37. Ocean eyes

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Ocean Eyes; Billie Eilish.

Mi stavo stufando dello starnazzare delle cheerleader.

A me e Becky, si erano unite Savannah e Tonya. Quest'ultima mi stava seduta sulle gambe, muovendosi in modo provocante per attirare la mia attenzione.

Sapevo cosa voleva. Sapevo cosa volevano tutte da me.

Mi trattavano come un oggetto di cui vantarsi il giorno successivo. E io l'amavo, quella sensazione.

Mi faceva sentire inesistente.

Ma sapevo che c'era una certa persona che mi impediva di esserlo davvero. Che mi avrebbe impedito di morire.

E l'avevo lasciata sola, in quella stanza d'albergo, dopo tutte le confessioni: aveva provato a suicidarsi. E io sapevo che, in parte, era colpa mia, della mia assenza. Avrei dovuto e potuto sostenerla e consolarla.

Scacciai quei pensieri e puntai gli occhi sulle gambe lunghe di Tonya.

Non posso mentire. Era una ragazza carina e mi piaceva abbastanza; mi piaceva soprattutto il fatto di essere l'unico ragazzo in mezzo a loro tre, che indossavano gonne talmente corte da lasciare ben poco all'immaginazione.

Mentre osservavo le cosce tornite di Becky, che sculettava a ritmo di quella che aveva appena definito "La canzone più bella mai stata pubblicata", pensai alle cosce di Blue. Mai l'avevo vista così scoperta.

Oltretutto, quella canzone faceva schifo e Becky aveva dei gusti orrendi; ma cercai di mantenere un sorriso un po' falso stampato sul viso.

Mi offrirono una birra, che però mi ritrovai a rifiutare con educazione: avrei giocato, il giorno dopo, e l'unica cosa che sentivo il bisogno di fare, in quel momento, era fumarmi una bella sigaretta e allenarmi fino allo sfinimento.

Invece sapevo che non mi avrebbero lasciato andare tanto facilmente.

Accettando l'invito di Becky, avevo accettato un invito nel suo letto... ma di certo non pensavo di trovarmi anche le sue amiche al seguito.

Amavo le ragazze. Amavo il sesso. Mi faceva sentire vivo. E morto.

Mi faceva sentire tutto.

Ma quella sera non avevo voglia. Non avevo voglia di loro e dei loro corpi.

Davanti a me si trovavano continuamente due occhi blu e, nonostante i capelli ormai cambiati, quel biondo cenere rimaneva tra i miei pensieri.

E volevo assolutamente sfinirmi in altri modi: giocando.

Per mia fortuna, Savannah era già stata scartata. Aveva due iridi color del mare, che mi guardavano maliziose.

Non scopavo le bionde. Non scopavo quelle con gli occhi blu. Ma, in generale, evitavo sempre di guardarle in faccia: o tenevo la testa girata, o le facevo stare di schiena.

Il contatto visivo per me era intimo. Troppo intimo.

Tonya si avvicinò a me e le sue labbra mi sfiorarono lo zigomo.

Quando capii le sue intenzioni, la spostai con poca delicatezza facendola ricadere sul letto.

«Va bene, io penso che andrò a dormire. Domani ho una partita importante da giocare» dissi, alzandomi in piedi.

«Dai Blake, puoi restare qui.» Becky mi si aggrappò al braccio. C'era stato qualcosa, tra noi, ma ancora niente sesso, e lei lo voleva, le si leggeva negli occhi.

Cercai il pacchetto di sigarette nella tasca del jeans e mi accorsi che era sparito.

Iniziai a imprecare, cercandolo ovunque nella stanza.

Sembravo un pazzo, ma le ragazze sembravano troppo prese a fumare uno spinello appena girato per prestare attenzione a me.

Senza neanche salutarle, uscii da quella maledetta stanza.

Avrei ucciso Victor.

Bussai come un forsennato alla mia stanza.

«Blake, vuoi svegliare tutto l'hotel?» I suoi grandi occhi blu mi trapassarono da parte a parte e le mie gambe tremarono; improvvisamente, ricordai perché non scopavo le ragazze con quegli occhi.

«Cazzo» imprecai, più per la distrazione che ormai Blue costituiva che per le sigarette.

«Ho perso le sigarette» dissi, provando a superarla, ma lei me lo impedì, ponendosi al centro della porta e rivolgendomi un sorrisetto angelico.

«Qui non ci sono e io vorrei dormire» replicò semplicemente.

«Ti ho già detto che devi migliorare.»

«E in cosa?»

«A dire le bugie, Cenerentola. Non solo sento la puzza di quelle, ma anche di sigaretta nel tuo alito... e da chi l'avrai mai presa se non dal sottoscritto?»

Blue ridacchiò e una ciocca di capelli le ricadde sugli occhi.

Mio Dio.

Mi avrebbe ucciso.

Sorrisi nel vederla stare meglio rispetto a prima.

«Domattina darò un pugno a Victor, ti vendicherò.»

In seguito alla mia affermazione, a cui rispose con un'altra risata che mi fece provare uno strano calore allo stomaco, si spostò per farmi entrare.

Quella sensazione era fame. Mi diressi al frigo bar e afferrai un pacchetto di patatine.«Sul tetto c'è un campo da basket, mi fai compagnia?» proposi, appoggiandomi contro la scrivania.

«Non abbiamo una palla.» Notai che aveva cambiato i pantaloni, e ora ne indossava un paio corti.

Distolsi lo sguardo.

«Cazzo» mormorai. «Che c'è?» chiese, sedendosi sul letto davanti a me.

Le sue gambe si allungarono sotto i miei occhi e io tremai.

Non scopavo da troppo tempo, decisamente.

Mi pentii di aver mollato Becky e le sue amiche, sarebbero state una buona valvola di sfogo. Ma, in quel preciso istante, guardando Blue, mi resi conto che mille ragazze non mi sarebbero mai bastate.

Volevo lei.

Invece, ero in una stanza d'albergo con Blue Williams e sapevo che avrebbe preferito essere lobotomizzata anziché soddisfare i miei bisogni.

«Ho bisogno di fumare. E di scopare.»

Trovai il mio pacchetto di sigarette abbandonato sul cuscino e mi avvicinai alla finestra.

«Becky non è stata di tuo gradimento?» mi derise, «Erano in tre. E io non sono proprio dell'umore.»

Non sapevo perché mi stavo giustificando con Blue. O, forse, non mi stavo giustificando: sentivo il bisogno che lei mi chiedesse di più, che fosse la solita impicciona. Volevo sfogarmi e volevo farlo con lei.

E, per la prima volta dopo tanto, non volevo sfogarmi piegandola sotto di me... ma parlandole e basta.

«Hai una dipendenza?»

La sua domanda mi lasciò spiazzato.

«Come?» Mi voltai verso di lei, la sigaretta incastrata tra le labbra.

«Fare sesso con tante persone è normale... ma sei sicuro di non essere... insomma, un po' ninfomane?»

«Se fossi ninfomane ora non staremmo parlando.»

Blue buttò la testa all'indietro, la sua risata cristallina invase la stanza e io mi sentii un povero idiota.

«Ridi come tua madre» mi lasciai sfuggire.

Ci fu un momento di paralisi, nella stanza, solo la leggera brezza che entrava dalla finestra muoveva leggermente i capelli scuri di Blue.

Poco prima aveva detto una cosa che già sapevo: aveva sofferto tantissimo per la morte di Gemma e per quello aveva provato a togliersi la vita; parlare di lei, forse, non era una buona idea.

«Come... Perché ti ricordi la sua risata?» annaspò.

«Caroline mi ha raccontato di come hai reagito alla torta di mia nonna» mi lasciai sfuggire.

Abbassò lo sguardo, con le guance rosate; «E io reagisco così ogni volta che vedo qualcosa che mi ricorda tua madre. Gemma era straordinaria.»

La voce mi si ruppe.

Mi misi a tacere.

Gemma era stata importante. Non solo per me.

«Credo di aver fatto una stupidaggine» disse solo, tirandosi una ciocca di capelli.

«Volevo non somigliarle più, perché sentivo che sarebbe stato diverso, se non avessi avuto più i suoi capelli biondi... invece mi sento di averla profanata.»

La sigaretta era ancora a metà, ma io la buttai fuori non curante e mi inginocchiai davanti a Blue.

Posai le mani sul materasso accanto ai suoi fianchi e desiderai toccarla con la scusa di doverla consolare... ma non sarebbe stata una buona idea.

«Puoi sempre tornare indietro» le dissi con un sorriso sghembo.

Mi alzai e le porsi la mano.

«Quante ragazze hai toccato con quella?» ridacchiai leggermente.

«Nessuna» risposi.

Era vero. Tonya mi era stata addosso, ma io non l'avevo toccata, troppo perso nei miei pensieri.Ero sincero. Per una buona volta.

Blue non sembrò credermi, ma la prese lo stesso.

La sua pelle era morbida e vellutata.

Credetti che mi stesse portando in Paradiso, o comunque verso la redenzione, quando a sua volta si alzò in piedi e mi seguì verso la porta.

La voglia di giocare a basket fino a sfinirmi era decisamente passata. Il suo tocco fu una medicina per tutti i miei mali.

Poco distante dall'hotel c'era un supermercato, dove comprai del gelato al pistacchio, il preferito in assoluto di Blue, se i suoi gusti non erano cambiati, e due fette di torta di mele al banco gastronomia.

Come da bambini, avrei finto di odiarla per dare a lei anche la mia parte.

Alla cassa, mi sorrise grata.

Era triste. Caroline era stata una stronza con lei, ma forse non aveva semplicemente capito la sua immensa fragilità.

Ma, nonostante tutto, Blue Williams sorrise proprio a me.

E i suoi occhi blu come l'oceano divennero più belli ancora, una tempesta che mi soffiava dentro, mentre tradiva ogni sua promessa e si apriva con me.

Buongiorno a tutti e benvenuti in questo POV di Blake, come state? Come state passando questo ponte?
Ci tenevo a comunicarvi che potete trovare la playlist di "Not a Cinderella's story" su Spotify nel mio profilo giulietta (basta che cerchiate il titolo della storia e vi uscirà senza problemi). Aggiungo di volta in volta le canzoni dei capitoli, così potete non cercarle.
Detto questo, vi auguro un buon weekend e vi ringrazio di tutto il supporto che mi date. Un abbraccio🫶🏻

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