Capitolo 34

~James~

"Silenzio" è l'unica cosa che mi viene in mente quando qualcuno mi chiede come sto.
No, non è un modo per dire che non ho idea di che direzione abbiano intrapreso i miei sentimenti e tanti bla, bla, bla smielati e lacrimevoli.
Sento il silenzio. Il vuoto. Fiuuuuuuh. Palla di rami secchi attraverso un paesaggio desolato.
Capito il concetto, no? Il cervello della maggior parte degli studenti durante una verifica.
Ma io non posso trascinarmi via come quella palla di rami o stare in silenzio, appunto, quindi opto per il classico: "Oh, sì, meravigliosamente bene, e tu?".
E la gente ci crede. Non vede il mio sguardo spento, né i miei capelli afflosciati; quest'ultimo, specialmente, è un cattivo segno di solito, perché i miei capelli sono lo specchio della mia anima: vivaci e bellissimi.
Aggiornatevi: non sono più gli occhi, ma i capelli. Tutti quelli con i capelli lisci sono depressi cronici, quindi? Dipende.
Remus, che ha i capelli liscissimi che neanche le pubblicità degli shampoo, è un depresso cronico. Quelli delle pubblicità degli shampoo sono depressi cronici.
Silente non è assolutamente un depresso cronico, eppure anche lui ha i capelli lisci.
In ogni caso, si potrebbe pensare che questo sia dovuto a... cosa? Il mio essere arrabbiato nei confronti di Lily?
La verità? Forse lo sono, ma solo un po'. Per la maggior parte è apatia assoluta nei suoi confronti. Quel fuoco che mi spingeva ad inseguirla, a cercarla, a corteggiarla si è spento, arrivederci e grazie. Solo... ogni tanto mi capita di pensarci.
E mi fa divertire il mormorio di certi studenti pettegoli, quello che sento in tutto il castello ogni volta che passo accanto a loro. Cos'eravamo noi per la scuola, e cosa siamo ora? Una soap opera improvvisamente interrotta? Un libro non finito? Due fenomeni da baraccone?
Tutto questo fa tanto ridere quanto fa schifo.
È anche uno schifo il silenzio nei corridoi da quando io e la rossa abbiamo smesso di scontrarci, lo è il vuoto che provo, la mancanza di calore che sento da ormai troppo tempo nei confronti di tutto ciò che mi circonda e che mi sta facendo saltare i nervi.
Osservo il fuoco del camino dalla poltrona su cui sono seduto, e sento ancora freddo. Quella fiamma mi ricorda un po' lei, devo dire.
Mi ricorda i suoi capelli, una chioma svolazzante e mai ferma che la rispecchia tanto anche nel carattere, che fa contrasto con la sua pelle tanto pallida. La sua identità, ciò che la distingueva sempre nella folla, ciò che mi attirava maggiormente assieme a tante altre sue piccolezze: i suoi gesti, i suoi comportamenti, i suoi infiniti discorsi pieni di emozione.
Ma è solo un ricordo affievolito, non più una sensazione: come una vecchia foto sepolta in soffitta.
Spengo il fuoco.

Non so come io abbia fatto a ritrovarmi in questa situazione.
In senso, mi sto nascondendo dietro un muro, sono sotto il Mantello dell'Invisibilità e sto tenendo Sirius in braccio, ed è notte fonda. E Gazza, assieme alla McGranitt, ci sta cercando con la stessa espressione di un omicida.
Ricordo solo l'inizio di tutto: non riuscivo a dormire, quindi ero andato - giustamente, mi direte - a rompere i Boccini a Sirius, che dormiva stile stella marina sul suo letto, a un passo da me. Ricordo ancora la nostra conversazione, e il rivolo di bava che gli usciva dalla bocca.

— Sir.
— Mmmh.
— Sirius.
— No, Clarence, non puoi usare i biscotti come monete...
— Fratello.
— ... te l'ho detto che ci avrebbero denunciati...
— Cocco di mamma.
— ... chiudi il becco, Jenny...

Poi l'avevo spinto giù dal letto, lui aveva nominato Thomas Jefferson e nulla, è successo qualcosa. Non ho idea di dove siano spuntate quelle Caccabombe, lo giuro. E non ho nemmeno idea di come abbia fatto la Sala Comune dei Serpeverde a trovarsi proprio lì accanto.
Non abbiamo fatto niente, sul serio. È che quando le tiri fuori le Caccabombe fanno un sacco di rumore. I Serpeverde sono ancora intatti, purtroppo.
Accidenti. — sussurro, infastidito, fissando il muro davanti a me.
— È solo colpa tua tutto questo, lo sai? — dice Sirius.
— Eh no, fratello caro. Tu hai accettato, quindi anche tu fai parte di tutto questo.
— Il problema però è uscirne. — mi fa utilmente notare il mio amico. Un applauso a Capitan Ovvio. — Hai un piano?
Ci penso su, poi mormoro: — Sì: io scappo e tu mi segui.
— USCITE FUORI ALL'ISTANTE. — urla Gazza. — SO CHE SIETE QUI!
Mi viene un brivido che si propaga per tutta la schiena. È esattamente così che quel vecchiaccio ha svegliato la McGranitt - e altri professori che, comunque, se ne sbattono - ed è esattamente così che ci ha accerchiati. Infatti, proprio ora sento il tacco della professoressa risuonare nell'altro corridoio.
— Non se ne parla! — sibila il moro, dandomi una testata, mentre io cerco di trattenere qualsiasi esclamazione. Però non capisco cosa abbia da obiettare: è un piano perfetto.
— Black? — sento dire.
Bene ma non benissimo.
Ora non siamo solo circondati da un bidello e da una professoressa, ma anche da un Prefetto.
Perfetto, ovvio.
No, un attimo... la situazione, non il Prefetto.
Accidenti, ancora.
La Evans è in piedi davanti a noi, con una vestaglia rossa addosso al pigiama, e si guarda intorno non sapendo da che parte girarsi per averci di fronte.
— Evans, è solo un sogno, tu non ci hai visti. — cerca di mandarla via Sirius, rivelando - genio indiscusso - la nostra posizione. — Torna a dormire.
— Deficiente, potevamo svignarcela senza che ci trovasse! — sibilo, scendendo verso terra e colpendolo al braccio. Gli tappo subito alla bocca per non farlo urlare.
Già: anche se non era un colpo molto forte, Sirius è pur sempre la Drama Queen dei Malandrini.
Lei ci mette a fuoco, e nonostante l'improvviso pallore non riesco a decifrare la sua espressione.
— Che ci fai qui? — chiede Sirius, alzando il Mantello per consentirle di guardarlo negli occhi.
Va bene. Se prima avevamo la possibilità di farle credere che il fatto di averci visti fosse un'allucinazione - anche se anche quello è improbabile, vista la sua intelligenza chiaramente maggiore della nostra -, ora siamo proprio fregati.
— Sai, ogni tanto esco fuori per andare a prendere una tazza di ciocc...
Si blocca.
Volevo dire, per fare una ronda fuori programma. — si corregge lei, e cerco di trattenere una piccola risata.
È una fuorilegge anche lei, a suo modo.
Okay, non devo ridere. Calma. Faccia arrabbiata.
— Non avevo in mente di farne oggi, ma purtroppo la voce soave di Gazza mi ha svegliata... e a quanto pare ho trovato qualcuno che si aggira per la scuola quando è già scattato il coprifuoco. — continua, con un'espressione trionfante dipinta sul viso e un tono di voce che mi sta già antipatico.
No, penso. Lily, non andare da Gazza, ti prego.
Lei, come mi aspettavo, si avvia verso il punto in cui il bidello sta urlando (decisamente molto vicino a noi), e riesce a sgusciare via senza essere trattenuta da me o da Sirius. Cioè, io ero abbastanza vicino per fermarla, ma c'era qualcosa che mi bloccava dal toccarla. Qualcosa nello stomaco, a giudicare dai crampi.
Forse era il mio istinto di sopravvivenza.
La vedo avvicinarsi sempre di più a Gazza, e subito vedo accorrere anche la McGranitt.
— Signorina Evans? — esclama, sorpresa. — Cosa ci fa qui a quest'ora?
— Già. — gracchia Gazza, torvo, osservando Lily con sospetto. — Non sarà mica lei la fonte di tutto questo trambusto?
Sento una goccia di sudore colare dalla fronte. Va bene che prendere punizioni è divertente e che io e Sirius cerchiamo di superare il record scolastico, ma non voglio ottenere nessuna punizione che non sia stata ottenuta di mia spontanea volontà.
E ora? Lily ci darà in pasto ai lupi.
— Oh, certo che no.
A ogni sua parola un'altra goccia scende per il mio collo.
— Il fatto è che ho sentito delle urla provenire da quaggiù, professoressa, ed essendo io un Prefetto ho avvertito il dovere di controllare. — continua lei, innocentemente. La McGranitt annuisce soddisfatta.
— Erano le urla di Gazza, cara. Hanno svegliato anche me. — replica la professoressa, fulminando il vecchio. — Stiamo cercando alcune persone che, a quanto pare, hanno violato il coprifuoco.
Lily annuisce. — Capisco.
Guarda dietro di sé, nel punto in cui dovrei esserci io, per poi girarsi di nuovo verso l'anziana donna. Esita, si morde un labbro, per poi pronunciare qualcosa che, vista la situazione, non mi sarei mai aspettato di sentirle dire:
— Non... non mi pare di aver visto nessuno mentre venivo qui, e nemmeno in questa zona.
Devo usare tutta la mia forza di volontà per non urlare dalla sorpresa. Dò un occhiata a Sirius, e lui pare essere sorpreso certamente non meno di me. Cerco di sporgermi di più.
— Sei sicura?
Gazza è ancora sospettoso, ma sembra essere titubante ora.
Certo. Ho fatto un giro dove potevo, ma non ho trovato nessuno. — risponde Lily, fingendo in modo evidente tanto quanto un clown in mezzo a una folla di uomini d'affari. Almeno per me e Sirius. E anche per la McGranitt, a giudicare dal suo sguardo. — Non ho idea di cosa possa essere stato a far allarmare Gazza. Forse un'armatura caduta... quando vado a fare le ronde vedo spesso Mrs Norris girare per i corridoi.
Gazza arroscisce fino alla punta delle orecchie, a disagio. La sua gatta? Ma no. È così carina, così responsabile. Non può essere colpa di Mrs Norris: insomma, sarebbe lui in queto caso il colpevole di tutto.
No, dai, non può essere stata lei.
O almeno questo è quello che pensa Gazza (e, in un certo senso, ha ragione).
La McGranitt annuisce di nuovo, stringendo le labbra. — Va bene. Allora faremo un altro giro, e poi andremo a letto anche noi. Grazie per l'aiuto, signorina Evans.
Professoressa! — esclama Lily, per chiamarla.
L'altra si gira, con la stessa espressione di una statua. — Sì?
Lily si morde di nuovo un labbro, guardandosi intorno. Poi raddrizza la schiena. — No, nulla. Mi scusi.
L'anziana donna fa un piccolo sorriso. — Non fa niente, cara. Buonanotte.
— Buonanotte. — sussurra la rossa, per poi girarsi anche lei e tornare verso il punto in cui io e Sirius ci troviamo.
— Lily Evans che mente! — sibila Sirius non appena Lily ci supera, uscendo fuori dal Mantello. — Orribile! Una cosa inaudita! SCANDALO!
— Black, dovresti baciarmi i piedi per il solo fatto di non avervi fatti scoprire. — replica la rossa, fissandolo con gli occhi stretti a due fessure.
— Ah, ma tanto punizione più, punizione meno... non fa differenza. — dice l'altro, tranquillo.
— Oh, allora vado a dirglielo, non c'è problema.
Vedo Sirius sbiancare. — Stavo scherzando!
— Bene. — sorride Lily, soddisfatta.
Io continuo a camminare in mezzo a loro, sotto il Mantello dell'Invisibilità, e inizio pian piano a sentirmi effettivamente inesistente, come un narratore: i fatti non lo toccano, e nessuno dei personaggi sa della sua esistenza.
Forse è anche un bene: non mi va ancora di confrontarmi con Lily. Credo che, così come io sto facendo finta di non esistere, anche lei sta facendo finta che io sia assente.
Siamo entrambi troppo orgogliosi: io per andare a parlarle, lei per chiedermi scusa. Anche se il mio, credo, è orgoglio misto a paura.
È un circolo vizioso senza fine, e mi sono stancato anche di quello, oltre che di correrle dietro. Ma, non avendo scelta, decido almeno di darle un aiuto.
Mi tolgo di fretta il Mantello, appoggiandolo a un braccio e creando un orrenda illusione dove la mia mano sinistra fluttua, staccata dal resto.
Poi, a passo veloce, le passo accanto.
— Grazie.
Perdonami.
Non mi aspettavo di sentirla parlare, né di sentirla parlare in contemporanea a me. Al contrario del mio "grazie", per metà forzato, alto, la sua parola è stata un sussurro, un suono basso e tenue in confronto al mio.
Non mi ha chiesto scusa nello stesso modo in cui lo dice Mocciosus - e mi rattrista il pensiero che tutta questa situazione possa ricordarglielo. Non c'è disperazione, o rabbia, o urla, o alcuna falsità nel suo tono. C'è solo l'innocenza tanto cara ai bambini.
Non sono pronto, penso, comunque, e nonostante la sorpresa cerco di non girarmi.
Non sono ancora pronto a vedere le emozioni sepolte tra le sfumature dei tuoi occhi, Lily.

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