50. My secret place
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Horror; Naska.
Il profumo di Blue aleggiava davanti al portone d'ingresso. Ero fermo da dieci minuti nell'atrio come un completo coglione.
Una parte di me, voleva seguirla. Non l'avrei baciata, non l'avrei toccata. Volevo solo seguirla.
«Blake?» mi richiamò mia cugina, facendomi voltare.
Non sapevo neanche fosse a casa, credevo fosse rimasta a studiare nella biblioteca della scuola; probabilmente aveva sentito tutta la mia discussione con Blue e mi stava per fare una tremenda e lunghissima ramanzina.
«Caroline, davvero. Non mi va.»
Senza proferire altro, salii in fretta le scale per rinchiudermi in camera mia. Ma Caroline era agile e veloce: mi raggiunse in men che non si dica e mi impedì di chiuderle la porta in faccia.
Rinunciai e scavalcai la finestra per sedermi sul tetto.
Era il mio posto sicuro sin da bambino: mi rifugiavo lì quando mio padre tornava a casa e ci faceva sentire in colpa per la sua malattia, o quando faceva di peggio.
L'avevo scoperto a sei anni grazie a mia madre: un tempo la mia stanza era stata sua, così mi aveva svelato il suo posto sicuro, lontano da tutto e da tutti.
Non l'avevo mai condiviso con nessuno, neanche con Victor.
Stare appollaiato lì a osservare il cielo mi faceva sentire più vicino alla mamma. Fumavo qualche sigaretta e mi sentivo sempre più a un passo dal mio obiettivo: la morte.
Guardai le nuvole che stavano assumendo un colore rosa-arancione a causa del tramonto e, per un istante, accanto a me vidi mia madre.
Ma subito la sua immagine fu mandata via dalla presenza di Caroline.
«Perché la allontani?» domandò, mentre io riportavo lo sguardo sul cielo.
«Perché è meglio così. Lei deve starmi lontana e ogni volta faccio qualche stronzata che la fa affezionare di più a me, per poi ritrovarmi a ferirla perché, se io e lei stessimo insieme, non andrebbe a finire bene.»
Caroline sospirò e iniziò ad attorcigliare una ciocca di capelli intorno all'indice: era un tic che aveva sin da quando era bambina. Lo faceva quando stava pensando troppo ed era indecisa sul dire o meno qualcosa.
«Sai, stamattina ho trovato Blue a piangere nei bagni» ammise. «Credo che lei non lo direbbe mai, nemmeno a se stessa, ma è successo.»
Accesi una sigaretta e ne offrii una a Caroline, che preferì fumarne una delle sue.
«Piangeva per uno come te, un coglione irrecuperabile che non si merita nemmeno una sua lacrima... E sai cosa mi ha detto? Che non si ricorda un periodo della sua vita in cui non ha pianto per te almeno una volta alla settimana. Che anche quando c'eri, lei sapeva che l'avresti abbandonata.»
Il fumo scese verso i polmoni ormai bruciati prima che lo rilasciassi in una nuvola.
«Vedi? Io voglio che lei mi odi. Voglio che mi voglia morto. Così sarà più facile per entrambi.»
Scosse il capo contrariata, si attaccò al filtro e prese il coraggio necessario.
Io e Caroline avevamo da sempre un rapporto strano: non ci eravamo mai visti tanto da bambini, ma era sempre stata la mia miglior confidente dopo Blue; da quando vivevamo insieme, lei voleva rimettermi sulla giusta strada, tentando di non essere insensibile.
«Senti, mi sono stufata» mormorò infine, «Di trattarti con i guanti perché i tuoi sono morti: sei abbastanza grande da essere preso a schiaffi, se li meriti. Anche i miei genitori sono morti, per me, eppure nessuno mi tratta meglio per questo.»
Tirai un sospiro di sollievo e le avvolsi le spalle con un braccio, per scaldarla; in realtà sentivo davvero il bisogno di toccarla.
«Speravo che lo dicessi» confessai. «Mi piace che nessuno se la prenda con me perché così posso fare il coglione senza conseguenze... ma almeno tu. Grazie.»
Caroline sorrise. «Puoi parlare con me, se ne hai bisogno.»
Dentro di me, le dissi ogni mio segreto. Dentro di me svelai ogni singola cosa che nascondevo.
«Lo so che pensi di non poterti fidare di nessuno... ma di me puoi, davvero.»
Credevo che mi sarei portata quell'enorme segreto nella tomba; invece, mi ritrovai a pensare sul serio che, forse, parlare con Caroline non fosse una brutta idea.
«Caroline...» sospirai sconfitto. Ero stanco di nascondermi. Stanco di combattere da solo.
In più, erano tutti quei demoni che mi portavano a spingere Blue sempre più lontana da me.
Volevo risolvere le cose, ma sapevo che, dire la verità a Caroline, non avrebbe portato a nulla: mi avrebbe solo tolto un enorme peso dalle spalle.
«Credo che mia madre abbia sempre detto un sacco di cazzate a tutti... prima anche a me, poi ho scoperto tutti i segreti da solo e abbiamo iniziato a mentire insieme» ammisi.
«Potresti sostenere un peso così grande?»
All'inizio non rispose. Restò ferma a guardarmi con gli occhi sgranati e pieni di preoccupazione e dubbi.
Anch'io ne ero pieno. Da mesi tenevo tutto per me e il pensiero di rendere Caroline una mia complice mi rendeva insicuro.
Alla fine, mia cugina annuì, quasi impercettibilmente. Insicura e coraggiosa al contempo.
Presi un respiro profondo e buttai tutto fuori.
Dalla malattia di mio padre, o meglio, da tutto ciò che l'aveva preceduta, fino al viaggio e alla loro morte, alla lettera di mia madre, al tentato suicidio, al dopo.
Caroline mi ascoltò senza proferire parola. Alla fine del racconto una singola lacrima le bagnò il viso.
«Mi dispiace che tu abbia dovuto sopportare tutto questo da solo.»
Scossi la testa con un leggero sorriso. «Avevo mia madre, e la ho ancora adesso.»
Puntai lo sguardo verso il cielo e, con la mano libera, toccai il tatuaggio che la ricordava; sarebbe sempre stata con me, complice in tutto e per tutto.
Buttai il mozzicone di sigaretta lontano e presi la mano di Caroline.
«Lo dirai a qualcuno?» domandai. Forse un po' ci speravo, ero stanco. Ma sapevo che l'avrei odiata, se avesse svelato tutto.
Ma lei scosse il capo. «Sarà il nostro segreto. Nessuno lo saprà mai. Ti proteggerò, Blake» promise, stringendo la presa su di me.
«Ora capisci perché cerco di allontanare Blue, nonostante io spesso fallisca perché sono debole? Lei vuole da me ciò che io non posso darle: l'amore, per me, non è un'opzione da prendere in considerazione... guarda in che situazione la metterei.» Una risata nervosa mi sfuggii dalle labbra. «Posso darle un'amicizia, ma non le basta. Perché non siamo più dei bambini e, anche se probabilmente lei non mi desidera in quel senso, odia tutto quello che sono diventato e i modi in cui la tratto.»
Sospirò, infine mi diede ragione.
Ci alzammo e tornammo dentro, poi Caroline mi lasciò solo. Probabilmente aveva bisogno di tempo per metabolizzare il tutto.
Mi stesi sul letto e dalla tasca estrassi la metà di foto che avevo strappato tempo prima. Blue aveva la parte in cui ero raffigurato io. Guardai la sua immagine e mi concessi un sorriso.
Avrei davvero voluto sistemare le cose, vivere una vita normale: ma pensai a quel cappio intorno al collo che non era stato abbastanza stretto, al calore sulle mani mentre distruggevo la famigerata lettera, alla terapia, a Tommy, alla coca di cui avevo bisogno.
Dentro di me, mi spezzai ancor di più, se possibile.
Ti prego, Blue, stai lontana da me. Non andrà mai a finire bene. Sciogli quello che ti lega a me, o cadremo a fondo insieme.
Buongiorno miei carissimi lettori, come va?
Il segreto di Blake per noi resta un mistero, Caroline è l'unica che ha avuto la chiave del suo cuore. Cosa ne pensate?
Vi consiglio di ascoltare la canzone dedicata, ci sono alcuni rimandi, soprattutto la frase finale, e credo sia perfetta per esprimere i sentimenti di Blake.
Detto ciò, vi auguro un buon weekend... Alla prossima!❤️
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