matti (tra cui i Valentini, povere anime dimenticate nel giorno del proprio onomastico), e rendendosi cioè una miniera d'oro per gli psichiatri, per me era sempre stata una festa puramente legata al consumo, un qualcosa di materiale ben lontano dalla spiritualità e anima stessa di essa: l'amore. Cioccolatini, bouquet giganteschi, orsacchiotti di peluche. Coppiette che si lasciano per motivi banali e si rimettono insieme dopo poco. Disgustoso.
Tuttavia, una parte di me - quella che ignora il fatto di essere single e tutti i piccoli aspetti che ho elencato prima - è comunque costantemente in fibrillazione proprio in questa data, e lo è sempre stata anche dopo l'incidente dei cuoricini magici (di cui ometterò i dettagli, assolutamente non necessari). Ho avuto solo un ragazzo nell'arco dei miei ultimi sei anni a Hogwarts, tra l'altro per un breve periodo - ossia per circa cinque mesi -, ma purtroppo non ho avuto l'occasione di festeggiare con lui le sdolcinatezze di San Valentino, visto che ci eravamo lasciati la settimana prima. Si chiamava Lester.
Non l'ho mai più rivisto.
Quest'anno sono ancora più in fibrillazione, ancora più preoccupata: finalmente il mio sogno di una vita si avvererà, ossia finalmente quei due deficienti che fanno di nome Mary MacDonald e Remus Lupin
diventeranno due deficienti innamorati - o almeno si spera.
E non è nemmeno quello il motivo della mia preoccupazione. In senso, andrà tutto bene, a meno che Remus non svenga di fronte a Mary o che la sopracitata non scappi in Messico.
Il problema si presenta davanti a una cosa che in pochi sanno di Remus: lui è un Licantropo, e posso testimoniare anche piuttosto pericoloso visto che ha quasi tentato di strapparmi le budella a morsi una volta, quindi ha una paura immensa delle relazioni in generale, figuriamoci quelle amorose. Quindi qui si presenta un problema maggiore, ossia ciò che lo rende una testa bacata: non capisce che il suo futuro interesse, qualunque esso sia se non Mary, capirà completamente la sua situazione.
Diamine, Remus, poi se è per la questione dell'ape con il polline, della cicogna, della lattuga o di qualunque bugia tua madre ti abbia mai raccontato per quanto riguarda l'ingresso dei bambini nella luce del mondo, c'è Mendel, l'uomo che con solo una tabella ti darà la vaga soluzione a quasi tutti i tuoi problemi - non è nemmeno confermato se la Licantropia si trasferisce o no -, oppure c'è l'adozione.
C'è una soluzione a ogni problema, qualunque esso sia - anche se io, questo, non lo considero tanto un problema.
Quest'anno San Valentino, sfortunatamente per alcune coppiette, non cade di sabato, quindi niente Hogsmeade.
Mi sa che Madama Piediburro non avrà molto da fare oggi.
In ogni caso, questo non ha fermato gli amori nascenti e non, quindi ora il giardino del castello è letteralmente pieno di studenti, anche al di fuori delle ore buche e delle pause. Altri, più saggi, sono rimasti dentro a coccolarsi in qualche luogo comodo invece di stare fuori al freddo, con le temperature sotto lo zero.
Mary fa parte dei saggi, e come luogo di mort- cioè, come luogo in cui proclamare il suo amore immenso ha scelto la Sala Comune, per essere più precisi un angolino accanto al camino.
Avendo due ore buche di Difesa - il che mi sembra un po' strano, a dirla tutta, visto che la professoressa non è mai mancata -, mi ero rifugiata nel nostro dormitorio, giusto per ripassare Pozioni per dopo (l'ultima lezione della giornata, fortunatamente). Ma, nonostante tutta la pace in camera e il fatto che io sia riuscita a leggere molti altri libri, con le pagine che si susseguivano veloci e le informazioni che si registravano nella mia mente come non mai, dopo un po' non ce l'ho fatta più. L'assenza del casino combinato da Alice e Mary mi premeva sul cuore fin dai primi cinque minuti, quindi dopo una buona mezz'ora - e so che può sembrare poco tempo per quel "molti libri", ma l'apparenza inganna - mi sono decisa a uscire dal mio covo. Una parte di me ne è stata rammaricata.
Appena scendo le scale, mi rendo conto che la stanza è quasi vuota, e posso dire di essermelo aspettato da dei Grifondoro. La mia amica è seduta su uno dei divanetti, con la testa appoggiata contro lo schienale e gli occhi chiusi, i capelli riccioluti raccolti verso l'alto che penzolano dal confine del mobile.
Per darle un po' di tranquillità - cosa che so apprezza di più rispetto alle consolazioni - e per solidarietà verso i miei altri amici Grifondoro, afferro un cappotto ed esco fuori; una nuvoletta di vapore si forma non appena metto piede fuori dal portone.
Vago in giro, cercando qualcosa da fare e contando i minuti che mi separano dalle lezioni.
Un passo, due passi, tre passi.
Mi stringo nel cappotto, mentre una folata di vento mi smuove i capelli, e fisso la neve davanti a me cercando di non perdermi troppo nei miei pensieri, perché se mai succederà sarà la fine. Cadrò nella fossa dell'ansia - non l'ansia da scuola, ma quella che ti stringe il cuore, la mente e non ti lascia andar via -, e non mi rialzerò più. Ci sono caduta tante volte da scavare un buco profondo tre metri, come minimo. E nessuno sa nemmeno dov'è quella fossa, quindi non credo che qualcuno mi potrà aiutare.
Ecco! L'avevo detto io.
Scuoto la testa, concentrandomi di nuovo sul paesaggio attorno a me. Gli alberi - alcuni spogli, altri no - sono completamente coperti di neve, che continua ancora a cadere a piccoli fiocchi. Il cielo, già scuro, è limpido, se non per alcune nuvole. Piccole luci bianche create con la magia da qualche studente in vena di romanticismo fluttuano un po' ovunque.
Mi siedo su uno dei muretti coperti d'edera sparsi per il giardino - piuttosto bassi, devo dire -, e chiudo gli occhi godendomi la pace del luogo. A quest'ora non c'è molta gente.
Grazie al cielo.
Tutto quello zucchero nell'aria mi avrebbe fatto venire la carie ai denti se non fermato in tempo.
Sento dei passi, proprio accanto a me, e non me ne importa nulla. Se aprirò gli occhi, la magia di questa quiete si spezzerà e io dovrò fare i conti con la vita e le persone, cosa che non sono in vena di fare al momento. Per una volta che ho un momento tutto per me, un momento in cui non devo preoccuparmi di cosa succederà al mondo il giorno dopo o di quale grado di depressione raggiungeranno i miei pensieri, ora altra gente deve venire a rovinarmelo con la propria stupida bocca.
Assolutamente no.
Tuttavia, se non aprirò gli occhi, verrò consumata dalla mia curiosità finché quella persona non si sarà annoiata a stare lì, e se ne sarà andata. Sarà allora che la curiosità verrà sostituita dal rimpianto, e non passerà giorno senza che io mi chieda se quello era il mio vero amore o un semplice rompiscatole.
Che scelta ardua.
Resto ancora un po' con gli occhi chiusi, e respiro profondamente. Sento una sensazione di disagio salirmi lungo le viscere, gli occhi di quella persona puntati addosso.
Esatto, come se il tizio fosse un maniaco.
Perché non ho detto "o tizia"? So che è un maschio. Gli ormoni me lo sussurrano.
Il suo respiro caldo smorza una minima parte del freddo invernale, i suoi vestiti si muovono con il vento. È seduto proprio accanto a me.
Il buio che mi trovo davanti è il mio ultimo rifugio prima della sentenza; mi decido ad aprire agli occhi.
Quindi, ecco il prefetto di Tassorosso, pronto con un vassoio di biscotti fumanti allo zenzero!
Non è vero, scherzo. Quanto sono simpatica.
Insomma, non sono così fortunata.
La persona seduta accanto a me non è certamente un maniaco - anche se prima pensavo si avvicinasse molto a questa definizione -, ma forse sarebbe stato meglio quello.
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