32. I know

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She Knows; J.Cole ft. Cults e Amber Coffman.

Poche ore prima
Lasciai Blue.
Quella ragazza era più ansiosa di me, ma sarei stato io a dover giocare una partita difficile, a tratti impossibile.

Capivo la sua ansia sociale, ma non volevo che mi mettesse i bastoni tra le ruote.

Mi sentivo sopraffatto da tutto, soprattutto da Blue Williams. Odiavo essere preoccupato per lei perché sapevo che era una distrazione. Una bella distrazione.

Decisi che avevo bisogno di una sigaretta al più presto, così scappai sul retro della palestra.

Da anni fumare era il mio posto sicuro, un rifugio per i momenti peggiori. Durante il viaggio in compagnia dei miei genitori avevo cominciato, ma ero diventato dipendente solo dopo la loro morte.

Il sapore di tabacco in bocca mi ricordava che presto sarei morto e li avrei raggiunti. Mi stavo uccidendo lentamente, giorno per giorno, distruggendo i miei polmoni, solo per rivedere gli occhi di mia madre.

Ma ogni volta che aspiravo il fumo e pensavo al momento in cui sarei morto, l'immagine di Blue mi impediva di avere i miei soliti pensieri macabri.

La odiavo. Mi stava sempre in testa. Non solo era una distrazione dal basket, ma anche dai miei piani di morte.

«Davis! È bello parlare con un muro, quando ti dico di non fumare» gridò la voce del coach non appena aspirai la prima boccata.

Lo sentii avvicinarsi e accettò la sigaretta che gli offrii, appoggiandosi al muro accanto a me.Fumammo in silenzio, o almeno, lo facemmo all'inizio.

Il coach ci rimproverava di continuo, imponendoci di non bere, di non fumare e soprattutto di non drogarci. Ma non rifiutava mai una sigaretta offerta da me.

«Sai, stavo con tua madre, al liceo» confessò, lasciandomi spiazzato.

«Coach, non mi va di parlare di mia madre, sul serio.»

Feci per allontanarmi, ma lui me lo impedì posandomi un braccio sul petto. Parlare dei miei genitori era assolutamente il passatempo che detestavo di più e, dalla loro morte, ero spesso assillato da domande su di loro, su come avevo reagito quando avevo trovato i cadaveri.

Male.

Che cazzo di domanda.

Avevo ancora gli incubi la notte dopo mesi. Incubi in cui vedevo il corpo senza vita della donna che mi aveva messo al mondo.

Sapevo che mio padre sarebbe morto presto e che avrei potuto trovarlo io... ma non ero affatto preparato a mia madre.

«Era la donna della mia vita. La persona migliore che si potesse incontrare.»

Presi un'altra sigaretta, non avrei retto tutto quel peso da solo, avevo bisogno di nicotina. Avevo bisogno del supporto di quella sigaretta assassina.

«Hai avuto un buon esempio di donna... mi chiedo perché ti ostini a cambiarne una al giorno.»

Scossi le spalle. Non lo sapevo.

Mi piaceva e basta. Non ero fatto per i legami perché avevo visto cosa i legami avevano fatto proprio alla donna di cui parlava. A Sylvie. A mia madre.

L'amore era l'assassino peggiore di tutti e mi dispiaceva per il coach, non se ne rendeva conto.Sì, mia madre era una donna d'oro e io, nella vita, avrei dovuto aspirare a una come lei. Ma quelle come lei finivano distrutte, annientate.

Aspirai come un forsennato, nella speranza che il fumo mi uccidesse finalmente i polmoni e mi lasciasse nella pace, nell'oblio.

Ma non successe. La voce del coach Sullivan continuò a rimbombarmi nelle orecchie come una musica assordante.

«Un giorno conobbe tuo padre e mi lasciò per lui.»

Perché non capiva che non volevo sentirgli dire queste cose?

«Non la accusai. Restammo amici perché capivo il suo amore... ma, con gli anni, spesso venne da me a confidarsi di quanto spesso stava male a causa sua.»

Mi sfregai il viso. «Vuole farmi sapere che i miei genitori erano infelici? Lo so benissimo. Ma ho trovato mio padre morto nel suo letto per la malattia... e sa chi c'era accanto, con un cappio al collo e il viso esangue?»

Il coach abbassò gli occhi.

«Io so» disse solo.

«Come scusi?»

Mi guardò dritto in faccia. «Fui io a parlare con tua madre, poco prima che si suicidasse. Io so la verità Blake.»

Mi voltai e tornai in palestra, senza rispondere. I denti cominciarono a dolere a forza di stringere la mascella. Sentivo un fuoco dentro.

Entrai nello spogliatoio e sferrai un pugno secco contro l'armadietto, che si ammaccò.

«Tesoro, tutto ok?» La voce squillante di Cindy mi fece voltare.

Non capivo perché fosse dentro lo spogliatoio dei ragazzi, ma la sua presenza non mi dispiacque: Cindy era la mia principale valvola di sfogo e sembrava piacerle.

«Ti sembra ok?»

L'ennesimo pugno al muro. Le nocche si sbucciarono leggermente ma non sentii nessun tipo di dolore. Ero atrofizzato, lo ero da quando mia madre era stata talmente egoista e aveva deciso di lasciarmi solo.

Il coach non sapeva. Non poteva sapere. O, comunque, sapeva solo in parte.

Cazzo.

Cindy mi afferrò per un braccio.

«Non farti male. Devi vincere.»

Il suo supporto avrebbe dovuto lasciarmi sorpreso, ma sapevo benissimo che non era arrabbiata per la questione della maglia: sapeva che volevo solo prendere in giro Blue Williams; e, in ogni caso, era lei quella pronta per me.

Fece un paio di passi indietro e si sfilò le culotte e gli slip, restando solo con il vestito verde da cheerleader, abbinato alla mia divisa.

Guardai il suo intimo sul pavimento e decisi che mi sarei sfogato così. Ci cascavo sempre, con Cindy.

Dal momento in cui avevo messo piede in città mi aveva attratto come una calamita e i giorni in cui non eravamo stati insieme si potevano contare su una mano.

Non ci perdemmo in preliminari o in smancerie, io non ero il tipo e a lei piaceva così. La piegai con poca delicatezza su una delle panchine, buttando giù alcuni borsoni dei miei compagni, e la presi così.

Sembrava piacerle. Le piaceva non avere valore per me e proprio non riuscivo a concepire una cosa simile.

Cindy si sminuiva di continuo.

Per lei essere scopata in uno squallido spogliatoio era il massimo della soddisfazione. Non voleva fiori o cene fuori, o almeno non da me.

E mentre la tenevo per la coda di cavallo, pensai che mai Blue si sarebbe concessa a me in un modo simile.

Blue sì che avrebbe pretesto i fiori e le cene fuori.

Lei mi avrebbe voluto in tutto e per tutto, pregi e difetti... O forse no: mi odiava.

Pensai a quei segni sul collo. Geordie l'aveva scopata così forte. E sarei potuto essere io, avrei potuto sfogare tutto l'odio accumulato nel corso degli anni; ma non potevo.

Così mi accanii su Cindy, che apprezzò ancor di più. Una labile vendetta che mai mi sarebbe bastata.

Una volta finito, lanciai il preservativo nel cestino della spazzatura e mi sistemai.

Ignorai Cindy e mi sedetti per riprendere fiato, per cercare di placare ogni pensiero.

«Vinci Blake» disse solo.

«E non pensare agli altri. Non pensare a niente e nessuno. Solo a te.»

Cindy voleva che fossi un vincitore per alimentare ulteriormente il suo status: amava essere al centro dell'attenzione e amava che io la facessi essere più popolare.

Guardai i segni delle mie dita che campeggiavano sul suo collo lungo e candido.

Mi sentii forte e questo mi diede il coraggio di alzarmi, pronto a scendere in campo.

Ero un toro pronto ad annientare tutto e tutti.

Avrei vinto quella fottuta partita e non mi importava di cosa il coach sapeva oppure no.

Contavo io. Contava la mia cazzo di vittoria.

Ero il capitano.

E non mi sarei fatto distrarre dai segni sul collo di Blue. Se voleva farsi scopare da un frocetto come Geordie era libera di farlo, ma non poteva poi darmi dell'animale se poi lei si comportava da preda con un altro.

Il nervosismo mi assalii nuovamente e mi obbligai a uscire dallo spogliatoio pochi istanti dopo Cindy, lasciandole un po' di vantaggio per non destare sospetti.

Raggiunsi Blue davanti all'ingresso del campo.

Amavo il basket perché mi permetteva di spegnere tutti i pensieri. Soffocavo ogni singola emozione quando scendevo in campo: il mio porto sicuro dove potevo sfogarmi e ignorare tutto il dolore che mi opprimeva.

C'ero solo io e il canestro. Nient'altro.

Nessuno sapeva niente.

I miei segreti erano al sicuro. Quelli del passato e quelli del presente.

Buongiorno a tutti,
so che siete un po' confusi da questo capitolo ma, come penso avrete capito, è voluto.
Ma ho paura di dire troppo!
Ci tengo a precisare che revisiono i capitoli prima della pubblicazione, ma che sicuramente mi sfugge qualcosa. Per questo vi chiedo se, molto gentilmente, potreste segnalarmi le cose che notate, mi aiutereste davvero.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ci rivediamo il prossimo sabato!

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