Capitolo 13

Era una fredda serata di fine novembre, e molti studenti - molti, eh, non tutti - si trovavano nelle proprie Sale Comuni a scaldarsi accanto al camino, a leggere, a giocare a Spara Schiocco o a finire i compiti che avevano da fare per i giorni seguente. C'era chi si rilassava, chi sbatteva la testa contro il muro pensando alla verifica del giorno dopo, chi parlava con gli amici, chi spettegolava, chi si strafogava della cioccolata presa alle cucine. Oppure chi faceva una battaglia di cuscini nella propria stanza di dormitorio.
— GERONIMOOOOO! — urlò Sirius, lanciandosi su James e tentando di soffocarlo con il cuscino che aveva in mano e che, tra l'altro, era pure il cuscino del quattrocchi.
— Mpfghab...! — provò a dire James, da sotto il cuscino, agitando le braccia. Ma poi, in un lampo di genialità, smise di agitare le mani, e le lasciò ricadere sul letto. Trattenne il respiro, in modo da non far sentire che era ancora vivo, e chiuse gli occhi. Sentì il cuscino che gli veniva tolto dalla faccia, e Sirius che si esibiva in un urletto degno di una donna dei film di supereroi.
— Cosa c'è? — chiese Remus, con fare annoiato, dall'altro lato della stanza.
— Ho ucciso James. — disse Sirius, con voce acuta e un evidente tono impaurito. Scuoteva il moro in ogni modo, chiamandolo per nome e dandogli degli schiaffi leggeri sul viso.
— BUU! — esclamò James, alzandosi di scatto e alzando le mani, mentre il giovane Black faceva un salto di tre metri dal punto in cui si trovava. L'altro rise, tenendosi la pancia.
— "Ho ucciso James"... certo, come no Sirius. Controlla il polso la prossima volta. — disse James, agitando il suo cuscino e ridacchiando ancora, mentre si alzava dal suo letto. — Tu non potresti mai uccidermi, comunque!
Intanto, da dietro, un Peter piuttosto gioioso correva più veloce di come avesse mai fatto, con il suo cuscino in mano, mentre la grossa pancia traballava e le sue piccole gambe si piegavano in modo da spiccare un salto. E credo che sia evidente il fatto che andò a finire proprio su James, che iniziò a rimpiangere Sirius e il suo tentato soffocamento.
— Però lui potrebbe farlo. — mormorò, con la faccia contro il pavimento, cercando di respirare e indicando debolmente l'amico paffuto, che lo tempestava di cuscinate, mentre Remus, sdraiato sul suo letto, scuoteva la testa e, dopo un'occhiataccia ai tre suoi amici, tornava a leggere il suo libro.
All'improvviso, qualcuno bussò alla porta.
— Avanti! — esclamò il biondo, mentre in lui si faceva strada uno strano senso di colpa, apparentemente immotivato, come se si fosse dimenticato qualcosa.
— Ehi, Rem... — disse Lily, con un sorriso, aprendo di scatto la porta e bloccandosi d'un tratto. — ...us.
Sconcertata, osservò per alcuni secondi Peter, il cui sorriso andava da un orecchio all'altro, seduto sulla schiena di James, il quale gemeva e invocava l'aiuto dei fondatori - sì, persino di Salazar -, mentre Sirius se la rideva in un angolino della stanza, seduto per terra. Tutti e tre avevano un cuscino in mano.
— Ciao, Lily. — disse Remus, indifferente allo spettacolo che gli si presentava dietro. — E comunque sì, se te lo stai chiedendo, io ho a che fare con situazioni del genere tutti i giorni.
— Ah. Comunque... — disse la rossa, rivolgendo un'altro sguardo ai tre Malandrini per terra. — ...sei pronto per la ronda?
Remus spalancò gli occhi color ambra, alzandosi di scatto dalla sedia.
— La... l-la ronda? — chiese, indietreggiando. — Oh, ma certo, la ronda! Sono quasi pronto, dammi solo un minuto.
E detto questo, scappò in bagno.
Lily ridacchiò, mentre dalla stanza si sentivano vari oggetti che cadevano per terra - e chi lo sa, forse anche Remus che cadeva. Per terra.
— Evans...! — esalò debolmente James, soffocato da Peter il quale, entusiasta, aveva iniziato a saltellare. Lily provò quasi pietà per lui.
Quasi.
— Bello essere schiacciato dalla prepotenza del mondo, vero Potter? — chiese la rossa, sogghignando e inginocchiandosi accanto a James, mentre Peter continuava a sobbalzare contento e pensando a chissà cosa. — Sai, è così che ci sentiamo noi comuni mortali. Schiacciati dalla gravità, pesante e opprimente.
James la fulminò con lo sguardo, non riuscendo a fare altro visto che la massa corporea umana che lo schiacciava aveva deciso di usarlo come sedia. Non appena si sarebbe liberato, James avrebbe chiesto a Silente di ordinare altre sedie, perché evidentemente non ce n'erano abbastanza nel castello.
L'altro giorno abbiamo giocato alle due verità insieme, Evans! — riuscì a dire, comunque.
— E sono stata tanto acida, vero?
— Ma se mi hai detto che so essere un buon amico, se voglio!
Nu-uh. Non ricordo, mai successo.
James sbuffò, irritato. Lily era una ragazza strana, lunatica a suo parere, acida e scontrosa. Solo con lui, certo.
Questa cosa lo ferì un po', nel profondo, facendogli avvertire una sensazione fastidiosa nel fondo dello stomaco che sentiva da mesi e che ancora non si era riuscito a spiegare.
— Pete, scendi da James. — disse Sirius, avvicinandosi, con il tono di una madre che rimproverava il figlio. Peter rotolò di lato, cadendo dalla schiena di James e spiaccicandosi contro il pavimento di legno con un tonfo.
James inspirò ossigeno, alzandosi a sedere, mentre realizzava quanto fosse bello essere vivi e respirare. Tutto il suo buon umore ritornò all'istante.
— Godric, adoro respirare. — disse, sorridendo.
— Lo dici come se fosse un hobby. — disse Lily, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia. Proprio nel momento in cui James le fece una boccaccia mentre non guardava, Remus uscì di corsa dal bagno, sbattendo la porta.
— Pronto! — esclamò, raggiante, con la lucida spilla da Prefetto appuntata al maglioncino grigio della divisa.
— Ehi, Rem, vieni un attimo! — sibilò James, facendo segno al biondo di avvicinare l'orecchio. Lunastorta obbedì, curioso di sapere cosa avesse da dirgli l'amico.
— Parla a Lily di quello che ti ho detto l'altra volta. — bisbigliò James, lanciando delle occhiate alla rossa. Remus annuì, sospirando; Lily si sarebbe infuriata di sicuro.
La sopracitata li guardò, perplessa.
— Andiamo...?
Lei e Remus ebbero appena il tempo di aprire la porta, che un uccellino di carta svolazzò tra loro. Lily si girò di scatto, e vedendo James che la salutava con la mano, sorridendo, alzò gli occhi al cielo. E bruciò l'uccellino. Povero animaletto di carta.

Lily e Remus camminavano lungo i corridoi, in silenzio, guardando attentamente in ogni direzione e in questo modo controllando se qualche studente era ancora a zonzo per i corridoi. Fu Remus a parlare per primo, visibilmente a disagio.Chi gliel'aveva fatto fare?
— Lily... ma a te piace James?
Lily si bloccò sul posto, scrutando attentamente il biondo. Fino a un giorno addietro Remus aveva condiviso con lei, con viso sognante, il suo parere su quanto fosse carina Mary con il suo nuovo braccialetto. E Mary era femmina.
— Remus, mica sei... — disse, dubbiosa, ma si fermò. Aveva capito il perché di quella domanda.
— Che ti ha chiesto di fare Potter? — chiese Lily, sbuffando. Era da mesi che James cercava di far colpo su Lily tramite Remus.
— Mi ha... chiesto di parlarti bene di lui così magari, secondo lui, inizierà a piacerti. — disse Remus, tutto d'un fiato. Lily alzò un sopracciglio.
— Sempre il solito. Comunque, Remus, — disse la rossa. — Riferisci a Potter quello che penso su di lui: è un pallone gonfiato. È arrogante. Ed è irritante. Non ci pensa due volte quando si tratta di appendere un povero studente su un albero, o di rovinare un'amicizia altrui. — Lily trattenne le lacrime, ingoiando il vuoto, mentre la gola bruciava. — Ha un ego più grande della stazione di King's Cross, e...
Remus la interruppe. — Lily, sull'ultima non ti dò ragione. Perché James ha fatto tanto, ha fatto del bene a tutte le persone che gli sono care. Prendi me, per esempio: sono il tipico secchione senza amici, non accettato da nessuno. Ma lui mi ha accolto a braccia aperte. Considerando anche che sono...
Remus esitò, e per un attimo Lily ebbe l'impressione che fosse terribilmente in conflitto con se stesso. — Beh, lasciamo perdere.
— Sei cosa, Remus? — chiese Lily, aggrottando le sopracciglia. Ma Remus non ebbe tempo di rispondere, perché si sentì un gran tonfo, preceduto da un urlo acuto, e successivamente una risata maligna.
I due Prefetti si misero a correre, ed ebbero la certezza che fosse stato Peeves finché non scorsero due figure incappucciate, vestite con un mantello nero, in piedi nel corridoio. Lily e Remus si nascosero dietro il muro.
Ai piedi delle due figure era disteso un corpo, palesemente umano, senza vita. Il corpo di una ragazza. Aveva i capelli lisci del colore della cioccolata, raccolti in una treccia, il viso allungato e pallido, dalle linee morbide, e un paio di occhi castano scuro -quasi neri- spalancati, vuoti.
Lily ebbe un tuffo al cuore. Quella era Paula Lewis, una Nata Babbana, studentessa brillante del settimo anno che le aveva dato ripetizioni alcuni anni prima in Incantesimi e con cui aveva legato molto.
— Antonin, non credi che ci siano dei Prefetti, ora, che fanno la ronda per i corridoi? — disse la voce timorosa di una donna, attutita da una maschera che le copriva completamente il volto. — Non credi che sarebbe stato più saggio prendere la Polisucco?
— Non ti preoccupare, Narcissa. — disse Antonin, con tono sicuro. — Con la fortuna che abbiamo, nessuno ci scoprirà, e il Signore Oscuro sarà molto soddisfatto anche di questo.
Sono quelli che si fanno chiamare Mangiamorte, pensò Lily, in panico.
In quel momento, Lily urtò per sbaglio un'armatura proprio dietro di lei, nel tentativo di indietreggiare, facendola cadere e producendo un gran fragore. I due Mangiamorte si girarono, di scatto, con le bacchette sguainate.
La rossa guardò negli occhi Remus, spaventata.
Erano in trappola.

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